139 research outputs found

    The DNA damage response promotes Polyomavirus JC infection by nucleus to cytoplasm NF-Kappa B activation.

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    Background: Infection of glial cells by human neurotropic polyomavirus JC (JCV), the causative agent of the CNS demyelinating disease progressive multifocal leukoencephalopathy (PML), rapidly inflicts damage to cellular DNA. This activates DNA damage response (DDR) signaling including induction of expression of DNA repair factor Rad51. We previously reported that Rad51 co-operates with the transcription factor NF-κB p65 to activate JCV early transcription. Thus Rad51 induction by JCV infection may provide positive feedback for viral activation early in JCV infection. DDR is also known to stimulate NF-κB activity, a phenomenon known as nucleus to cytoplasm or “insideout” NF-κB signaling, which is initiated by Ataxia telangiectasia mutated (ATM) protein, a serine/threonine kinase recruited and activated by DNA double-strand breaks. Downstream of ATM, there occurs a series of posttranslational modifications of NF-κB essential modulator (NEMO), the γ regulatory subunit of inhibitor of NF-κB (IκB) kinase (IKK), resulting in NF-κB activation. Methods: We analyzed the effects of downstream pathways in the DDR by phosphospecific Western blots and analysis of the subcellular distribution of NEMO by cell fractionation and immunocytochemistry. The role of DDR in JCV infection was analyzed using a small molecule inhibitor of ATM (KU-55933). NEMO sumoylation was investigated by Western and association of ATM and NEMO by immunoprecipitation/Western blots. Results: We show that JCV infection caused phosphorylation and activation of ATM while KU-55933 inhibited JCV replication. JCV infection caused a redistribution of NEMO from cytoplasm to nucleus. Co-expression of JCV large Tantigen and FLAG-tagged NEMO showed the occurrence of sumoylation of NEMO, while co-expression of ATM and FLAG-NEMO demonstrated physical association between ATM and NEMO. Conclusions: We propose a model where JCV infection induces both overexpression of Rad51 protein and activation of the nucleus to cytoplasm NF-κB signaling pathway, which then act together to enhance JCV gene expression

    Riattivazione del Polyomavirus umano JC in pazienti affetti da malattie immuno-mediate e trattati con farmaci biologici: analisi di sequenza della Non Coding Control Region virale ed indagine immunofenotipica

