127 research outputs found

    I discorsi criminologici nel c.d. delitto di Cogne

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    Il presente contributo intende affrontare i rapporti fra i differenti livelli delle narrative criminologiche utilizzando i materialidisponibili relativi a un importante caso giudiziario verificatosi nel nostro Paese alcuni anni or sono, il c.d. delitto di Cogne.L’autore esamina le diverse narrative che hanno contribuito alla decisione giudiziaria, riconducendole alle loro matrici, connesseda un lato al senso comune della c.d. folk criminology, e dall’altro ai contributi della criminologia scientifica, particolarmenteimportanti quando, come nel caso narrato, l’unica imputata si professava innocente e ci si interrogava a livello del dibattito mediatico su una sua presunta “follia”.Dall’esame effettuato, emerge come il livello della criminologia giudiziaria non appaia affatto dipendente dalle narrative ispirate alla criminologia scientifica e faccia un uso differente di tali contributi, forzati talora, attraverso un utilizzo dell’abduzione che talora capovolge, utilizzando una strumentazione retorica (cioè facendo ampiamente ricorso alla costruzione di trame peculiari, sia nel primo grado di giudizio, che, in particolare, da parte della sentenza d’appello), quanto narrato dagli esperti (periti e consulenti tecnici), forse per effetto del clamore suscitato dal caso, fino a giungere a conclusioni opposte rispetto aquanto affermato originariamente

    Dal fatto all’uomo: la comprensione di senso nella metodologia valutativa dell’imputabilità

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    This article aims at giving some hints for a critical reflection upon a very important living matter: limits and potentiality in the use of neuro-imaging for a psychiatric assessment concerning the imputability of the offender. To this end, we take into account different aspects of forensic psychiatric methodology, because a close examination of its various phases allows us to understand whether and to what extent a certain research method may be part of it or not.As a matter of fact, because they aim at illustrating human cerebral functions and neuronal elements in human personality and actions, neurosciences do not only involve biological determinants of the subject’s behaviour and relation with the world, with human beings and with the law itself: they also pose some questions concerning fundamental anthropological normative-prescriptive matters, such as free will and ethical responsibility. In this perspective, however, there’s also an evident risk of giving simplistic and deterministic solutions to forensic medical problems such as appraisal of individual imputability, as a direct consequence not only of an anthropological reification, but also of an epistemological reductionism and a serious methodological mistake. Therefore, we underline the absolute need for a constant and meticulous application of those evaluation criteria characterizing the scientificity of the forensic psychiatric method, which might sometimes include only those notions which are potentially useful to clarify the complexity of a case.Il presente contributo intende fornire alcuni spunti di riflessione critica su una problematica non solo molto attuale, ma anche estremamente importante: quella dei limiti e delle potenzialità dell’utilizzo delle neuro-imaging nella perizia psichiatrica sull’imputabilità dell’autore di reato. In quest’ottica, si prendono in considerazione i diversi aspetti della metodologia psichiatrico-forense, poiché la disamina delle diverse fasi nelle quali essa si articola consente di capire se e fino a che punto una certa tecnica di indagine possa, o meno, entrare a farne parte. Le neuroscienze, infatti, nel momento stesso in cui mirano ad illustrare le funzioni cerebrali dell’uomo e le componenti neuronali della sua personalità e della sua condotta, non solo chiamano in causa le determinanti biologiche del comportamento del soggetto, nei suoi rapporti con il mondo, con i suoi simili e con la legge stessa, ma pongono altresì al diritto ed alle c.d. scienze forensi domande su fondamentali questioni di ordine antropologico-normativo, come l’esistenza del libero arbitrio e della responsabilità etica.In questa prospettiva, tuttavia, è oltremodo evidente anche il pericolo di fornire soluzioni tanto semplicistiche, quanto deterministiche, a problemi di ordine medico-legale, come la valutazione dell’imputabilità individuale, quale diretta conseguenza non solo di una reificazione antropologica, ma anche di un riduzionismo epistemologico e di un grave vizio metodologico. Ne consegue il fermo richiamo all’applicazione costante e scrupolosa di quella criteriologia valutativa che qualifica la scientificità dello stesso metodo psichiatrico-forense, limitandosi eventualmente ad inserirvi solamente quelle nozioni potenzialmente utili alla chiarificazione della complessità del caso. Infatti, se l’obiettivo dei vari accertamenti strumentali che le neuroscienze mettono a disposizione del consulente tecnico è quello di rendere più oggettive le conclusioni della sua disamina, il raggiungimento di tale scopo è assicurato non tanto dal ricorso stereotipato ed automatico a tecnologie sempre più sofisticate e in grado di fornire correlati neuro-funzionali a giudizi più o meno deresposabilizzanti, quanto piuttosto dalla corretta applicazione della stessa metodologia valutativa. In tal senso, la procedura conoscitiva risulta tanto più scientifica, quanto più si dimostra rigorosa nel correlare le acquisizioni tecniche ai costrutti normativi di riferimento, procedendo lungo un percorso fatto di tappe, il metodo appunto, che come strada-da-seguire, né può, né deve essere mai abbandonata. Pena la scientificità stessa dell’operato peritale

    “36 Quai des orfèvres”: esemplificazione narrativa del percorso criminoso dalla gelosia alla vendetta

