445 research outputs found

    Carceri e Stranieri.

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    The issue of foreign national prisoners needs to be considered in a national and supranational perspective because of its importance, related to different topics connected to the respect of the rights of the foreign inmate. Among these, we have to keep in special consideration the exposure to discrimination, the lack of access to justice (due inter alia to the language barrier), the relational isolation, the difficult reintegration and the impact of the status of illegal immigrant. Facing such a view, it’s easy to understand the central importance of all the international instruments for the protection of foreign prisoners, especially of the European framework decisions, unfortunately non totally applied in each Member State. Their particular importance is due to the fact that, if correctly implemented, they can have a strong impact on different phenomena, such as the diminution of the foreign prisoners and their effective reintegration, thanks to the mutual recognition to criminal decision and the possibility to transfer persons deprived of liberty. However, different kind of reasons may hinder the fully application of these framework decisions. So, from one hand, their implementation needs efforts from each Member State, from the other one, the national governments should consider the possibility to identify privileged interlocutors for the approval of convention that can allow the transfer of stakeholders.La tematica dei detenuti stranieri, connotata da una speciale rilevanza sia se considerata a livello nazionale sia a livello sovranazionale, solleva tutta una serie di questioni connesse al rispetto dei diritti delle persone che si trovano a scontare una pena in un Paese diverso da quello di origine. Tra queste, spiccano quella dell’esposizione alla discriminazione, delle difficoltà di accesso alla giustizia (dovuto fra l’altro alle barriere linguistiche), dell’isolamento relazionale, del reinserimento e dell’impatto dello status di clandestino. Dinanzi a siffatto panorama, assumono importanza centrale gli strumenti internazionali a tutela dei detenuti stranieri: particolare riguardo verrà riservato alle decisioni-quadro europee, strumenti dall’alto potenziale, ma non ancora compiutamente applicati in tutti gli Stati Membri. Tra i fenomeni su cui potrebbero impattare figurano, da un lato, quello del mutuo riconoscimento delle sentenze penali e, dall’altro, quello del trasferimento dei detenuti, delle persone in misura alternativa e dei reclusi in forza di un provvedimento cautelare: la loro corretta applicazione permetterebbe dunque un decremento degli stranieri reclusi e al contempo la possibilità di un loro reinserimento nel contesto di appartenenza. Tuttavia, ragioni ideologiche, teoriche e legislative, possono ostacolare l’applicazione delle decisioni-quadro, così che, se da un lato si rende necessario il loro recepimento all’interno dei singoli ordinamenti degli Stati Membri, dall’altro si ritiene di fondamentale importanza l’individuazione, da parte delle realtà nazionali, di quei Paesi che potrebbero rappresentare gli interlocutori privilegiati di percorsi di trasferimento che possano essere intrapresi dai soggetti interessati

    Le sbarre invisibili

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    EditorialEditorial

    Il lavoro come strumento fondamentale del trattamento penitenziario ed il ruolo della cooperazione sociale

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    The article offers a comprehensive overview of the many business activities that give people the chance to work while serving their sentences and so become a good instrument for social rehabilitation. The Authors, after analysing the relevant legal framework and proving that it is possible to realize the Constitutional intent through real rehabilitation offers, do not disguise the crucial financial inadequacies of the system created by the Smuraglia Law (and subsequent measures), which risk to undermine the efforts of those who daily work to create possible alternatives to the damaging idleness of prison.L’articolo offre un’esaustiva panoramica delle numerose e iniziative imprenditoriali che sul territorio italiano si impegnano ad offrire possibilità di lavoro e, quindi, di effettivo ed efficace reinserimento nel contesto sociale, a soggetti in esecuzione penale. Gli autori, dopo aver analizzato la normativa rilevante di settore e aver dimostrato come si possa trasformare (non senza estreme difficoltà) il dettato costituzionale in positive e concrete offerte trattamentali extra murarie, non nascondono le cruciali inadeguatezze economiche del sistema offerto dalla Legge Smuraglia (e successivi provvedimenti) che rischiano di minare, alla radice gli sforzi di chi si impegna quotidianamente a costruire possibili risposte alternative al dannoso ozio forzato del carcere

