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    FROM THE MOUNTAINS TO THE SEA. THE BORDER AS A REFUGE, ECONOMICAL ALTERNATIVE, ESCAPE AND SOCIAL REDEMPTION

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    Il saggio vuole proporre una riflessione sul tema del confine inteso non come barriera invalicabile oppure possibilità di fuga, ma quasi esso stesso come luogo di impunità. È il caso della situazione determinatasi, per ragioni storiche e geografiche, sul confine abruzzese fra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa così come emerge dalla documentazione d’archivio e cartografica relativa agli ultimi decenni del Seicento incentrata sul fenomeno del banditismo. Un confine geograficamente variegato − per questo offriva diverse soluzioni agli uomini ricercati dalla legge − che va dalle cime dell’Appennino compreso tra il versante nord-occidentale del Gran Sasso, quello meridionale dei Monti della Laga e la pianura costiera che degrada verso l’Adriatico. L’area montuosa rappresentava per i banditi un luogo sicuro dove rifugiarsi, dove potevano contare su appoggi ed aiuto; nei casi più estremi il confine diveniva una facile via di evasione perché sia gli impervi passi di montagna, che le colline del Subappennino aprutino e le pianure attraversate dal Fiume Vomano, rappresentavano per questi uomini un ambiente ben conosciuto. La frontiera era inoltre un’alternativa economica, perché il passaggio da uno stato all’altro permetteva di portare avanti lucrose attività di contrabbando. Il confine, o il confino, poteva divenire addirittura mezzo di riscatto sociale, perché i banditi indultati venivano inviati all’“estero” (ad esempio nella Repubblica di Venezia) a combattere per un tempo assai inferiore alle pene a cui scampavano nel Viceregno.The essay offers a reflection on the geographical and political border between the Kingdom of Naples and the State of the Church, in Abruzzo, not only as a crossed barrier and chance to escape, but like a place of impunity. A border where practiced smuggling and that could become tool of social redemption thanks to forced confinement. The idea is based on documents and historical maps of the sixteenth century

    Virus in viaggio, tra scoperte, reazioni, acquisizioni e rimozioni

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    L’esperienza di ricerca fatta con l’Atlante del COVID-19 in Italia, in particolare con il caso di studio sul Lazio, ha fatto emergere la volontà di un approfondimento geostorico sull’incidenza delle malattie nelle vicende dell’umanità nel corso dei secoli. Fin dalle epoche dominate da grandi imperi e strutturate reti di comunicazione, a mettersi in viaggio insieme alle persone sono stati virus e batteri. Prima fra i continenti del Vecchio Mondo, poi superando gli oceani verso i Nuovi Mondi, i contagi hanno assunto dimensioni globali. Proporzioni che, oggi, sono rese ancor più evidenti dalla velocità degli spostamenti e dalla propagazione dei fenomeni in un pianeta popolato da otto miliardi di persone che premono sugli ecosistemi naturali. Le fonti storiche rivelano che, a varie scale, le malattie hanno da sempre indotto forti reazioni sociali e territoriali. Le “pestilenze” hanno lasciato un apparato di saperi, usi e credenze che, osservati oggi, ci fanno scoprire come molte delle risposte anelate all’emergere e al conclamarsi della nuova pandemia esistessero già. Mostrano nel contempo come la rimozione del pericolo, connessa con il non volere vederlo, sia una risposta umana ricorrente. Dagli esempi indagati emergono reiterati comportamenti contraddittori e forieri di effetti negativi, dal ricorso a vecchi riti e credenze al rifiuto di cautele e conoscenze sanitarie acquisite, messi in atto sia dalla popolazione che dalle autorità, che ricordano il recente passato velocemente dimenticato