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    This paper examines those paths psycho (patho) logical that lead to jealousy and revenge that assume enormous importance in Criminology for their intrinsic destructive potential. The reflection on this issue is due to a double need: to clarify the genesis and dynamics of these crimes, usually violent, motivated by these sentiments, to assess whether and to what extent, in the authors of these crimes, are still detectable at the time of these duties, spaces of freedom and individual responsibility, and to understand and make sense of these experiences that emerge in the stories of those who commit serious crimes because of jealousy and revenge, as clearly shown by both the expert practice experience, as from fiction. In this regard, we recall the film work of Olivier Marchal “36 Quai des Orfèvres”, inspired by the events actually happened. This film, in fact, clearly illustrates the process that leads to jealousy revenge and, with it, to destruction. In this way, just the cinematic story of Marchal confirmation that the narrative is that criminological communicative structure that allows both to create fictitious tales they do, however, understand the meaning of real crimes, is to reconstruct the mechanics of real crimes so by starting with some artistic productions.Questo contributo vuole prendere in esame quei percorsi psico(pato)logici che dalla gelosia portano alla vendetta e che assumono enorme importanza in Criminologia per il loro intrinseco potenziale distruttivo. La riflessione sul tema specifico è dovuta ad una duplice necessità: quella di chiarire la genesi e la dinamica di quei delitti, in genere violenti, motivati da tali sentimenti, per valutare se e fino a che punto, negli autori di questi reati, siano ancora ravvisabili, al momento di compierli, spazi di libertà e di responsabilità individuale; e quella di cogliere e dare un senso a questi vissuti che emergono nei racconti di coloro che commettono gravi reati per gelosia e vendetta, come ben esemplificato tanto dalla pratica peritale, quanto dalla fiction. Al proposito, si richiama l’opera cinematografica di Olivier Marchal “36 Quai des Orfèvres”, ispirata ad avvenimenti effettivamente accaduti. Questo film, infatti, illustra chiaramente il processo che dalla gelosia porta alla vendetta e, con essa, alla distruzione. In tal modo, proprio il racconto cinematografico di Marchal conferma che la narrazione criminologica è quella struttura comunicativa che consente sia di realizzare racconti fittizi che fanno però comprendere il senso di crimini veri, sia di ricostruire la meccanica di delitti reali prendendo le mosse da alcune produzioni artistiche

    La coppia ambigua: dalla confusione affettiva al crimine

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    In the criminology, the dynamics-relational or anthropo-phenomenological approach to the crime is a preferable way to understand presuppositions and dynamics and it is essential when the crime is attained within the couple. Through these keys of understanding we intent to cope with the problem of the crime in the “ambiguous couple”. It is necessary to point out the substantial difference between ambivalence and ambiguity: in the first, the feelings of love and hate, which can alternate in the same person, remain sufficiently different; in the second, they are not distinctly differentiated yet and so they resulted confused and interchangeable. The wording “ambiguous couple” qualifies a typology of couple in which the relationship is penetrated by confusion, perversion and inauthentic mutual emotional feelings, until to deprave the relationship and to destroy so oneself and the other person. For example we present the instance of two partners who, affected by psychical complaints before and after the marriage, during the divorce, are reciprocally accused of tried murder and personal injuries, and therefore they are arrived to the observation of the expert. The fundamental ambiguity in this couple is, beyond the psychical complaints of the patients, based on two different criminological phenomenons. This ambiguity is alternatively demonstrated or controlled by abnormal, auto /hetero offending ways (abuse of drugs in the man, with a compensatory sadomasochism sexuality; anorexic and bulimic behaviours in the woman with the intent that support and return the abnormal husband’s sexuality); or it translate in a destroyed behaviour which has, on one side, the man’s impulsive violence and the woman’s revengeful hate on the other extreme. In both situations (rage and impulsiveness/ hate and revenge), the “ punitive” matrix refers to the pathological dimension of the ambiguity, in which the connection between hate and love reflects the confusion between the “one self ” and “the other”, until that none becomes an “ authentic you”, that is a true “an other one self ”. In the psychiatric-legal field, the use of mentioned keys of understanding enable to learn the meaning of the criminal behaviours and the fundamental ambiguity that explains them. In fact, on the psyco-dinamics level it appears the substantial equivalence between the relationship that each partner entertains with the other, mainly in the sexuality, and the contact that each of them maintains with the drug and the food. In the anthropo-phenomenological field, the severe questions about the individual physicality, the life plan of the couple involve the deficit organisation of the partner’s consciousness, because in this context the attribution of a performed meaning is negatively affected by the noted distinction between the different emotional contents. The contentiousness is demonstrated in the transit from an ambiguity situation to an other situation of ambivalence, until that the crime can be considered the beginning of a itinerary of the personal and relational reorganization.In ambito criminologico, un approccio al reato di tipo sia dinamico-relazionale, che antropo-fenomenologico, rappresenta una modalità preferenziale per comprenderne i prodromi e le dinamiche ed è imprescindibile nel caso in cui il delitto si realizzi all’interno di una coppia. Grazie a tali chiavi di lettura, si intende approfondire il problema del reato nella c.d. coppia ambigua. Va evidenziata la differenza sostanziale tra ambivalenza ed ambiguità: nella prima, i sentimenti di amore / odio, pur potendosi alternare nello stesso soggetto, restano sufficientemente distinti; nella seconda, non sono ancora chiaramente differenziati, per cui risultano confusi ed intercambiabili. La dizione “coppia ambigua” qualifica qui una tipologia di coppia nella quale la relazione è pervasa da confusività ed inautenticità dei reciproci investimenti affettivi, al punto da perversificare il legame e distruggere così sé e l’altro. A titolo esemplificativo, si presenta il caso di due coniugi che, già affetti da disturbi psichici pre- e post-nuziali, durante la separazione si sono rispettivamente denunciati per tentato omicidio e per lesioni personali, e sono perciò giunti all’osservazione peritale. L’ambiguità di fondo della coppia, oltre ai disturbi psichici lamentati dai soggetti, sottende due diverse fenomeniche di rilievo criminologico. Essa veniva agita alternativamente o controllata mediante modalità abnormi, auto/etero-lesive (abuso di sostanze nell’uomo, con sessualità compensatoria di tipo sado-masochista; condotte anoressiche e bulimiche nella donna, volte a sostenere e a ricambiare l’anomala sessualità del marito); oppure si traduceva in una condotta distruttiva, ad un estremo della quale vi era la violenza impulsiva nell’uomo e all’altro estremo si collocava l’odio vendicativo della donna. In entrambi i casi (rabbia ed impulsività / ostilità e vendetta), la matrice “punitiva” rimanda alla patologica dimensione dell’ambiguità, nella quale la commistione tra odio ed amore rispecchia la confusione tra l’Io e l’Altro, al punto che nessuno dei due diventa mai un Tu autentico, cioè un vero e proprio Altro Io. In ambito psichiatrico-forense, l’utilizzo delle chiavi di lettura sopracitate permette di comprendere il senso dei comportamenti criminosi e dell’ambiguità di fondo che li motiva. Infatti, sul piano psicodinamico emerge la sostanziale equivalenza tra il rapporto “perverso” che ogni partner intrattiene con l’altro, soprattutto a livello sessuale, e l’interazione che ciascuno di essi articola con la sostanza o con il cibo. In ambito antropo-fenomenologico, le gravi problematiche inerenti sia la corporeità individuale, sia la progettualità di coppia, chiamano in causa la deficitaria organizzazione della sfera della coscienza dei due partner, perché in tale contesto l’attribuzione di un significato compiuto risente negativamente della mancata distinzione tra contenuti affettivi diversi. L’aggressività si manifesta nel passaggio da una situazione di ambiguità ad una di ambivalenza, al punto che il reato può essere considerato come l’inizio di un percorso di ricostituzione personale e relazionale. Per prevenire il reato, perciò, si rende necessario aiutare la coppia in questo momento di transizione, onde evitare che l’individuazione/separazione si trasformi in un rapporto “vittima/carnefice” e pertanto in distruttività

