Rivoluzioni Molecolari (E-Journal)
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Ricoeur, ermeneutica e «dialectique brisée». Una ipotesi di ricerca
L\u27articolo contiene un\u27ipotesi di ricerca intorno al concetto di dialettica in Ricoeur e, sulla base di una rapida ricostruzione del percorso di pensiero del filosofo francese, invita all\u27interrogazione del rapporto tra ermeneutica e filosofia hegeliana
Ermeneutica del tradurre: alcune osservazioni su traduzione, interpretazione, improvvisazione
Ermeneutica del tradurre: alcune osservazioni su traduzione, interpretazione, improvvisazione. Il presente contributo mira a offrire alcune osservazioni sul processo del tradurre a partire da una prospettiva ermeneutica in senso ampio. Prendendo le mosse dalla mia esperienza personale come traduttore di alcuni libri di filosofia dall’inglese o dal tedesco all’italiano, e basandomi sulle considerazioni di Franco Volpi, Hans-Georg Gadamer e Walter Benjamin su una pratica così particolare e, per così dire, così delicata come quella del tradurre, esamino in primo luogo la natura complessa del processo di traduzione, nel suo affascinante oscillare fra poli apparentemente opposti ma in realtà vicendevolmente collegati fra loro come fedeltà e libertà, identità e alterità, familiarità ed estraneità, ecc. A partire da ciò, prendo in esame la questione del ruolo giocato in ogni forma di traduzione (compresa quella di testi filosofici o poetici) dalla componente interpretativa che, seguendo liberamente alcuni spunti derivanti da autori diversi fra loro come Gadamer, Willard Van Orman Quine e Donald Davidson, sembra essere presente nel processo del tradurre. Ciò si rivela essere particolarmente importante al fine di sottolineare il carattere costitutivamente “imperfetto”, “incompleto” e “indeterminato” (ovvero, non assolutamente perfetto o completo, non pienamente determinato e univoco, bensì aperto e plurale come tutte le esperienze e le prassi che sono proprie di creature limitate e finite come gli esseri umani) del tradurre: il che, tuttavia, non deve essere inteso come una carenza o una lacuna, bensì come una ricchezza e una potenziale fonte di costante miglioramento. Infine, seguendo alcune osservazioni di Ludwig Wittgenstein sui “giochi linguistici” e le “forme di vita”, suggerisco di intendere la traduzione come una prassi umana che, in quanto tale, presuppone certamente la conoscenza e la padronanza di un insieme ben definito di regole ma non è mai interamente riducibile a queste ultime, dal momento che l’uso corretto delle regole presuppone il possesso di capacità che non possono essere acquisite grazie a ulteriori regole ma che derivano piuttosto da esperienza, pratica, know how, sensibilità e un certo indefinibile tatto che deve guidare il bravo traduttore in un modo per certi versi simile (ancorché ovviamente non identico) al bravo improvvisatore, come esemplificato magnificamente dai grandi jazzisti. Parole-chiave: Ermeneutica, Gadamer, Traduzione, Interpretazione, Improvvisazione. *** Hermeneutics of Translating: Some Observations on Translation, Interpretation, Improvisation. This paper aims to offer some observations on the translation process from a broadly understood hermeneutical perspective. Starting from my own experience as translator of philosophical books from German or English into Italian, and relying on observations on this particular and, so to speak, delicate human practice offered by Franco Volpi (one of the main Italian translators of Heidegger’s works), Hans-Georg Gadamer and Walter Benjamin, I first highlight the complex nature of the translation process, fascinatingly oscillating between such seemingly opposite but actually mutually related poles as fidelity and freedom, identity and otherness, familiarity and foreignness, etc. On this basis, I then examine the question of the role played in all forms of translation (including the translation of a philosophical or a poetic text) by the component of interpretation that, freely following intellectual suggestions deriving from such different authors as Gadamer, Willard Van Orman Quine and Donald Davidson, is apparently present in the translation process. This especially proves to be important in order to emphasize the constitutively “imperfect”, “incomplete” and “indeterminate” (i.e. not absolutely perfect or complete, not fully determinate and univocal, but rather open and plural like all the experiences and practices of such limited and finite beings as the human beings) nature of translation: that which, however, must not be conceived of as a lack or a deficiency, but rather as a richness and a potential source of constant improvement. Finally, inspired by some remarks of Ludwig Wittgenstein on “language games” and “forms of life”, I suggest to understand translation as a human practice that, as such, surely presupposes the knowledge and mastery of a definite set of rules but is never merely reducible to the latter, since the correct use or application of the rules presupposes capacities that cannot be acquired thanks to other rules but rather derive from experience, practice, know how, sensitivity and a certain indefinable tact that must guide the good translator in a similar way (although surely not identical way) as the good improviser, as masterfully exemplified by great jazz musicians. Keywords: Hermeneutics, Gadamer, Translation, Interpretation, Improvisation
