8,914 research outputs found

    DELPHES 3, A modular framework for fast simulation of a generic collider experiment

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    The version 3.0 of the DELPHES fast-simulation is presented. The goal of DELPHES is to allow the simulation of a multipurpose detector for phenomenological studies. The simulation includes a track propagation system embedded in a magnetic field, electromagnetic and hadron calorimeters, and a muon identification system. Physics objects that can be used for data analysis are then reconstructed from the simulated detector response. These include tracks and calorimeter deposits and high level objects such as isolated electrons, jets, taus, and missing energy. The new modular approach allows for greater flexibility in the design of the simulation and reconstruction sequence. New features such as the particle-flow reconstruction approach, crucial in the first years of the LHC, and pile-up simulation and mitigation, which is needed for the simulation of the LHC detectors in the near future, have also been implemented. The DELPHES framework is not meant to be used for advanced detector studies, for which more accurate tools are needed. Although some aspects of DELPHES are hadron collider specific, it is flexible enough to be adapted to the needs of electron-positron collider experiments.Comment: JHEP 1402 (2014

    Shifting paradigms in two common abdominal surgical emergencies during the pandemic

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    During the pandemic there was a reduction in access to the hospital and surgical treatment of appendicitis and cholecystitis at a global level. Some strategies adopted during this challenging time could be applied even after the emergency has been controlled

    Sustainable rearing for kid meat production in Southern Italy marginal areas: A comparison among three genotypes

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    Sustainable goat breeding plays an important role in the economy of marginal areas. The present study aimed to compare performances and meat quality traits in kids of a native Apulian genotype (Garganica) in comparison with two Mediterranean breeds (Maltese and Derivata di Siria). Kids suckled dam milk until they were 21 (±2) days old, hence three groups of 12 male kids per each genotype were made. The kids received a pelleted feed ad libitum in addition to dam milk and were slaughtered at 60 days of age. The Maltese kids showed the lowest net cold-dressing percentage, with statistical differences compared to Garganica and Derivata di Siria. Meat obtained from Garganica kids showed a rosy color due to a significantly lower a* index and were also more tender since a lower WBS was recorded in comparison with the other two genotypes. As for the nutritional value of meat, the best n-6/n-3 ratio was found for the Derivata di Siria breed. In conclusion, Garganica kid meat showed the lowest content of SFA and atherogenic index, with potential beneficial effects for human health

    Progettazione e realizzazione del Centro Operativo Emergenza Sismica (COES)

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    Nel 2008, in occasione della prima esercitazione sul rischio sismico a valenza regionale organizzata dal Dipartimento per le Politiche Integrate di Sicurezza e per la Protezione Civile della Regione Marche “Operazione Blue Mountains” [Moretti et al., 2010a], è stata inaugurata la nuova struttura di Pronto Intervento dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Esistente fin dai primi anni ’70, la struttura negli ultimi anni ha subito un restyling sostanziale. Servendosi delle più moderne innovazioni tecnologiche, dai nuovi mezzi di comunicazione a quelli di trasmissione dati, è stata resa maggiormente modulare e adattabile alle attuali esigenze, dotata di facilities che favoriscono la velocità e la semplicità dell’intervento senza rinunciare alla qualità delle prestazioni offerte. La vera novità di tale organismo è rappresentata dal Centro Operativo Emergenza Sismica (COES), la struttura che funge, in occasione di un forte terremoto, da presidio INGV in area epicentrale. Progettato primariamente come punto di riferimento per il supporto tecnico-logistico ai colleghi impegnati nelle attività di campagna, il COES è stato concepito anche per essere il centro remoto per la diffusione dell’informazione scientifica sia per la Protezione Civile che per tutti gli operatori di soccorso (Vigili del Fuoco, associazioni di volontariato, Forze dell’Ordine, Esercito, ecc) impegnati nell’emergenza, i dipendenti delle amministrazioni locali e degli uffici pubblici e soprattutto per la popolazione colpita dall’evento. In questo lavoro, viene presentata la progettazione e la realizzazione del COES e alcune sue applicazioni in eventi simulati di diversa entità prima della sua utilizzazione in una reale emergenza sismica (terremoto de L’Aquila, 6 aprile 2009)