    La relazione nelle coppie perverse come matrice di violenza coniugale: considerazioni criminologiche su una casistica

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    This work aims at studying the meaning of the alterations of personal relationships recognized as the origin of crimes committed within a couple in cases with abnormal affective and sexual relation, even prolonged in time. This type of relations can be better defined as “going to perversion”, rather than “perverse”, as in the affective and sexual dynamics paraphilia appears functional to the mainteinance of the relation itself. By “couple” it is meant an over-individual system characterized by a series of needs and dynamics implying different ways of functioning, so that the “couple” is very different from the sum of its parts. This implies an adequate affective investment and a sufficient emotional involvement between the partners, because such an exchange makes easier the expression of the intimacy and stability that has already been experienced by each of them in their relationship with their parents and has then been transferred in the adult relation with the other. So there is not “being” a couple, but rather “becoming” a couple, where the relation is of a kind that allows the growth of its members and their adaptation to the environment and its changes. In this perspective being “with” and “for” the other consists in giving value and sense to the personal and the other’s existence. In the disfunctional couple, the relation does not promote the wellbeing of its members. This couple works on the bases of misunderstandings, coertions and exploitations, so that it becomes pathogenic. It gets to crossroads: it becomes collusive (and is based on silence and unsaid) or accumulates aggressiveness and destructivness, sooner or later expressed through and with crimes. In these kinds of couples the relation is so various that it makes it necessary to define the difference between the concept of episodic perverse conduct (occasional defence strategy) and stable perverse structure; moreover, the difference between perversion (well structured deviation of sexual instinct, in which sexual act has nothing to do with a real alter-egoic communication) and perversity, in which the psychic object does not form or is formed only partially, and others do not have their own individuality. In these subjects (the so called perverse personalities), particularly destructive components are expressed, and the sexual act represents a corollary. In the so called perverse couples there is a consistency between the organization of individual personality and the paraphilic conduct; the perverse conduct is functional to the interpersonal relation, because this kind of relation allows partners to follow their unfinished functioning and psychic organization levels. One becomes instrument of the other and never becomes subject. In order to understand the criminogenesis and criminodynamics of violent conduct in the so called perverse couple, it is necessary to analyze not only the single subjects, but in particular the typology of their relation. We have examined seven couples in a period of nine years, which have come to observation for criminal behaviour emerged during separation. The relation had been about five years long and all couples revealed an apparently sufficient integration in the social tissue. They all displayed a paraphlic behaviour (mostly sadomasochism, but also wife-swappering, transvestism, exhibitionism, voyeurism). The type of couple was defined on the basis of the predominant behaviour model, although some of the couples have showed more paraphilic kinds of conduct. These types of behaviour, carried out by couples seeming well-estabilished on the family level and well integrated on the social level, are often interpreted, within the so called “new perversions”, as situations at the “borderline” between slavery and freedom, or as an antidote against boredom. The Authors, although refusing such a superficial interpretation, which turns out to be disclaimed by the cases in object, that point out a disorganized personality structure in both members of the couple, as well as an unfinished personal identity and an essential inability to affective investment, that prevent them from a true object relation. The paraphilic conduct, on one side, is correlated to the personality structure of the subjects, whereas, on the other side, it justifies interpersonal dynamics characterized by constant aggresivity and reification of the partner. In such highly dysfunctional couples the absence of an adequate object for investment recalls necessarily a personal identity that - on the psychoevolutive level - was formed without a real alter-egoic comparison. The inborn destructivness in these kinds of relationship refers to the lack of the “other”, conceived as both a “matrix” of the Self and the “limit” according to which the affective erotic relation is organized. The relational approach to paraphilia, especially if acted in the context of “going to” perversion couples, allows to identify premonitory signs and dynamics of inborn aggressivity of such relations. Furthermore, these relationships - after a growing tension and a conflict phase that destabilize the apparent balance and its corresponding egosintonic paraphilia - end up with the destruction of the couple itself. The denounced offences, such as personal injury, attempted murder, sexual violence, induction to prostitution, etc., are the most evident aspect of aggressiveness subtended to the interpersonal dynamics of the couple.Il lavoro intende approfondire il significato di quelle alterazioni della relazione interpersonale che vengono