36 research outputs found

    Dinamiche dei confini aziendali. Concezioni dell'ambiente e scelte organizzative.

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    Nel quadro di quella accresciuta complessità in cui vengono meno le condizioni di stabilità e di ridotta variabilità conosciute dall’impresa fordista, emerge il fulcro del di questa ricerca: il problema dei confini organizzativi. È ben noto infatti che, quando la gestione di porzioni delle attività tipicamente ricondotte all’impresa Chandleriana (approvvigionamento, progettazione, fabbricazione, commercializzazione, ecc) vengono svolte da entità giuridicamente distinte senza che questa divisione comporti una modificazione di quello che Thompson nel 1967 ha definito “campo di azione” dell’impresa (risorse, clienti, servizi e prodotti offerti), si affievolisce la coincidenza stretta tra confini organizzativi e confini giuridici delle aziende e ci si trova di fronte ad un problema interpretativo, particolarmente stringente quando occorrono decisioni aziendali di tipo strategico quali le scelte di outsourcing, o di alleanza a reti d’imprese. Parliamo di “problema” (e non di semplice questione) non solo a causa della discordanza fra gli approcci alla definizione di “confine”, ma soprattutto perché tale discordanza ha un riflesso diretto nel determinare le caratteristiche del dominio su cui il ricercatore imposta le proprie osservazioni: in qualsiasi disegno di ricerca, la selezione di un “campo d’analisi” sottostarà infatti ai criteri con i quali verrà fissata quella linea immaginaria che divide il “fuori” dal “dentro”, il “rilevante” dal “non rilevante”. Queste scelte derivano dai paradigmi che il ricercatore avrà a riferimento nel corso dell’indagine. La posizione tenuta nell’affrontare la questione richiama dunque una questione ontologica ed epistemologica di fondo: nell’individuazione di un confine, di un “limite” organizzativo, il ricercatore deve prendere una posizione definitiva circa il riconoscimento che un’organizzazione esiste in quanto tale (e che in quanto tale è conoscibile) o meno. Il lavoro muove dunque da un primo capitolo che propone la prospettiva più tradizionale e condivisa nelle scienze aziendali sul rapporto ambiente- organizzazione. In un’ottica input-trasformazione-output, l’azienda instaura un rapporto essenzialmente “di dipendenza” con il proprio contesto di azione, e lavora sui propri confini scomponendo e ricomponendo i flussi di lavoro al fine di condividerne specifiche porzioni con attori esterni rispetto ai quali tenta di acquisire una maggiore capacità di controllo (o accesso) rispetto alle risorse chiave detenute. La prospettiva cambia radicalmente se si assume una visione simbolico-interpretativa nel concepire la natura dell’ambiente. In questo caso si ritiene che la distinzione fra interno ed esterno sia una questione di attribuzione di comuni significati da parte di attori diversi. Dato che la realtà sociale è “costruita”, un’organizzazione ha la facoltà di esternare (attraverso la propria cultura) una propria visione dell’ambiente che, qualora condivisa, finisce con l’istituzionalizzarsi. L’azienda diviene così legittimata dal contesto ad operare nell’ambiente con un grado di libertà che dipende dalla coerenza dei processi messi in atto rispetto alle “abitudini” dell’ambiente stesso. Tale coerenza deriva a sua volta dalla capacità dell’azienda di condividere la propria visione con attori esterni. Nel terzo capitolo, che chiude la rassegna teorica sul tema indagato, ci si spinge ancora di più nello studio delle posizioni più recenti e controverse nel panorama delle scienze organizzative. Rimanendo nell’alveo delle discipline economico- aziendali, si dà conto delle influenze “critical” che stanno contribuendo ad ampliare il respiro della dialettica accademica. In una prospettiva postmoderna, la realtà sociale consiste essenzialmente nelle descrizioni che, mediante il linguaggio, gli attori fanno di essa. Se la realtà