238 research outputs found

    Innovazione e tradizione nell’architettura del Ventennio a Napoli

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    L’architettura tra le due guerre, per motivazioni più legate ad aspetti ideologici che di critica architettonica, molto spesso ha subito una sorta di non curanza dalla storiografia contemporanea. Oggi, invece, è necessaria una duplice e attenta rilettura di tale periodo: dal punto di vista architettonico con l’analisi delle opere di Luigi Cosenza, del rione Carità - definito il centro direzionale dell’epoca - di Fuorigrotta e della Mostra d’Oltremare, con la realizzazione degli edifici realizzati dalle cooperative diffuse su tutto il territorio urbano,e del rione San Pasquale. Dal punto di vista di impianto urbano tali opere rappresentano un patrimonio che ha segnato il meglio di quanto realizzato a Napoli nel corso del XX secolo. Con questa finalità l’intervento tenterà di percorrere, con i bagagli culturali attuali, un significativo momento caratterizzato tra l’altro dalla nascita della Facoltà di Architettura dell’Università Federico II, una tra le prime d’Italia. La Fondazione della Facoltà di Architettura cade nel periodo di cui ci occupiamo e trae origine dalla Scuola di Architettura – istituita presso l’Accademia di Belle Arti nel 1928 – che consentiva lo svolgimento dei corsi del primo biennio. Nel ’30 venne approvata la convenzione che istituiva a Napoli la R. Scuola Superiore di Architettura, diretta da Alberto Calzabini, la quale nel ’35 divenne Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli e, lasciati i locali che occupava all’Accademia di Belle Arti, si trasferì nella sede di Palazzo Gravina. Tra i primi docenti figurarono lo stesso Calzabini, in qualità di preside, Canino, Ceas, Chiaromonte, Chierici, De Renzi, Giovanardi, Pane e Samonà; tra i primi laureati Amicarelli, Barillà, Cocchia, De Luca, Filo Speziale, Gentile, Sepe. Autori tra l’altro un vasto patrimonio che va studiato, conosciuto ed approfondito per essere tutelato e conservato come esempio rappresentativo dell’architettura moderna a Napoli

    Architettura: accade oggi Scritti brevi tra il 2000 e il 2006

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    Una raccolta di scritti brevi con duplice finalità: interessare la società a quanto oggi l’architettura è coinvolta (o meglio non coinvolta); porre in risalto le opere architettoniche contemporanee e quanto la disciplina può contribuire al miglioramento del tessuto storico urbano con operazioni non necessariamente spettacolari, purché di corretta architettura in un momento in cui il “caso Napoli” continua ad alimentare discorsi politici, sociologici, letterari e giornalistici. Nel volume si tenta altresì di chiarire se l’architettura contemporanea – spesso limitata ad opere spettacolari con la totale esclusione della partecipazione della società - riesce a rappresentare realmente il nostro tempo, così come sarà presentato alle generazioni future. Gli scritti, apparentemente eterogenei, riguardano personaggi, eventi, manifestazioni, l’architettura nel suo farsi, alle diverse scale, per dirla con Gropius «dal cucchiaio alla città»

