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    Il principe Giovanni Torlonia (1873-1938) e il culto del pittoresco. Architetture e paesaggi d’acque nella tenuta di Porto a Fiumicino

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    La ricostruzione della storia novecentesca delle tenute romane di un importante e peculiare committente come il principe Giovanni Torlonia (1873-1938) del ramo Borghese ha consentito di analizzare nel dettaglio le fasi delle trasformazioni otto-novecentesche dell’esteso territorio rurale di Roma, caratterizzato da una serie di rilevanti siti archeologici. Nel corso della prima metà del Novecento si assistette all’epocale passaggio da un’immagine di “Campagna”, contraddistinta da una serie di paesaggi arretrati ma pittoreschi, ad un’altra di “Agro” legato ad una nuova idea di spazio agricolo industrializzato. Ripercorrere la storia delle opere artistiche, architettoniche ed edilizie commissionate da Giovanni Torlonia in un arco temporale compreso tra gli ultimi anni dell’Ottocento e il primo Trentennio del Novecento ha significato delineare il profilo di una figura poliedrica di aristocratico cripto-architetto che, sull’illustre esempio del nonno materno Alessandro (1800-1886), ebbe il merito di coinvolgere nella riorganizzazione delle sue tenute una vasta gamma di figure professionali, rappresentate da architetti, ingegneri idraulici, costruttori e agronomi. Questo studio ha avuto il suo avvio dalla ricostruzione della consistenza delle proprietà Torlonia agli inizi del Novecento nel momento in cui queste furono ereditate dal principe Giovanni: ne è emerso un insieme numerosissimo di tenute, comprese tra il Suburbio romano e il territorio bolognese, all’interno del quale spiccarono per l’importantissima presenza di siti archeologici e naturalistici le tenute romane-laziali dell’Appia Antica, della Caffarella, di Roma Vecchia, di Ceri, di Castel Gandolfo e di Porto a Fiumicino. Proprio quest’ultimo contesto, contraddistinto dalla bonifica novecentesca del “Lago” di Traiano, in epoca romana porto di Roma imperiale, ha costituito il paradigmatico esempio dell’attuazione di un “programma” innovativo, basato sul principio della “riconversione” industriale di un paesaggio rurale, fino a poco tempo prima inospitale e malarico, in nuovo spazio per il lavoro e il confortevole abitare colonico. La ricostruzione storica delle trasformazioni della tenuta di Porto è stata l’occasione per analizzare un esteso campionario di progetti edilizi, predisposti dall’architetto Lorenzo Corrado Cesanelli e dagli ingegneri dell’Amministrazione Torlonia. Il risultato ottenuto dal principe Torlonia consistette nella fondazione di un nuovo ed efficiente insediamento agricolo, sviluppato lungo la via Portuense, all’interno del quale la Villa di Porto, affacciata sul “Lago” di Traiano, e la moderna Casetta dell’Isolotto, situata nel Litorale di Fiumicino, costituivano per il Principe le sue residenze predilette. Nella tenuta di Porto l’immagine degli antichi ruderi delle strutture portuali, non più abbinati ad un romantico ed ostile paesaggio lacustre, grazie al loro rinnovato valore di “memoria”, divennero per la stessa ideologia fascista “incoraggiamento” per l’auspicata riattivazione di una nuova infrastruttura portuale sul Litorale romano. Lo studio delinea le più recenti vicende di questo territorio, pesantemente trasformato nella seconda metà del Novecento dal nuovo Aeroporto Intercontinentale Leonardo da Vinci. All’interno dell’odierno paesaggio conurbato di Fiumicino il “Lago” di Traiano con l'adiacente "Oasi di Porto" rappresenta un “brano” superstite di quello che un tempo era l’esteso e pittoresco Agro Portuense, esaltato da Goffredo Filibeck e Giuseppe Lugli nel loro studio pubblicato nel 1935

    Appendice documentaria su Ramberto Malatesta

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    Scale e risalite nella Storia della Costruzione in età Moderna e Contemporanea