    Chapter Massimo Quaini e il CISGE

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    Among the geographical associations the Italian Centre for Historical and Geographical Studies (CISGE) was the one with which Massimo Quaini maintained a stronger relationship. In addition to the sharing of the study fields, Quaini was also linked to CISGE by the close and inseparable link between geography and history, the combination of concrete research and theoretical reflection, the plurality of approaches, the continuous dialectic and the marked interdisciplinarity. Elements that have always characterized the Centre since its foundation, becoming concrete in meetings, seminars, conferences, research groups, national and international projects and in numerous publications. Through a careful analysis of Quaini’s writings contained in the proceedings, the collections of essays and the journal Geostorie (which since 2000 replaced the Notiziario del CISGE) – a long and uninterrupted series from 1992 to 2017 – the contribution aims at highlighting the original, critical and stimulating contribution offered by Massimo to the four fundamental study streams of CISGE: historical geography, history of cartography, history of geographical thought, history of travels and of explorations

    La Riforma luterana e la nuova Geografia / The Lutheran Reform and the New Geography / La reforma luterana y la nueva Geografía

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    The Lutheran Reform and the New Geography – Inspired by the idea of the theme chosen for this congress, that is the contribution of Geography between revolutions and reforms, and strictly referring to the five hundredth anniversary of the Lutheran Reform, the proposed session aims to reflect on the weight carried by the Protestant Reform in the evolution of thought and culture, in politics and religion and in the history of Geography and Cartography. Hereafter are some of the aspects that will be addressed. The Lutheran Reform has profoundly modified the motivations and the purposes of travel which, from experience of knowledge and exploration, have changed into colonization movements on a global scale. Simultaneously, also the travel report has changed: the perspective, the objectives and purposes that are at the origin of travels experiences have affected the main actors, the contents, the themes, the shapes (great literary collections of G.B. Ramusio and Richard Hakluyt), and the relationship between texts and iconography (Theodor de Bry, Giacomo Gastaldi). The opening of pelagic routes brought to the fore countries with different cultures than those of the Mediterranean ones, gradually moving the center of gravity of the travels, of the exchanges and of the flow of ideas towards Northern Europe, triggering a process of differentiation that found in religion a symbol around which to build new identity bonds. New trade routes were opened, products previously unknown were introduced, distant new worlds were known, new horizons and boundaries were drawn up. The Cartography has witnessed Flemish centers of production flourishing at the expense of the Mediterranean ones, the rise of new models of representation after the Ptolemaic ones (Ortelius, Mercator, etc.) and new forms of cartographic divulgation (Atlases). As a consequence, a process of secularization that showed also some important phenomena of iconoclasm was established. Therefore, we wish to reflect with this proposal on a reform which led to a slow revolution, obstructed but inexorable, which has imposed big newness among protagonists and themes of travel and travel literature, among new worlds and maps that represent them; a promoted new Geography, for example, from different buyers compared to the previous ones (rise of the bourgeoisie) that has imposed different contents and containers.Partendo dallo spunto offerto dal tema scelto per questo congresso, ossia l’apporto della Geografia fra rivoluzioni e riforme, e rifacendosi strettamente al cinquecentenario della Riforma luterana, la sessione proposta vuole riflettere sul peso avuto dalla riforma protestante nell’evoluzione del pensiero e della cultura, nella politica e nella religione, nella storia della Geografia e della Cartografia. Di seguito alcuni degli aspetti che verranno affrontati. La Riforma luterana modificò profondamente le motivazioni e le finalità dei