riconosciute all’origine dei reati commessi all’interno della coppia, soprattutto nei casi in cui esiste un rapporto affettivo e sessuale abnorme, anche se protratto nel tempo. Questo tipo di relazione può essere meglio definita come “perversificato”, anziché "perverso”, perché nella dinamica affettiva, prima e oltre che sessuale, la parafilia appare funzionale al mantenimento del rapporto stesso. Per “coppia” si intende un sistema sovra-individuale, caratterizzato da una serie di bisogni e di dinamiche che implicano diverse modalità di funzionamento, per cui la stessa rappresenta una realtà ben diversa dalla semplice somma delle parti che la compongono. Questo comporta un adeguato investimento affettivo ed un sufficiente coinvolgimento emotivo tra i partner, perché questo scambio agevola l’espressione di quell’intimità e di quella stabilità che sono già state vissute dai singoli nel rapporto con i genitori e vengono trasferite poi nella relazione adulta con l’altro. Non si “è” dunque coppia, ma “si diventa”coppia laddove la relazione è tale da permettere l’integrazione e la crescita dei suoi membri, nonché un adattamento funzionale all’ambiente ed ai suoi mutamenti. In questa prospettiva essere “con” e “per” l’altro consiste nel dare valore e senso alla propria ed all’altrui esistenza. Nella coppia disfunzionale, la relazione non favorisce il benessere dei suoi membri. Essa funziona sulla base di fraintendimenti, coartazione e strumentalizzazione, così da diventare patogena. Essa raggiunge presto un bivio: o diventa collusiva (e si fonda sul silenzio e sul non detto), o accumula aggressività e distruttività, prima o poi destinata a manifestarsi nel e con il reato. In siffatte coppie, il rapporto erotico è quanto mai variegato, al punto da rendere necessario delineare la differenza tra i concetti di condotta perversa episodica (intesa come occasionale strategia difensiva) e struttura perversa stabile; nonché tra perversione (intesa come deviazione ben strutturata dell’istinto sessuale, nella quale l’atto sessuale prescinde da una reale comunicazione alter-egoica) e perversità, nella quale l’oggetto psichico non si forma, o si forma in modo parziale, e gli altri non possiedono una propria individualità. In questi soggetti (c.d. anche perversi caratteriali), si manifestano soprattutto le componenti distruttive, nelle quali il rapporto sessuale rappresenta un corollario. Nelle coppie c.d. perverse vi è congruenza tra organizzazione di personalità individuale e condotta parafilica: infatti, la condotta perversa è funzionale alla relazione interpersonale, perché questo tipo di rapporto permette ai partner di vivere secondo i propri incompiuti livelli di funzionamento e di organizzazione psichica. L’uno diviene strumento dell’altro e non diventa mai soggetto. Per comprendere la criminogenesi e la criminodinamica della condotta violenta nella coppia c.d.perversa, è necessario pertanto analizzare non solo i singoli, ma soprattutto la tipologia della loro relazione. La casistica è costituita da sette coppie, esaminate in un periodo di nove anni e giunte all’osservazione peritale per comportamenti criminosi emersi in sede di separazione. Il rapporto dura mediamente quasi cinque anni e tutte le coppie apparentemente rivelano sufficiente integrazione nel tessuto sociale. Tutte agiscono una condotta parafilica (prevalentemente sado-masochismo, ma anche scambismo, travestitismo, esibizionismo, voyeurismo). Il tipo di coppia è stata definita in base al modello di condotta prevalente, anche se alcune coppie hanno dichiarato di agire diverse tipologie di comportamenti parafilici. Tali comportamenti, attuati da coppie apparentemente consolidate a livello familiare ed integrate sul piano sociale, sono spesso interpretati, all’interno delle c.d. “nuove perversioni”, come situazioni “al limite” tra la schiavitù e la libertà, o come antidoto contro la noia. Gli AA., tuttavia, rifiutano tale lettura semplicistica, che sembra smentita dalla casistica esaminata, nella quale si evidenziano in tutti i membri delle coppie una struttura di personalità disorganizzata, un’identità personale incompiuta ed una sostanziale incapacità di investimento affettivo, che impedisce loro una relazione oggettuale autentica. La condotta parafilica, da un lato, si correla alla struttura di personalità dei soggetti, mentre, dall’altro, motiva una dinamica interpersonale connotata da costante aggressività e reificazione del partner. Si tratta di coppie altamente disfunzionali, nelle quali l’assenza di un adeguato investimento oggettuale chiama necessariamente in causa un’identità personale che, sul piano psico-evolutivo, si è formata senza un vero e proprio confronto alter-egoico. La distruttività insita in queste relazioni rinvia quindi alla mancanza dell’“altro”, concepito sia come “matrice”del Sé, sia come “limite” rispetto al quale articolare la relazione affettiva ed erotica. L’approccio relazionale alla parafilia, specialmente se questa viene agita nel contesto di rapporti di coppia perversificati, permette di cogliere i prodromi e le dinamiche dell’aggressività insita in tali rapporti. Questi, del resto, dopo un crescendo di tensioni e conflitti che destabilizzano l’apparente equilibrio perverso e la relativa egosintonicità parafilica, si concludono con la distruzione della coppia stessa. I reati denunciati, costituiti da lesioni personali, tentato omicidio, violenza sessuale, induzione alla prostituzione, etc., rappresentano quindi l’aspetto più eclatante e manifesto di un’aggressività pur sempre sottesa alle dinamiche interpersonali presenti in queste coppie

    La prevenzione del reato nella coppia disfunzionale: dalla presa in carico individuale a quella relazionale

