19 research outputs found

    Un’Archeologia del “Noi” Cristiano

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    In principio era un uomo che interpretò la sua missione sulla terra nel senso di attrarre gli altri uomini fuori dai loro spazi (case, famiglie, attività, villaggi) e dal loro tempo (storico) per condurli a sé verso altri spazi (ovunque egli andasse) in virtù dell’avvicendarsi di un altro tempo (escatologico). Quest’uomo fu condannato a morte e morì. A partire dai giorni immediatamente successivi alla sua creduta resurrezione, prende avvio il processo con cui altri uomini, in suo nome, si dedicano a ri-situare se stessi e l’umanità intera in quadri formali significativamente riconfigurati dall’evento cristico: luoghi al contempo mentali e sociali strutturati dalla duplice tensione tra gli spazi tradizionali del mondo e quelli peculiari della “chiesa”, tra il tempo presente della storia e quello della sua incipiente fine. In questo libro qualcosa come una nuova identità sociale dei credenti in Cristo è osservata nelle peripezie del suo costituirsi in relazione a quattro dei principali ambiti di soggettivazione del mondo antico: l’umanità, l’ethnos, la città, la scuola filosofica

    Urban Religion in Late Antiquity

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    Aim of the volume is the analysis of the entanglement of religious communication and city life during an arc of time that is characterised by dramatic and even contradicting developments. Bringing together textual analyses and archaelogical case studies in a comparative perspective, the volume zooms in on the historical context of the advanced imperial and late antique Mediterranean space (2nd–8th centuries CE)

    Urban Religion in Mediterranean Antiquity: Relocating Religious Change

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    The claim formulated in this article is that city-space and interaction with city-space engineered the major changes that revolutionised ancient Mediterranean religions. Whereas previous research on ancient religion has stressed the role of religion for cities and urban topography, we are suggesting a new focus on the impact of cities on religion and on how the interaction with city-space changed religion. This side of the dialectic is what we call urban religion. This concept is paramount, since it encompasses the development of specific religious agencies and practices (e.g. neighbourhood shrines, theatrical processions; text production and supply of religious services), specific forms of religious knowledge and imaginaries (imaginative places; imagined communities, heavenly cities) and societal phenomena such as civic rituals or religious communities in the appropriation (and hence modification and formation) of urban space in cities of different size and character. The major questions that we propose are: how and to what extent is religion shaped by density, urban aspirations, diversity and conflict, city governance, heterarchical distribution of power and division of labour, and urban identity, that is urbanity? The basic assumption is that religious change needs to be investigated in terms of the ongoing interaction between the city-space and a variety of different agents, including residents, immigrants, and people who live off religion.La tesi formulata in questo articolo è che lo spazio cittadino e l’interazione con esso innescarono i più grandi mutamenti che rivoluzionarono le religioni mediterranee nell’antichità. Mentre le ricerche precedenti hanno sottolineato il ruolo della religione per la città e per la topografia urbana, la nostra prospettiva suggerisce di concentrare l’attenzione sull’impatto delle città stesse sulla religione, indagando come l’interazione con lo spazio cittadino abbia modificato la religione. È questa la prospettiva che definiamo religione urbana. Questo concetto è di importanza fondamentale nella misura in cui include l’emergere di specifiche strutture, agency e pratiche religiose (per esempio, i santuari di quartiere, le processioni teatrali, la produzione di testi e l’offerta di servizi religiosi), specifiche forme di sapere e immaginazione religiosi (luoghi immaginari, comunità immaginarie, città celesti) e fenomeni sociali come rituali civici o comunità religiose esaminate nel loro processo di appropriazione (e quindi di trasformazione) dello spazio urbano in città di differenti dimensioni e tipologia. Le questioni principali che poniamo sono le seguenti: come e in che misura la religione è plasmata dalla densità e dalle aspirazioni urbane, dalla diversità e dal conflitto, dall’amministrazione cittadina, dall’organizzazione ‘eterarchica’ del potere, dalla divisione del lavoro e dallo stile di vita urbano? L’assunto di base è che il cambiamento religioso necessita di essere indagato in termini di reciproche relazioni tra lo spazio urbano e una varietà di attori sociali, inclusi i residenti, gli immigrati e coloro che vivono della religione

    Contro l'albero, per i flussi. Identità: cinque marcatori di lunghissima durata

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    Il contributo propone una riflessione d’insieme sulle tematiche sviluppate in nove saggi dedicati a “Identità etniche, identità collettive, identità religiose. Problemi aperti in prospettiva diacronica”. Il tema dell’identità è riesaminato dall’autore sotto diverse angolature: identità come racconto, come ascesi, come camuffamento, come norma, come successo

    3. Corpo civico cristiano

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    3.1. La città, le città e i loro abitanti 3.1.1. Effetto Despina: la città fuori dalla prigione metonimica «In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi dal mare». Come la forma di Despina muta a seconda della direzione da cui la si accosta e dalle aspettative di chi l’avvicina, sempre ricevendo i suoi tratti dal deserto a cui si oppone, così l’idea di città nella prima età imperiale romana varia in base ai punti di vi..