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    Negli ultimi anni, il trattamento di molte malattie immunomediate ha previsto l'impiego di anticorpi monoclonali (mAbs), i rappresentanti più promettenti nella categoria dei farmaci biologici (FB). Tuttavia il loro uso è stato presto associato alla riattivazione di agenti patogeni latenti, come il Polyomavirus umano JC (JCV), un virus neurotropo ed ubiquitario nella popolazione umana, con un genoma a DNA circolare a doppio filamento. L'allarme di “infezioni opportunistiche associate all’utilizzo di FB” è scattato nel 2005 quando 3 pazienti, trattati con l’mAb natalizumab, hanno sviluppato la leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML), rara malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale (SNC) causata all’infezione litica degli oligodendrociti da parte di JCV. L’α4-integrina (o CD49d) rappresenta il bersaglio specifico dell’mAb natalizumab, che agisce bloccando la diapedesi dei linfociti T CD4+ e CD8+ attivati verso i loci d’infiammazione. A livello del SNC, tale diapedesi linfocitaria è mediata dall’interazione tra l’α4-integrina, presente sui linfociti, e le molecole di adesione cellulare VCAM-1, presenti sull’endotelio vascolare cerebrale. Tuttavia, il preciso meccanismo mediante il quale il natalizumab predisponga al rischio d’insorgenza di PML non è stato ancora ben definito, anche se tale meccanismo sembra dipendere fortemente sia da una ridotta sorveglianza immunitaria del SNC, sia dall’infezione latente da parte di JCV delle cellule B e dei precursori ematopoietici CD34+ che, migrando attraverso la circolazione sanguigna, possono trasferire le varianti più neurovirulente di JCV dal midollo osseo al cervello. I determinanti del neurotropismo e della neurovirulenza di JCV risiedono principalmente nella regione non codificante di controllo della replicazione e della trascrizione genica virale (NCCR), una regione altamente variabile che va incontro a riarrangiamenti nel corso della replicazione virale. La NCCR della variante non patogena di JCV (archetipo CY) è divisa in 6 box indicati come: box A di 36 paia di basi (pb), box B (23pb), box C (55pb), box D (66pb), box E (18pb) e box F (69pb). Ciascun box contiene i siti di legame per specifici fattori trascrizionali cellulari coinvolti nella trascrizione dei geni virali. Questi siti di legame possono andare incontro a processi di riarrangiamento, come delezioni o duplicazioni, generando nuove varianti virali dotate di diverso tropismo e grado di patogenicità rispetto al ceppo archetipo. Le varianti patogene così generatesi ed isolate prevalentemente da tessuti di pazienti con PML possiedono invece una NCCR con un’organizzazione strutturale che rimanda al prototipo originale Mad1. La NCCR di Mad1 è costituita da una sequenza A-C-E di 98 pb ripetuta in tandem (A-C-E-A-C-E-F), con conseguente duplicazione dei siti di legame specifici per particolari fattori di trascrizione cellulare, tra cui NF-1 ed Spi-B, essenziali per l’espressione dei geni virali. Pertanto, per stabilire l’esistenza di una correlazione tra la riattivazione di JCV ed il trattamento di malattie immunomediate con FB, sono state arruolate quattro coorti di individui: due coorti di pazienti pediatrici affetti da morbo di Crohn (MC) trattati rispettivamente con l'anti-TNF-α infliximab (Coorte 1.1), e con terapia convenzionale a base di antinfiammatori e antibiotici (Coorte 1.2); una coorte di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) trattati con natalizumab (Coorte 2); ed una coorte di pazienti affetti da malattie reumatiche infiammatorie croniche (MRIC) trattati con mAbs anti-TNF-α differenti (Coorte 3). I principali obiettivi di questo studio sono stati: (1) il monitoraggio della carica virale di JCV mediante PCR Real Time quantitativa (q-PCR) in prelievi biologici raccolti dalle tre coorti a tempi di campionamento specifici; (2) l’analisi dei possibili riarrangiamenti della NCCR virale, al fine di individuare possibili mutazioni nei siti di legame per specifici fattori di trascrizione cellulari; (3) l’analisi della sequenza genica della VP1 di JCV, al fine di definire una possibile correlazione tra uno specifico genotipo/sottotipo di JCV e le malattie immunomediate in trattamento con FB; (4) l’analisi immunofenotipica e la valutazione dell’immunoattivazione e dell’espressione del CD49d sulla membrana cellulare delle varie sottopopolazioni linfocitarie mediante citoflurimetria, al fine di individuare le alterazioni immunologiche indotte dal natalizumab, esclusivamente nei pazienti affetti da SMRR. Dall’analisi dei risultati ottenuti è emerso che, nelle coorti di pazienti pediatrici affetti da MC, la carica virale di JC nel plasma (o viremia) è risultata significativamente più elevata nella Coorte 1.1 rispetto alla Coorte 1.2 dopo 4 mesi di trattamento, momento in cui l’infliximab sembra raggiungere la sua massima efficacia, determinando la mobilizzazione dei precursori emopoietici CD34+ infettati con JCV. Nelle urine e nelle biopsie ileali, invece, la carica virale è aumentata in modo significativo nella Coorte 1.1 rispetto alla Coorte 1.2 dopo 1 anno di trattamento con infliximab. Pertanto, è probabile che l’utilizzo prolungato del farmaco, riducendo l’immunosorveglianza dell’ospite, favorirebbe l’infezione produttiva da parte di JCV sia delle cellule epiteliali tubulari del rene sia delle cellule gliali enteriche, quest’ultime ritenute siti di latenza secondaria per il virus. In questo contesto, i virioni prodotti dalle cellule gliali enteriche potrebbero aver infettato le cellule epiteliali intestinali facilitando la diffusione del virus nel tratto gastrointestinale. Infine sia a 12 e a 18 mesi di trattamento con infliximab, la carica virale di JC nelle urine (o viruria) si è mostrata significativamente più elevata rispetto alla viremia (p < 0,05) solo nella Coorte 1.1. Nella Coorte e invece, durante i primi 8 mesi di trattamento con anti-TNF-α, è stata osservata una viruria persistente da JC significativamente più elevata rispetto alla viremia (p=0,015), portando ad ipotizzare che sia la patologia primaria che l’utilizzo di anti-TNF-α favoriscano la riattivazione del virus a livello dell’epitelio dell’apparato urinario con conseguente rilascio dei virioni di JC nell’urina. Infine, nella coorte di pazienti con SMRR trattati con natalizumab, è stata riscontrata un’associazione statisticamente significativa (p=0,0006) tra il numero di campioni di urina positivi al DNA di JCV e la presenza di anticorpi JCV-specifici (STRATIFY JCV® positivo) dopo un anno di trattamento con natalizumab (t3), rispetto al numero di campioni di urina positivi al DNA di JCV e l’assenza di anticorpi JCV-specifici (STRATIFY JCV® negativo). Pertanto l’andamento della viruria potrebbe essere considerato un indice predittivo di riattivazione del virus JC nei primi 12 mesi di trattamento con natalizumab in pazienti affetti da SMRR soprattutto nei casi in cui lo STRATIFY JCV® fornisca un risultato negativo. Inoltre in pazienti con un numero di infusioni superiori a 12 è stato stimato un rischio relativo pari a 1,71 di sviluppare viremia da JCV rispetto ai pazienti con un numero di infusioni di JCV inferiore a 12 (p=0,04). Infine, esclusivamente