31 research outputs found
Clusters of galaxies: setting the stage
Clusters of galaxies are self-gravitating systems of mass ~10^14-10^15 Msun.
They consist of dark matter (~80 %), hot diffuse intracluster plasma (< 20 %)
and a small fraction of stars, dust, and cold gas, mostly locked in galaxies.
In most clusters, scaling relations between their properties testify that the
cluster components are in approximate dynamical equilibrium within the cluster
gravitational potential well. However, spatially inhomogeneous thermal and
non-thermal emission of the intracluster medium (ICM), observed in some
clusters in the X-ray and radio bands, and the kinematic and morphological
segregation of galaxies are a signature of non-gravitational processes, ongoing
cluster merging and interactions. In the current bottom-up scenario for the
formation of cosmic structure, clusters are the most massive nodes of the
filamentary large-scale structure of the cosmic web and form by anisotropic and
episodic accretion of mass. In this model of the universe dominated by cold
dark matter, at the present time most baryons are expected to be in a diffuse
component rather than in stars and galaxies; moreover, ~50 % of this diffuse
component has temperature ~0.01-1 keV and permeates the filamentary
distribution of the dark matter. The temperature of this Warm-Hot Intergalactic
Medium (WHIM) increases with the local density and its search in the outer
regions of clusters and lower density regions has been the quest of much recent
observational effort. Over the last thirty years, an impressive coherent
picture of the formation and evolution of cosmic structures has emerged from
the intense interplay between observations, theory and numerical experiments.
Future efforts will continue to test whether this picture keeps being valid,
needs corrections or suffers dramatic failures in its predictive power.Comment: 20 pages, 8 figures, accepted for publication in Space Science
Reviews, special issue "Clusters of galaxies: beyond the thermal view",
Editor J.S. Kaastra, Chapter 2; work done by an international team at the
International Space Science Institute (ISSI), Bern, organised by J.S.
Kaastra, A.M. Bykov, S. Schindler & J.A.M. Bleeke
Insights into the high-energy γ-ray emission of Markarian 501 from extensive multifrequency observations in the Fermi era
We report on the γ-ray activity of the blazar Mrk 501 during the first 480 days of Fermi operation. We find that the average Large Area Telescope (LAT) γ-ray spectrum of Mrk 501 can be well described by a single power-law function with a photon index of 1.78 ± 0.03. While we observe relatively mild flux variations with the Fermi-LAT (within less than a factor of two), we detect remarkable spectral variability where the hardest observed spectral index within the LAT energy range is 1.52 ± 0.14, and the softest one is 2.51 ± 0.20. These unexpected spectral changes do not correlate with the measured flux variations above 0.3 GeV. In this paper, we also present the first results from the 4.5 month long multifrequency campaign (2009 March 15-August 1) on Mrk 501, which included the Very Long Baseline Array (VLBA), Swift, RXTE, MAGIC, and VERITAS, the F-GAMMA, GASP-WEBT, and other collaborations and instruments which provided excellent temporal and energy coverage of the source throughout the entire campaign. The extensive radio to TeV data set from this campaign provides us with the most detailed spectral energy distribution yet collected for this source during its relatively low activity. The average spectral energy distribution of Mrk 501 is well described by the standard one-zone synchrotron self-Compton (SSC) model. In the framework of this model, we find that the dominant emission region is characterized by a size ≲0.1 pc (comparable within a factor of few to the size of the partially resolved VLBA core at 15-43 GHz), and that the total jet power (≃1044 erg s-1) constitutes only a small fraction (∼10-3) of the Eddington luminosity. The energy distribution of the freshly accelerated radiating electrons required to fit the time-averaged data has a broken power-law form in the energy range 0.3 GeV-10 TeV, with spectral indices 2.2 and 2.7 below and above the break energy of 20 GeV. We argue that such a form is consistent with a scenario in which the bulk of the energy dissipation within the dominant emission zone of Mrk 501 is due to relativistic, proton-mediated shocks. We find that the ultrarelativistic electrons and mildly relativistic protons within the blazar zone, if comparable in number, are in approximate energy equipartition, with their energy dominating the jet magnetic field energy by about two orders of magnitude. © 2011. The American Astronomical Society