viaggi, che da esperienze di conoscenza ed esplorazione si trasformarono in movimenti di colonizzazione su scala globale. Parallelamente si trasformò anche il racconto del viaggio: l’ottica, gli obiettivi e gli scopi alla base delle esperienze odeporiche influirono sui protagonisti, i contenuti, i temi, le forme (le grandi raccolte di G.B. Ramusio e Richard Hakluyt), sul rapporto fra testo e iconografia (Theodor de Bry, Giacomo Gastaldi). L’apertura delle rotte oceaniche portò alla ribalta paesi con culture diverse da quelle mediterranee, spostando progressivamente il baricentro dei viaggi, degli scambi e della circolazione delle idee verso il Nord Europa, innescando un processo di differenziazione che trovò nella religione un emblema attorno a cui costruire nuovi legami identitari. Vennero aperte nuove rotte commerciali, introdotti prodotti prima ignorati, conosciuti mondi lontani, nuovi altrove, disegnati nuovi orizzonti e confini. La cartografia vide fiorire i centri di produzione fiamminghi a scapito di quelli mediterranei, l’imporsi di nuovi modelli di rappresentazione dopo quelli tolemaici (Ortelio, Mercatore, ecc.) e di nuove forme di divulgazione cartografica (Atlanti). Si affermò così un processo di secolarizzazione che presentava anche importanti fenomeni di iconoclastia. Con questa proposta si vuole dunque riflettere su una riforma che ha comportato una rivoluzione lenta, contrastata ma inesorabile, che ha imposto grandi novità tra i protagonisti e i temi del viaggio e della letteratura odeporica, fra i nuovi mondi e carte che li rappresentavano; una nuova Geografia promossa, ad esempio, da committenti differenti rispetto ai precedenti (ascesa della borghesia) che ha imposto contenuti e contenenti diversi.La reforma luterana y la nueva Geografía – Partiendo de la propuesta que nos ofrece el tema elegido para este congreso, es decir, la aportación de la Geografía entre revoluciones y reformas, y de forma especial y estrecha al quinientos aniversario de la Reforma luterana, la sesión propuesta quiere reflexionar sobre el peso ejercido de la reforma protestante en la evolución del pensamiento y de la cultura, en la política y en la religión, en la historia de la Geografía y de la Cartografía. A continuación algunos de los aspectos que vendrán afrontados. La Reforma luterana modificó profundamente las motivaciones y la finalidad de los viajes, que desde experiencias de conocimiento y exploración se transformaron en movimientos de colonización sobre una escala global. Paralelamente se transformó incluso el relato del viaje: la óptica, los objetivos y los propósitos, en la base de la experiencia de viaje influyeron sobre los protagonistas, los contenidos, los temas, las formas (las grandes compilaciones di Giovanni Battista Ramusio y Richard Hakluyt), sobre la relación entre el texto y la iconografía (Theodor de Bry, Giacomo Gastaldi). La apertura de la ruta oceánica e hizo crecer la importancia de los países con diversa cultura de aquella mediterránea, alejando progresivamente el epicentro de los viajes, de los intercambios y de la circulación de las ideas hacia la Europa del Norte, desencadenando un proceso de diferenciación que encontró en la religión un emblema en torno al cual construir nuevas relaciones identitarias. Vienen abiertas nuevas rutas comerciales, introducciones de productos antes ignorados, conocidos mundos lejanos, nuevos en otras partes, diseñando nuevos horizontes y confines. La Cartografía ve florecer los centros de producción flamenca en detrimento de aquellas mediterráneas, la imposición de nuevos modelos de representación después de aquellos tolemaicos (Ortelio, Mercatore, etc.) y de nuevas formas de divulgación cartográfica (Atlantes). Por tanto, se dio cuenta de un proceso de secularización que también tenía fenómenos importantes de la iconoclasia. Con esta propuesta se quiere, por lo tanto, reflexionar sobre una reforma que ha significado una revolución lenta, contrastada pero inexorable, que ha impuesto grandes novedades entre los protagonistas y los temas de viajes y de los relatos de viajes, entre los nuevos mundos y mapas que los representaban; una nueva Geografía dirigida, por ejemplo, de sectores diferentes respecto a los precedentes (acceso de la burguesía) que han impuesto contenidos y continentes diversos

    L’apertura dell’orizzonte geografico moderno verso l’Oriente. Il Giappone svelato all’Europa