    «Che non abbia a vergognarmi di fronte alla gente». Campo religioso e campo familiare nella Passio Perpetuae et Felicitatis

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    L’arbitrarietà della distinzione tra storia e sociologia è particolarmente visibile al livello più alto della disciplina: penso che i grandi storici siano anche grandi sociologi. Ma, per varie ragioni, gli storici si sentono meno tenuti dei sociologi a forgiare concetti, a costruire modelli o produrre discorsi teorici o metateorici più o meno pretenziosi e possono nascondere sotto un modo di raccontare elegante la loro rinuncia, che spesso va di pari passo con la discrezione.P. Bourdieu - L.J..

    Un’archeologia del “noi” cristiano

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    In principio era un uomo che interpretò la sua missione sulla terra nel senso di attrarre gli altri uomini fuori dai loro spazi (case, famiglie, attività, villaggi) e dal loro tempo (sto­rico) per condurli a sé verso altri spazi (ovunque egli andasse) in virtù dell’avvicendarsi di un altro tempo (escatologico). Quest’uomo fu condannato a morte e morì. A partire dai giorni immediatamente successivi alla sua creduta resurrezione, prende avvio il processo con cui altri uomini, in suo nome, si dedicano a ri-situare se stessi e l’uma­nità intera in quadri formali significativamente riconfigurati dall’evento cristico: luoghi al contempo mentali e sociali strutturati dalla duplice tensione tra gli spazi tradizionali del mondo e quelli peculiari della “chiesa”, tra il tempo presente della storia e quello della sua incipiente fine. In questo libro qualcosa come una nuova identità sociale dei credenti in Cristo è osservata nelle peripezie del suo costituirsi in relazione a quattro dei principali ambiti di soggettivazione del mondo antico: l’umanità, l’ethnos, la città, la scuola filosofica.«Si tratta di far apparire le pratiche discorsive nella loro complessità e nel loro spessore; far vedere che parlare significa fare qualcosa, qualcosa di diverso che esprimere quello che si pensa, tradurre quello che si sa, qualcosa di diverso anche che far funzionare le strutture di una lingua; far vedere che aggiungere un enunciato a una serie preesistente di enunciati, significa fare un gesto complicato e costoso, che implica delle condizioni (e non soltanto una situazione, un contesto, dei motivi) e che comporta delle regole (diverse dalla regole logistiche e linguistiche di costruzione); far vedere che un cambiamento, nell’ordine del discorso, non presuppone delle “idee nuove”, un po’ di invenzione e di creatività, una mentalità diversa, ma delle trasformazioni in una pratica, eventualmente in quelle che le sono vicine e nella loro articolazione comune. Non ho negato, e me ne guardo bene, la possibilità di cambiare il discorso: non ho tolto il diritto esclusivo e istantaneo alla sovranità del soggetto». (M. Foucault, Archeologia del sapere) «La continuità della storia al di là della soglia epocale non consiste nella sopravvivenza di sostanze ideali, ma nell’ipoteca di problemi che essa impone: sapere anche, e nuovamente, ciò che un tempo è già stato saputo» (H. Blumenberg, La legittimità dell’età moderna

    1. Umanità cristiana

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    1.1. Macchine antropologiche 1.1.1. Un animale bipede e senza piume (macchina antropologica n. 1) «“Pare strano che un filosofo si interessi di animali”, osservai.“E perché? Dato che siamo, come dice Platone, bipedi senza piume, possiamo avere rispetto per gli animali…”». Nel Politico di Platone Socrate è un soggetto già estremamente promettente. Giovanissimo, è dotato al punto da anticipare l’esito del ragionamento svolto dallo Straniero, filosofo di Elea, che, con il suo caratteristico meto..

    2. Ethnos cristiano

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    2.1. L’“inaggirabile” della razza e lo spaesamento cristiano 2.1.1. Il punto sull’ethnicity: oggi e ieri «Le razze superiori dovrebbero star guardinghe fin da ora dagli incroci con razze inferiori; anzi la legge dovrebbe intervenire per prevenirli, onde evitare le loro non buone conseguenze per le nazioni civili. L’Antropologia insegna che l’ascesa o il decadere di molti popoli non ebbe nel passato altra causa di un indiscriminato incrociarsi di razze. Quelle nazioni che oggi accolgono indiff..
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