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    The crimes occurring in dysfunctional couples are usually of a violent kind and include psychological abuses, sexual assault, personal wounds, attempted murder, to murder itself. Generally, it comes to crimes that are repeated through time, although it is very difficult to define their chronological course on the whole, since the number of such deeds remains very often obscure. This is due to the lack of a valid communication not only between the two partners of a dysfunctional couple, but also between the couple itself and its social environment, particularly between the victim and those agencies in charge of social assistance, which could give psychological aid and legal protection. As a result, it is difficult to attempt a realistic evaluation of this phenomenon, because a very high number of cases are not reported by the victims, and this is also an obstacle to the achievement of valid precautionary approaches. Crime prevention in the dysfunctional couple means therefore psychologicalsocial assistance of the couple, rather than just of only one partner. In fact, while first prevention works at a general level, meaning a series of psychological- social-educational activities focused on risk factors, second prevention is at an individual level, monitoring some specific markers with the purpose of preventing a certain situation from occurring; the third prevention aims at preventing a relapse. Preventing a crime (usually a violent one) in dysfunctional couples means focusing on the kind of relationship and on the way the couple works; in fact, an intervention addressed at only one partner cannot solve the problem: on the contrary, it makes it sometimes worse. Likewise, a mere penal intervention isn’t successful neither at the level of second prevention, nor - least of all - at the level of first prevention. Having considered all that, we think that crime prevention in dysfunctional couples can be achieved through a double intervention: motivating the victims to communicate, and training those social and institutional operators who might get in touch with them. In other words, prevention is then possible, but only if we motivate to communication on one side and on the other one if operators are trained to understand in a right way the meaning of implicit distress signals coming from dysfunctional behaviours.I reati che si consumano nelle coppie disfunzionali sono, in genere, di tipo violento e comprendono maltrattamenti psicologici, violenza sessuale, lesioni personali, tentativi di omicidio, fino all’omicidio vero e proprio. In genere, si tratta di crimini che si ripetono nel tempo, anche se risulta molto difficile stabilirne l’andamento cronologico complessivo, dal momento che il numero oscuro per tali fattispecie è molto alto. Questo aspetto è dovuto al fatto che, nelle coppie disfunzionali, manca una valida comunicazione non solo tra i due partner, ma anche tra la coppia e l’ambiente sociale, e soprattutto tra la vittima e quelle agenzie di controllo sociale che potenzialmente potrebbero fornirle aiuto psicologico e tutela giuridica. Per tale ragione, l’elevatissimo numero di casi che non viene denunciato dalle vittime stesse non solo rende molto difficoltosa una corretta stima del fenomeno, ma impedisce anche la realizzazione di valide strategie preventive. La prevenzione del reato all’interno della coppia disfunzionale implica quindi una “presa in carico” di tipo psico-sociale della coppia stessa, più che del singolo partner. Infatti, se la “prevenzione primaria” si colloca su di un piano “generale”, consistendo in una serie di iniziative di natura psico-socio-educativa volte ad agire sui fattori di rischio, quella “secondaria” si pone ad un livello “individuale” e mira ad impedire l’insorgenza di una determinata situazione partendo da precisi indicatori; mentre quella “terziaria” si propone di prevenire la “recidiva”. Prevenire un reato, in genere violento, nelle coppie disfunzionali, comporta di porre attenzione specialmente alla tipologia di rapporto ed alle modalità di funzionamento della coppia, perché un intervento centrato soltanto su un partner non risolve il problema, anzi, talora lo aggrava; se poi l’intervento avviene solo a livello penale non risulta efficace, né sul piano della prevenzione secondaria, né tantomeno su quello della prevenzione primaria. Tenuto conto di tutto ciò, si è perciò del parere che la prevenzione del reato nelle coppie disfunzionali possa essere realizzata attraverso una duplice opera: di motivazione delle vittime alla comunicazione e di formazione degli operatori sociali ed istituzionali che possono venire in contatto con le medesime. Prevenire è dunque possibile, ma solo a patto di motivare, da un lato, a comunicare e, dall’altro, a recepire correttamente il significato di richieste di aiuto implicite a condotte disfunzionali