sociale è linguaggio, è mediante la regolazione dei processi narrativi che le organizzazioni hanno la possibilità di influire sull’ambiente. In questa ottica dunque, tutti gli attori ai quali viene data la possibilità di intervenire sul “processo narrativo” sono potenzialmente inclusi nei confini aziendali, perché, come postulato dalla teoria degli stakeholder, sono portatori di interessi che debbono essere soddisfatti dalle scelte di governance. Anche solo dopo questa breve introduzione, riteniamo facilmente percepibile come non solo il problema dei confini sia attuale e rilevante, ma anche come sia necessario proporre quadro aggiornato, sinottico e completo dei diversi punti di vista disponibili in letteratura sul tema, evidenziando, qualora vi siano, spazi di manovra per ulteriori integrazioni o revisioni critiche. In ambito nazionale ed internazionale, il dibattito sulla collocazione dei diversi contributi in un quadro organico è tutt’altro che sterile: sul piano italiano il contributo di Garzella sui confini dell’azienda costituisce un importante punto di partenza che si interseca perfettamente con il lavoro di Eisenardth e Santos. Si tratta di analisi molto accurate e solide sotto il profilo della coerenza interna alle quali ci siamo preoccupati di affiancare un ecosistema di altre prospettive a formare un quadro complessivo e sinottico che, considerando anche la natura e la pubblicazione di alcuni contributi, ci sembra non esaustivo ma sufficientemente accurato. La possibilità di avere uno schema organico per definire cosa si intenda per confine, e di riflesso per spiegare come l’azienda interagisce con il proprio ambiente, pare del tutto utile in un momento storico nel quale, più di sempre, si è persa quella rigida coincidenza fra confine giuridico e confine dell’azione aziendale, e nel quale dunque si hanno bisogno di “riferimenti” sui quali basare le integrazioni su modelli interpretativi (attuali) che possono essere integrati con successo. Ecco dunque quali motivazioni ci hanno fatto sentire come “urgente” la necessità di proporre un quadro sinottico in grado di ricollocare i molteplici contributi presenti in letteratura in una matrice ontologica (il confine esiste?), epistemologica (il confine organizzativo è conoscibile?) e metodologica (come è conoscibile questo confine?) strutturata. Scopo di questa matrice non è quello di attribuire maggiore o minore dignità ai vari approcci, ma di offrire un apparato che collochi in maniera quanto più ordinata e coerente i diversi contributi. In particolare, attraverso l’analisi di un’esperienza statunitense, quella dell’Acadia National Park, basata su una specifica matrice relazionale dei circuiti di divisione del lavoro (la gestione dei rapporti con organizzazione satellite nonprofit denominata “Friends Group”), il capitolo quarto ha evidenziato come il concetto di “confine” sia effettivamente suscettibile di interpretazioni e significati che influiscono e sono influenzati dalle strategie aziendali. Si è pertanto lavorato per adottare una prospettiva “integrata” (ossia considerante molteplici ontologie) per spiegare le dinamiche di innovazione implicate nel rapporto azienda-ambiente. Con l’interpretazione dell’esperienza dell’Acadia National Park, si è avuto modo di testare quali utilità possono derivare dall’uso incrociato di paradigmi differenti nella lettura di una medesima situazione. La possibilità di avere letture alternative (ossia basate su premesse ontologiche differenti) di una “scena” complessa ha dimostrato infatti di poter portare a galla elementi ai quali si dovrebbe dare l’opportuno rilievo nella formulazione delle scelte organizzative fondamentali derivanti dal grado di apertura concesso all’azienda. Il quadro teorico delineato nei primi tre capitoli ha dato pertanto prova di poter essere utilizzato con profitto, ibridando punti di vista ontologicamente complementari, ed introducendo un metodo di analisi che promette interessanti approfondimenti futuri