    Sistema carcerario e trattamenti inumani o degradanti

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    Prison conditions are a very discussed topic in Italy and it seems that there are no chance to improve them because of the lack of capital investment in this field. However, it has to be reminded that the State can be responsible, on a supranational level also in front of the European Court of Human Rights for the alleged violations of art. 3 of the Convention. This is a very important aspect for the strengthening of the international co-operation in criminal justice matters such as the enforcement of the European Arrest Warrant and the Framework Decision on the Transfer of Prisoners. The aim of these instruments is to send foreigner prisoners back to their origin country but this can’t obviously be done if there is a concrete risk that they could be tortured or treated in an inhuman or degrading manner. The present work highlights the Italian situation under the profile of the violations of art. 3 from a comparative point of view, by taking also into consideration the international relevant instruments both on the universal and regional level.Le pessime condizioni di detenzione all’interno degli istituti penitenziari italiani sono da tempo oggetto di riflessione al fine di trovare soluzioni possibili ad un problema che rischia di diventare tollerato a seguito dell’effettiva e cronica mancanza di risorse da destinare al settore. Le responsabilità nascenti in capo allo Stato sono non solo di carattere nazionale ma, nell’era dell’Europa Unita, anche sovranazionali e determinano, quando accertate, il discreditamento in Europa dell’intero sistema penitenziario del nostro Paese. L’importanza di elevare gli standard di detenzione, fortemente sentita in tutta Europa, assume rilievo specifico anche con riguardo al buon funzionamento dei canali di cooperazione giudiziaria internazionale che, attraverso strumenti come l’European Arrest warrant e la Framework Decision on the Transfer of Prisoners si prefigge di ricondurre i detenuti in custodia all’estero nel Paese d’origine. Finalità, quest’ultima, che diventa impraticabile se il Paese ricevente è considerato a rischio di violazioni ai sensi dell’art 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Gli autori hanno preso dunque in esame l’incidenza dei provvedimenti dell’omonima Corte di Strasburgo nei confronti dell’Italia per sottolineare come, sebbene nel nostro paese non si registrino casi di tortura, non manchino invece situazioni riconducibili a ciò che la giurisprudenza della Corte fa ricadere nell’ambito dei trattamenti inumani o degradanti, come dimostrato dalla recentissima condanna subita dall’Italia proprio da parte dell’organismo europeo di tutela dei diritti umani. Il presente studio della situazione italiana è stato affrontato in un’ottica di comparazione delle violazioni registrate in ambito europeo e ha preso in considerazione, oltre ai diversi profili di interesse dell’art. 3 della Convenzione, anche i principali strumenti normativi correlati a carattere internazionale, sia regionali che universali

