16 research outputs found
Anti-HPV vaccination in women treated for HPV-related lesions: effective vaccination strategy for achieving HPV-related diseases control
Human Papillomavirus (HPV) vaccination is able to reduce the risk of relapse in women undergoing surgery for HPVrelated lesions. The surgical treatment of these lesions can correlate with a greater risk of preterm parts. The extension of the recommendation of HPV vaccination to patients treated for a previous HPV-related lesion would entail a lower expense for the Health System. Therefore, an increase in the use of HPV vaccination is desirable also in this target population as well as the implementation of a care pathway dedicated to women treated for HPV lesions that includes vaccination in the prevention activities of relapses
Flu vaccination and value-based health care: operational solutions to safeguard public health
L’influenza rappresenta un problema di sanità pubblica
con un considerevole impatto dal punto di vista epidemiologico, clinico, economico e sociale. Ciò è riconducibile a più fattori, quali: l’ubiquità e la contagiosità
della malattia, la variabilità antigenica dei virus, l’andamento epidemico (e talvolta pandemico) e stagionale, la
possibilità di complicanze gravi specialmente in alcune
categorie di soggetti (bambini, anziani, persone con comorbosità e malattie croniche), i costi di gestione in caso
di complicanze e i costi sociali (giorni lavorativi persi,
perdita di produttività, ecc.) [1-4].
Globalmente, ogni anno, il virus influenzale colpisce tra
il 5 e il 15% della popolazione adulta (vale a dire da
350 milioni a 1 miliardo di persone) [5], un’incidenza
che sale al 20-30% nella popolazione pediatrica [6, 7],
in cui il rischio di infezione è maggiore a causa della
limitata immunità preesistente dei bambini [8]. Tra i 3
e i 5 milioni di casi di influenza riportati annualmente
evolvono in complicanze che causano il decesso in circa
il 10% dei casi (vale a dire da 250 a 500 mila persone),
soprattutto tra i gruppi di popolazione a rischio (bambini
sotto i 5 anni, anziani e persone affette da malattie croniche) [5, 9]. Le infezioni del tratto respiratorio inferiore e
superiore sono le principali conseguenze dell’influenza
stagionale. È stato stimato che circa 290.000-650.000
decessi per cause respiratorie sono attribuibili all’influenza ogni anno [10]. Inoltre, diverse complicazioni
extra-respiratorie, come quelle del sistema cardiovascolare e nervoso, hanno un impatto importante, soprattutto
nei pazienti più vulnerabili [10].
In Europa, l’influenza provoca 4-50 milioni di casi sintomatici all’anno, circa 15.000-70.000 decessi [11] e
150.000 ricoveri ospedalieri correlati all’influenza [12].
Specifici gruppi vulnerabili (anziani, pazienti con malattie croniche e comorbosità, bambini di età inferiore ai
5 anni e donne in gravidanza) sono maggiormente a rischio di sviluppare malattie gravi, complicanze e morire
a causa dell’influenza [13].
Gli effetti del virus influenzale non sono uguali nel mondo. Nei Paesi industrializzati l’influenza si rivela fatale soprattutto tra le persone di età superiore ai 65 anni.
L’impatto nei Paesi in via di sviluppo non è noto con
certezza, tuttavia si stima che l’influenza causi un’elevata percentuale di decessi tra i bambini [5]. Infatti,
ogni anno circa 870.000 bambini sotto i 5 anni di età,
ricevono un ricovero attribuibile all’influenza e si stima
che tra i 28.000 e i 111.500 decessi in questa fascia di
età siano attribuibili a cause legate all’influenza, la stragrande maggioranza dei quali si verifica nei paesi in via
di sviluppo [14].