nella Coorte 2 è stata condotta la valutazione dell’espressione del CD49d sulla membrana cellulare di varie sottopopolazioni linfocitarie presenti nel sangue periferico e, dall’analisi dei risultati ottenuti, è stato possibile osservare una riduzione significativa dell’espressione dell’α4-integrina nei linfociti T CD4 central memory (p = 0,036), CD4 effector memory (p = 0,012) e CD8 effettori (p = 0,043) dei pazienti affetti da SMRR con viremia e/o viruria da JCV rispetto a quella dei pazienti senza viruria e senza viremia durante il primo anno di trattamento con natalizumab. Infine dal confronto tra le varie coorti arruolate in questo studio, è emerso che la viruria nei pazienti affetti da MRIC è sempre maggiore rispetto a quella riscontrata nelle altre coorti (p=0,025) e che esiste una correlazione statisticamente significativa tra la viruria da JC al baseline (prima dell’inizio del trattamento con FB) e l’essere affetto da MRIC (p=0,024). Inoltre, i valori di viremia (p=0,046) e di viruria (p=0,008) sono sempre più elevati nella coorte dei pazienti affetti da MRIC rispetto a quelli dei pazienti con MSRR e che il rischio di viruria persistente da JC è più elevato durante il trattamento con anti-TNF-α rispetto a che al trattamento con natalizuamb (p=0,01). Per quanto riguarda invece l’analisi di sequenza della NCCR di JCV, nella Coorte 1.1 è stata riscontrata la presenza di un’organizzazione strutturale tipica della variante non patogena di JCV (archetipo CY) nel 72% delle sequenze analizzate, mentre nel 26% è stata riscontrata un’organizzazione CY-simile ma con una delezione del box D e/o la presenza di due mutazioni nucleotidiche ricorrenti: la trasversione da T a G all’interno del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare Spi-B e la transizione da G a A nel box F all’interno del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare NF-1. In particolare, l’identificazione della mutazione nucleotidica a livello del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare Spi-B, la cui espressione è elevata nelle linee cellulari ematopoietiche, come le CD34+ e le cellule B, permette di correlare la presenza di questa mutazione puntiforme con una maggior capacità di diffusione del virus nell’ospite. Inoltre la transversione nucleotidica da T a G, converte il tipico sito di legame per il fattore cellulare Spi-B (5'-AAAAGGGAAGGTA-3') della variante non patogena archetipo CY in quello caratteristico delle varianti PML-associate come Mad1 (5'-AAAAGGGAAGGGA-3'), favorendo la riattivazione del virus ed il processo di riarrangiamento della NCCR. È stato infatti osservato da altri Autori che questa mutazione porti ad un aumento della trascrizione dei geni precoci di JCV, in quanto il sito di legame per Spi-B delle varianti PML-associate possiedono un’affinità di legame maggiore per la proteina cellulare rispetto al sito di legame presente nella variante non patogena [Marshall et al., 2012]. Infine nel restante 2% delle sequenze analizzate, ritrovate in 2 biopsie colon-rettali, è stata identificata una particolare sequenza riarrangiata della NCCR, con un’organizzazione strutturale che richiama la sequenza della NCCR del ceppo virale patogeno Mad1. Dal momento che le cellule epiteliali intestinali non sono permissive alla replicazione del virus, la presenza di tali sequenze evidenzia l’importanza dei meccanismi di riarrangiamento della NCCR al fine di generare varianti dotate di una migliore fitness replicativa. Negli ultimi anni il ritrovamento del DNA di JCV in cellule non permissive alla replicazione virale ha indotto a riconsiderare nell’uomo le potenzialità oncogene del virus JC, attualmente dimostrate solo in vitro. Nella Coorte 2, invece, è stata riscontrata un’organizzazione strutturale di tipo archetipo CY nel 68% dei campioni analizzati, mentre nel restante 32% sono state individuate sequenze riarrangiate e/o con caratteristiche mutazioni nucleotidiche. In particolare, in 2 campioni di cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC), appartenenti a 2 diversi pazienti con SMRR e STRATIFY JCV® positivi a t3, è stata ritrovata una NCCR riarrangiata, caratterizzata dalla delezione del box B con trasversione da T a G all’interno del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare Spi-B, dalla duplicazione del box C e dalla presenza dei box D, E ed F. Infine, nella coorte dei paziente affetti MRIC ed in trattamento per 8 mesi con anti-TNF-α, è stata sempre riscontrata l’organizzazione strutturale della NCCR archetipo, ad eccezione di un’unica sequenza riarrangiata simil-Mad1. Per quanto riguarda infine l’analisi della sequenza della VP1 virale, in tutte le coorti arruolate è stata osservata una prevalenza dei genotipi 1A e 1B, che sono quelli più comunemente riscontrati nelle popolazioni europee. Pertanto, sebbene non sia stato possibile individuare una reale correlazione tra la presenza di varianti neurovirulente ed il trattamento con specifici farmaci biologici, da questo studio è emerso che durante la diffusione del virus nell'ospite si vadano a selezionare particolari sequenze della NCCR di JCV, e che il trattamento con anticorpi monoclonali sembri avere un ruolo nella selezione di tali varianti. Tuttavia rimane ancora da chiarire quali siano i fattori virali e dell’ospite alla base di questo processo di selezione. Inoltre, dai risultati di questo studio è stato possibile evincere l’importanza di comprendere se e come lo scenario infiammatorio specifico delle diverse patologie immunomediate possa determinare la riattivazione del virus JC dai suoi siti di latenza, anche se sembrerebbe che gli anti-TNF-α favoriscano la riattivazione di JCV a livello dell’epitelio renale rispetto a quanto non faccia il natalizumab. Anche l’analisi della sequenza della NCCR potrebbe in futuro rivelarsi utile per identificare precocemente quei pazienti con un rischio più elevato di sviluppo di PML, in particolare attraverso il ritrovamento di varianti neurovirulente circolanti nel sangue periferico. Infine, la marcata riduzione dell’espressione dell’α4-integrina sulle cellule linfocitarie deputate al controllo dell’infezione e della riattivazione di JCV in pazienti affetti da SMRR che hanno sviluppato viruria e/o viremia da JCV nel primo anno di trattamento con natalizumab, potrebbe rappresentare in futuro un valido marcatore precoce della riattivazione di JCV in pazienti trattati con natalizumab. Pertanto, dal momento che il numero di pazienti affetti da malattie immunomediate e trattati con FB è in continuo aumento, il monitoraggio della riattivazione di JCV potrà rivelarsi estremamente utile nel corso della valutazione del rischio d’insorgenza di PML. Tuttavia, rimane di fondamentale importanza l’integrazione di queste osservazioni con lo studio dell’interazione molecolare, nelle cellule infettate, tra i cofattori proteici cellulari, come Spi-B, ed i corrispettivi siti di legame specifici presenti sulla NCCR virale, nonché la focalizzazione dell’attenzione sui pathways cellulari, finemente regolati dal sistema immunitario dell'ospite, che portano alla riattivazione del virus in condizioni di immunodepressione, dal momento che, fino ad oggi, il trattamento della PML con farmaci anti-virali si è rivelato inefficace