L’enigma dell’arte tra iterabilità e unicità. L’ermeneutica gadameriana di fronte alla modernità
Il presente articolo si concentra sul rapporto tra ermeneutica gadameriana e modernità partendo dal peculiare punto di vista dell’arte. Contrariamente alle letture che ne fanno una teoria antimoderna, l’obiettivo è sottolineare la capacità della filosofia di Gadamer di confrontarsi con il mondo contemporaneo, il quale ha nella tecnica una delle peculiarità più evidenti. In primo luogo, per comprendere la portata innovativa del pensiero di Gadamer viene mostrata l’autonomia che egli matura rispetto a Heidegger in relazione al rapporto con la tradizione, diversità che si riverbera nel modo di concepire la modernità. Per Gadamer quest’ultima non è il frutto di un processo di Seinsvergessenheit ma di un rapporto dialogico con il passato. Da questo punto di vista, la tecnica gode pertanto di una propria legittimità, a patto di non porsi come orizzonte totalizzante, ma di comprendere se stessa nel più ampio contesto della prassi umana: ciò emerge in modo emblematico dalla lettura del fenomeno artistico. Il saggio prosegue, in secondo luogo, a mostrare come, accanto a una lettura plotiniana del fenomeno artistico in quanto emanazione della verità, emerga una concezione dell’arte, in particolare della poesia, come ripetizione di ciò che è al contempo unico e irripetibile. L’enigma dell’arte consiste nella sua capacità di costituire un evento singolare che al contempo parla agli spettatori di ogni epoca. Proprio questa concezione dell’arte consente di apprezzare l’attualità dell’ermeneutica, capace di confrontarsi con la questione del ruolo dell’arte oggi: il paradigma della ripetizione permette infatti a Gadamer di esprimere la dimensione comunitaria e temporale che caratterizza intrinsecamente l’arte. Infine, tale lettura del fenomeno artistico consente di mostrare la capacità dell’ermeneutica non solo di rapportarsi alle nuove tecnologie, ma anche di ripensare il rapporto tra tecnica e comunità. Proprio a partire dal pensiero di Gadamer è possibile un confronto sia con il momento della phronesis sia con quello della techne. Emergono così le conseguenze etico-politiche della filosofia gadameriana, in particolare in relazione all’emblematica concezione del poeta come uno dei tanti lettori dell’opera al pari dell’interprete. Secondo questo rispetto si può apprezzare il carattere comunitario e democratico che anima nel profondo l’ermeneutica.The Enigma of Art between Iterability and Uniqueness. Gadamer’s Hermeneutics Facing ModernityKey Words: Hermeneutics, Gadamer, Aesthetics, Art, ModernityThis paper aims to investigate the relation between Gadamer’s hermeneutics and modernity, focusing on his doctrine of artistic experience in order to show a new possible reading of his thought that frees him from the accusations of anti-modernism. First, the author highlights the differences between Heidegger’s and Gadamer’s conceptions of tradition and modernity. The former understands modernity (and technology in particular) as the result of a destinal Seinsvergessenheit. The latter, on the other hand, conceives it as an interrupted dialogue with the tradition.Then the paper underlines the peculiarity of Gadamer’s conception of art: besides the well-known emanative paradigm, he develops the idea of art as intrinsic iterability, capable of accounting for the interaction between art and the new technologies. After this analysis, the author shows that, far from being anti-modern, Gadamer’s position is actually able to give technology its due, as long as the latter is not expected to exhaust the totality of human experience and is rather included within the scope of the phronesis, just like the Aristotelian techne. In conclusion, the reading of art as repetition shows the capacity of hermeneutics to make sense of modernity, as well as its intrinsically communitarian and democratic vocation
L\u27ermeneutica tra musica e diritto
This paper proposes a comparison between legal hermeneutics and hermeneutics of music from a philosophical point of view. In order to examine similarities and differences between interpretation of written laws and intepretation of musical scores, some theoretical conceptions are exploited: Emilio Betti\u27s general classification of intepretation, Hans-Georg Gadamer\u27s idea of hermeneutical representation and application, Roman Ingarden\u27s idea of aesthetical concretization. The linguistic essence of musical intepretations and performances is discussed and criticized.L\u27articolo propone un confronto tra ermeneutica giuridica ed ermeneutica della musica da un punto di vista filosofico. Allo scopo di esaminare somiglianze e differenze tra l\u27interpretazione di leggi scritte e l\u27interpretazione di partiture musicali, vengono utilizzate alcune concezioni teoriche: la classificazione generale dell\u27interpretazione di Emilio Betti, l\u27idea di rappresentazione e applicazione ermeneutica di Hans-Georg Gadamer e l\u27idea di concretizzazione estetica di Roman Ingarden. L\u27essenza linguistica delle interpretazioni e delle esecuzioni musicali è posta in discussione e criticata
