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    del (3) (q13.11q21.1): descrizione di un nuovo caso

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    La delezione interstiziale della regione prossimale del braccio lungo del cromosoma 3 (q11-q21) \ue8 un\u2019alterazione cromosomica molto rara ed \ue8 stata descritta solo in 13 pazienti. Riportiamo il caso di un bambino di 8 mesi nato con parto eutocico da genitori sani non consanguinei. Il cariotipo da sangue periferico ha mostrato la presenza di un\u2019ampia delezione sul braccio lungo del cromosoma 3: 46,XY,del(3)(q12q21) confermata per mezzo di FISH. L\u2019Array-CGH ha evidenziato che la delezione \ue8 pari a 18,97 Mb e si estende da q13.11 a q21.1 consentendo di definire in modo pi\uf9 preciso il cariotipo: 46,XY,del(3)(q13.11q21.1) Il cariotipo normale di entrambi i genitori ha confermato l\u2019insorgenza de novo della delezione. Il bambino presenta tratti dismorfici del volto (fronte ampia, epicanto bilaterale, radice nasale a sella, ipoplasia della parte mediana del volto, padiglioni auricolari a basso impianto), ipotono assiale con ritardo moderato nell\u2019acquisizione delle tappe di sviluppo, plagiocefalia, ipoplasia del corpo calloso, assottigliamento della sostanza bianca in sede peritrigonale bilaterale, anomala conformazione del tronco encefalico per lieve ipoplasia del ponte, tendenza all\u2019inversione della fisiologica lordosi cervicale, criptorchidismo sinistro ed ernia inguinale sinistra Per quanto riguarda la correlazione genotipo-fenotipo il gene CBLB (3q13.11) sembra responsabile delle alterazioni craniofacciali, il gene BOC (3q13.2) dell\u2019ipotonia muscolare, il gene DRD3 (3q13.3) del ritardo dello sviluppo. La comparazione delle caratteristiche cliniche del nostro paziente con quelle dei pazienti descritti in letteratura conferma che la delezione della regione prossimale del braccio lungo del cromosoma 3 determina un fenotipo eterogeneo che comprende dismorfismi a carico del volto, ipotonia, ritardo di sviluppo, difetti cardiaci, anomalie celebrali, anomalie scheletriche e genitourinarie. L\u2019espressivit\ue0 variabile del fenotipo potrebbe essere dovuta all\u2019ampiezza della delezione variabile per differenti punti di rottura e alla presenza in questa regione di geni sensibili al dosaggio e o allo smascheramento di alleli recessivi, che a seguito della delezione si troverebbero in una condizione di emizigosi