    EFFICIENT PROPAGATION OF ARCHETYPE JC POLYOMAVIRUS IN COS-7 CELLS: EVALUATION OF REARRANGEMENTS WITHIN NCCR STRUCTURAL ORGANIZATION DURING TRANSFECTION.

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    John Cunningham virus (JCPyV) is an ubiqui-tous human pathogen that causes disease in immunocom-promised patients. The JCPyV genome is composed of an early region and a late region, which are physically sepa-rated by the non-coding control region (NCCR). The DNA sequence of the NCCR distinguishes two forms of JCPyV, the designated archetype and the prototype, which resulted from a rearrangement of the archetype sequence. To date, the cell culture systems for propagating JCPyV archetype have been very limited in their availability and robust-ness. Prior to this study, it was demonstrated that JCPyV archetype DNA replicates in COS-7 simian kidney cells expressing SV40 TAg and COS-7 cells expressing HIV-1 Tat. Based on these observations, the present study was conducted to reproduce an in vitro model in COS-7 cells transfected with the JCPyV archetype strain in order to study JCPyV DNA replication and analyze NCCR rear-rangements during the viral life cycle. The efficiency of JCPyV replication was evaluated by quantitative PCR (Q-PCR) and by hemagglutination (HA) assay after trans-fection. In parallel, sequence analysis of JCPyV NCCR was performed. JCPyV efficiently replicated in kidney-derived COS-7 cells, as demonstrated by a progressive increase in viral load and virion particle production after transfection. The archetypal structure of NCCR was maintained during the viral cycle, but two characteristic point mutations were detected 28 days after transfection. This model is a useful tool for analyzing NCCR rearrangements during in vitroreplication in cells that are sites of viral persistence, such as tubular epithelial cells of the kidne