    Comportamenti violenti a danno di persone sottoposte a regime detentivo

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    Italy has been condamned by the European Court for the Human Rights and will have to pay compensation to a Bosniac prisoner because of the moral damages due to the overcrowded cell he was kept in. This year we will have the highest number of suicide among the prisoners since the Italian Unity. This is an alarming situation of violence concerning in general all the realities of deprivation of liberty. Cases of assaults, self-damaging behaviour, depressive syndrome are not isolated in the detention environment.The authors' purpose is analysing the phenomenon suffered by most part of people in jail in all its aspects. They also focus their attention on the perception of all that by people outside prison. Starting from the results of the questionnaire they proposed, they give us an historical analysis of the problem, enriched by the consideration and examination of specific situations of imprisonment from an international point of view, as well as by the study of this phenomenon as based on the mechanisms of legitimation and self-legitimation, on the identification of the role and of both negative and positive reinforcements, which have their influence on the imprisoned person. From this work emerges on the one hand the reconfirmation of the inhuman and degrading situation people in jail are forced to, and on the other hand the substantial adknowledgment of the problem among people outside the jail, which is quite deep, if we just focus on the general aspects, but becomes quite superficial if we want to go deeper on the specific aspects of the problem. It's therefore evident that deeper and more specific information is needed, as it could be an instrument for much deeper and bigger knowledge of the problem and deeper confidence to face the need (no longer to be postponed) of political resolutions to this general situation.L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo a risarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella in cui è stato recluso. Quest’anno si raggiungerà il numero più alto di detenuti suicidi dall’Unità d’Italia. Una situazione di violenza allarmante che riguarda generalmente tutte le realtà di privazione della libertà. Fenomeni di aggressione, autolesionismo, sindromi depressive non sono occasionali, né tanto meno sporadici, in carcere. Gli autori vogliono qui analizzare il fenomeno della violenza a danno delle persone ristrette nei luoghi di detenzione in tutti i suoi aspetti, con specifica attenzione alla percezione che di tale problema si ha nella popolazione non ristretta. Partendo dai risultati del questionario che gli Autori hanno sottoposto, essi forniscono un’analisi storica del problema, arricchita dalla considerazione di particolari situazioni di prigionia a livello internazionale e dallo studio del fenomeno basato sui meccanismi di legittimazione e autolegittimazione all’identificazione in un ruolo e dei rinforzi positivi e negativi influenti sulla persona ristretta. Emerge da questo lavoro da un lato la riconferma della situazione “disumana e degradante” a cui i ristretti sono sottoposti, dall’altro la sostanziale conoscenza di base del problema nella popolazione non reclusa, che però trova subito limite quando dal generale si passa a focalizzare l’attenzione sugli aspetti più specifici del problema. Appare pertanto necessaria un’informazione corretta e specifica, che possa essere strumento utile per una maggiore e più approfondita conoscenza del problema e quindi per una più profonda consapevolezza, a fronte anche della necessità ormai non più procrastinabile che trovino attuazione politiche risolutorie di tale situazione generale

    Attualità ed opportunità delle alternative al carcere fra diffidenze e risorse del territorio

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    In a period in which the only answer at crime and insecurity of citiziens is prison we wanted to follow historic steps that have carried at the building of prisons (from Middle Ages to XX century) asking us about their actuality and efficiency. In particulary the Authors have examinated an aspect of penal execution that is often forgotten or negletted but, in our opinion, it must be made stronger: alternative measures to prison. We have made a legislative analysis from the Law 354/1975 to the Law Gozzini to understand, with words of its Author, the spirit which carried to the introduction of an alternative street to prison. “Fathers” of this law have understood that if a person is part of the society also when he/she committed a crime – instead of staying in prison doing nothing – there are few possibilities that he/she will break the law again. Even if statistic numbers about alternative measures are positive, people are strongly disinformed about theirs effects. At all levels: from lawer to housewife, from policemen to teacher. And can we allow that with the apology of a low information prison becomes the only possibility to fight crime? As we can see from questionnaires we have handed out, also the distortion of reality on this topic is a known point, but not for this reason must be unchangeable too!In un momento storico in cui l'unica risposta possibile al reato e alla sensazione di insicurezza dei cittadini sembra essere il carcere, gli Autori hanno voluto ripercorrere le fasi storiche che hanno portato alla affermazione degli istituti di pena (dal Medioevo ad oggi), interrogandosi sulla attualità ed (in)efficacia degli stessi. In particolare essi hanno analizzato un aspetto dell'esecuzione penale spesso tralasciato e che, invece, dovrebbe a parer loro essere potenziato: le misure alternative alla detenzione. Un'analisi legislativa per capire lo spirito che generò ed informò l'introduzione di una soluzione alternativa al carcere. La risposta è che non si trattò di uno slancio “buonista”. I “padri” di questa legge avevano compreso che se una persona non viene estromessa dal contesto sociale cui appartiene anche quando ha commesso un reato –anziché essere segregata passivamente in carcere - le possibilità che infranga nuovamente la legge sono quantomeno ridotte. Inoltre, nonostante dati statistici sulla positività delle misure alternative, nella popolazione a tutti i livelli è forte ed allarmante la disinformazione sugli effetti delle stesse: dall'avvocato alla casalinga, dal poliziotto all'insegnante, dallo studente di Giurisprudenza al carabiniere. Come risulta dai questionari che gli Autori hanno somministrato, anche la distorsione della realtà su questo tema è un dato certo. Una corretta azione informativa si impone pertanto quale utile strumento per contribuire allo sviluppo di una adeguata ed opportuna cultura della pena