La frequenza con cui insorgono casi di influenza, pur
essendo assai diversa da stagione a stagione, si aggira
mediamente intorno al 9% (range: 4-15%) della popolazione generale ogni anno, mentre nella fascia d’età 0-14
anni, che è quella più colpita, l’incidenza è pari in media
al 26% (12-40%) [15]. Come evidenziano i dati nazionali e internazionali, l’influenza è un problema che interessa tutta la popolazione, indipendentemente dall’età
e dal sesso. Tuttavia, esistono alcune tipologie di soggetti, definiti fragili, che presentano un rischio maggiore
di contrarre l’influenza, di trasmetterla e di sviluppare
complicanze a essa correlate. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha suddiviso questi soggetti in
cinque diverse categorie a rischio, ovvero i bambini al di
sotto dei 5 anni di età, le donne in gravidanza, i soggetti
over 65, i pazienti cronici e gli operatori sanitari [5]. L’epidemia influenzale stagionale, inoltre, è responsabile di
buona parte dell’eccesso di mortalità che ogni inverno
viene registrato dai sistemi di sorveglianza di tutto il
mondo e che colpisce per oltre il 90% i soggetti di età
superiore ai 65 anni, specialmente quelli con condizioni
cliniche croniche preesistenti [16].
Vaccinarsi, dunque, rappresenta il modo migliore di
prevenire e combattere l’influenza, sia perché aumenta
notevolmente la probabilità di non contrarre la malattia sia perché, in caso di sviluppo di sintomi influenzali,
questi sono molto meno gravi e, generalmente, non seguiti da ulteriori complicanze. Inoltre, la vaccinazione
antinfluenzale (in tutte le età) rappresenta un’importante
misura di protezione non solo individuale ma anche per
la collettività, riduce la probabilità di complicanze e di
conseguenza l’impatto in termini di carico assistenziale
(ospedalizzazioni, visite ambulatoriali, farmaci) [17] e
l’impatto per le famiglie e per la società (assenze scolastiche dei bambini e giornate lavorative perse, sia a causa di una malattia secondaria in un caregiver che per la
necessità di cure per un bambino malato o per un paziente fragile; perdita di produttività per i lavoratori ecc.) [6,
18]. Ad esempio, i bambini più piccoli svolgono un ruolo importante nella trasmissione dell’influenza alle loro
famiglie e alla comunità [19] e, pertanto, la vaccinazione
antinfluenzale in questa popolazione target può ridurre,
a livello comunitario, i tassi di malattia negli individui
non immunizzati [20]. Tuttavia, nonostante il valore e i benefici reali e tangibili della vaccinazione antinfluenzale siano riconosciuti a
livello globale e molte siano state le iniziative introdotte
a sostegno di questa vaccinazione negli ultimi anni, in
molti Paesi europei e anche in Italia, si continuano a registrare valori non ottimali di coperture vaccinali, sia in
età pediatrica che in età adulta, con importanti ricadute a
livello sanitario, sociale ed economico.
In Italia, le coperture non hanno ancora raggiunto le
soglie del 75 e del 95% indicate dall’OMS e dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-
2019 [21]. I dati relativi alla popolazione generale per la
stagione 2020/2021 mostrano un sensibile aumento delle
coperture vaccinali che passano da 16,8% della stagione precedente al 23,7% dell’ultima stagione disponibile
(dati aggiornati 24 luglio 2021). Negli anziani si osserva,
a partire dalla stagione 2015-2016, un costante aumento
della copertura, che si attesta al 65,3% dell’ultima stagione. La copertura degli anziani è aumentata di circa
11 punti percentuali rispetto alla stagione precedente
(54,6), verosimilmente anche a causa della pandemia
da COVID-19. Tuttavia, è importante sottolineare che,
proprio negli anziani (categoria di persone a rischio),
il valore di copertura (65,3%) si discosta ancora sia dai
livelli di copertura ottimali (95%) sia da quelli minimi
(75%) [22].
Pertanto, in Italia, il livello di immunizzazione non risulta ancora sufficiente a garantire la protezione della
popolazione, in particolar modo delle fasce più deboli e
più suscettibili, determinando un incremento considerevole del burden di malattia.
Il livello non ottimale dei tassi di copertura vaccinale
può essere in parte attribuibile alla cosiddetta Vaccine
Hesitancy (“esitazione vaccinale”), definita dallo Strategic Advisory Group of Experts (SAGE) on Immunization
dell’OMS come la tendenza a ritardare o rifiutare la vaccinazione pur in presenza della disponibilità di tale servizio [23]. La Vaccine Hesitancy oggi rappresenta una
vera minaccia per la salute e il benessere dei cittadini,
determinando effetti rilevanti sull’efficacia dei programmi di immunizzazione all’interno dei Paesi europei.