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    Il tema delle scale (e delle loro controparti contemporanee, quali scale mobili, ascensori, rampe), affrontato alle sue radici dall’indimenticato convegno internazionale che si svolse a Tours nel 1979 (edito in “L’escalier dans l’architecture de la Renaissance”, Picard 1985), poi dal più recente “L’Escalier en Europe 1450-1800. Formes, Fonctions, Décors” (dir. Gady, 2016), vuole essere approfondito, secondo la logica del cantiere e delle tecniche, dall’età moderna a quella contemporanea, in questo secondo volume dei Quaderni di Storia della Costruzione edito dal Construction History Research Center del Politecnico di Torino. Il volume in oggetto prende le sue mosse dalla due giornate di studi sul tema di “Scale e risalite nella Storia della Costruzione in età Moderna e Contemporanea” (Politecnico di Torino, 17-18 febbraio 2022) e qui mette a sistema ricerche che riguardano la costruzione delle scale attraverso un più ampio respiro a livello nazionale ed internazionale: dalla presentazione di singoli casi - eccezionali o anche ordinari - analizzati nella loro consistenza costruttiva, all’analisi di tipi costruttivi ripetuti, quali le scale palladiane o le “geometric staircases”; dal rapporto tra scale e risalite e l’uso di determinati materiali (la pietra, il ferro, il cemento armato, etc), alle conseguenze costruttive dell’impiego di determinate forme. Nel volume si portano inoltre all’attenzione sistemi storici di calcolo, verifica ed evoluzioni normative nel rapporto che questi hanno avuto con le pratiche del costruire. La “fine della scala” e la sua sostituzione, o il suo affiancamento con altri sistemi di risalita – con ciò che comporta in termini di macchinari e impianti, in una prospettiva storica - è un altro tema suscettibile di esplorazioni in questo volume

    Le Alpi in movimento

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    Seguendo gli itinerari di altri emigranti originari dei baliaggi svizzeri a sud delle Alpi, che si dirigevano verso centri del Sacro Romano Impero Germanico, a inizio Settecento membri del casato Pedrazzini di Campo Vallemaggia si spinsero fino nella città di Kassel, dove fondarono un negozio di prodotti coloniali. Sotto l’insegna «Gaspard Pedrazzini & Fils» nacque così un’attività imprenditoriale di successo destinata a durare per più di un secolo fino agli anni 1830. L’indagine sulle vicende dei mercanti migranti si basa sullo spoglio di un ricco archivio familiare, un unicum nel panorama alpino, la cui documentazione inedita è composta soprattutto da corrispondenza. Le fonti attestano come per i Pedrazzini il villaggio alpino e il centro di emigrazione non costituissero due momenti separati, bensì due poli interdipendenti di un unico sistema. La reputazione e l’agiatezza raggiunte a Kassel andarono infatti a confermare nel tempo la loro appartenenza alla comunità natia, dove essi assunsero un ruolo di peso quali esponenti del notabilato locale, divenendo interlocutori rispettati dalle autorità balivali ed elvetiche. I loro possedimenti nei baliaggi sudalpini, la rete creditizia, il mecenatismo, le caratteristiche del loro insediamento a Campo con l’edificazione delle imponenti dimore gentilizie, sono tutti indizi di un investimento considerevole nel luogo d’origine. Da tale radicamento trasse a sua volta slancio e vigore l’avventura imprenditoriale dei Pedrazzini nella città tedesca, in un continuo interscambio che invita a riconsiderare l’opposizione tra mobilità e appartenenza

    “Atti & Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino”, numero monografico Dalla città storica alla struttura storica della città. Studi in onore di Vera Comoli (1935-2006), a. 151, n.s. LXXII, 1, giugno 2018

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    Il volume raccoglie gli studi presentati in occasione del Convegno Internazionale del 17-18 novembre 2016, promosso dal Politecnico di Torino, Dipartimento di Architettura e Design e Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio, con il patrocinio del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, dell'Associazione Italiana di Storia Urbana e dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Torino. In sede di edizione, le relazioni presentate sono state ampliate e sono stati raccolti ulteriori studi e testimonianze, che vanno a definire un panorama più ampio dei temi di ricerca sviluppati da Vera Comoli nella sua attività. Segreteria scientifica: Annalisa Dameri, Andrea Longhi Segreteria di redazione: Elena Greco, Federica Stella La pubblicazione del fascicolo è resa possibile grazie al contributo economico del Politecnico di Torin