    Radicalizzazione dei convertiti e possibili strategie di reinserimento

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    The phenomenon of radicalization of converts to Islam concerns a small number of the total subjects who undertake the path towards the new religious faith but the available data seem to indicate an over-representation within the group of violent extremists, who have perpetrated terrorist attacks in Europe and in the world. Despite this findings, the available studies are still in their infancy, far from being able to clearly define the peculiar elements that characterize the radicalization paths of converts. Consequently, also the approaches aimed at the reintegration of former radicalized members can hardly be configured as tailor-made best practices. This paper intends to provide some elements of analysis of the phenomenon and to propose some possible strategies to overcome these challenges, based on the peculiarities that have emerged.Il fenomeno della radicalizzazione dei convertiti all’Islam riguarda un ristretto numero del totale dei soggetti che intraprendono il cammino verso tale fede religiosa ma i dati disponibili sembrano evidenziare un sovra dimensionamento dei convertiti fra gli autori di attacchi terroristici in Europa e nel mondo, mantenendo ferma la distinzione fra radicalizzazione del pensiero e delle azioni. Nonostante questa emergenza, gli studi di settore sono ancora in una fase iniziale, lontani dall’essere in grado di definire chiaramente gli elementi peculiari che caratterizzano i percorsi di radicalizzazione dei convertiti e, di conseguenza, anche gli approcci volti al reinserimento degli ex radicalizzati appartenenti a questo gruppo faticano a configurarsi come tailor-made best practices. Il presente contributo intende fornire alcuni elementi di analisi del fenomeno e proporre alcune possibili strategie di riduzione del danno basate sulle peculiarità emerse

    P4HR: I DIRITTI UMANI ENTRANO NEL TRATTAMENTO PENITENZIARIO

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    Gli autori danno conto del lavoro svolto all’interno di una proposta trattamentale attivata negli Istituti penali di Brescia eavente a oggetto un percorso educativo basato sui Diritti Umani. Tale concetto non viene utilizzato nella accezione tradizionalmente affrontata in carcere e relativa alle possibili violazioni dei diritti umani che il contesto carcerario non infrequentemente produce ma come strumento di affermazione della personalità dell’individuo detenuto posto in contatto conla consapevolezza che altre persone possono subire la violazione dei loro diritti fondamentali e che anche chi è detenutopuò fare qualcosa per arginare o evitare tali fatti