    Trisonomia 9 in pazienti affetti da MPN PH-: aspetti clinici e laboratoristici

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    Le neoplasie mieloproliferative ( MPN), comprendenti la Policitemia vera (PV), la Trombocitemia essenziale (TE) e la Mielofibrosi idiopatica (MFI), sono disordini clonali Philadelphia negativi caratterizzati, nel 20% dei casi, da anomalie cromosomiche ricorrenti. La trisomia 9 rappresenta la seconda anomalia cromosomica pi\uf9 frequente nelle MPN dopo la delezione 20q. Abbiamo eseguito l\u2019analisi citogenetica su aspirato midollare di una casistica monocentrica di 325 pazienti affetti da MPN; tutti i pazienti sono risultati Ph-, la trisomia 9 \ue8 stata riscontrata in 13 pazienti (9 affetti da PV e 4 da TE), in 10 casi come unica anomalia cromosomica, in un caso associata a trisomia 8 e in 2 casi in un cariotipo pi\uf9 complesso. Sono state analizzate le caratteristiche cliniche e di laboratorio e l\u2019evoluzione di malattia, al fine di individuare se tale anomalia citogenetica avesse delle particolari stigmate. I pazienti sono stati seguiti regolarmente per un periodo medio di 10,6 anni (range 1- 23 anni). L\u2019et\ue0 media alla diagnosi era 62 anni e il rapporto M:F di 1,2:1. I dati di laboratorio mostravano un valore medio di emoglobina di 16,7 g/dl, un numero medio di globuli bianchi di 9657/mmc, mentre la conta piastrinica media era di 690000/mmc. Il dosaggio dell\u2019 eritropoietina serica \ue8 risultato ridotto in tutti i pazienti e tutti presentavano la mutazione JAK2 V617F (carica allelica media 47,1%). E\u2019 interessante notare che nei pazienti affetti da TE, i valori di emoglobina alla diagnosi, pur non essendo sufficienti per porre diagnosi di PV erano comunque ai limiti superiori di norma. Dei 4 pazienti con TE, 3 (75%) sono evoluti a distanza di anni in PV, evento relativamente raro. I dati ottenuti evidenziano una maggior frequenza della trisomia 9 nei pazienti con PV rispetto alle altre neoplasie mieloproliferative ed inoltre sottolineano come i pazienti con TE portatori di tale alterazione citogenetica, abbiano un fenotipo simil-PV e un aumentato rischio di evoluzione in franca PV. Non \ue8 stata osservata trisomia 9 nelle Mielofibrosi. E\u2019 inoltre da segnalare che sul braccio corto del cromosoma 9 \ue8 stato mappato il gene JAK-2, gene che risulta mutato frequentemente nelle MPN Ph- e soprattutto nelle PV di cui rappresenta un marker molecolare

    Diagnostic role and prognostic significance of a simplified immunophenotypic classification of mature B cell chronic lymphoid leukemias

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    We verified the diagnostic and prognostic role of a simplified immunophenotypic classification (IC) in a series of 258 patients (M/F: 1.4; median age: 64 years; median follow-up: 64 months; 75 deaths) with mature B cell lymphoid leukemias (MBC-LL) for whom no histopathological diagnosis was available because of minimal or no lymph node involvement. The IC was based on the reactivity of three pivotal immunophenotypic markers: CD5, CD23 and SIg intensity. On the basis of different expression patterns, we identified four diagnostic clusters (C) characterized by distinct clinico-biological features and different prognoses: C1 (149 patients) identified most classical B cell chronic lymphocytic leukemias (CLL-type cluster; SIg(dim)/CD5+/CD23+); C2, 38 patients whose clinico-hematological characteristics were intermediate between C1 and C3 (CLL-variant cluster; SIg(bright)/CD5+/CD23+/-or SIg(dim)/CD5-/-/CD23 indifferent); C3 (16 patients) most situations consistent with mantle cell lymphoma in leukemic phase (MCL-type cluster; SIg(bright)/CD5+/CD23-); and C4, 55 cases, most of whom were consistent with leukemic phase lymphoplasmacytic/splenic marginal zone lymphomas (LP/S-type cluster; SIg(bright)/CD5-/+/CD23 indifferent). At univariate survival analysis, prognosis worsened from C1 to C4, C2 and C3 (P = 0.0001), and this was maintained at multivariate analysis (P = 0.006), together with CD11c expression (P = 0.0043), age at diagnosis (cut-off 70 years; P = 0.0008) and platelet count (cut-off 140 x 10(9)/l; P = 0.0034). Besides recognising the two well-known situations of classic B-CLL and MCL, our IC identified situations with distinct prognostic and/or clinical behaviors

    Additional chromosomal abnormalities in Philadelphia-positive clone : adverse prognostic influence on frontline imatinib therapy: a GIMEMA Working Party on CML analysis