    Crisis Management on Social Media: a framework

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    Purpose. Scholars should investigate organization model of companies that successfully manage their Social Media presence, in every circumstance. The main purpose of our research is to provide a network perspective to the relevant topic of Social Media Crisis Management. Methodology. Following an exploratory qualitative approach, Authors have conducted 5 in-depth interviews with key Informants (internal and external to the Company) designated to the task of \u201csocial media crisis management\u201d, linked in a client/suppliers relationship. All the material has been reviewed through a content-analysis. Findings. According to our preliminary research, many are the issues and the topics that companies and digital agencies/consultants must control in their collaboration to face a Social Media crisis. Even if the topic is compelling, many of those elements are unexpected and underestimate. Practical implications. Managerial implications concern three different point of view: how companies and their suppliers interact in facing challenges online and how a network approach could be useful for Social Media Crisis Management. Originality/value. From the best of our knowledge, this study could be the first in analysing how companies and agencies must be organized to face a crisis on Social Media. Moreover, it will allow investigating in an empiric way the sense making approach to the crisis management topic

    The interplay among psychopathology, personal resources, context-related factors and real-life functioning in schizophrenia: stability in relationships after 4 years and differences in network structure between recovered and non-recovered patients

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    Improving real-life functioning is the main goal of the most advanced integrated treatment programs in people with schizophrenia. The Italian Network for Research on Psychoses previously explored, by using network analysis, the interplay among illness-related variables, personal resources, context-related factors and real-life functioning in a large sample of patients with schizophrenia. The same research network has now completed a 4-year follow-up of the original sample. In the present study, we used network analysis to test whether the pattern of relationships among all variables investigated at baseline was similar at follow-up. In addition, we compared the network structure of patients who were classified as recovered at follow-up versus those who did not recover. Six hundred eighteen subjects recruited at baseline could be assessed in the follow-up study. The network structure did not change significantly from baseline to follow-up, and the overall strength of the connections among variables increased slightly, but not significantly. Functional capacity and everyday life skills had a high betweenness and closeness in the network at follow-up, as they had at baseline, while psychopathological variables remained more peripheral. The network structure and connectivity of non-recovered patients were similar to those observed in the whole sample, but very different from those in recovered subjects, in which we found few connections only. These data strongly suggest that tightly coupled symptoms/dysfunctions tend to maintain each other's activation, contributing to poor outcome in schizophrenia. Early and integrated treatment plans, targeting variables with high centrality, might prevent the emergence of self-reinforcing networks of symptoms and dysfunctions in people with schizophrenia

    The interplay among psychopathology, personal resources, context-related factors and real-life functioning in schizophrenia: stability in relationships after 4 years and differences in network structure between recovered and non-recovered patients

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    Improving real-life functioning is the main goal of the most advanced integrated treatment programs in people with schizophrenia. The Italian Network for Research on Psychoses previously explored, by using network analysis, the interplay among illness-related variables, personal resources, context-related factors and real-life functioning in a large sample of patients with schizophrenia. The same research network has now completed a 4-year follow-up of the original sample. In the present study, we used network analysis to test whether the pattern of relationships among all variables investigated at baseline was similar at follow-up. In addition, we compared the network structure of patients who were classified as recovered at follow-up versus those who did not recover. Six hundred eighteen subjects recruited at baseline could be assessed in the follow-up study. The network structure did not change significantly from baseline to follow-up, and the overall strength of the connections among variables increased slightly, but not significantly. Functional capacity and everyday life skills had a high betweenness and closeness in the network at follow-up, as they had at baseline, while psychopathological variables remained more peripheral. The network structure and connectivity of non-recovered patients were similar to those observed in the whole sample, but very different from those in recovered subjects, in which we found few connections only. These data strongly suggest that tightly coupled symptoms/dysfunctions tend to maintain each other's activation, contributing to poor outcome in schizophrenia. Early and integrated treatment plans, targeting variables with high centrality, might prevent the emergence of self-reinforcing networks of symptoms and dysfunctions in people with schizophrenia

    Partnership tecnologiche e strategie aziendali

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    Le partnership tecnologiche, sforzi inter-organizzativi finalizzati alla R&S, rappresentano uno dei fronti \u2018pi\uf9 caldi\u2019 dell\u2019azione aziendale contemporanea (Hagedoorn, 2002), ma non \ue8 ancora del tutto chiaro se le dinamiche attivate nell\u2019ambito di tali connessioni siano strettamente limitate agli aspetti tecnologici o possano avere ricadute sui processi di formulazione delle strategie. L\u2019esperienza del Gruppo Loccioni, media impresa italiana che opera come system integrator, mostra come l\u2019allargamento dei circuiti di divisione del lavoro cognitivo (Rullani, 1997) implicato dalla costituzione di partnership in R&S, produca un apprendimento organizzativo che genera un progressivo miglioramento della capacit\ue0 di envisioning, a sua volta riflessa nella componente emergente delle strategie (Mintzberg, 1994) e nel conseguente ingresso in ambienti fino ad allora considerati \u2018lontani\u2019 dal management aziendale
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