Pensare di più, raccontare e dire altrimenti. Un excursus selettivo sulla ricerca fenomenologico-ermeneutica di Paul Ricoeur
L’articolo ripercorre l’avventura di pensiero di Paul Ricoeur inserendola nel contesto vivificante del suo impegno etico e civile, evidenziando lo stretto rapporto tra le principali concettualità che emergono dal suo lavoro di filosofo e le istanze politiche che animarono la sua epoca e che rimandano, riflessivamente, ad un’interrogazione sul nostro presente. Tramite questa chiave di lettura è possibile evidenziare come lo sfondo motivante e significante della filosofia ermeneutica di Ricoeur e del singolare intreccio tra pensiero ed esistenza che la caratterizza sia da rinvenire nell’iniziativa volta all’avvenire di una vita più giusta
Musica assoluta e rumore emancipato
Musical Aura : variations on themes by Walter BenjaminThe essay starts with a reconstruction of the idea of an absolute music bound with the idea of a “pure language” in Benjamin’s first writings, comparing it with the similar ideas of Mallarmé. The analysis will then proceed to the idea of aura in music and technical reproduction, discussing the critiques by Adorno, who has explicitly elaborated the problem of music in the epoque of technical reproducibility as a form of alienation. A focus will be given to the different place jazz music has in the two authors. A brief exposition of changes of paradigm will supply what is somewhat implicit in Adorno’s writings on the subject. A reconstruction of the problems posed by the development of the various form of recording, from piano rolls to vinyl up to modern recording technology, together with the problem of radio and the “regression of hearing” will be followed by an analysis of the possibilities opened by the modern musical theatre with its large-scale use of montage as a composing technique. The last paragraph will propose the idea of Cage’s 4’33’’ as opening a new perspective on the “original hearing”.Keywords: Walter Benjamin, Theodor Adorno, Aura, Contemporary music, Montage
Alcuni cenni sul sistema di consonanze e differenze tra Benjamin e Adorno
This article proposes an analysis of the most relevant differences between the two Germans philosophers, Walter Benjamin and Theodor Adorno.It seems that the roots of all the divergences between the two philosophers is in a different use of the dialectic. For Adorno, in facts, the dialectic is a way through which you can always show the other side, the opposite, inside every analyzed phenomenon, risking sometimes to become abstracted from the historic moment in question. For Benjamin, the dialectic will be instead that movement to apply, starting from and inside the contemporary historical moment, because this gives relevance every time to a certain phenomenon instead of others. The goal will be a dialogue with an infernal present and, once we have found out a way to escape it’s possible to set free from it. It will be remarked, how, from a different dialectic conception corresponds to a different way to look at the aesthetic, its foundations and its citizen\u27s right in the modernity.In conclusion, some connecting lines are traced with the contemporaneity, that involve the actuality of the thought of the two Germans thinkers as well as the ability of being ahead of their time and give other development to their investigations
Giostre, gioco e rivoluzioni. Un\u27indagine su infanzia e materiale in W. Benjamin
In questo articolo l’autore cerca di mettere in luce le correlazioni fra la riflessione intorno all’infanzia di Walter Benjamin e le tematiche della produzione letteraria e filosofica. A partire da alcune recensioni e dai lavori di stampo pedagogico vengono fatti emergere elementi importanti nella riflessione successiva dell’autore, raffrontandoli con gli sviluppi successivi ritrovabili in particolare in Strada a senso unico e in Infanzia berlinese intorno al millenovecento. Attraverso questo percorso viene fatto emergere il peculiare valore filosofico e politico del bambino e dello sguardo che egli rivolge al materiale, all’interno della riflessione filosofica di Benjamin, fino a diventare elemento fondamentale per la comprensione dello sviluppo della peculiare forma di materialismo e di filosofia della storia benjaminiani.La teoria della letteratura per l’infanzia, così come la relazione con il passato tipica del ricordo infantile e la relazione con gli spazi e la materia del bambino, sono visti qui come canali di accesso privilegiati ad una comprensione profonda