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    L'esposizione del Grande Altare pergameno nel Pergamonmuseum di Berlino: dai primi allestimenti al nuovo progetto.

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    Il presente studio nasce da una giovanile passione per la storia dei musei e per la museologia in genere, che nel corso degli anni della formazione accademica ha assunto forma più matura e dimensione scientifica. L’avvio dei lavori di completamento e di nuova musealizzazione presso il Pergamonmuseum di Berlino nell’autunno del 2012, nell’ambito del progetto Museumsinsel 2000-2025, e la chiusura della Sala dell’Altare di Pergamo prevista nell’ottobre del 2014 hanno acceso in me l’interesse per approfondire un nuovo contesto museale con sistematicità e rigore tecnico, che ha rappresentato un modello per altre realtà europee. Nell’attesa della consegna del nuovo museo, solo dopo la quale sarà possibile compiere una valutazione completa dell’efficacia e della coerenza delle soluzioni espositive adottate, ho valutato opportuno ricostruire ed analizzare le fasi principali della sua complessa storia, inevitabilmente connessa agli eventi che segnarono la Germania dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Il punto di osservazione dello studio di seguito presentato è la sequenza storica della musealizzazione del Grande Altare pergameno, del quale il Pergamonmuseum conserva il nome e riproduce le forme. La sua costruzione trae infatti la sua ragion d’essere dalla fortunata scoperta nella seconda metà dell’Ottocento – da parte dei Musei Reali di Berlino sotto la guida dell’ingegnere Carl Humann – del “monumento della vittoria” fatto erigere dal re di Pergamo Eumene II. Dopo un’intesa stagione di scavi, durante la quale sono stati restituiti i noti fregi della Gigantomachia e della Telefeia che adornavano l’Altare, fu assunta la decisione di dare un’adeguata sede espositiva a quello che per diverse ragioni divenne la nuova icona di Berlino e della nazione riunificata. Partendo quindi da un’estrema sintesi delle circostanze e delle motivazioni storiche in cui l’Altare venne eretto, mi sono occupata delle vicende e degli eventi legati alle tre campagne archeologiche (1878-1886), attorno alle quali si concentrò l’attenzione degli studiosi e dell’autorità imperiale, interessata a trarre da quelle spedizioni il massimo risultato per il Reich, sia in termini di visibilità pubblica sia in termini di affermazione museale del Paese in un quadro europeo in continua evoluzione. Dall’organizzazione delle prime esposizioni ai grandi festeggiamenti del 1886, l’Altare di Pergamo fu al centro di un intenso programma politico e culturale, che si sviluppò ad ampio raggio ed implementò la partecipazione attiva della Germania nella conquista archeologica ed economica dell’Oriente. A questi cambiamenti guardò la vicenda museale del Pergamonmuseum, eretto nel cuore della Museumsinsel berlinese; con l’Altare era giunta a Berlino una gran quantità di materiali originari, in questo ben più preziosi delle numerose copie di cui i musei dell’isola erano saturi. Dalla Direzione dei Musei Reali venne la decisione di realizzare un nuovo edificio destinato ad ospitare proprio l’Altare, che nel suo isolamento e nella sua monumentalità parzialmente ricostruita poté essere apprezzato pubblicamente. La realizzazione dell’architetto Fritz Wolff, il primo a sperimentare un modello di Ganzaufstellung come mai in seguito sarebbe stato riproposto, non fu però ritenuta all’altezza delle aspettative e dopo solo otto anni il museo venne chiuso. Con la costruzione del secondo Pergamonmuseum di Messel e di Hoffmann, concepito per ospitare non soltanto i reperti pergameni ma i grandi monumenti architettonici di provenienza orientale, mutò completamente la percezione che si ebbe dell’Altare, dando forma definitiva all’attuale esposizione, sulla quale intervenne l’insistenza di teorie moderniste, ispirate dal proposito di spettacolarizzare il fenomeno archeologico. Da un rapido esame dei diversi casi di esposizione presentati nelle sale del museo e delle più recenti mostre organizzate si è cercato di mettere in evidenza i pregi ed i difetti di un sistema che ha avuto largo seguito determinando gli sviluppi futuri della museologia tedesca. Nonostante i gravi danni subiti dal museo durante la guerra, ai quali si è cercato di far fronte nei difficili decenni successivi, l’Altare di Pergamo ha continuato ad essere il monumento musealizzato più visitato a Berlino ed in Germania e, stando alle previsioni che accompagnano gli interventi di restauro ed ampliamento del museo in corso di esecuzione, esso manterrà a lungo questo suo primato. Dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi la Stiftung Preußischer Kulturbesitz (la fondazione che si occupa dell’amministrazione e della tutela del patrimonio artistico e museale della capitale tedesca) ha promosso ed incoraggiato l’approvazione di un progetto improntato al completamento dell’esposizione presentata nel museo, con la musealizzazione di nuovi testimoni dell’architettura antica accanto al Grande Altare, nell’ottica di un rinnovamento delle modalità di visita per il grande pubblico