    Problemi etici della predizione. Prevenzione della delinquenza precoce

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    The prevision and the prevention of criminal and abnormal behaviour are very debated topics in criminology. Actually, since the concept of prevention implies in theory the use of any useful mean for trying to reduce the amount of crimes in any age group, the question is which strategies could in fact bring about such an effect. From a historical point of view, this thought requires being aware both of the limits, and of the consequences of the crime prophylaxis itself. It requires being aware of the limits, because every hypothetical prevision can be denied by a high number of variables, which in any moment can modify the course of human behaviour. One should as well be aware of consequences, because, in case a prognosis turned out to be wrong, those behaviours which one wanted to prevent, might paradoxically be reinforced through processes of marginalization and labelling. On the other hand, a preventing and predictive judgement has implications of different kinds: 1) technical, because it results in interventions more or less focused on specific problems (preventing a bank robbery is different from preventing a familiar/domestic crime); 2) prescriptive, which is essential, since the life of a social group could never do without shared and followed rules (a penalty may even have a deterrent effect, if the leading group complies with the rules); 3) ethical, necessarily linked to a principle of benefit (who will enjoy benefits from preventing certain crimes? where is the advantage?). This discussion becomes even more complicated, if referred to those adolescent behaviours which are not only problematical (since they express a developmental discomfort, which can sometimes have even a psychopathological meaning), but also dysfunctional, and therefore antisocial, because they damage the respect of the “other”, required and imposed by the rule, in order to grant social harmony. In this sense, we also talk of “ premature delinquency” meaning a criminal behaviour acted by a minor who is under 14.The question about it is whether, in this age group, the prediction of a possible developmental path in a psychopathological and/or abnormal and/or criminal sense might meet the need either of social control (moreover necessary, at least within certain limits), or of healthcare of the individual, who, in such phase, often acts antisocial behaviours due to psychodevelopmental reasons, in addition to social ones. Everybody knows about the risks and the damages caused by a merely “oracular” work; this is why we cannot leave them aside, particularly when it comes to the building of the personal identity, which could irreparably become a negative identity, just because of a wrong or anyway abnormal prognosis. On the other hand, we have to consider the psychic potential of under 14 subjects, which is available also in a developmental perspective, and even when they are abnormal subjects: a prevention avoiding stigma and aiming at repairing or reinforcing the personal identity seems to meet the need of preserving both the interests of the community (by neutralizing the risk of repeating offence by the same individual) and of individual psychophysical wellness (through a project which enables the individual to rebuild himself by interiorizing positive values). Human existence is necessarily oriented towards a future, which one can be more or less aware of, which is nevertheless inescapable.Therefore, giving growth paths and indicating developmental routes to antisocial under 14 subjects could be a way of preventive intervention, based on an ethical ground, which would lead to an adequate balance between the limits of a merely stigmatizing basis and the need of encouraging respect and improvement of the others.In criminologia, la predizione e la prevenzione delle condotte delittuose e devianti sono argomenti molto dibattuti. Infatti, se il concetto di prevenzione, a livello teorico, presuppone il ricorso ad ogni mezzo utile per tentare di ridurre il numero dei crimini in ogni fascia di età, pare opportuno chiedersi attraverso quali strategie possa verosimilmente ottenersi un simile risultato. Storicamente, tale riflessione presuppone la consapevolezza sia dei limiti, sia delle conseguenze della stessa profilassi criminologia: limiti perché ogni previsione teorica può essere smentita da un numero di variabili molto ampio che, in ogni momento, può modificare il decorso del comportamento umano; e conseguenze perchè, se la prognosi si rivela errata, possono paradossalmente essere rafforzate, attraverso processi di marginalizzazione ed etichettamento, proprio quelle condotte che si intendevano evitare. D’altra parte, un giudizio preventivo e predittivo presenta implicazioni di diversa natura: tecnica, perché si traduce in interventi più o mirati sui singoli problemi (prevenire un furto in banca è un’evenienza diversa dal prevenire un reato intrafamiliare); normativa, imprescindibile nella misura in cui la vita di un gruppo sociale non può mai fare a meno di regole comunque condivise ed osservate (la sanzione può anche fungere da deterrente se il gruppo dominante vi obbedisce); etica, necessariamente correlata ad un principio di beneficialità (chi ci guadagna a prevenire certi reati? dove sta il vantaggio?). Questo discorso risulta ancor più complesso se riferito a quelle condotte adolescenziali non solo problematiche, poiché espressive di un disagio evolutivo che talora, può assumere un valore anche psicopatologici, ma anche disfunzionali e, perciò, antisociali, perché lesive di quel rispetto dell’altro che la norma richiede ed al contempo impone per garantire la civile convivenza. In questo senso, si parla anche di “delinquenza precoce”, con riferimento ad un comportamento criminoso agito da un minore al di sotto dei 14 anni. Al riguardo, ci si domanda se, in questa fascia di età,“predire” un possibile percorso evolutivo in senso psicopatologico e/o deviante e/o criminoso possa rispondere ad un’esigenza di controllo sociale, peraltro necessario almeno entro certi limiti, oppure ad un bisogno di tutela della salute dell’individuo, che, in tale fase, pone in essere condotte antisociali spesso per ragioni di ordine psico-evolutivo, oltre che sociale. I rischi e i danni di un’opera meramente “oracolare” sono noti e, perciò, non possono trascurarsi, soprattutto laddove è in gioco la formazione della stessa identità personale, che può diventare un’identità irrimediabilmente negativa proprio per una prognosi errata, o comunque abnorme. D’altro canto, considerando il potenziale psichico presente nei soggetti infra-quattordicenni, seppur devianti, ed utilizzabile anche in prospettiva evolutiva, una prevenzione che evitasse lo stigma e mirasse ad una riparazione, o ad un rinforzo, dell’identità personale, parrebbe rispondere ad un’esigenza di contemporanea salvaguardia degli interessi della collettività (tramite la neutralizzazione del rischio di recidiva criminale dei singoli) e del benessere psicofisico individuale (mediante un progetto nel quale l’individuo si ricostruisce interiorizzando valori positivi). Se infatti l’esistenza umana è necessariamente proiettata verso un futuro, del quale si può essere più o meno consapevoli, ma dal quale non si può prescindere, fornire traiettorie di crescita ed indicare percorsi di sviluppo a soggetti infra-quattordicenni antisociali potrebbe rappresentare una forma di intervento preventivo all’origine del quale la dimensione etica permetterebbe di trovare un adeguato equilibrio tra le limitazioni di un’impostazione meramente stigmatizzante e la necessità di promuovere il rispetto e la valorizzazione degli altri

    Restrizione della libertĂ  ed espiazione della colpa. La riabilitazione anche come presa in carico del reato