Ruolo della leptina in preeclampsia e IUGR
La preeclampsia è la maggiore complicanza gravidica ed è molto spesso associata al ritardo di crescita intrauterino (IUGR). In entrambi i casi, la patogenesi è ricondotta ad un danno ossidativo placentare. In corrispondenza dello sviluppo di questo deficit placentare si reperta un valore di leptinemia superiore a quello delle gravidanze fisiologiche. Abbiamo studiato un gruppo di 57 pazienti con preeclampsia e un gruppo di controllo composto da 46 gestanti con gravidanze fisiologiche, e abbiamo calcolato il cambiamento dei valori di leptina nel sangue dei due gruppi pre- e post-trattamento farmacologico. È risultato che in corso di preeclampsia la leptinemia è maggiore di quella di una gravidanza fisiologica e che i livelli di leptina calano quando la preeclampsia è trattata farmacologicamente
Valutazione del rischio preeclamptico in donne affette da LES e con patologia ipertensiva
L’ipertensione arteriosa in gravidanza costituisce una patologia di grande rilievo in campo ostetrico, incidendo negativamente sul decorso clinico della gravidanza stessa. Più a rischio sono quei casi in cui l’ipertensione arteriosa insorge su patologie sistemiche preesistenti, quali il Lupus Eritematoso Sistemico (LES). Il LES in gravidanza già di per sé determina una “gravidanza a rischio”, questo perché riduce la possibilità che venga portata a termine a causa di complicanze sia a carico del feto che della madre, il cui rischio maggiore è la riesacerbazione della patologia lupica. Il nostro studio, svolto su 68 gravidanze di 48 donne affette da LES, si propone di valutare la percentuale di insorgenza di ipertensione arteriosa in queste donne, di individuare eventuali fattori predittivi di preeclampsia e di valutare gli esiti fetali e neonatali di tali pazienti
Valutazione ecografica degli effetti dell’arginina nel ritardo di crescita intrauterino
Il ritardo di crescita intrauterino è una complicanza che condiziona dal 3% al 7% delle gravidanze. È caratterizzata da una riduzione del potenziale di crescita fetale. Alla base della patologia esiste un danno vascolare placentare che determina la riduzione dei nutrienti al feto. L’aminoacido arginina contribuisce a migliorare la condizione clinica di questi feti determinando la produzione di NO e aumentando il rilascio di GH-RH. La sola metodica in grado di fare diagnosi è l’ecografia, che permette tramite il calcolo dei parametri biometrici di valutare la crescita fetale. Lo scopo del nostro studio è stato di valutare ecograficamente, con un follow-up di tre settimane, le modificazioni cliniche tra il gruppo A, trattato con arginina in supplemento alla terapia di base con aspirina, e il gruppo B, con le medesime caratteristiche cliniche, trattato con la sola aspirina. I risultati ottenuti hanno dimostrato che le pazienti del gruppo A hanno tratto giovamento dall’uso dell’arginina, e che tra le pazienti peggiorate nell’arco delle tre settimane, la maggior parte appartiene al gruppo B
Trombofilia e disordini autoimmuni in gravidanza: implicazioni sull’outcome gravidico
Il ritardo di crescita intrauterino (IUGR) può essere associato sia a patologia materna (abuso di sostanze, ipertensione arteriosa) sia a patologia fetale (gravidanza multipla, infezioni, malformazioni); tuttavia spesso la causa rimane sconosciuta. Probabilmente essa è in questi casi da ricercarsi in un anomalo sviluppo placentare con conseguente insufficienza vascolare causata da fattori immunologici che inducono una placentazione anomala, da una vascolopatia associata a ipertensione cronica o diabete mellito o, secondo studi recenti, da uno stato trombofilico. L’ipotesi è che mutazioni che predispongono a trombosi (mutazione del fattore V di Leiden, mutazione del fattore II, polimorfismo della metiltetraidrofolato-reduttasi, deficit di antitrombina III e delle proteine C e S, anticorpi anticardiolipina) sarebbero associate a severe complicazioni ostetriche, come IUGR, pre-eclampsia, morte endouterina fetale e distacco placentare. La sola metodica diagnostica di IUGR è l’ecografia, che permette il calcolo della biometria valutando la crescita fetale, associata alla flussimetria Doppler dei vasi ombelicali e di altri distretti circolatori, come quello cerebrale, per evidenziare un eventuale impegno emodinamico e/o la presenza di ischemie distrettuali. Nel caso riportato abbiamo valutato in IUGR precoce l’importanza, anche in presenza di un profilo coagulativo normale ed anamnesi negativa per tromboembolismo, della ricerca non solo delle mutazioni in omo- ed eterozigosi dei fattori della coagulazione più comuni (fattore V di Leiden, protrombina G20210, MTHFR), ma anche dei polimorfismi genetici finora noti associati a trombofilia (mutazioni del fattore XIII V34L e del B-fibrinogeno-4SS G>A, genotipi PI-1 4G/4G e HPA con polimorfismo 1°/1b) e del profilo autoimmune (anticorpi antifosfolipidi ed anticardiolipina)