    Results, questions, perspectives of a study on human polyomavirus BK and molecular actors in prostate cancer development

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    Background: Prostate cancer (PC) is a common tumor in Western countries. Several risk factors play significant roles. MYC, BIRC5/survivin, CDC25 and P53 may contribute to PC risk. As demonstrated, human Polyomavirus BK (BKV) could affect cellular homeostasis contributing to PC pathogenesis. Materials and Methods: Biological samples were collected from PC patients. Viral RNA was searched using quantitative polymerase chain reaction (PCR), whereas a qualitative PCR was employed to find particular viral sequences. Proper size amplicons were analyzed. Single nucleotide polymorphisms (SNPs) were detected in p53 coding regions by means of a specific PCR. C-MYC, BIRC5/survivin and CDC25 gene expression was investigated using a Retro Transcriptional Quantitative PCR. Results: Viral DNA copy number was higher in cancer tissues taken from Gleason score 9 patients with Gleason score 7. Different p53 mutated compared to patients exons were found according to tumor advanced stage and a statistical significant correlation was found between Gleason score and p53 mutational rate. C-MYC, BIRC5/survivin and CDC25 expression was de-regulated according to the literature. Conclusion: The presence of BKV and its variants in transformed cells does not exclude viral pressure in cell immortalization. Expression of other target genes evidenced a significant change in their regulation, useful for cancer drug discovery and therapies