    Progetto NERIES: analisi preliminare dei dati della prima campagna OBS nello Ionio meridionale

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    La definizione di un modello crostale per l’area dello Ionio è di fondamentale importanza per la comprensione dell’evoluzione geodinamica del Mediterraneo. Anche se quasi tutti gli autori concordano nel ritenere la crosta del Mar Ionio assimilabile a una crosta oceanica matura (De Voogd et al., 1992, Catalano et al., 2001; Finetti e Del Ben, 2005; Argnani, 2005), esistono tuttavia ipotesi alternative (Farrugia and Panza, 1981; Ismail-Zadeh et al., 1998..) e rimangono da chiarire alcuni aspetti di questa struttura litosferica. L’area ionica è una delle regioni del Mediterraneo con maggiore attività sismica, in passato interessata da numerosi eventi di elevata intensità seguiti a volte da tsunami (Vannucci et al., 2004; Tinti et al. 2004). L’attività sismica è in gran parte localizzata lungo gli archi Ellenico, Egeo e Calabro, la Sicilia orientale e la scarpata Ibleo-Maltese. La sismicità del bacino ionico è in parte sconosciuta a causa della mancanza di stazioni sismiche sottomarine offshore. Per lo stesso motivo attualmente non esiste per l’area in esame alcuna tomografia sismica passiva con adeguata risoluzione. Per meglio caratterizzare la sismicità dello Ionio e raccogliere una quantità di dati sufficiente a costruire un robusto modello di velocità, nel maggio 2007, nell’ambito delle attività di monitoraggio realizzate in collaborazione con il Dipartimento di Protezione Civile (DPC) e in seno al progetto europeo NERIES (attività NA6), l’OBS Lab di Gibilmanna del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV, ha deposto tre Ocean Bottom Seismometers (OBS) nello Ionio meridionale a profondità comprese tra 3500- 4000m. Gli strumenti deposti sono stati realizzati presso l’Osservatorio di Gibilmanna e sono stati equipaggiati con sismometri Nanometrics Trillium 120P installati su basi autolivellanti della Nautilus e con sensori di pressione differenziali (DPG) con banda passante compresa tra 200s e 2Hz. I segnali provenienti dai due sensori sono sti acquisiti da un data logger a 21 bit (SEND Geolon MLS) ad una frequenza di campionamento di 100Hz Gli OBS A1 e A3 sono stati recuperati con successo il 2 febbraio 2008 mentre l’OBS A2 è stato recuperato il 15 marzo 2008 ed è stato sostituito da un altro OBS per completare il monitoraggio di lunga durata (sino a maggio 2010) previsto dal progetto NERIES. L’array di OBS ha registrato per nove mesi i segnali sismici dal fondo dello Ionio. Mentre per l’OBS A1 sia il DPG che il sismometro hanno funzionato correttamente, per gli OBS A2 e A3, a causa di problemi nel livellamento dei sensori sismici e alla loro bassa tolleranza del tilt dinamico di appena +- 0.2°, i dati provenienti dai sismometri sono risultati inutilizzabili. Durante l’esperimento l’array di OBS ha registrato oltre 450 eventi: sono stati individuati circa 90 telesismi, 250 eventi regionali registrati anche dalle reti sismiche a terra e oltre 100 eventi non localizzati. La Fig. 2 mostra la distribuzione degli epicentri dei telesismi e degli eventi regionali. Gli eventi sono stati localizzati dall’INGV, dall’EMSC, dall’USGS e dalla rete sismica nazionale greca e riportati nei rispettivi bollettini sismici. La Fig. 3 mostra l’evento sismico del 12 settembre 2007 con epicentro a Sumatra di Ms = 8.5. Sui sismogrammi sono facilmente individuabili diverse fasi di onde di volume e di superficie sia sul segnale di pressione che sui segnali di velocità. Per un’accurata localizzazione degli eventi locali è necessaria la conoscenza di un modello ottimale di velocità delle onde P ed S per l’area in esame. Per definire un modello 1D di velocità delle onde P per l’area ionica, abbiamo invertito i tempi di arrivo delle prime fasi P degli eventi regionali registrati. Dell’intero dataset sono stati scelti solamente gli eventi con RMS di residuo inferiore a 0.3s e errore di localizzazione standard minore di 3.0 km. Sulla base delle informazioni attualmente disponibili per l’area del bacino ionico e delle aree circostanti, sono stati inoltre scartati gli eventi con ipocentro superficiale in aree intensamente deformate; per queste aree sono state selezionati solo gli eventi con profondità ipocentrale superiore a 20 km. Il dataset finale è composto da 67 eventi regionali con un totale di 175 fasi P individuate. Il problema diretto di tracciamento del raggio dalla sorgente alla stazione è stato risolto in maniera analitica per i raggi rifratti e tramite il metodo dello “shooting” per le onde dirette. Nella soluzione del problema diretto è stata considerata anche la profondità delle stazioni. Generalmente nell’identificazione di un modello 1D di velocità ottimale sono invertiti simultaneamente sia i parametri ipocentrali che i parametri del modello crostale utilizzando un “misfit” globale come misura della bontà dell’inversione. Tuttavia, poiché gli eventi regionali sono stati localizzati da stazioni a terra, sono stati invertiti solo i parametri del modello di velocità. Dato che il problema inverso è di natura non lineare, la soluzione è stata ottenuta iterativamente. Fattore critico nel processo di inversione è la scelta di un adeguato modello iniziale di velocità. Il modello iniziale utilizzato nell’inversione è quello proposto da Finetti e Del Ben (2005). Questo modello crostale è costituto da 6 strati su crosta oceanica a profondità di 13.7 km. Nella procedura di inversione abbiamo fissato solamente il numero di strati e invertito la velocità e gli spessori. Il modello 1D di velocità delle onde S è stato ottenuto applicando due metodologie di indagine geofisica complementari: l'inversione delle curve di dispersione delle onde di superficie e delle receiver function. Le curve di dispersione sono state ottenute tramite l’analisi FTAN (Dziewonski et al., 1969) e invertite imponendo lo stesso numero di strati del modello di velocità delle onde P. I risultati ottenuti sono stati comparati con i modelli ricavati da un'inversione indipendente delle Receiver Function telesismiche ottenute per la stazione A1. L’inversione congiunta dei tempi di viaggio e delle curve di dispersione ha permesso di definire un unico modello 1D di velocità. Tale modello sarà utilizzato per localizzare gli eventi locali. Il modello ottenuto e i risultati della localizzazione saranno esposti durante il convegno