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    Un tema assai affascinante e ricco di risvolti culturali che i geografi storici affrontano da tempo è quello della costruzione dell’immagine del mondo elaborata sulla scorta delle scoperte e delle esplorazioni avvenute fra la fine del Medioevo e la prima Età moderna. I protagonisti di questa operazione di progressivo disegno dei nuovi mondi furono gli europei che, interessati a raggiungere l’Oriente per via di terra e poi per via di mare, si impegnarono nella promozione di viaggi, scambi, relazioni scritte e immagini sintetiche dei paesi asiatici. Dalla metà del Cinquecento le “nuove” fonti letterarie da cui i cartografi trassero informazioni da utilizzare nella compilazione delle carte sul Giappone soprattutto le lettere scritte dai missionari gesuiti. Dagli anni Settanta del Cinquecento, con la più decisa spinta missionaria verso la capitale del Giappone, le informazioni geografiche aumentarono. Le carte realizzate dagli europei iniziarono a strutturarsi grazie al riordino e al vaglio delle fonti indirette e dirette, di cui i gesuiti continuarono ancora per decenni a essere attori privilegiati, testimoniando l’inizio della più netta differenziazione fra le tipologie di viaggiatori, come pure fra i geografi veri e propri e i cartografi

    Immagini del passato: Montorio al Vomano nella cartografia storica del tardo Seicento

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    Il libro, realizzato in collaborazione col Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Archivio di Stato di Teramo), offre una rassegna ragionata di immagini che, nei secoli, hanno rappresentato il “disegno” del borgo situato sulla vallata del fiume Vomano, alle pendici del Gran Sasso d’Italia. Mappe rare, inediti documenti d’archivio, eleganti disegni e storiche vedute, fotografie e cartoline illustrate d’altri tempi: un viaggio indietro nel tempo per riscoprire la Montorio dei secoli passati, le sue trasformazioni urbanistiche e architettoniche, gli angoli e gli scorci andati perduti. Il saggio utilizza le fonti d’archivio, i resoconti e in particolar modo la cartografia storica (conservata a Simancas) per ricostruire l’assetto del centro urbano alla fine del Seicento, la toponomastica e le vie interne e quelle di comunicazione, l’insediamento sparso nelle campagne, più in generale il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, poiché proprio grazie alle carte si legge e si comprendere come lo spazio sia stato organizzato dalla comunità che lo abitava in funzione delle possibilità (economiche, culturali, tecnologiche) e delle esigenze del momento. Tali fonti permettono di ricostruire nel dettaglio gli assetti socio-ambientali del passato

    Pietro Amat di San Filippo e gli Studi biografici e bibliografici nei documenti editi ed inediti della Società Geografica Italiana

