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Le teorie rogersiane nell' insegnamento delle lingue straniere moderne
Ogni azione dell’insegnare per essere efficace deve essere un’azione di cuore, fatta con il cuore: è questa l’idea che anima il presente lavoro, nato dal desiderio di rielaborare e organizzare una serie di riflessioni maturate, nel corso degli anni, dall’ insegnamento nella scuola primaria. Come maestra ho avuto modo di osservare e indagare aspetti della relazione educativa che spesso sfuggono a una declinazione teorica, e che rappresentano invece il punto di forza (o di debolezza) di ogni insegnamento. Il riferimento è, in primo luogo, al ruolo giocato dalla componente affettiva non solo all’interno del rapporto tra insegnante e alunno, ma anche nell’approccio che ogni docente ha alla sua professione.
L’itinerario di riflessione si è sviluppato e ampliato nel corso del tempo, alimentato da una duplice esigenza: da un lato, quella di ripercorrere le tappe del mio, fin qua, breve viaggio come maestra tra le classi di scuola primaria, viaggio che mi ha portato a comprendere quanto sia forte, da parte dei bambini, il bisogno di trovare accoglimento, di essere guidati e spronati a vivere la propria dimensione emotiva senza timore di essere giudicati, condannati, colpevolizzati; dall’altro, di dare spazio al disagio che vivono gli insegnanti, sempre più demotivati e stanchi, incapaci ormai di provare godimento nella pratica quotidiana. L’insegnante non è solo mero applicatore di teorie apprese, tecnico del sapere, esecutore. L’insegnante è fatto di corpo, cuore, mente. E per sottrarre gli alunni a quella routine polverosa e noiosa che cristallizza i pensieri e inaridisce i sensi, deve mostrarsi come soggetto desiderante, vale a dire come soggetto capace di intraprendere un viaggio che preveda anche percorsi originali sollecitati dalla curiosità e dalla passione per la conoscenza. È una ricerca fatta di entrate e uscite, di successi e fallimenti, gioie e sofferenza, di continua sperimentazione.
Per essere buoni maestri bisogna prima di tutto desiderare di esserlo. Sono necessarie conoscenze, competenze e saperi professionali, ma, soprattutto, occorre essere disposti a mettersi in gioco con sentimento. Diventare insegnanti, soprattutto nella scuola primaria, implica l’assunzione di una responsabilità che si traduce nella formula “Mi curo di...”, una cura che non ha a che fare solo con la formazione e con il processo di apprendimento, ma, soprattutto, attiene alla crescita della persona umana. E non ci si può prendere cura di un bambino senza investire sentimento nella relazione educativa.
Come pensare, quindi, che la scuola possa ancora mantenere saldo il suo ruolo di polo educativo nell’epoca delle passioni tristi, se i docenti mancano degli strumenti e della volontà di leggere tra le righe degli atteggiamenti espliciti e, soprattutto, di quelli impliciti, dei bambini, per entrare in contatto con loro, per stabilire una relazione educativa autentica? Per cercare di intercettare i bisogni degli alunni nel tentativo, non facile, di trasformare le passioni tristi in passioni gioiose? Non basta conoscere, non basta neppure possedere un ampio repertorio di strategie didattiche. Non più, non oggi che le famiglie appaiono sempre più disorientate e bisognose di sostegno, occorre immaginare piuttosto (e quindi realizzare) una didattica che punti a recuperare il sentimento in quanto atto e modo del sentire, come coscienza del proprio essere, per sottrarre i bambini al processo di omologazione, per aiutarli a riconoscersi come persone irripetibili nella loro unicità.
Ogni relazione contribuisce alla costruzione del sé dall’istante in cui si viene al mondo fino alla nostra morte, noi sentiamo di essere al mondo e di farne parte. Nello spazio dell’incontro con l’altro si realizza la nostra conoscenza e la presa di coscienza del proprio essere.
Essere costantemente a contatto con i bambini ha accresciuto in me la convinzione che ogni processo di insegnamento/apprendimento, per essere efficace, deve darsi all’interno di una relazione educativa autentica, che non si esaurisce nello scambio informativo tra docente e alunno, ma trova la sua piena realizzazione nel momento in cui diventa condivisione di idee, di propositi, di sentimento, appunto, quando cadono le barriere della vergogna e della diffidenza, quando il parlare si fa franco e sincero.
Ogni insegnante è sempre anche aspirante tale, proprio perché l’insegnamento non si riduce a una serie di competenze immutabili acquisite in modo definitivo, ma comporta l’assunzione di una responsabilità che si traduce nell’impegno a una formazione continua che non teme il confronto con il nuovo, richiede, inoltre, il coraggio di proporsi ai propri alunni per quello che si è, senza filtri ad aumentare le distanze.
Un tipo di insegnamento che si propone di unire alla competenza professionale il cuore necessita che il docente sappia farsi interprete delle dinamiche affettive che riguardano il gruppo classe e il singolo alunno, in modo da progettare interventi didattici che tengano in considerazione il ruolo che l’emozione e il sentimento hanno nella relazione educativa e quindi in che modo essi influenzano l’apprendimento.