    Surgical management of complex ileocolonic Crohn’s disease: a survey of IBD colorectal surgeons to assess variability in operative strategy

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    Cirurgia colorectal; Malaltia de Crohn; Resecció ileocecalCirugía colorrectal; Enfermedad de Crohn; Resección ileocecalColorectal surgery; Crohn’s disease; Ileocaecal resectionIntroduction To explore the reported variability in the surgical management of ileocolonic Crohn’ s disease and identify areas of standard practice, we present this study which aims to assess how different colorectal surgeons with a subspecialty interest in inflammatory bowel disease (IBD) surgery may act in different clinical scenarios of ileocolonic Crohn’s disease. Methods Anonymous videos demonstrating the small bowel walkthrough and anonymised patients’ clinical data, imaging and pathological findings were distributed to the surgeons using an electronic tool. Surgeons answered on operative strategy, bowel resections, management of small bowel mesentery, type of anastomosis and use of stomas. Results Eight small bowel walkthrough videos were registered and 12 assessors completed the survey with a questionnaire completion rate of 87.5%. There was 87.7% agreement in the need to perform an ileocolonic resection. However, the agreement for the need to perform associated surgical procedures such as strictureplasties or further bowel resections was only 57.4%. When an anastomosis was fashioned, the side to side configuration was the most commonly used. The preferred management of the mesentery was dissection close to the bowel. Conclusions The decision on the main procedure to be performed had a high agreement amongst the different assessors, but the treatment of multifocal disease was highly controversial, with low agreement on the need for associated procedures to treat internal fistulae and the use of strictureplasties. At the same time, there was significant heterogeneity in the decision on when to anastomose and when to fashion an ileostomy