Un fattore determinante che ha portato all’aumento dello scetticismo nei confronti dei vaccini risiede, infatti,
nella divulgazione di informazioni prive di fondamento scientifico, amplificate dall’utilizzo dei social media
e del web. Pertanto è urgente e necessario sviluppare
competenze organizzative a livello locale, nazionale e
globale al fine di identificare, monitorare e contrastare
proattivamente l’esitazione vaccinale e rispondere tempestivamente ai movimenti anti-vaccinazione in caso di
disinformazione o di potenziali eventi avversi [24].
Una survey dell’Eurobarometro del 2019 [25] ha messo
in luce come in Europa soltanto l’85% dei cittadini ritiene che i vaccini siano efficaci nella prevenzione delle
malattie infettive (la percentuale scende al 78% per la
popolazione italiana). Sono preoccupanti i dati che riguardano l’Italia: quasi la metà della popolazione (48%
vs il 29% degli europei) ritiene che le vaccinazioni siano
importanti solo per i bambini. Un terzo della popolazione è convinto che i vaccini indeboliscano il sistema
immunitario o che possano causare la malattia da cui
proteggono (34%). Un quarto della popolazione ritiene
che non sia importante ricevere le vaccinazioni raccomandate (il dato complessivo europeo è 15%).
Un altro dato allarmante riguarda gli operatori sanitari:
la vaccinazione antinfluenzale, oltre a essere efficace per
prevenire l’influenza stagionale, riduce il burden di malattia e l’assenteismo del personale nonché i costi derivanti dalla perdita di produttività. Nonostante l’efficacia
della vaccinazione antinfluenzale, la copertura stagionale tra gli operatori sanitari continua a essere generalmente bassa [26].
Patologie prevenibili con vaccino come l’influenza hanno un impatto rilevante non solo sul sistema sanitario e
socio-assistenziale, ma anche sul sistema produttivo ed
economico. La vaccinazione antinfluenzale, infatti, contribuisce alla sostenibilità della spesa sanitaria pubblica
grazie ai possibili risparmi generati in termini di riduzione di: numero di ricoveri, spese per le cure mediche
per la malattia e le eventuali complicanze, recrudescenze
ed epidemie. Riduce, inoltre, la mancata produttività per
assenza dal lavoro così come dimostrato in uno studio
osservazionale retrospettivo pubblicato nel 2019 su Plos
One [26]. Lo studio ha analizzato il tasso di copertura
vaccinale tra tutti i dipendenti (operatori sanitari e personale amministrativo) di un grande policlinico universitario romano, durante la stagione influenzale 2017-2018,
al fine di effettuare un’analisi economica sulla vaccinazione antinfluenzale (valutando l’assenteismo dovuto alla malattia nel periodo epidemico) e valutando l’impatto
della vaccinazione in termini sia di costi che di giorni di
malattia.
Il tasso di copertura della vaccinazione antinfluenzale è
stato del 9,8% tra 4631 operatori sanitari e 852 impiegati
amministrativi. È stata stimata una perdita di produttività pari a 297,06 € per ciascun lavoratore vaccinato e
517,22 € per ciascun lavoratore non vaccinato (rapporto costo-outcome: 120,07 €/giorno di malattia). Applicando il metodo del friction cost, è stata riscontrata una
perdita di produttività pari a 237,65 € per ciascun lavoratore vaccinato e 413,78 € per ciascun lavoratore non
vaccinato (rapporto costo-outcome: 104,19 € /giorno di
malattia). Questi risultati hanno confermato i benefici
della vaccinazione antinfluenzale per la società e per l’azienda [26].
Un altro recente lavoro italiano ha valutato l’impatto
economico e fiscale dei vaccini contro l’influenza, lo
pneumococco e l’Herpes-Zoster in Italia e nell’analisi
costi-benefici condotta gli autori hanno riportato che
investire nella vaccinazione antinfluenzale comporta
benefici che equivalgono a 1,8 volte il valore dell’investimento in termini di impatto fiscale e 11,1 volte in termini di perdita di produttività [27].
