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    L'efficacia dell'idrokinesiterapia come approccio riabilitativo nei pazienti affetti da Malattia di Parkinson: una revisione sistematica della letteratura

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    ABSTRACT Background: La malattia di Parkinson è il più comune disturbo neurodegenerativo del movimento. Essa si manifesta attraverso un quadro clinico molto complesso ed è perciò auspicabile una presa in carico multidisciplinare del paziente. L’acqua possiede peculiarità intrinseche che potrebbero rendere questo setting l’ambiente adatto in cui situare un programma di esercizio terapeutico al fine di contenere la disabilità correlata alle manifestazioni cliniche della patologia. Obiettivo: Ricercare prove di efficacia nella letteratura biomedica esistente sulla validità dell’idrokinesiterapia nel migliorare le funzioni motorie, l’equilibrio, il cammino, la postura statica e dinamica, la qualità della vita e nel ridurre la disabilità correlata alla patologia ed il rischio di caduta in pazienti affetti da malattia di Parkinson. Disegno dello studio: Revisione Sistematica Criteri di eleggibilità: Gli studi inclusi sono Trials Clinici Randomizzati Controllati con partecipanti adulti affetti da malattia di Parkinson, in uno stadio compreso tra 2 e 4 nella classificazione di Hoehn & Yahr. I metodi di intervento da valutare sono inerenti all’esercizio terapeutico in acqua. Fonti di ricerca: La ricerca è stata effettuata nelle banche dati PubMed e PEDro. Risultati: Sono stati inclusi 6 studi. La loro validità interna è stata valutata tramite la PEDro Scale. Possono essere considerati di alta qualità metodologica, avendo tutti ottenuto un punteggio ≥ a 7. Conclusioni: I risultati indicano un effetto positivo dell’idrokinesiterapia come approccio riabilitativo per pazienti affetti da malattia di Parkinson. Tuttavia, non si è in grado di affermare con certezza che essa rechi benefici superiori rispetto al solo trattamento sulla terraferma. Data l’eterogeneità degli studi ed il numero esiguo di partecipanti, è chiaro come sia necessaria la realizzazione di ulteriori studi primari sull’argomento al fine di ottenere dati maggiormente univoci e generalizzabili

    The covalent binding of 1, 1,2,2-tetrachloroethane to macromolecules of rat and mouse organs

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    The in vivo interaction of the hepatocarcinogen 1,1,2,2‐tetrachloroethane (1,1,2,2‐TTCE) with DNA, RNA, and proteins of male Wistar rats and BALB/c mice was measured 22 hr after i.p. injection. Covalent binding index (CBI) to liver DNA was about 500 and was comparable to those of carcinogens classified as moderate initiators. It was higher than those of other chloroethanes, even than that of 1,2‐ dichloroethane (1,2‐DCE), a symmetrically substituted haloethane whose genotoxicity has been widely demonstrated. In in vitro cell‐free systems, 1,1,2,2‐tetrachloroethane was bioactivated by mixed‐function oxidase(s) and glutathione‐S‐transferase(s) (GSH‐T) from microsomal and cytosolic fractions of rat and mouse liver and, to a lesser extent, of mouse lung. The in vitro activation led to formation of reactive species capable of binding to exogenous DNA and to the subcellular constituents of enzymatic fractions. These data, along with previous literature reports, provide sufficient evidence of 1,1,2,2‐TTCE genotoxicity. Copyright © 1987 Wiley‐Liss, Inc., A Wiley Compan
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