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    Studio biografico e bibliografico su Pietro Amat di San Filippo, autore insieme a Gustavo Uzielli, degli Studi biografici e bibliografici opera che, sebbene nella più compiuta forma della seconda edizione risalga al 1882, ciò nonostante costituisce tuttora un punto fermo ineludibile per chiunque voglia intraprendere una ricerca sui viaggiatori e gli esploratori italiani dei secoli passati o sulla storia della cartografia italiana pregeodetica, Oltre a ciò, la sua esperienza umana e l’attività di ricerca, oltre all’inclinazione al collezionismo di libri, sono molto rappresentative di quel particolare momento della storia della geografia italiana che va dalla costituzione del Regno d’Italia alle celebrazioni per il quarto Centenario della scoperta colombiana. Le ricerche d’archivio e bibliografiche hanno permesso di ricostruire in particolare la ricca bibliografia dei suoi lavori di ricerca, la passione per la Geografia e per la storia dei viaggi e delle relazioni odeporiche che lo vide aderire alla neonata Società Geografica Italiana fino dall’inizio del 1867, entrare per due anni nel Consiglio Direttivo (1879-1881) e venirne nominato socio corrispondente nel 1882 (oltre che membro corrispondente dalla Società Geografica di Parigi dal 1889). Fu inoltre socio dell’Accademia dei Lincei, partecipando alla fondazione del Club Alpino Italiano (1863) e della Società Geologica Italiana (1882) La sua attività editoriale, nell’ambito delle iniziative nazionali e internazionali della Società Geografica, risulta operosa e di buon livello: partecipò infatti ai congressi geografici internazionali di Parigi e di Venezia e fu fra i protagonisti, sebbene relegato in secondo piano, del primo congresso geografico italiano tenutosi, com’è noto, a Genova (in coincidenza con la ricorrenza della scoperta dell’America). L’analisi della produzione scientifica di Pietro Amat di San Filippo ha permesso di tracciarne nei minimi particolari il profilo di studioso. Meticoloso, attento, preciso, interessato in modo quasi maniacale alla difesa dei meriti dei suoi illustri connazionali ma, al tempo stesso, sempre corretto nei giudizi e, al di là delle lodi d’occasione, anche nella ricostruzione storica delle loro imprese. Varie difficoltà e l’isolamento rispetto alla politica culturale e di potere del suo tempo gli impedirono di raggiungere in vita la fama che gli Studi gli avrebbero garantito in seguito. La sua ampiezza di orizzonti e la sua precisione appaiono veramente eccezionali se si tiene conto dei mezzi di cui Amat poté disporre per redigere l’opera. Ad essa possiamo avvicinare, per struttura ed intenti, la grande Raccolta Colombiana, di cui gli Studi, nelle varie edizioni, costituiscono una indispensabile premessa

    La Rocca e la Montagna di Roseto nell’Abruzzo Ultra: un’analisi geostorica fra cartografia e fonti documentali

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    Nella Valle dell’Alto Vomano (TE) sorgono i resti di un’antica fortificazione, la Rocca di Roseto, che oggi come nel passato domina lo spazio circostante. Il primo impianto e l’aspetto originario della rocca risalirebbero all’XI secolo, sotto gli Svevi essa venne inglobata nel sistema difensivo del regno e verso la fine del XIII secolo fu ristrutturata e potenziata dagli Angioini per svolgere una duplice funzione: controllare i pascoli estivi d’alta quota di Piano Roseto e delle praterie della Laga e vigilare sulle vie interne dei commerci abruzzesi. Nei secoli iniziali del nuovo millennio, infatti, la viabilità locale era tornata a sfruttare il tracciato dell’antica Via Cecilia, così la rocca, essendo la prima fortificazione che si incontrava una volta valicato l’Appennino provenendo da L’Aquila, controllava la direttrice degli scambi tra il versante tirrenico e quello adriatico che interessavano trasversalmente l’Italia centrale. L’importanza strategica dell’avamposto in epoca tardo medievale fu tale che da esso, per estensione, presero il nome i rilievi subappenninici circostanti, che nei documenti storici sono definiti appunto Montagna di Roseto. Le annotazioni sulla permanenza della rocca si fanno sempre più rilevanti nelle carte storiche, particolarmente quelle relative ai secoli XVII e XVIII. Le fonti cartografiche, più di quelle scritte, riescono a testimoniare nel tempo l’importanza avuta dal manufatto e dall’area montuosa circostante nella storia della regione. Interessata alla fine del Seicento dai progetti di fortificazione voluti dal viceré marchese del Carpio per estirpare il banditismo ai confini del Regno di Napoli, la Rocca e la Montagna di Roseto rappresentano una realtà ben documentabile fino alla metà dell’Ottocento, dopo di che le notizie si rarefanno fino ad arrivare alla situazione attuale, in cui localmente quasi nessuno ne ha più memoria. Sebbene figuri come rudere da visitare tra i punti di interesse all’interno del Parco nazionale del Gran Sasso, la Rocca di Roseto meriterebbe attenzione e proposte di conoscenza e valorizzazione del sito adeguate a un luogo che ha segnato per circa un millennio la storia del territorio limitrofo
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