Purtroppo, la crisi economica che ha investito i Paesi industrializzati ci induce a una necessaria razionalizzazione della spesa anche in ambito sanitario, con la conseguente minore propensione all’acquisto e all’implementazione di nuovi vaccini, pur nell’evidenza di una loro
sempre maggiore sicurezza ed efficacia. Di fatto l’attenzione dei decisori tende a orientarsi più verso un’ottica di contenimento piuttosto che verso una di investimento, con il risultato che le vaccinazioni vengono prese in
considerazioni immediatamente solo se generatrici di
risparmio dal punto di vista del Servizio Sanitario e se
il ritorno dell’investimento è a breve termine. Tuttavia,
programmi di vaccinazione efficaci possono generare
risparmi per i sistemi sanitari, liberando risorse da reinvestire per sostenere l’innovazione in sanità. Rispetto
ad altri settori, investire in vaccinazione garantisce un
notevole ritorno: per 1 dollaro speso se ne risparmiano
da 16, se si considerano anche l’aumento delle risorse da reinvestire a
disposizione dei sistemi sanitari e l’aumento della durata
e qualità della vita della popolazione [28].
Peraltro, ai valori clinico-epidemiologico ed economico
delle vaccinazioni dovrebbe essere aggiunto anche il valore sociale della pratica vaccinale.
Il fenomeno della protezione comunitaria ottenibile per
molti vaccini, a seguito del raggiungimento di un’elevata copertura immunitaria nella popolazione bersaglio,
più comunemente nota come” immunità di gregge”, ha
rappresentato da sempre il valore aggiunto della vaccinazione a livello sociale [29].
Per la maggior parte delle malattie, ottenere elevate coperture vaccinali permette, infatti, di contenere la
circolazione del microrganismo responsabile e, conseguentemente, garantisce una protezione alla comunità,
cioè anche ai non vaccinati. L’impatto sulla salute della
popolazione risulta, dunque, notevole in termini di contenimento dei danni della malattia o delle sue complicanze (morbosità, mortalità, ricorso a cure mediche,
ospedalizzazioni) e di riduzione dei costi sia diretti che
indiretti [29, 30].
Le malattie infettive non riconoscono confini geografici
e/o politici e tutte, ma in particolare quelle prevenibili
da vaccino, richiedono un approccio globale e non localistico per la loro prevenzione e il loro controllo. Tali
strategie richiedono necessariamente l’abbattimento di
barriere ideologiche e politiche, ma anche di ostacoli
economici e culturali, a favore di un approccio collettivo
e globale a difesa della salute delle popolazioni.
In Italia, il PNPV 2017-2019 [21] rappresenta un importante contributo per la tutela della salute pubblica nel
nostro Paese. È uno strumento all’avanguardia che rende
l’Italia il Paese europeo con il più completo piano vaccinale, grazie al quale sono messe gratuitamente a disposizione del cittadino tutte le vaccinazioni.
Le vaccinazioni rappresentano un intervento importante
di Sanità Pubblica, uno strumento da sostenere con ogni
mezzo per scongiurare a tutta la popolazione l’ombra e
il peso di malattie infettive che sono, invece, potenzialmente facilmente contrastabili come l’influenza.
Il significato e l’importanza del “valore”
per i Sistemi Sanitari
Per affrontare le sfide attuali dell’assistenza sanitaria
mondiale occorre riorganizzare il “sistema salute” tenendo in considerazione le esigenze di tutti gli stakeholder e ponendo al centro il “valore”. Il concetto di valore non deve riferirsi solo agli esiti di salute (outcome)
relativi ai costi, ma deve tener conto di quanto bene le
risorse siano distribuite a differenti gruppi di popolazione (valore allocativo), di quanto queste risorse siano appropriatamente usate per raggiungere risultati di salute,
relativamente a individui con specifici bisogni, presenti
nella popolazione (valore tecnico) e di quanto questi risultati di salute siano allineati al sistema valoriale di ciascun individuo e alle sue preferenze (valore personale).
Recentemente (luglio 2019) anche l’Expert Panel on Effective Ways of Investing in Health (EXPH) istituito dalla Commissione Europea, ha pubblicato un importante
documento dal titolo “Opinion on Defining value in Value-Based Healthcare” [31]. Il gruppo di esperti propone
il modello di “quadruple value”, aggiungendo una quarta
dimensione del valore: il valore sociale o societal value.