del problema di una produzione letteraria rivoluzionaria ed in generale del momento messianico di scarto, capace di far saltare il continuum storico. In this article the author tries to highlight the correlations between the reflection of Walter Benjamin about the childhood and the issues of literary and philosophical production. Starting from some reviews and pedagogical works and carrying out the analysis of his subsequent production, such as One-way street and Berlin childhood around 1900, it is possible to understand some important elements of the following production of the author. This analysis shows us the peculiar philosophical and political value of the Child and his sight to the material within the philosophical reflection of Benjamin. This relationship between the Child and the material becomes an important element to understand the development of the Benjamin’s perspective about materialism and philosophy of history.The theory of children’s literature, the connection with the past of childhood memories, as well as the relationship with the space and the material made by children are seen here as a privileged access to a deep comprehension of the problematics of a revolutionary literature production, and in general about the messianic moment of a gap capable of blasting the historical continuum
Avventure dell’alienazione: da Marx alle rivisitazioni contemporanee
Sebbene il concetto di alienazione abbia una storia molto lunga, nella qualele tappe fondamentali sono segnate dal pensiero di filosofi di prima grandezzacome Rousseau, Hegel e Feuerbach, in queste pagine ci limiteremo a riprendere laquestione a partireda Marx, tralasciando di riflettere sul rapporto che lo lega aisuoi grandi predecessori; partiremo da Marx perché il paragone con il suo pensieroci servirà a collocare meglio il lavoro di alcuni studiosi contemporanei che hannocercato di conferire al concetto di alienazione una nuova vitalità, e penso inparticolare a Rahel Jaeggi e Harmut Rosa. L’alienazione di cui ci parlano (in modidiversi l’uno dall’altra) questi autori, ha ancora qualche rapporto con quellamarxiana? Comporta una critica delle tesi del pensatore di Treviri o anche, per altriversi, uno sviluppo di esse
La percezione dell\u27alterità dal gioco della riflessione in W. Benjamin al sentimento del sublime in Th. W. Adorno
L’autore sostiene che le riflessioni estetiche di W. Benjamin e Th. W. Adorno si intrecciano strettamente nella configurazione di una teoria estetica intessuta di categorie estetiche fondamentali quali «gioco» e «sublime». Il saggio intende mostrare la misura in cui tale relazione può essere sostenuta analizzando il fine estetico della teoria dell’esperienza di Benjamin e le personali riflessioni di Adorno sulla sua opera. Il saggio, inoltre, interroga, da un lato, il modo in cui il gioco dialoga sia con l’esperienza della modernità nel XIX secolo, come Benjamin mostra, sia con l’esperienza estetica dell’opera d’arte, come Adorno illustra; dall’altro, appura che il sublime agisce in funzione di istanza oggettiva accorciando la distanza tra il soggetto e l’alterità. Mediante l’analisi del fruttuoso incontro di tali categorie, l’autore afferma che Benjamin e Adorno intraprendono la costituzione di una teoria estetica che abbraccia la decadenza dell’aura, rinnovata dal gioco, e la ricostituzione dell’apparenza, sancita dal sentimento del sublime, riconoscendo la loro comune intenzione. Tale cornice si trova all’interno del ripensamento critico del rapporto tra il soggetto estetico e l’oggettività in quanto traslato nel raffronto tra il gioco, lo sfondo della riflessione soggettiva, ed il sentimento del sublime, che accerta l’intreccio di sensibilità e ragione.The author argues that the aesthetic reflections of Walter Benjamin and Theodor W. Adorno are mutually intertwined as they sketch out an aesthetic theory portrayed by the underlying notions of “play” and “sublime”. The essay shows the extent to which this relationship may be upheld by enquiring into the aesthetic end of Benjamin’s theory of experience and the personal reflections of Adorno on his oeuvre. Further, the essay examines, on the one hand, how play may dialogue both with the modern experience of the XIX century, as Benjamin expounds, and with the aesthetic experience of artworks, as Adorno elucidates, and, on the other hand, establishes that the sublime acts as objective facet by shortening the distance between subject and otherness. By their fruitful encounter, the author claims that Benjamin and Adorno agree on a framework of aesthetic theory encompassing the decadence of aura, renewed by play, and the recovery of appearance, ascertained by the feeling of the sublime, by acknowledging their common purport. This framework is set within a critical reshaping of the interplay between aesthetic subject and objectivity as it hinges on the relationship between play, i.e. the setting of subjective reflection, and the feeling of the sublime, which endorses the intertwinement of sensibility and reason