    La Mostra d’Oltremare nella Napoli occidentale

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    The present work was born with a twofold objective: to go deeper into the knowledge of an urban landmark and, at the same time, to outline a future scenario aligned to its value, starting from a proper recovery of the multiform and valuable architecture that compose it. The deepening arises from the need to study multiple actions and themes: to examine the background project of the Mostra d'Oltremare identified in the new studies, not only in the city debate on a suitable space for exhibitions to be preferably located to the west, but also in authorial preliminary solutions, until now unknown, which have conditioned the final conformation; to highlight the specificity of the single elements of the complex, the survived and the disappeared ones, without limiting the study to the best known and most celebrated cases, but also to the less investigated and difficult to interpret ones, without neglecting the open spaces and the green areas; to deepen also those architectures that cannot be interpreted in the line of modernity but equally emblematic of that phase, therefore worthy of preservation; not limiting attention to the heroic, albeit debatable, phase of the first foundation, but analyzing with the same acumen the subsequent ones, starting with the problematic reconstruction and redefinition of the post-war period; not stopping at the systematic reconnaissance of indirect sources that have not been investigated until now - from the many archives, not only on a city but also on a national scale, to the newspapers and the press of the time - but questioning the same material consistency of the buildings with a scientific method; finally, not focusing only on the past and on the history of the Exhibition and of the single architectures, but projecting it into the future by identifying the best strategies of recovery, restoration and preservation.illustratorIl presente lavoro nasce con un duplice obiettivo: andare più a fondo nella conoscenza di un caposaldo urbano e al tempo stesso contribuire a delineare per esso uno scenario futuro adeguato al suo valore, a partire da un corretto recupero delle multiformi e pregiate architetture che lo compongono. La necessità di approfondimento ha riguardato azioni e temi plurimi: esaminare il retroterra del progetto della Mostra d’Oltremare, individuato nei nuovi studi non soltanto nel dibattito cittadino su un adeguato spazio per le esposizioni da collocarsi preferibilmente ad occidente, ma anche in interessanti e autoriali soluzioni preliminari, finora sconosciute, che hanno condizionato la conformazione definitiva; mettere in luce la specificità dei singoli elementi del complesso, sopravvissuti o scomparsi, senza limitarsi ai casi più noti e celebrati, ma anche a quelli meno indagati e più difficili da interpretare, senza trascurare gli spazi aperti e il verde; approfondire anche quelle architetture non interpretabili nella linea della modernità, e tuttavia ugualmente emblematiche di quella fase, per cui meritevoli di conservazione; non limitare l’attenzione alla fase eroica, ancorché discutibile, della prima fondazione, ma analizzare con la medesima acribia anche quelle successive, a partire dalla problematica ricostruzione e risignificazione del Dopoguerra; non arrestarsi alla pur vasta ricognizione sistematica di fonti indirette finora non indagate – dai tanti archivi, a scala non solo cittadina ma nazionale, ai quotidiani e alla stampa coeva – ma interrogare con metodo scientifico le stesse consistenze materiali degli edifici; infine, non direzionare lo sguardo solo sul passato e sulla storia della Mostra e delle singole architetture, ma proiettarlo sul futuro individuando le migliori strategie di recupero, restauro e conservazione

    Cinematografia e paesaggio/ Cinematography and Landscape

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    L’esperienza maturata nel settembre 2017 a Cortona nell’ambito del Workshop organizzato da Bianca Gioia Marino nella Fortezza di Girifalco, è stata particolarmente proficua e interessante. Le motivazioni vanno ricercate in una serie di fattori: il primo riguarda il rapporto con il paesaggio toscano e, segnatamente, con quello della Val di Chiana, per le valenze di carattere naturale, per il valore della sua architettura stratificata - che spazia da quella rurale a quella monumentale - e per la qualità della tanta “prosa” diffusa, che racconta i piccoli e medi borghi o paesi che traggono le proprie origini dall’ epoca etrusca. Altro aspetto di grande interesse è dato dal valore della fortezza di Girifalco di origine medicea interessante baluardo difensivo, espressione della cultura ingegneristica militare rinascimentale e del suo contesto ambientale. Scoprirla, visitarla, analizzarla, leggerla, il convivere nell’aurea immaginifica di grandi personaggi da Luca Signorelli a Pietro da Cortona che hanno intriso i luoghi di valori. Ancora di grande interesse e stimolo è stato raccogliere le riflessioni, le proposte, le osservazioni, dei partecipanti - laureati e laureandi, specializzati o dottorandi giunti al workshop dopo un’attenta selezione critica e meritocratica - ed il confronto con i loro strumenti conoscitivi e le ipotesi progettuali. I seminari, tenuti da personaggi della cultura internazionale, ci hanno consentito di seguire relazioni tematiche inerenti la fortezza o il paesaggio, talvolta inerenti le tecniche e le metodologie del restauro, senza mai trascurare il valore della storia e delineando sistemi di lettura del monumento sia di carattere materiale che immateriale, affrontando l’apporto di nuove interpretazioni storiografiche lette con strumenti sia classici e canonici che nuovi finalizzati a porre maggiore attenzione alle istanze di carattere etico e culturale. In questo contesto l’apporto che ho ritenuto fornire nell’ambito dei seminari riguarda un intervento legato ad un filone di ricerca, sviluppato da me in tempi recenti, che interessa la storiografia contemporanea e già in parte presentata in occasione di un recente convegno

    Franco Tortorelli 1937:lo Sferisterio di via Giulio Cesare

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    Manufatti di interesse e valenza storici abbandonati al degrado. Una museificazione immotivata
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