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    We hereby aim at determining how influent a period of freedom restriction in Judicial Psychiatric Hospitals might be upon an elaboration process of the guilt, concerning women who committed a symbiotic homicide. Given that by “symbiosis” we mean a situation pertaining those early developmental phases, in which there is no psychic differentiation between a mother and her baby, we remark that leaving this psycho-developmental problem unsolved until adulthood might cause heavy consequences upon an individual’s both mental health and emotional behaviour. A “symbiotic crime” is usually a violent kind of murder, caused by a fusional state of mind involving both the victim and the aggressor. On one side, this kind of crime tries to solve the symbiosis between a victim and her/his aggressor, whereas on the other side it may bring a sense of guilt of persecutorial origin, which prevents the aggressor from elaborating the separation caused by the emotional loss and often implies his/her suicide following to the homicide. We have here reported a record of occurrences from Judicial Psychiatric Hospitals concerning inpatient women, who had murdered a descendant or a parent and committed suicide once discharged, since the elaboration process of their sense of guilt and of its hidden fusional factor had not been completed. In this regard, we refer to the body of works about symbiosis and guilt and to all related sorts of murder, such as matricide and filicide. In fact, though we acknowledge that not every single matricide or filicide case seems to be caused by a mental disease having strongly influenced the murderer in committing the crime, or by an unresolved fusional situation between victim and aggressor, the record of crimes we reported proved to be caused by such diseases. A real understanding of these sort of crimes is necessarily linked to the study of the generational interactions and the family background where the symbiotic couple was born and had been living. In fact, it is at this level that some crime originating and crime triggering elements come to light, which can be relevant not only to a judicial psychiatric valuation (about both crime attribution and the aggressor’s social danger), but also to his/her treatment course. Moreover, the latter doesn’t have to be just the chemical and psychological therapy of the individual’s mental disease: it also means taking charge of the intrapsychic effects caused in the aggressor by his/her crime, because, in the case they aren’t faced in the right way, they can bring about really serious damage, such as the suicide of the patient. We therefore underline the need for Judicial Psychiatric Hospitals to become not only the place where criminals can begin to face their own pathology, but also the place where they can begin to elaborate the crime related to it and the sense of guilt caused by the crime itself. This course must nevertheless be improved and completed, when it is possible, in those local facilities cooperating with Judicial Psychiatric Hospitals. In this perspective, a symbiotic crime calls for an organized net of intervention, so that a restriction of freedom in Judicial Psychiatric Hospitals is just the first step of a course, which must be necessarily carried out elsewhere and by other professionals, the whole of them being particularly careful to that process which, from the initial symbiosis and following to homicide, leads to a sense of guilt, which can turn into suicide. And this proving again that homicide and suicide are “two extremes which often touch” (Tantalo, 1988).Il presente contributo intende valutare il significato che può assumere un periodo di restrizione della libertà in OPG nel percorso di elaborazione della colpa in donne autrici di un omicidio a matrice simbiotica. Premesso che con il termine di simbiosi si fa riferimento ad una situazione delle fasi precoci dello sviluppo infantile nella quale manca la differenziazione intrapsichica del neonato dalla madre, si evidenzia come la mancata risoluzione in età adulta di questa problematica psico-evolutiva possa provocare gravi conseguenze sulla salute psichica del soggetto e sul suo comportamento affettivo. Si qualifica come “reato simbiotico” un delitto, in genere violento, che viene motivato da uno stato mentale di tipo fusionale esistente tra la vittima ed il suo aggressore. Questa tipologia criminosa, da un lato, tenta di risolvere la simbiosi tra la prima ed il secondo, mentre, dall’altro, può innescare in quest’ultimo una colpa di natura persecutoria che gli impedisce di elaborare il distacco conseguente alla perdita affettiva e sottendo spesso il suo suicidio in epoca cronologicamente successiva all’omicidio. A titolo esemplificativo, si riporta una casistica di donne degenti in O.P.G. per un omicidio commesso nei confronti di ascendenti e discendenti, le quali, rimesse in libertà, in mancanza di sufficiente elaborazione della colpa e della sottostante fusionalità, si sono suicidate dopo essere ritornate libere. In proposito, si richiamano i contributi della letteratura sui temi della simbiosi e della colpa, nonché di quei tipi di delitti, come il matricidio ed il figlicidio, ad esse ricollegabili. Infatti, pur dando atto che non tutti i casi di matricidio e di figlicidio appaiono motivati da un disturbo mentale presente nell’autore di reato e rilevante nella commissione del medesimo, oppure da una situazione fusionale irrisolta tra la vittima ed il carnefice, i crimini della casistica presentata riconoscono prodromi e dinamiche di tal genere. La comprensione di queste tipologie di reato, quindi, implica necessariamente lo studio delle interazioni inter-generazionali e dell’ambiente familiare nel quale si è formata ed ha vissuto la coppia simbiotica. Infatti, proprio a tale livello, emergono quegli aspetti crimino-genetici e crimino-dinamici che possono assumere rilevanza non solo nella valutazione psichiatrico-forense dell’imputabilità e della pericolosità sociale del reo, ma anche nel suo percorso di trattamento. Questo, del resto, deve consistere non solo nella cura farmacologica e psicologica del suo disturbo mentale, ma anche nella presa in carico continuativa degli effetti intrapsichici prodotti in lui dal reato commesso, perché, se essi non vengono adeguatamente affrontati, sono in grado di provocare conseguenze molto negative, come il suicidio del soggetto. In questi casi, perciò, si sottolinea l’esigenza che l’O.P.G. diventi il luogo nel quale il reo possa iniziare non solo ad affrontare la sua patologia, ma anche ad elaborare il crimine ad essa connesso e la colpa innescata dal delitto, anche se tale percorso deve necessariamente perfezionarsi e completarsi, laddove sia possibile, in quelle strutture territoriali che lavorano in collaborazione con lo stesso O.P.G. In tale prospettiva, un reato di tipo simbiotico pone più che mai il problema di strutturare interventi in rete, per cui la restrizione della libertà in O.P.G. rappresenta il primo momento di un processo che inevitabilmente deve proseguire in altri luoghi e con altri operatori, tutti però attenti a quella dinamica che dalla simbiosi iniziale, attraverso l’omicidio, porta ad una colpa che può tradursi in suicidio, a riprova che l’omicidio ed il suicidio rappresentano “due estremi che spesso si toccano” (Tantalo, 1988)

    Da Verona a Mayerling: riflessioni sul fenomeno dell’omicidio-suicidio partendo da alcuni casi storico-artistici