Flussimetria Doppler: relazione con l’outcome neurologico fetale
Il ritardo di crescita intrauterino (IUGR) se non diagnosticato correttamente e tempestivamente è responsabile di una significativa mortalità e morbilità perinatale. Riconosce molteplici cause, sia materne che fetali; tra i meccanismi è implicato il danno vascolare placentare con alterazioni del flusso, trombosi vascolare, perdita della refrattarietà alle sostanze vasoattive nel circolo ombelico-placentare. Poiché i segni precoci della compromissione fetale si hanno per una riduzione dell’apporto di sostanze nutritive e di ossigeno che determinano variazioni dell’emodinamica placentare, la flussimetria Doppler assume un ruolo fondamentale nella valutazione dello stato di funzionalità placentare e del suo deterioramento attraverso lo studio della circolazione nell’arteria ombelicale e cerebrale media. Nei feti IUGR le alterazioni della circolazione utero-placentare gravi comprendono la riduzione della velocità di flusso telediastolico, l’assenza completa di flusso (ADEV) con comparsa sovente del Brain Sparing Effect (BSE), cioè un aumento del flusso diastolico cerebrale compensatorio, la comparsa di flusso telediastolico invertito (ARED-flow). Lo scopo del nostro studio è stato di valutare in pazienti con gestosi ipertensiva in associazione a IUGR l’impiego della flussimetria Doppler dell’arteria ombelicale e cerebrale media come indice precoce di sofferenza ipossica fetale e la presenza di complicanze neurologiche associate, evidenziate all’espletamento del parto. I risultati ottenuti hanno dimostrato che la persistenza di una risposta adattativa del tipo BSE consente una condotta di attesa per attuare le terapie preventive della prematurità/immaturità, mentre la perdita del BSE è stata seguita da un outcome neonatale sfavorevole ed è verosimile che la posticipazione del parto si sarebbe risolta in un aggravamento della prognosi
Valutazione dell’induzione dell’ovulazione e dei fattori predittivi di risposta al trattamento con metformina in pazienti anovulatorie affette da PCOS
La PCOS rappresenta la più frequente causa di infertilità anovulatoria interessando il 5-10% delle donne in età riproduttiva. Fra le opzioni terapeutiche per l’induzione dell’ovulazione in pazienti infertili affette da PCOS, è stata proposta la metformina, una biguanide insulino-sensibilizzante, poiché numerosi studi hanno evidenziato che la PCOS è associata ad insulino-resistenza con iperinsulinemia compensatoria. Un problema correlato all’impiego della metformina è relativo al confronto con il farmaco gold standard nell’infertilità anovulatoria, il clomifene citrato, da solo o in combinazione con la metformina, per i risultati discordanti probabilmente secondari alla eterogeneità delle popolazioni studiate e degli schemi di trattamento. Scopo del nostro studio è stato valutare l’induzione della ovulazione ed i fattori predittivi di risposta al trattamento con metformina, somministrata alla dose di 1700 mg/die, come approccio terapeutico di prima scelta in pazienti anovulatorie infertili affette da PCOS. I risultati ottenuti hanno dimostrato, su 408 cicli, un tasso di ovulazione per ciclo del 55.4%, un tasso di gravidanza per ciclo del 10.4%, un tasso di abortività del 19.5% ed un tasso cumulativo di gravidanza del 62.9%. L’impiego di analisi statistica univariata GLM ha evidenziato una significativa influenza (P<0.05) di diversi fattori sulla risposta alla metformina, in particolare età, indice di massa corporea, testosteronemia e indici di insulino-resistenza (HOMA, GIR e insulinemia basale). Lo studio condotto, quindi, individua l’efficacia di impiego della metformina in relazione ad una serie di fattori predittivi di risposta che potranno guidare la scelta terapeutica al fine di ottimizzare il trattamento dell’infertilità anovulatoria nelle pazienti con PCOS