L’EXPH propone, quindi, l’assistenza sanitaria basata
sul valore come un concetto completo fondato su quattro
value-pillars: un’assistenza adeguata per raggiungere
gli obiettivi personali dei pazienti (valore personale),
il conseguimento di migliori risultati possibili con le
risorse disponibili (valore tecnico), un’equa distribuzione delle risorse tra tutti i gruppi di pazienti (valore
allocativo) e il contributo dell’assistenza sanitaria alla
partecipazione e alla connessione sociale (valore sociale). Queste quattro dimensioni del “valore” assicurano i
pilastri fondamentali dei sistemi sanitari basati sulla solidarietà: il principio di equità può essere assicurato da
un’equa allocazione delle risorse; un’equa distribuzione
può essere assicurata dal contributo dell’assistenza sanitaria alla coesione sociale; l’efficienza può essere garantita da un’ottimale allocazione delle risorse; la centralità
del paziente e la qualità dell’assistenza possono essere
garantite da un’interazione, mirata su benefici e danni
per la salute, tra medici e pazienti.
Una riallocazione delle risorse da interventi sanitari
di basso valore a interventi di alto valore è percepita
dall’Expert Panel come la principale necessità dei sistemi sanitari europei sostenibili e resilienti. Una strategia
a lungo termine, promossa da un solido sistema di Governance, è raccomandata al fine di realizzare un cambiamento culturale che consenta di reinvestire risorse in
un’assistenza sanitaria di alto valore [31].
Sulla base di quanto descritto, risulta evidente l’esigenza di prendere in esame una Strategia value-based di
Immunizzazione contro l’influenza, con l’obiettivo di
mettere concretamente il cittadino/paziente al “centro”.
Questa esigenza è strettamente collegata all’evidente impatto sociale delle vaccinazioni e alle difficoltà crescenti
di Sistemi Sanitari che, seppur attraversati da profonde
trasformazioni organizzative e stretti nella morsa di una
crescita esponenziale dei bisogni di salute, a fronte di
una dotazione essenzialmente isorisorse, sono chiamati
ad assicurare una gestione unitaria e integrata delle patologie prevenibili da vaccino.
Questo approccio value(S)-based si sposa perfettamente
con l’agenda promossa nel settembre 2019 dalla Commissione Europea e dall’OMS che hanno pubblicato il
documento “Dieci azioni verso la vaccinazione per tutti” [32], definendo un vero e proprio decalogo per garantire la vaccinazione per tutti e contrastare, e laddove possibile eliminare, le malattie prevenibili con vaccino. Il
documento rappresenta un importante atto per rinforzare
l’implementazione delle strategie vaccinali già in atto.
Il successo delle vaccinazioni dipende non solo dalle
scelte del Paese, ma anche dall’impegno di tutti gli stakeholder per le rispettive competenze. Per promuovere
il benessere dei cittadini e migliorare la buona salute
è necessario utilizzare un approccio olistico e definire
una visione strategica intersettoriale e multisettoriale. In
questa ottica occorre armonizzare il sistema della Prevenzione in ogni Paese, secondo i principi della Salute
in tutte le politiche, al fine di ridurre le disuguaglianze
e i costi sanitari e sociali e garantire uno sviluppo sostenibile, come previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni
Unite [33]. L’attuale quadro epidemiologico, caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione, dalla elevata prevalenza delle malattie croniche non trasmissibili,
dall’emergenza e ri-emergenza di malattie infettive, dai
numerosi rischi per la salute correlati a fattori ed esposizioni ambientali, richiede una forte focalizzazione della programmazione strategica sulla prevenzione e sulla
promozione della salute.