    Accademia Albertina delle belle arti di Torino. Vincoli culturali e materiale didattico ad uso degli studenti della scuola di Alessandro Antonelli (1842 – 1855)

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    La tesi di dottorato è incentrata sull’analisi del materiale didattico utilizzato nell’insegnamento dell’Architettura, dell’Ornato e della Prospettiva all’Accademia Albertina tra il 1842 e il 1855, quando Alessandro Antonelli tenne il suo insegnamento, e alle relazioni intercorse tra le numerose personalità che favorirono l’incremento del patrimonio. La ricerca d’archivio ha messo in luce un corpus di dati pressoché inediti, e insieme un ventaglio di pratiche culturali, artistiche e architettoniche del periodo che stimolano ulteriori indagini e approfondimenti e contribuiscono a valorizzare un patrimonio storico e artistico, ancora conservato all’Albertina, ma a forte rischio di depauperamento. L’indagine si è basata sulla lettura incrociata del fondo didattico grafico, bibliografico e storico-artistico, attualmente disponibile in Accademia, con i documenti dell’archivio storico in parte conservati in sede e in parte presso l’Archivio di Stato di Torino, al fine di contestualizzare i dati emersi nel complesso e variegato quadro dell’Ottocento piemontese, in piena trasformazione urbana dall’epoca moderna a quella contemporanea. Si sono indagate come metro di paragone altre realtà accademiche, in particolare quelle di Milano e Roma, di cui resta testimonianza degli scambi culturali con l’ambiente piemontese. La documentazione ha consentito di far emergere quelle figure professionali raramente incluse nella storia ufficiale, veicoli indispensabili per l’analisi della cultura materiale, in questo caso della didattica accademica, ossia un mondo eterogeneo costituito da artigiani, collaboratori e fornitori che gravitavano intorno all’istituzione rendendone operosa l’attività e attivandone i cambiamenti di rotta del gusto oltre a incrementarne il patrimonio storico artistico. Le fonti inventariali dell’Accademia hanno consentito di approfondire il ruolo di Alessandro Antonelli come docente dell’istituzione formativa, anche tramite la ricostruzione del materiale didattico presente nella sua aula, che aiuta a ricomporre l’ambiente culturale e il carattere interdisciplinare del suo insegnamento. L’esercizio della didattica dell’architettura da parte di Antonelli ampia così il tradizionale ruolo di geniale costruttore che finora ha prevalso nell’interpretazione storiografica della sua figura. La centralità delle fonti archivistiche individuate, a oggi quasi totalmente inedite, ha consentito di individuare quel tassello fondamentale mancante per una precisa ricostruzione delle modalità formative di una cultura architettonica e dei suoi riferimenti storici. Un limite intrinseco delle fonti utilizzate è costituito dalla completa assenza delle opere degli allievi premiati (presenti invece in quasi tutte le altre realtà accademiche italiane), opere che avrebbero consentito di comprendere maggiormente la metodologia d’insegnamento impiegata da Antonelli e gli esiti sul piano dell’esercizio professionale da parte dei suoi allievi. Se non è stato possibile indagare dettagliatamente il destino dei suoi allievi e dunque le ricadute sul territorio del suo insegnamento, i fondi archivistici hanno restituito almeno un documento che attesta la proposta antonelliana di costituire una Scuola Superiore di Architettura presso l’Accademia Albertina, tassello da non sottovalutare nelle future indagini, ad esempio nel paragone con le attività della cattedra di Architettura tenuta simultaneamente da Carlo Promis all’Università di Torino, premessa della vicenda politecnica

    Pen-Workers. Women and Educational-literary Production between the 19th and 20th Centuries