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    The phenomenon of homicide-suicide, particularly if carried out between two lovers, has been the subject of several artistic productions. Some stories, then, such as the history of Shakespeare’s Romeo and Juliet, and the case of the lovers of Mayerling, gave inspiration to many literary and motion picture works. Whether it comes to historical events, as in the matter of Crown Prince Rudolf of Austria and Baroness Maria Vetsera, or to dramatic works, as in the matter of Romeo Montagues and Juliet Capulets, the more or less voluntary death of two lovers is always a very interesting case to criminological sciences. This interest is due to many reasons: in criminology reconstructing a crime is meant also as a symbolic activity, which is - at least for some aspects - similar to an artistic production; artworks often do show in a clear way those psychopathological situations, which can cause deeds such as homicide-suicide; the crime description, from an artistic point of view, may help reconstructing the emotional atmosphere in which the crime was carried out and with which the specialist has to empathize. The Authors aim then at deepening some aspects concerning both the causesand the dynamics of homicide-suicide, making reference to the above mentioned historical and literary cases. In fact, the death of the lovers of Verona involves those dynamics we also find in suicide pacts, in which a life plan based on love is paradoxically performed through a double and simultaneous voluntary death.With regards to this and to the tragedy of Mayerling,we remark the need of distinguishing between a suicide pact and a suicide carried out only after an homicide and inspired by reasons which are far away from those of a shared death. Sometimes the range of interpretation as regards to this phenomenon may be very wide, either because of the emotional involvement caused in the observer by an homicide-suicide, since it reaches the existential dimension of the observer himself, either because of the enigmatic feature often characterizing a voluntary death, particularly when performed at the same time (or almost at the same time) by two people linked by an emotional relationship. In many cases there are only partial answers to questions, since reconstructing the path leading to such deed is difficult, because rarely there are survivors. Therefore, from this point of view, reflecting both on the symptoms and on the dynamics of the stories of either the lovers of Mayerling and those of Verona helps us to a better understanding of such a complex, and for some aspects always mysterious case as that of homicide-suicide. That is the place, in the end, beyond the different definitions and classifications proposed in the scientific field, where the search for the meaning of life is necessarily linked to that for the end of life, if we admit that the fundamental concern of human beings is avoiding the distress caused by death.Il fenomeno dell’omicidio-suicidio, specie se consumato tra due amanti, è stato oggetto di diverse produzioni artistiche ed alcune vicende, come quelle dei personaggi shakespeariani di Romeo e Giulietta, o quelle degli amanti di Mayerling, hanno ispirato molte opere letterarie e cinematografiche. Che si tratti di fatti storici, come nel caso del principe Rodolfo d’Asburgo e della baronessa Maria Vetzera, oppure di narrazioni teatrali, come nel caso di Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti, la morte più o meno volontaria di due amanti rappresenta sempre una fattispecie di particolare interesse per le discipline criminologiche. Le ragioni di ciò sono molteplici: in criminologia, la ricostruzione dei delitti viene anche intesa come un’attività simbolica simile, almeno per certi aspetti, ad una produzione artistica; spesso l’opera d’arte illustra chiaramente quelle situazioni psicopatologiche che possono essere all’origine di gesti come l’omicidio-suicidio; le narrazioni stesse dei reati, dal punto di vista artistico, possono aiutare a ricostruisce l’atmosfera emotiva nella quale il delitto si è consumato e nella quale l’esperto deve concretamente calarsi. Facendo quindi riferimento ai predetti casi storico-letterari, gli Autori si propongono di approfondire alcuni aspetti criminogenetici e criminodinamici dell’omicidio-suicidio. La morte degli amanti di Verona, infatti, chiama in causa quelle dinamiche che si ravvisano anche nei patti suicidari, nei quali un progetto di vita basato sull’amore viene paradossalmente ad essere realizzato mediante una duplice e contestuale morte volontaria. In proposito, come la tragedia di Mayerling insegna, si rileva la necessità di differenziare tra l’eventualità di un patto suicidario e quello di un suicidio agito in epoca successiva ad un omicidio ed ispirato da motivazioni ben diverse da quelle di una morte condivisa. Talora, i m argini di interpretazione di questo fenomeno possono essere molto ampi, sia per il coinvolgimento emotivo che l’omicidio-suicidio suscita nell’osservatore, chiamando in causa anche la dimensione esistenziale del medesimo, sia per la connotazione enigmatica che spesso assume la morte volontaria, soprattutto se questa viene ad essere realizzata contemporaneamente, o quasi, da due soggettilegati da un rapporto di tipo affettivo. In molti casi, le domande trovano risposte solo parziali, dato che la ricostruzione del percorso che motiva tale gesto risente del fatto che non vi sono quasi mai superstiti. In questa prospettiva, quindi, riflettere sui prodromi e sui dinamismi delle vicende degli amanti di Mayerling e di Verona aiuta a chiarire meglio una fattispecie così complessa e, per certi versi, sempre misteriosa come quella dell’omicidio- suicidio. In essa, del resto, al di là delle diverse definizioni e classificazioni proposte in ambito scientifico, la ricerca del senso della vita si intreccia necessariamente a quella della conclusione della stessa, se è vero che la preoccupazione fondamentale dell’essere umano è quella di evitare l’angoscia suscitata dalla morte

    Tra una vedova nera ed una mantide religiosa: una storia di perversione e di crimine

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    We report a murder case of a 76-year-old invalid civilian killed by a 28-year-old drug addict and prostitute. The case, initially judged as a voluntary homicide, during the subsequent stages of the criminal trial was declassified as manslaughter, although some features even indicated a praeter-intentional homicide. The careful evaluation of the relationship between the victim (a psychotic patient with a perverse and destructive sexuality) and his executioner (suffering from a personality disorder with drug addiction, antisociality and sexual promiscuity), as well as the crime scene and corpse wounds examination, led to the change in sentencing. This singular case shows how in psychopathological and criminological field, sexuality and destructiveness can be so confused to replace each other.Si presenta un caso peritale nel quale l’uccisione di un soggetto 76enne invalido civile, ad opera di un soggetto 28enne, tossicodipendente, inizialmente era giudicato come un omicidio volontario pluriaggravato, ma che, nelle successive fasi del processo penale, è stato poi derubricato a titolo di omicidio colposo, anche se alcune sue caratteristiche deponevano per un omicidio praeter-intenzionale. Tale mutamento era dovuto all’attenta disamina non solo della scena del crimine e della lesività cadaverica, ma soprattutto dei rapporti tra la vittima (affetta da una forma psicotica che si manifestava anche in una sessualità tanto perversa, quanto distruttiva) ed il suo carnefice (affetto da un disturbo di personalità che ne motivava sia la tossicodipendenza, sia l’antisocialità, sia la promiscuità sessuale). Questi rapporti, del resto, si sono rivelati del tutto speculari a quelli talora esistenti tra la sfera della sessualità e quella della distruttività, così confuse nella presente fattispecie, da sostituirsi alla fine l’una all’altra, con tutte le conseguenze dal punto di vista non solo psicopatologico, ma anche criminologico
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