Ogni insegnante che voglia programmare un’azione didattica efficace che punta a una costruzione condivisa e consapevole della conoscenza, deve prevedere l’utilizzo di strategie che possano favorire il processo di apprendimento dell’alunno e soprattutto motivarlo. Insegnare con il cuore è una disposizione che nel momento in cui si entra in classe diventa modalità didattica trasversale a tutte le discipline di studio che affianca le altre modalità “razionali”.
Il presente lavoro cercherà di dimostrare come tutto ciò sia possibile grazie all' applicazione delle teorie di Carl Rogers e agli approcci umanistico affettivi che, dove applicate, rendono l'apprendimento, soprattutto di una lingua straniera, non solo più efficace ma anche in una forma più serena sia per i discenti che per gliinsegnant
EZH2, HIF-1, and their inhibitors: An overview on pediatric cancers
During the past decades, several discoveries have established the role of epigenetic modifications and cellularmicroenvironment in tumor growth and progression. One of the main representatives concerning epigenetic modification is the polycomb group (PcG). It is composed of different highly conserved epigenetic effector proteins preserving, through several post-translational modifications of histones, the silenced state of the genes implicated in a wide range of central biological events such as development, stem cell formation, and tumor progression. Proteins of the PcG can be divided in polycomb repressive complexes (PRCs): PRC1 and PRC2. In particular, enhancer of zeste homolog 2 (EZH2), the catalytic core subunit of PRC2, acts as an epigenetic silencer ofmany tumor suppressor genes through the trimethylation of lysine 27 on histone H3, an essential binding site for DNA methyl transferases and histone deacetylases. A growing number of data suggests that overexpression of EZH2 associates with progression and poor outcome in a large number of cancer cases. Hypoxia inducible factor (HIF) is an important transcription factor involved in modulating cellular response to the microenvironment by promoting and regulating tumor development such as angiogenesis, inflammation, metabolic reprogramming, invasion, and metastatic fate. The HIF complex is represented by different subunits (α and β) acting together and promoting the expression of vascular endothelial growth factor (VEGF), hexokinase II (HKII), receptor for advanced glycation end products (RAGE), carbonic anhydrase (CA), etc., after binding to the hypoxia-response element (HRE) binding site on the DNA. In this review, we will try to connect these two players by detailing the following: (i) the activity and influence of these two important regulators of cancer progression in particular for what concerns pediatric tumors, (ii) the possible correlation between them, and (iii) the feasibility and efficiency to contrast them using several inhibitors
The spatial effect of fearful faces in the autonomic response
Peripersonal space (PPS) corresponds to the space around the body and it is defined by the location in space where multimodal inputs from bodily and external stimuli are integrated. Its extent varies according to the characteristics of external stimuli, e.g. the salience of an emotional facial expression.
In the present study, we investigated the psycho-physiological correlates of the extension phenomenon. Specifically, we investigated whether an approaching human face showing either an emotionally negative (fearful) or positive (joyful) facial expression would differentially modulate PPS representation, compared to the same face with a neutral expression. To this aim, we continuously recorded the skin conductance response (SCR) of 27 healthy participants while they watched approaching 3D avatar faces showing fearful, joyful or neutral expressions, and then pressed a button to respond to tactile stimuli delivered on their cheeks at three possible delays (visuo-tactile trials).
The results revealed that the SCR to fearful faces, but not joyful or neutral faces, was modulated by the apparent distance from the participant\u2019s body. SCR increased from very far space to far and then to near space. We propose that the proximity of the fearful face provided a cue to the presence of a threat in the environment and elicited a robust and urgent organization of defensive responses. In contrast, there would be no need to organize defensive responses to joyful or neutral faces and, as a consequence, no SCR differences were found across spatial positions. These results confirm the defensive function of PPS
Prevalenza della sclerosi multipla nell'isola d'Elba
Introduzione Le variazioni temporali e geografiche della frequenza di Sclerosi Multipla (SM) sono state molto studiate. Negli ultimi 30 anni, gli studi epidemiologici hanno evidenziato come la distribuzione della malattia nei paesi dell’area mediterranea, anche in Italia, sia più complessa di quanto ritenuto in passato quando era comunemente accettato il modello correlato alla latitudine (1, 2). Scarsi sono i dati di prevalenza relativi all’Italia centrale e in particolare ad oggi non sono noti dati pubblicati sulla dimensione di questa patologia nella popolazione dell’isola d’Elba.
Obiettivi Calcolare la prevalenza della SM nell’isola d’Elba dal momento che non ci sono dati disponibili in letteratura.
Metodi L'isola d'Elba è l’isola più grande dell'Arcipelago Toscano e la terza più grande d'Italia dopo la Sicilia e la Sardegna (223 km²). Al giorno di prevalenza, ovvero il 31/12/2010, la popolazione residente nell’isola era pari a 31.943 abitanti.
I casi di SM sono stati identificati consultando le cartelle cliniche dell’ospedale e dell’ambulatorio di riferimento neurologico dell’isola. Sono stati arruolati nello studio tutti i pazienti con diagnosi di SM secondo i criteri di McDonald, residenti nell’isola al giorno di prevalenza.