    Article influence of the casein composite genotype on milk quality and coagulation properties in the endangered agerolese cattle breed

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    The aim of this study was the characterization of CSN1S1, CSN2 and CSN3 genetic variability in Agerolese cattle, and the investigation of the effect of casein composite genotypes (CSN1S1, CSN2 and CSN3) on quality and coagulation traits of the corresponding milk. To these purposes, blood and milk from 84 cows were sampled and analysed. Allele frequencies at CSN2 and CSN3 revealed no Hardy–Weinberg equilibrium in the population with a prevalence of allele A2 for CSN2 and allele B for CSN3. BBA1A2AB and BBA2A2AB composite genotypes were the most common in the population. BBA1A2AB showed a higher total solids and fat content (12.70 ± 0.16 and 3.93 ± 0.10, respectively), while BBA2A2BB showed the best coagulation properties (RCT 12.62 ± 0.81; k20 5.84 ± 0.37; a30 23.72 ± 1.10). Interestingly, the A2 allele of CSN2 was very widespread in the population; thus, it will be intriguing to verify if A2A2 Agerolese cattle milk and the derived cheese may have better nutraceutical characteristics

    Camelina sativa (L. Crantz) Fresh Forage Productive Performance and Quality at Different Vegetative Stages: Effects of Dietary Supplementation in Ionica Goats on Milk Quality

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    The research meant to study the productive performances of Camelina sativa and the effects of feeding Camelina fresh forage harvested during five phenological stages (I: main stem elongation; II: maximum stem elongation: III: inflorescence appearance; IV: flowering; V: fruit set visible) on the yield, chemical composition and fatty acid profile of milk from autochthonous Ionica goats. Goats were randomly assigned to two groups (n = 15) that received a traditional forage mixture (Control) or Camelina forage harvested at different stages (CAM). The field experiment was conducted in two years; no significant differences between years were recorded for any of the Camelina production traits. The total biomass increased (p < 0.05) from phase I (1.4 t/ha) to phase V (5.2 t/ha). The distribution of stem, leaves and pod also changed during growth, showing a significant increase of stem from 40.8 to 45.6% and of pod from 0 to 19.4%, whereas leaves decreased from 59.2 to 35.1%. The milk yield and chemical composition were unaffected by the diet, while supplementation with Camelina forage increased milk CLA content (on average 1.14 vs. 0.78%). A markedly higher concentration of PUFAs was found in milk from goats fed Camelina harvested during the last three phenological stages. The index of thrombogenicity of milk from the CAM fed goats was significantly lower compared to the control group. In conclusion, Camelina sativa is a multi-purpose crop that may be successfully cultivated in Southern Italy regions and used as fresh forage for goat feeding. Milk obtained from Camelina fed goats showed satisfactory chemical and fatty acid composition, with potential benefits for human health

    Dietary supplementation with camelina sativa (L. crantz) forage in autochthonous ionica goats: Effects on milk and caciotta cheese chemical, fatty acid composition and sensory properties

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    The research studied the effects of dietary supplementation with Camelina sativa fresh forage on the chemical and fatty acid composition of milk and Caciotta cheese, and its sensory properties. Twenty Ionica goats were randomly assigned to the following two groups (n = 10): the control received a traditional forage mixture (Avena sativa, 70%; Vicia sativa, 20%; Trifolium spp., 10%), while the experimental group was given Camelina sativa fresh forage (CAM). All of the dams grazed on pasture and received a commercial feed (500 g/head/day) at housing. The milk from the CAM group showed a higher (p < 0.05) content of dry matter, fat, lactose and concentrations of C6:0, C11:0, C14:0, C18:2 n-6, CLA and PUFA, while lower (p < 0.05) amounts of C12:0, C18:0 and saturated long chain FA (SLCFA). The Caciotta cheese from the CAM group showed a greater (p < 0.05) content of n-6 FA and n-6/n-3 ratio, although close to four, thus resulting adequate under the nutritional point of view. The overall liking, odour, taste, hardness, solubility and “goaty” flavour were better (p < 0.05) in the CAM cheeses. Further investigation would be advisable in order to evaluate the effect of feeding Camelina forage obtained from different phenological stages, and the application of ensiling techniques
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