    High frequency of JCV DNA detection in prostate cancer tissues

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    BACKGROUND: Prostate cancer (PC) represents the most frequently diagnosed cancer in men. Exposure to infectious agents has been considered to induce prostatic inflammation and cancerous transformation. Controversial data exist concerning the role of the human polyomaviruses BK (BKV) and JC (JCV) in PC etiology. Therefore, a possible association between these polyomaviruses and PC was investigated. MATERIALS AND METHODS: Urine, blood and fresh prostatic tissue specimens were collected from 26 patients with PC. The presence of BKV and JCV, the possible non-coding control region (NCCR) variations and the genotyping analysis of viral protein 1 (VP1) of both viruses were assessed. RESULTS: Data showed a preferential viral re-activation in the urinary compartment and a statistically significant prevalence of JC viruria and of BKV in PC tissues. A BKV DDP-like NCCR sequence was isolated in two patients, whereas JCV NCCR was consistently of an archetypal structural organization. A prevalence of the European genotypes was observed for both viruses. CONCLUSION: Our data demonstrated the presence of JCV DNA in 14/24 (58.3%) cancerous prostatic tissue specimens, confirming the results obtained in a previous study, in which JCV has been defined as common inhabitant of the prostate, and opening the discussion about its potential role in PC

    Possible antiviral effect of ciprofloxacin treatment on polyomavirus BK replication and analysis of non-coding control region sequences

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    Acute renal dysfunction (ARD) is a common complication in renal transplant recipients. Multiple factors contribute to ARD development, including acute rejection and microbial infections. Many viral infections after kidney transplantation result from reactivation of “latent” viruses in the host or from the graft, such as the human Polyomavirus BK (BKV). We report the case of a 39 year-old recipient of a 2(nd) kidney graft who experienced BKV reactivation after a second episode of acute humoral rejection. A 10-day treatment with the quinolone antibiotic ciprofloxacin was administered with an increase of immunosuppressive therapy despite the active BKV replication. Real Time PCR analysis performed after treatment with ciprofloxacin, unexpectedly showed clearance of BK viremia and regression of BK viruria. During the follow-up, BK viremia persisted undetectable while viruria decreased further and disappeared after 3 months. BKV non-coding control region sequence analysis from all positive samples always showed the presence of archetypal sequences, with two single-nucleotide substitutions and one nucleotide deletion that, interestingly, were all representative of the subtype/subgroup I/b-1 we identified by the viral protein 1 sequencing analysis. We report the potential effect of the quinolone antibiotic ciprofloxacin in the decrease of the BKV load in both blood and urine

    Complications post renal transplantation: literature focus on BK virus nephropathy and diagnostic tools actually available

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    Clinical diagnosis of kidney transplants related illnesses is not a simple task. Several studies were conducted to define diseases and complications after renal transplantation, but there are no comprehensive guidelines about diagnostic tools for their prevention and detection

    Increased prevalence of Human Polyomavirus JC viruria in Chronic Inflammatory Rheumatic Diseases patients in treatment with anti-TNF α: a 18 month follow-up study.

