40 research outputs found

    Nauclerio, Tommaso

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    Il testo costituisce una sintetica biografia di Tommaso Nauclerio, giurista attivo nella Napoli rinascimentale, che si segnala quale esponente di spicco del ceto togato in una fase di assestamento socio-istituzionale del Mezzogiorno spagnolo. La scarna produzione scientifica si segnala soprattutto per le "additiones" alle Consuetudines Neapolitanae

    «Piemontizzare le contrade italiane». L’adeguamento del codice penale sardo alle province meridionali

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    Il saggio analizza le modifiche apportate, all'indomani dell'unificazione italiana, dalla cd. commissione Mancini al codice penale sardo con riferimento alle province meridionali. Dal lavoro di una équipe di insigni penalisti emerge il tentativo di modernizzare il sistema punitivo e repressivo del Mezzogiorno salvandone, però, alcune tradizioni autoctone e, in particolare, la tendenza umanitaria e garantista

    «Per quali vie convenga investigare la verità». L’opzione inquisitoria nella Kriminalgerichtsordnung del 1788

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    Il Regolamento austriaco per la procedura penale (1788) è considerato l’esito della tradizione inquisitoria di area germanica e, nel contempo, punto d’avvio dell’autoritarismo del rito asburgico codificato. Il saggio ripercorre la storia dell’inquisitio nella cultura giuridica germanica della tarda età moderna e confronta l’opzione giuseppina, schiettamente inquisitoria, con il dibattito animato nell’illuminismo italiano maturo dal relativismo montesquieviano e dalla riflessione di Beccaria

    Il palladio delle libertà. Il giurí nella penalistica napoletana postunitaria

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    Il saggio passa in rassegna le opinioni favorevoli e contrarie - entro una complessiva cornice storico-ideologica - all’introduzione di una “giuria”, sul modello degli ordinamenti anglosassoni, in particolare nella penalistica napoletana postunitaria. L’attenzione si concentrava soprattutto sulle modalità di composizione dell’elemento popolare della corte d’assise: le proposte provenienti dai penalisti meridionali suggerivano di ridimensionare l’incidenza del censo a vantaggio delle qualità intellettuali dei giurati. Altro punto dolente consisteva nella difficoltà di discernere – come invece pretendevano il codice di rito e l'ordinamento giudiziario – tra questioni di fatto e di diritto. In linea di massima, i fautori del giurí subivano il fascino del modello britannico, col tradizionale anelito di libertà e in grado di esprimere appieno il sentimento ‘popolare’ di giustizia. La conclusione di queste complesse e variegate discussioni si ebbe agli inizi del ‘900 con il codice di procedura penale del 1913, ove si preferì un’originale proposta di c.d. scabinato: ossia un sistema misto, basato sulla cooperazione tra giudici del fatto e giudici del diritto, che sul lungo periodo si sarebbe rivelato capace «di rimarginare antiche ferite e di indebolire le resistenze della giustizia italiana verso la compartecipazione popolare»
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