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    La ricerca indaga la presenza e l’opera di scrittrici italiane minori e poco visibili nel canone della scrittura educativo-letteraria fra Otto e Novecento, con una produzione editoriale letteraria rivolta alle scuole o ad un pubblico prevalentemente femminile. Essa si articola in tre parti, più una sezione introduttiva, in cui vengono analizzati i dati relativi a un campione di 277 autrici (definite scolastiche, non scolastiche, miste) preso come significativo di una realtà diffusa a livello nazionale. Nella prima parte della ricerca, dal titolo “Le idee”, si evidenziano le diverse posizioni teoriche di alcune docenti all’interno della “questione femminile” nel corso dell’Ottocento, seguendo l’evoluzione delle teorie dell’educazione femminile che procedono di pari passo con il dibattito per l’allargamento dei diritti civili alle donne, e che ha il suo punto di maggiore avanzamento nel Congresso Nazionale delle Donne di Roma del 1908. Nella seconda parte, “I testi”, vengono esaminati alcuni manuali scolastici (come quelli di Colombini, Pozzoli, Morandi, Vertua, Baccini), dal punto di vista letterario e di pratiche paratestuali, fra cui le dediche, che valorizzano genealogie femminili. Nella terza parte, “Le reti”, si analizzano tre esempi di progettazione e coordinamento di opere femminili in rete (da Gualberta Beccari, Emma Tettoni, Emma Boghen Conigliani). La metodologia gender sensitive ha seguito un percorso indiziario, volto al reperimento di documenti, come lettere, opuscoli, conferenze, discorsi, recite scolastiche, saggi letterari poiché, secondo le indicazioni delle Annales (Aries, Duby, Lett, Ginzburg), riprese dalla storiografia dell’educazione, è importante partire nella ricerca proprio dalle micronarrazioni, dalle microstorie, dall’irrompere del quotidiano e delle vite ordinarie femminili nella grande storia politica, come in una black box of schooling, con una motivazione etica e democratica, mirata a uno spostamento di sguardo sulle dimensioni territoriali, locali, sulle omissioni e sulla rilevanza delle fonti e delle testimonianze private nella grande storia e nella storia sociale.This research focuses the presence and work of minor Italian women writers in the canon of literary-educational writing between the 19th and the 20th centuries, whose publications were meant for schools or for a female readership. Our study is divided into three parts, plus an introductory section in which the data relative to a sample of 227 women authors is analyzed. The writers are defined as educational, non- educational and mixed, and the sample is taken as representative of the wider national reality. In the first part, entitled “Ideas”, we follow the theoretical positions about the “Woman Question” during the 19th century, as well the theories of female education, whose moment of greatest progress was The Congresso Nazionale delle Donne in Rome in 1908. In the second part, “Texts”, famous schoolbooks (Colombini’s, Pozzoli’s, Morandi’s, Vertua’s, Baccini’s one), are examinated in order from literary standpoint and para-textual practices, such as dedications, which highlight female historical or literary genealogies. In the third part, entitled “Networks”, attention is given to three examples of networking, those projects and coordination of works were achieved by women (Gualberta Beccari, Emma Tettoni, Emma Boghen Conigliani). The gender sensitive methodology has followed a trail of clues aimed at locating documents such as letters, pamphlets, lectures and speeches, school recitals and literary essays since, according to the indications of the Annales (Aries, Duby, Lett, Ginzburg), influential in the historiography of education, it is important for research to start from micro-narrations, micro-stories, from when the everyday ordinary lives of women break into political history at large, as in a black box of schooling, with an ethical and democratic intent aimed at redirecting our attention to the local and territorial dimensions, to omissions and to the importance of private sources and testimonies in political and in social history

    Le testimonianze sui campi di prigionia di Rastatt e di Ellwangen

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    L'articolo offre un'analisi comparata di due campi di prigionia austrotedesca nella prima guerra mondiale, tra loro molto diversi. Quello di Rastatt, considerato uno dei peggiori, e quello di Ellwangen, che garantiva condizioni di prigionia migliori. All'interno, un gesto di ribellione di un giovane ufficiale italiano, Felice Guarneri (che sarà nella seconda metà degli anni Trenta uno dei più longevi ministri di Mussolini), assolto dal tribunale militare tedesco; e la storia del giornale "Italia", redatto dai prigionieri del campo di Ellwangen
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