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    Chronic inflammatory rheumatic diseases (CIRDs) are immune-mediated pathologies involving joints. To date, TNFα-blocking agents administration is the most promising therapy, although these treatments are associated with an increased Polyomavirus JC (JCPyV) reactivation, the etiological agent of the Progressive Multifocal Leukoencephalopathy (PML). The aim of this study was the recruitment and the analysis of a CIRDs cohort in order to investigate a possible correlation between JCPyV presence and the influence of anti-TNF-α agents on viral loads. Blood and urine samples were collected from 34 CIRDs subjects prior the first anti-TNF-α infusion (T0) and after 3 (T3), 6 (T6), 12 (T12), and 18 (T18) months. Results showed persistent JC viruria significantly higher than JC viremia throughout the 18 month follow-up study (p=0.002). In JCPyV positive samples, the non-coding control region (NCCR) was analyzed. Results evidenced archetypal structures (type II-S) in all isolates with the exception of a sequence isolated from a plasma sample, that corresponds to the type II-R found in PML subjects. Finally, the viral protein 1 (VP1) genotyping was performed and results showed the prevalence of the European genotypes 1A, 1B, and 4. Since only few studies have been carried out to understand whether there is a PML risk in CIRDs population infected by JCPyV, this study contributes to enrich literature insight on JCPyV biology in this cluster. Further investigations are necessary in order to recognize the real impact of biologics on JCPyV life cycle and to identify possible and specific viral variants related to increased virulence in CIRDs patient

    Epidemiology of Herpes Simplex Virus Infection in Pregnancy: A Pilot Study:

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    Herpes simplex virus (HSV) infection is one of the most common sexually transmitted viral diseases worldwide. HSV type 2 causes most genital herpes and HSV type 1 is usually transmitted via non-sexual contacts. We studied 109 pregnant women between January 2007 and December 2008, in relation to their age, condom use, number of sexual partners, age at first intercourse, parity and smoking habits. The aim of this study is to evaluate the prevalence of HSV cervical infection and HSV co-infection with other genital microorganisms associated with poor neonatal outcome. Our results show that of the 109 outpatients enrolled, 30% were HSV1 and/or HSV2 positive, of whom 30% were infected with both HSV1 and HSV2, 18% were infected with HSV1 alone and 52% with HSV2 alone. A significant association between HSV1 and HSV2 infection was found, and the prevalence of HSV2 infection in women infected with HSV1 was 63%. The prevalence of HSV1/2 varied in the presence of other vaginal microorganisms but a statistical significant association was not found. This pilot study is probably too small to obtain statistically significant results. Nevertheless, using these observed results, we calculated that about 530 patients with comparable features should be enrolled to detect an increase of 50% in HSV infection due to the presence of other genital infections and potential risk factors

    Natalizumab affects T-cell phenotype in multiple sclerosis: implications for JCV reactivation

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    The anti-CD49d monoclonal antibody natalizumab is currently an effective therapy against the relapsing-remitting form of multiple sclerosis (RRMS). Natalizumab therapeutic efficacy is limited by the reactivation of the John Cunningham polyomavirus (JCV) and development of progressive multifocal leukoencephalopathy (PML). To correlate natalizumab-induced phenotypic modifications of peripheral blood T-lymphocytes with JCV reactivation, JCV-specific antibodies (serum), JCV-DNA (blood and urine), CD49d expression and relative abundance of peripheral blood T-lymphocyte subsets were longitudinally assessed in 26 natalizumab-treated RRMS patients. Statistical analyses were performed using GraphPad Prism and R. Natalizumab treatment reduced CD49d expression on memory and effector subsets of peripheral blood T-lymphocytes. Moreover, accumulation of peripheral blood CD8+ memory and effector cells was observed after 12 and 24 months of treatment. CD4+ and CD8+ T-lymphocyte immune-activation was increased after 24 months of treatment. Higher percentages of CD8+ effectors were observed in subjects with detectable JCV-DNA. Natalizumab reduces CD49d expression on CD8+ T-lymphocyte memory and effector subsets, limiting their migration to the central nervous system and determining their accumulation in peripheral blood. Impairment of central nervous system immune surveillance and reactivation of latent JCV, can explain the increased risk of PML development in natalizumab-treated RRMS subjects
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