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    Additional chromosomal abnormalities (ACAs) in Philadelphia-positive cells have been reported in 3c 5% of patients with newly diagnosed chronic myeloid leukemia (CML) in chronic phase (CP). Few studies addressing the prognostic significance of baseline ACAs in patients treated with imatinib have been published previously. The European LeukemiaNet recommendations suggest that the presence of ACAs at diagnosis is a "warning" for patients in early CP, but there is not much information about their outcome after therapy with tyrosine kinase inhibitors. To investigate the role of ACAs in early CP CML patients treated with imatinib mesylate, we performed an analysis in a large series of 559 patients enrolled in 3 prospective trials of the Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell'Adulto Working Party on CML: 378 patients were evaluable and ACAs occurred in 21 patients (5.6%). The overall cytogenetic and molecular response rates were significantly lower and the time to response was significantly longer in patients with ACAs. The long-term outcome of patients with ACAs was inferior, but the differences were not significant. The prognostic significance of each specific cytogenetic abnormality was not assessable. Therefore, we confirm that ACAs constitute an adverse prognostic factor in CML patients treated with imatinib as frontline therapy

    Ulteriori indagini sulle alterazioni cromosomiche indotte da Fasciola hepatica in colture "in vitro" di linfociti umani

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    Ultrafiltrated Fasciola hepatica extracts are not able to induce chromosomal aberrations on human lymphocytes cultures, while the medium where liver flukes stayed for 20 hours produced structural chromosomal aberrations

    Trasmissione di una monosomia parziale del braccio corto di un cromosoma X : correlazione Gentotipo/Fenotipo

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    Riportiamo il caso della trasmissione della monosomia parziale del braccio corto di un cromosoma X nelle femmine di una famiglia per tre generazioni.L'anomalia \ue8 stata riscontrata in corso di diagnosi prenatale su liquido amniotico; il feto, di sesso femminile, ha presentato il seguente cariotipo: 46,X,del(X)(p21.1).Il controllo citogenetico effettuato sui genitori ha evidenziato il medesimo cariotipo nella madre e, dopo ulteriore estensione dell'analisi ai familiari, anche nella nonna materna.Le due donne presentano caratteristiche fenotipiche associate alla sindrome di Turner (bassa statura, quarto osso metacarpale corto, collo corto e tozzo, piedi e mani paffuti, presenza di numerosi nevi) ma la funzionalit\ue0 gonadica \ue8 preservata, essendo entrambe le donne fertili.Il grado di funzionalit\ue0 gonadica sembra essere correlato all'estensione della porzione del cromosoma X che non pu\uf2 andare incontro ad appaiamento meiotico; nella famiglia in esame la funzionalit\ue0 gonadica \ue8 preservata essendo l'entit\ue0 della delezione relativamente moderata.La bassa statura e le anomalie scheletriche sono correlate all'aploinsufficienza del gene SHOX (sito in Xp22.3) che \ue8 stata confermata in FISH nelle due donne e nella neonata: \ue8 infatti risultato assente sul cromosoma X anomalo il segnale di ibridazione per il gene SHOX.Allo scopo di completare la correlazione genotipo/fenotipo per le pazienti con delezione in Xp, occorre definire la localizzazione di eventuali geni candidati per le anomalie viscerali, dei tessuti molli (gene linfogenico) e cutanee

    Trisomic zygote rescue revealed by DNA polymorphism analysis in confined placental mosaicism

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    Uniparental disomy can be caused by different genetic mechanisms such as gamete complementation, chromosome duplication in monosomic zygote, or post-zygotic aneuploidy correction. This last mechanism is well documented in human reproduction and is related to placental mosaicism. In the case of a trisomic zygote which has originated by paternal or maternal non-disjunction at the first or second meiotic cell division, mosaicism will result from chromosome loss and restoration of a 'normalized' diploid fetal karyotype. In order to enrich the literature with new observations on this subject, we studied by DNA polymorphism analysis ten cases of confined placental mosaicism (CPM). The finding in placental DNA of three different alleles at polymorphic loci of chromosomes 13, 16, and 20 demonstrated the trisomic status of the zygote in three cases. On the basis of these results, we believe that systematic DNA polymorphism analysis could give useful additional information to improve knowledge on aneuploidy correction in human reproduction
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