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    Tesori del Regno. L’ornamentazione delle Cripte delle Cattedrali di Salerno e Amalfi nel XVII secolo

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    Presentazione del volume “Tesori del Regno. L’ornamentazione delle Cripte delle Cattedrali di Salerno e Amalfi nel XVII secolo”, a cura di Concetta Restaino e Giuseppe Zampino, Pozzuoli 201

    I pergami donatelliani di San Lorenzo nel contesto: architettura, liturgia, committenza

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    Questo saggio ricostruisce con un’ampiezza mai tentata finora le vicende dei due pergami di Donatello in San Lorenzo a Firenze (circa 1461-1466), calandole profondamente entro l’intero contesto topografico e cronologico del complesso architettonico brunelleschiano (Sagrestia Vecchia e Basilica) e della liturgia medicea, con tutti i loro antefatti paleocristiani e medievali, e con le loro sopravvivenze e trasformazioni post-tridentine (comprese la Sagrestia Nuova e la Cappella dei Principi). Finora i molti studiosi che si sono occupati dell’architettura di San Lorenzo hanno quasi sempre ignorato la liturgia, e i pochi che hanno accennato alla seconda hanno badato anche alla prima ma trascurando i pergami. Il risultato è che non pochi altri studiosi, sconcertati davanti all’eccezionalità e alla varietà interna dei pergami (materia bronzea, struttura, corredo iconografico e decorativo), hanno proposto che essi siano nati per tutt’altri scopi e poi adattati in maniera quasi forzosa così come li si vede oggi. Essi sono invece un omaggio meditatissimo e coltissimo alla tradizione medievale romana dei pergami doppî e di dimensioni diseguali (per il Vangelo e per l’Epistola) e a quella toscana dei pergami singoli a casse parallelepipede istoriate (qui riprese per la prima volta in bronzo). Il momento quasi finale del saggio è la ricostruzione della destinazione originaria delle due opere, da addossarsi ai piloni d’ingresso alla tribuna del coro canonicale, con i loro lati lunghi di fronte all’assemblea, radunata nel vasto e libero piedicroce brunelleschiano, da cui avrebbe traguardato la tomba di Cosimo il Vecchio al centro della crociera, l’altar maggiore, e i due pergami a esso affiancati e allineati. Poiché la basilica di San Lorenzo era ed è “occidentata” (così come le basiliche patriarcali di Roma, fatto cruciale per Brunelleschi e per i Medici), la messa era officiata “versus populum”, senza la possibilità di allestire un retablo presso l’altar maggiore. L’apparato iconografico della pala mancante passò perciò ai due pergami dei fianchi (cosa che avveniva di già nella Sagrestia Vecchia, nella relazione tra i battenti bronzei figurati di Donatello per le due porte laterali e l’altare anch’esso “coram populo” e senza pala, rivolto verso la tomba di Giovanni e Piccarda de’ Medici al centro del vano). In questo modo, i due pergami integravano di fatto, nell’iconografia, anche la tomba di Cosimo il Vecchio, ombelico della basilica e della cripta sottostante, creando con essa una messinscena straordinaria e visionaria, scopo dell’intero santuario fin dall’inizio della sua campagna edilizia culminante (1442), così da indurre Paolo Giovio a scrivere che il sepolcro di Cosimo era la basilica tutta. La morte di Donatello interruppe il progetto appena poco prima della fine, e i pergami, rimasti fermi per mancanza di un continuatore degno, non furono montati fino ai giorni della visita di Leone X a Firenze (1515-1516). Ma in quell’occasione, dovendo essi servire ormai come semplici cantorie, furono portati assai più avanti e girati di novanta gradi, presso i due piloni della crociera verso la navata, a pochi metri dalle posizioni odierne e isolate, perfezionate nel primo Seicento. Da tale stravolgimento del progetto originario sono discesi infiniti equivoci fino a oggi non solo sulla collocazione originaria delle opere, ma anche sulla loro funzione, la loro coerenza interna, la loro cronologia

    Falsi ‘veri’ e falsi ‘falsi’ nella scultura italiana del Rinascimento

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    http://www.fondazionezeri.unibo.it/it/formazione/corsi-e-seminari/corsi-e-seminari-di-formazione-specialistica-in/lo-specchio-della-realta-i-falsi-e-la-storia; http://www.fondazionezeri.unibo.it/it/allegati/programma-seminario-falsi/@@download/file/Seminario_Falsi_2013.pd

    Desiderio da Settignano ritrattista: “una testa del Chardinale di Portoghallo”, ovvero il ‘San Lorenzo’ nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze

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    The terracotta bust of a young ‘Deacon saint’ in the Old Sacristy of San Lorenzo in Florence – believed to be by Donatello from the 18th century until 1957-1958, and then almost unanimously attributed to the later activity of Desiderio da Settignano (ca. 1455-1460) – has always posed, and still does, an iconographical dilemma. It is in fact not immediately recognizable either as a ‘Saint Lawrence’ (i.e. the traditional identification, with which it certainly deserved to be received in the Old Sacristy at the beginning of the 16th century at the latest), or as a ‘Saint Leonard’ (an alternative mentioned in some of the Sacristy’s old inventories and reproposed by canon Domenico Moreni in 1817), but rather as the portrait of a man of Church contemporary to the sculptor. In 1462 Desiderio was paid for a “head” of Prince James of Portugal, cardinal deacon of Sant’Eustachio, who had died in Florence in 1459 at the age of twenty-five and was buried in the celebrated chapel named after him in the basilica of San Miniato al Monte. The payment of two “fiorini larghi” made to the sculptor corresponds to the value that in 1459 had been assigned to a lost terracotta bust of the ‘Redeemer’ by his hand. This paper shows that the “head” of James of Portugal has all the requisites for being the bust of the Old Sacristy, easily becoming a ‘Saint Lawrence’ on its entry into that church, which has thus conserved it as such until present times.Il busto fittile di un giovane ‘Santo diacono’ nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze, creduto di Donatello dal Settecento fino al 1957-1958, e poi restituito pressoché unanimemente all’attività matura di Desiderio da Settignano (1455 circa - 1460), ha posto e pone tuttora un dilemma iconografico. Non è infatti immediatamente riconoscibile né come ‘San Lorenzo’ (cioè l’identificazione tradizionale, con la quale di certo meritò di essere accolto nella Sagrestia Vecchia al più tardi all’inizio del Cinquecento), né come ‘San Leonardo’ (un’alternativa posta da alcuni antichi inventari della Sagrestia, e rilanciata dal canonico Domenico Moreni nel 1817), ma piuttosto come il ritratto di un uomo di Chiesa contemporaneo dello scultore. Nel 1462 Desiderio fu pagato per una “testa” del principe Giacomo del Portogallo, cardinale diacono di Sant’Eustachio, morto a Firenze nel 1459 a venticinque anni, e sepolto nella celebre cappella che da lui prende il nome nella basilica di San Miniato al Monte: e il compenso di due fiorini larghi dato allo scultore corrisponde al valore che era stato assegnato nel 1459 a un suo perduto busto del Salvatore in terracotta. Questo contributo mostra che la “testa” di Giacomo del Portogallo ha tutti i requisiti per essere il busto della Sagrestia Vecchia, divenuto facilmente un ‘San Lorenzo’ al suo entrare in quella sede, che l’ha dunque preservato come tale fino ai nostri giorni
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