Sono stati calcolati i tassi di prevalenza grezzi e specifici (sesso e età) e il tasso standardizzato rispetto alla popolazione italiana del 2001. Gli intervalli di confidenza al 95% dei tassi di prevalenza sono stati calcolati assumendo una distribuzione di Poisson.
Risultati Al giorno di prevalenza erano residenti nell’isola 42 soggetti con SM. Di questi il 59,5% era nato ed era tutt’ora residente nell’isola, mentre il 40,5% era nato fuori dall’isola. Tra i 42 soggetti con SM, 4 avevano origine sarda.
Il rapporto F:M è risultato pari a 2,8: infatti il 73,8% era di sesso femminile rispetto al 26,2% di sesso maschile. L’età media dei soggetti era di 49,8±12,6 anni e non si osservano differenze significative tra i sessi riguardo all’età (M: 52,9±10,7, F: 48,7±12,6; p = 0,329).
Per quanto riguarda le forme di malattia, il 16,7% dei pazienti aveva una forma CIS, il 61,9% una RR, il 16,7% una SP e il 4,8% una PP. Il grado di disabilità (EDSS) è risultato correlato (trend crescente) con la forma di malattia: EDSS pari a 1,5 per le forme CIS, 2,0 per le forme RR e 6,0 per le forme SP e PP. La durata di malattia, in media, era di 15,0±9,8 anni, con un range tra 0 e 37 anni. La durata media di malattia è risultata più alta per i maschi (19,3±9,5 anni) rispetto alle femmine (13,6±9,6 anni) ma tale differenza non è statisticamente rilevante (p = 0,109).
Il tasso di prevalenza grezzo è risultato pari a 131,5 (IC 95%: 99,8-177,7) per 100.000 (maschi 70,7; femmine 189,2 per 100.000). Il tasso di prevalenza standardizzato è risultato pari a 131,5 (IC 95%: 91,8-171,2) per 100.000.
Il tasso di prevalenza sesso età specifico mostra un picco, per entrambi i sessi, nella classe di età tra 45-54 anni, mentre non ci sono casi prima dei 15 anni
Boccaccio letterato, umanista e narratore Intervista di Elisabetta Menetti a Lucia Battaglia Ricci
Un dialogo che ripercorre le questioni critiche che hanno mosso gli studi di Lucia Battaglia Ricci sul capolavoro di Giovanni Boccaccio
Methotrexate-Loaded Solid Lipid Nanoparticles: Protein Functionalization to Improve Brain Biodistribution
Glioblastoma is the most common and invasive primary tumor of the central nervous system and normally has a negative prognosis. Biodistribution in healthy animal models is an important preliminary study aimed at investigating the efficacy of chemotherapy, as it is mainly addressed towards residual cells after surgery in a region with an intact blood⁻brain barrier. Nanoparticles have emerged as versatile vectors that can overcome the blood⁻brain barrier. In this experimental work, solid lipid nanoparticles, prepared using fatty acid coacervation, have been loaded with an active lipophilic ester of cytotoxic drug methotrexate, and functionalized with either transferrin or insulin, two proteins whose receptors are abundantly expressed on the blood⁻brain barrier. Functionalization has been achieved by grafting a maleimide moiety onto the nanoparticle’s surface and exploiting its reactivity towards thiolated proteins. The nanoparticles have been tested in vitro on a blood⁻brain barrier cellular model and in vivo for biodistribution in Wistar rats. Drug metabolites, in particular 7-hydroxymethotrexate, have also been investigated in the animal model. The data obtained indicate that the functionalization of the nanoparticles improved their ability to overcome the blood⁻brain barrier when a PEG spacer between the proteins and the nanoparticle’s surface was used. This is probably because this method provided improved ligand⁻receptor interactions and selectivity for the target tissue
Nanotechnology Addressing Cutaneous Melanoma: The Italian Landscape
Cutaneous melanoma is one of the most aggressive solid tumors, with a low survival for the metastatic stage. Currently, clinical melanoma treatments include surgery, chemotherapy, targeted therapy, immunotherapy and radiotherapy. Of note, innovative therapeutic regimens concern the administration of multitarget drugs in tandem, in order to improve therapeutic efficacy. However, also, if this drug combination is clinically relevant, the patient’s response is not yet optimal. In this scenario, nanotechnology-based delivery systems can play a crucial role in the clinical treatment of advanced melanoma. In fact, their nano-features enable targeted drug delivery at a cellular level by overcoming biological barriers. Various nanomedicines have been proposed for the treatment of cutaneous melanoma, and a relevant number of them are undergoing clinical trials. In Italy, researchers are focusing on the pharmaceutical development of nanoformulations for malignant melanoma therapy. The present review reports an overview of the main melanoma-addressed nanomedicines currently under study in Italy, alongside the state of the art of melanoma therapy. Moreover, the latest Italian advances concerning the pre-clinical evaluation of nanomedicines for melanoma are described
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