È necessario, pertanto, che gli operatori sanitari (in particolare professionisti di Sanità Pubblica, Pediatri, Medici di Medicina Generale), l’intera comunità scientifica,
le Istituzioni e i decisori si impegnino, ciascuno per le
proprie competenze e responsabilità, per favorire il corretto utilizzo dei vaccini e nel salvaguardare l’indiscusso valore sociale delle vaccinazioni, patrimonio di tutti
i cittadini, indipendentemente dallo stato sociale e dal
luogo di residenza
Nutrition knowledge is associated with higher adherence to Mediterranean diet and lower prevalence of obesity. Results from the Moli-sani study
A Mediterranean dietary pattern has been associated with reducing the risk of cardiovascular and chronic disease. The aim of this study was to evaluate the role of nutrition knowledge in determining possible differences among dietary patterns in a general population from a Mediterranean region. We conducted a cross-sectional study on a subsample of 744 subjects enrolled in the population-based cohort of the Moli-sani Project. A 92-item questionnaire on nutrition knowledge was elaborated, validated and administered. Dietary information were obtained from the EPIC food frequency questionnaire and adherence to a Mediterranean dietary pattern was evaluated both by the a priori Greek Mediterranean diet score and the a posteriori approach obtained by principal component analysis. Nutrition knowledge was significantly associated with higher adherence to a Mediterranean dietary pattern. The odds of having higher adherence to a Mediterranean dietary pattern increased with greater nutrition knowledge. The odds ratio of being obese significantly decreased with increasing nutrition knowledge levels. The results showed that nutrition knowledge was significantly associated with higher adherence to a Mediterranean dietary pattern and with lower prevalence of obesity in a Southern Italian region with Mediterranean diet tradition independently from education and other socioeconomic factors. \ua9 2013 Elsevier Ltd
Socioeconomic status and impact of the economic crisis on dietary habits in Italy: results from the INHES study
There is lack of evidence about the likely impact of the economic crisis on dietary habits in Western societies. We aimed to assess dietary modifications that possibly occurred during the recession and to investigate major socioeconomic factors associated with such modifications
Food Labels Use Is Associated with Higher Adherence to Mediterranean Diet: Results from the Moli-Sani Study
Mediterranean diet (MD) has been associated with lower risk of ischemic cerebro- and cardio-vascular disease, neurological degenerative disease, and breast and colonrectal cancers. Nevertheless, adherence to this pattern has decreased. Food labels are a potentially valid means to encourage towards healthier dietary behavior. This study, conducted on a subsample of 883 subjects enrolled in the Moli-sani Project, evaluated whether food labels reading (LR) is associated with MD adherence. Participants completed a questionnaire on nutrition knowledge, information, and attitudes, with a specific question on food labels reading. Biometric measurements, socio-economic status, education, physical activity, and smoking habits were collected. The European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC) food frequency questionnaire was used to collect dietary habits, and subsequently evaluated by both the Mediterranean diet score (MDS) and Italian Mediterranean index (IMI), a priori dietary patterns. Food consumption patterns were generated by Principal Components Analysis (PCA), an a posteriori approach. Multivariable odds ratios were calculated to quantify the association of LR categories with dietary habits. LR was significantly associated with greater adherence to both MDS (p = 0.0004) and IMI (p = 0.0019) in a multivariable model. LR participants had 74% (MDS) or 68% (IMI) higher probability to be in the highest level of adherence to Mediterranean diet-like patterns. Moreover, they showed greater adherence to Mediterranean-like food consumption patterns (0.1 vs. −0.2, p < 0.0001) and lower adherence to two Western-like patterns (0.01 vs. 0.2, p = 0.009 and 0.1 vs. 0.2, p = 0.02). These findings support an association between food label use and consuming a Mediterranean-type diet
Come comunicare e trasferire i risultati delle valutazioni di HTA applicata alle vaccinazioni ai decision makers e agli stakeholders? il progetto dell\u2019ISPOR Rome chapter
ambito sanitario, soprattutto in Sanit\ue0 Pubblica. L\u2019HTA applicata alle vaccinazioni \ue8 oggetto di studio di molti esperti che
hanno sviluppato numerose ricerche oggetto di pubblicazioni e presentazioni a congressi. Tuttavia, gli esperti si trovano
spesso a presentare le loro valutazioni a colleghi ma non ai decision makers, che dovrebbero esserne i principali destinatari
e i reali fruitori. Pertanto, appare oggi fondamentale migliorare la comunicazione e il trasferimento dei risultati di queste
valutazioni ai decision makers e a tutti gli stakeholders. Metodi: Obiettivo di questo progetto \ue8 organizzare un gruppo di
lavoro multidisciplinare di esperti che raccolga le valutazioni economiche e di HTA condotte in ambito vaccinale, ne valuti il
reale utilizzo nei processi decisionali e individui le criticit\ue0 del processo comunicativo e di trasferimento dei dati. Risultati:
La revisione sistematica delle valutazioni HTA sui vaccini e il loro reale utilizzo nei processi decisionali rappresenteranno
il punto di partenza per discutere, in opportuni tavoli di lavoro, i punti di forza e di debolezza del processo comunicativo.