    La tutela dei rom nel diritto svizzero ed italiano

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    Criminology, since long time has highlighted the preventive role of the education in the nomadic population; it is also true that it is hard to expect good results(considered as the variation of the criminal behaviours) in short times but this kind of support could surely help to reach positive outcomes in a longer lapse. On the other hand, the efforts to assure social-aid support to Rom people have had to run foul of their culture and to accept narrow social conventions. For these reasons the Authors believe that coercive impositions of different codes of behaviour could bring to a dangerous fight of cultures as much as serious xenophobic tendencies more than to an historically wished integration.Inficiata da ideologie e slogans politici, l’opinione pubblica, sia in Svizzera che in Italia, tende ad obliare le ricche peculiarità della cultura gitana. Per tal via, si dimenticano, oltretutto, le violente persecuzioni cui furono sottoposti gli zingari da parte degli Ordinamenti nazi-fascisti del Novecento. Del pari, svariati schieramenti partitici elvetici assai raramente risultano disponibili a menzionare l’orrida epurazione etnica agìta, sino al 1973, dalla Pro Juventute in danno dei Rom di etnia Jenisch residenti nella Confederazione. Con questo articolo non si vuole né negare né sminuire il carattere criminogeno intrinseco ai campi-nomadi stanziati ormai in tutta l’Europa occidentale. P.e., è innegabile la propensione zingara verso reati quali il furto ed il maltrattamento di minori per fini di accattonaggio. Ciononostante, l’odierna Criminologia ha giustamente posto in risalto anche il ruolo preventivo della scolarizzazione, pur se, come dimostrato dalle Politiche socio-pedagogiche in Italia, sono necessari decenni di paziente lavoro al fine di percepire fruttuosi mutamenti nella Weltangschauung delle minoranze semi-nomadi. In special modo, risulta arduo e complicato far accettare alla Civiltà romanès la figura di un/a insegnante alternativa alla mater familiae zingara, cui, da secoli, pertiene l’assolvimento di ogni compito educativo nei confronti della prole. In tale contesto, si ponga mente anche, e soprattutto, all’inesistenza, nella cultura rom, di una fase pedagogica e psico-fisiologica intermedia quale l’adolescenza. In realtà, questo articolo, nella parte finale, evidenzia che, sotto il profilo statistico prima ancora che processualistico, dev’essere superato lo stereotipo lombrosiano dello zingaro delinquente e puzzolente. Infatti, mentre la gioventù italiana si distingue sempre più sovente per la commissione di violenti delitti, viceversa, i minorenni rom sono assai raramente protagonisti di crimini efferati e/o connessi all’uso di sostanze tossico-voluttuarie. Anzi, la comunità gitana reca un ferreo codice d’onore limitante la gravità degli episodi delinquenziali. Per cui, sotto il profilo sociologico, rimane innegabile la molestia pubblica provocata dalle condizioni igienico-sanitarie dei campi nomadi. Tuttavia, sotto il profilo strettamente giuridico, la devianza nomade si sostanzia in fattispecie penali di calibro bagatellare e, ad ogni modo, non attinenti a delitti contro la persona. Senza dubbio, lo svolgimento di un’attività lavorativa non precaria costituirebbe un fattore di redenzione sociale. Eppure, nella mentalità zingara, il lavoro viene evitato non per via di un’indole abulica o pigra, bensì perché reputato alla stregua di una convenzione sociale mortificante la maggiore libertà conferita dal perenne e gaio viaggio delle carovane. Anche a livello spazio-temporale, l’uomo rom non tollera gli spazi chiusi e monotoni di una casa, di un’aula scolastica o di un centro di accoglienza. In buona sostanza, il semi-nomade percepisce se stesso come un inguaribile cosmopolita. Sicché, per tal via, è netto il rifiuto di interventi socio-assistenziali mortificanti un’autonomia senz’altro atipica, ma storicamente giustificata, avvalorata e financo nobilitata da secoli. Ovverosia, lo zingaro non contesta il moderno Welfare democratico-sociale, bensì egli lo rigetta per rispetto ad un bizzarro stile di vita atavico, nonché interiorizzato quale condotta non bisognosa di mutamento alcuno. Alla luce di quanto testé esposto, gli Autori non propongono né miracolosi progetti d’integrazione né speranzose conclusioni. Infatti, la Civiltà gitana, allo stato attuale, può soltanto essere rispettata dall’esterno. Viceversa, l’imposizione coattiva di stili di vita sedentari recherebbe ad un pericoloso scontro di culture, unitamente al risveglio di quelle medesime tendenze xenofobe già responsabili del genocidio nazi-fascista degli zingari
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