277 research outputs found

    Innovation and Foreign Technology in Italy,1861-2011

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    The paper explores the long run evolution of Italy’s performance in technological innovation as a function of international technology transfer, reconstructing the different phases and dimensions of Italian innovative activity, tracking the transfer of foreign technological knowledge through a number of channels, analysing the impact of imported technology. The study is based on a newly constructed dataset, over the 1861-2009 period, composed of variables related to: innovation activity performance; foreign technology transfer; domestic absorptive and innovative capability. The analysis highlights, also by econometric assessment, the significant contribution of foreign technology both to innovation activity results and to productivity growth. Differences across channels of technology transfer and historical phases emerge, also in connection with the evolution of human capital endowment and domestic innovative capacity. Machinery imports contributed positively both to innovation activity and to productivity growth; inward FDI contributed positively to productivity growth, but not to indigenous innovation activity; the accumulation of technical human capital fuelled both. In the long Italian Golden Age, for the first time the association of foreign technological knowledge with indigenous innovation processes strengthened productivity significantly. More recently instead the dismal productivity growth is negatively associated with formalised innovation activity under-performance and reduced imports of disembodied technologyItaly,Technology Transfer,Innovation,Absorptive Capability,Patenting

    European Acquisitions in the United States:Re-examining Olivetti-Underwood Fifty Years Later

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    While Italy's catch-up in the course of the 20th century has been nothing short of extraordinary, it has failed to produce a large number of global business players. Nonetheless, half a century ago an Italian company concluded what was at the time the largest-ever foreign takeover of a US company. The paper analyzes the Olivetti's acquisition of Underwood and frames it in the broader picture of the literature on the management and performance of foreign companies in the United States. We provide a historical narrative focused on three main issues: 1) head office control and subsidiary autonomy; 2) Olivetti's adaptation to the American business system; 3) the development of internal knowledge resources within the subsidiary. Lessons and implications are relevant for business historians and management scholars in general.FDI, acquisition, control, adaptation, knowledge resources, Olivetti, Underwood

    Raccontatori di storie: testo e voce nei cantari

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    Si richiamano i tratti della letteratura canterina come genere di testi in origine destinati all'esecuzione nelle piazze, e connotati a livello retorico da vari residui, indicatori e marche di oralit\ue0, che pi\uf9 tardi divengono simulazione di locuzione che si vuole comunque in \u201cpresa diretta" col pubblico. I cantari ci presentano un racconto profondamente caratterizzato dalla forza emotiva e perlocutoria della voce, a cui guardiamo con nostalgia in un'epoca in cui la letteratura e la testualit\ue0 divengono solitamente sempre pi\uf9 smaterializzate, e le parole rischiano di divaricarsi sempre pi\uf9 dalle cose

    In margine all'ottava canterina, ai poemi in ottave del Boccaccio e alla comunicazione letteraria

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    Si riflette sulla popolarit\ue0 dei cantari nella loro pratica di mediazione di testi letterari, linguaggi e livelli di cultura. Funzione vitale dei cantari \ue8 proprio di garantire una continua osmosi di materiali e fonti che vengono messi in circolo e divengono terreno di mediazione culturale. Alcune delle caratteristiche dell\u2019ottava canterina possono inoltre meglio risaltare al confronto con i poemi in ottava rima di Boccaccio, strettamente vincolati a un preciso progetto autoriale.The essay reflects on the popularity of the \u201ccantari\u201d, mediators of literary texts, languages and levels of culture. The function of these texts is to promote an interactive process in which different materials and sources circulate and become a common heritage. Some caracteristics of the \u201cottava canterina\u201d can be confronted with Boccaccio\u2019s poems in ottava rima, on the contrary strictly conditioned by an authorial project

    Il De agricola desperato di Bonvesin da la Riva

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    Il saggio si propone di fornire alcuni spunti all'analisi della semplice ma assolutamente non ingenua eloquenza retorica in volgare del testo di Bonvesin nel suo bel racconto esemplare

    Boccaccio e la «matta bestialità»

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    Il saggio presenta alcuni appunti sul concetto in Boccaccio di \uabmatta bestialit\ue0\ubb, nel \uabDecameron\ubb (Introduzione, 53-64 e X, 10, 3) e nelle \uabEsposizioni\ubb (commento letterale al canto XI dell'\uabInferno\ubb, ed. Padoan: 550-1), con riferimento all' \uabEthica Nicomachea\ubb e alle postille boccacciane al codice ambrosiano A 204 Inf

    L'introduzione e la conclusione della VI giornata del «Decameron» e la loro valenza metanarrativa