Inoltre, si potr\ue0 definire il metodo pi\uf9 appropriato per il trasferimento dei dati. Conclusioni. Solo con il miglioramento della
comunicazione e con il trasferimento dei risultati delle valutazioni HTA agli stakeholders e, in particolare ai decision makers
sar\ue0 possibile favorire decisioni in ambito vaccinale basate sulle evidenze scientifiche garantendo interventi adeguati e
compatibili in termini di sostenibilit\ue0 del sistema
[The economic value of vaccinations: a systematic review of Italian economic evaluations and HTA reports]
Introduction: Decision-making in healthcare should rely on evidence-based approaches able to make possible a transparent and robust assessment of all the aspects related to health technologies. One of the assessment elements is represented by the efficiency that is the specific objective of economic evaluations and also of Health Technology Assessment (HTA). The collection and synthesis of evidence is the first indispensable step in order to foster a proper convey of scientific knowledge to the decision-makers. This work, carried out within a broader project on the transfer of evidence from the scientific to the decision making world, is aimed to release an overview of economic evaluations and HTA on vaccines conducted in Italy. The project was carried out within the activities of the ISPOR Italy-Rome Chapter.
Methods: A systematic review of Italian economic evaluations and HTA performed on vaccines and published up to May 2015 was carried out. PubMed, Scopus and the NIHR HTA databases were queried and a hand-search was performed on key journals in the field (Global & Regional Health Technology Assessment; PharmacoEconomics Italian Research Articles; Giornale italiano di HTA; Politiche Sanitarie; HTA Focus - Pills of Clinical Governance; Pillole di Farmacoeconomia; Giornale Italiano di Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione; IJPH; Quaderni dell'IJPH). Studies were considered eligible if showing the results of a full economic evaluations and if performed in Italy.
Results: The literature search yielded 10 HTA reports and 33 economic evaluations. Among the latter, 20 (60,6%) were cost-effectiveness analyses. Ten studies (23,3%) assessed the vaccination against S. pneumoniae figuring out that it is cost-effectiveness and even costsaving in cases of newborns and subjects at risk. Nine studies (20,9%) addressed influenza vaccination and demonstrated its dominance on non-vaccination in the elderly. Eight studies (18,6%) evaluated the HPV vaccines concluding that they are cost-effective. Five studies (11,6%) devoted to anti-rotavirus vaccination showing its dominance on non-vaccination, in particular from the society perspective. Vaccination against pertussis, hepatitis B, chicken pox, measles, rubella, mumps were eventually shown cost-saving. The vaccine against Neisseria meningitidis was considered potentially cost-effective.
Conclusion: The Italian scientific evidence on efficiency of vaccination is broad and allows concluding that vaccinations are value for money interventions
Association of proinflammatory diet with low-grade inflammation: results from the Moli-sani study
Objectives: The association between diet and inflammation is well documented. Yet, no evidence exists on the relationship between the inflammatory potential of the diet and low-grade inflammation (LGI) as measured by a composite score of plasma and cellular biomarkers. The aim of this study was to assess the association between the Dietary Inflammatory Index (DII\uae) and LGI in a large population-based cohort. Methods: Cross-sectional analyses were conducted on data from 20 823 adults (age 6535 y; 48% male) without acute inflammation, who were recruited within the general population of the Moli-sani study from 2005 to 2010. LGI was measured by using a composite score (INFLA-score) including platelet and leukocyte counts, the granulocyte to lymphocyte ratio, and C-reactive protein. DII scores were computed based on dietary intake assessed by the EPIC food frequency questionnaire. Multivariable linear regression models were fit to produce adjusted regression coefficients and 95% confidence intervals (CIs). Results: Higher DII scores were associated with increased LGI (\u3b2 = 0.131; 95% CI, 0.089\u20130.174 for the highest versus lowest quintile of DII) after adjusting for age, sex, lifestyle, prevalence of chronic diseases, and health conditions. A higher DII score also was positively associated with each single biomarker of inflammation included in the INFLA-score, unhealthy behaviors (smoking, sedentary lifestyle), and insulin. Conclusions: Higher DII scores, indicating greater inflammatory potential of the diet, were directly associated with LGI, as measured by a composite score of plasma and cellular biomarkers of inflammation. These findings are consistent with the contributing role of diet-mediated inflammation in increasing risk for inflammation-related chronic diseases