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    Nella \u201ccornice\u201d della VI giornata, con valenza metanarrativa, risale in superficie un importante modello strutturale del \uabDecameron\ubb, quello della questione retorica e cortese, delle controversie come impianto organizzativo e tematico del ragionare dei componenti della brigata. Da questo luogo centrale emerge lo stretto legame tra le parti dell\u2019opera e la continuit\ue0 lessicale nel concepire e definire l\u2019universo poetico del narrabile (\uabragionamenti\ubb).In the \u201ccornice\u201d of the Sixth day of the \uabDecameron\ubb, with the Introduction and the Conclusion, can be detected a clear metapoetic intent. An important structural model for the ragionare of the brigata, the questione retorica and cortese and the controversie come back up to the surface. From this central section of the work we can see the accurate structural construction of the masterpiece and the lexical congruity of Boccaccio when he conceives and states the poetic universe of \u201cnarrabile\u201d (\uabragionamenti\ubb)

    Jaufre Rudel: Longinquus amor, amor de lonh, amors loingtaignes. Dallo spazio al tempo?

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    Abstract: The essay is focused on the famous formula amor de lonh in Jaufre Rudel's Lanquan li jorn son lonc en mai. The metric structure appears to be built around the mot-refrain lonh and the syntagm amor de lonh first with variatio and then with anaphora (in coblas I-V and VI-VII respectively). According to this data and textual references as Propertius' longinquus amor – already considered by Roncaglia and Patrizia Onesta as a literary topos in Jaufre's lyric – and Lai d'Aristote's amors loingtaignes, the famous syntagm amor de lonh (later fixed and of incomparable literary success) was probably used by the author in the temporal meaning of "constant, long-lasting love".  Il saggio si sofferma sulla celebre formula amor de lonh nel vers Lanquan li jorn di Jaufre Rudel. Il meccanismo strutturale del componimento appare costruito sul mot-refrain lonh e il sintagma amor de lonh utilizzati prima con aequivocatio e poi con ripresa anaforica, rispettivamente nelle coblas I-V e VI-VII. Tale dato e rimandi testuali quali il longinquus amor di Properzio – già additato da Roncaglia e Patrizia Onesta come vero e proprio topos letterario utilizzato nella lirica di Jaufre – e gli amors loingtaignes del Lai d'Aristote farebbero ipotizzare che Lanquan li jorn utilizzi il sintagma poi cristallizzatosi e di enorme e inuguagliato successo letterario nell'accezione temporale di "amore costante, durevole, di lungo corso"

    Una fonte per l’ultima novella del «Decameron» e la polisemia della scrittura

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    [1] Il marchese di Sanluzzo1 da’ prieghi de’ suoi uomini costretto di pigliar moglie, per prenderla a suo modo piglia una figliuola d’un villano, della quale ha due figliuoli, li quali le fa veduto d’uccidergli; poi, mostrando lei essergli rincresciuta e avere altra moglie presa a casa faccendosi ritornare la propria figliuola come se sua moglie fosse, lei avendo in camiscia cacciata e a ogni cosa trovandola paziente, più cara che mai in casa tornatalasi, i suoi figliuoli grandi le mostra e come marchesana l’onora e fa onorare.[2] Finita la lunga novella del re, molto a tutti nel sembiante piaciuta, Dioneo ridendo disse: – Il buono uomo, che aspettava la seguente notte di fare abbassare la coda ritta della fantasima, avrebbe dati men di due denari di tutte le lode che voi date a messer Torello –; e appresso, sappiendo che a lui solo restava il dire, incominciò:[3] – Mansuete mie donne, per quel che mi paia, questo dì d’oggi è stato dato a re e a soldani e a così fatta gente: e per ciò, acciò che io troppo da voi non mi scosti, vo’ ragionar d’un marchese, non cosa magnifica ma una matta bestialità, come che ben ne gli seguisse alla fine; la quale io non consiglio alcun che segua, per ciò che gran peccato fu che a costui ben n’avenisse.[4] Già è gran tempo, fu tra’ marchesi di Sanluzzo il maggior della casa un giovane chiamato Gualtieri, il quale, essendo senza moglie e senza figliuoli, in niuna altra cosa il suo tempo spendeva che in uccellare e in cacciare, né di prender moglie né d’aver figliuoli alcun pensiero avea;[5] di che egli era da reputar molto savio. La qual cosa a’ suoi uomini non piaccendo, più volte il pregaron che moglie prendesse, acciò che egli senza erede né essi senza signor rimanessero, offerendosi di trovargliel tale e di sì fatto padre e madre discesa, che buona speranza se ne potrebbe avere e esso contentarsene molto
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