    Underpricing and Firm’s Distance from Financial Centre: Evidence from three European Countries

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    We provide international evidence on the relationship between the extent of underpricing related to initial public offerings (IPOs) and the distance of the issuing firm from the financial centre of a country: for France, Germany and Italy, the higher the distance, the higher the level of underpricing. Under the maintained assumption that headquarters of institutional investors and underwriters are part of a financial centre, our evidence is consistent with the hypothesis that ex ante uncertainty regarding the value per share of an issuing firm increases with the firm’s physical distance from the underwriter. As financial centres are usually located in the richest areas of the countries concerned, spatial difference in the cost of equity financing may contribute to the persistence or the widening of local disparities.Asymmetric information, Distance, IPO, Underpricing

    The genomes of two parasitic wasps that parasitize the diamondback moth

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    Abstract Background: Parasitic insects are well-known biological control agents for arthropod pests worldwide. They are capable of regulating their host’s physiology, development and behaviour. However, many of the molecular mechanisms involved in host-parasitoid interaction remain unknown. Results: We sequenced the genomes of two parasitic wasps (Cotesia vestalis, and Diadromus collaris) that parasitize the diamondback moth Plutella xylostella using Illumina and Pacbio sequencing platforms. Genome assembly using SOAPdenovo produced a 178 Mb draft genome for C. vestalis and a 399 Mb draft genome for D. collaris. A total set that contained 11,278 and 15,328 protein-coding genes for C. vestalis and D. collaris, respectively, were predicted using evidence (homology-based and transcriptome-based) and de novo prediction methodology. Phylogenetic analysis showed that the braconid C. vestalis and the ichneumonid D. collaris diverged approximately 124 million years ago. These two wasps exhibit gene gains and losses that in some cases reflect their shared life history as parasitic wasps and in other cases are unique to particular species. Gene families with functions in development, nutrient acquisition from hosts, and metabolism have expanded in each wasp species, while genes required for biosynthesis of some amino acids and steroids have been lost, since these nutrients can be directly obtained from the host. Both wasp species encode a relative higher number of neprilysins (NEPs) thus far reported in arthropod genomes while several genes encoding immune-related proteins and detoxification enzymes were lost in both wasp genomes. Conclusions: We present the annotated genome sequence of two parasitic wasps C. vestalis and D. collaris, which parasitize a common host, the diamondback moth, P. xylostella. These data will provide a fundamental source for studying the mechanism of host control and will be used in parasitoid comparative genomics to study the origin and diversification of the parasitic lifestyle

    Mending the Gaps: Margaret Fuller\u27s Transnational Identity and the Cultivation of a World Order

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    “My text is no more than a pack of lies.” Fictional Pacts in William T. Vollmann’s Seven Dreams

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    The aim of the article is to ponder, from a narratological perspective, on the fictional pacts in William T. Vollmann’s Seven Dreamsseries, i.e., on the virtual contract through which the author gives the reader, whether explicitly or not, instructions about the way in which his texts should be read, and that the reader, in turn, should follow to coherently process textual contents. By focusing on The Ice-Shirt, the first novel in the series, I will try to demonstrate how such a pact proves to be a problematic one, especially in that, throughout the whole text, fictional and non-fictional elements are constantly blended. Moreover, my aim is to address how on the reader’s part a ‘flexible’ approach, i.e., an approach that recognizes and builds on such a compresence of elements, allows him to navigate a text that reveals to be hybrid in nature

    Normazione imperiale e patrimoni femminili

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    Il presente lavoro propone la lettura di un campione di fonti riguardanti le disposizioni mortis causa ed atti di liberalità aventi ad oggetto patrimoni femminili, a partire dal IV-V secolo d.C., quale specchio di una capacità patrimoniale al femminile e di un conseguente atteggiamento di “libertà” delle stesse, presente e costante, nello spaccato cronologico individuato. Il fenomeno della capacità patrimoniale viene analizzato dal punto di vista dinamico, rispetto alle attività dispositive, verso le quali fu sensibile anche la normazione imperiale, come conferma dell’esistenza di stratificazioni patrimoniali a vantaggio di soggetti tenuti in ombra. La vivacità delle disposizioni a favore di poveri, chierici, fu influenzata dall’evangelizzazione di interi Circoli femminili e dalle radicali idee degli ecclesiastici, che predicavano privazioni ed ascetismo fin dalla più tenera età. Gli interventi imperiali – ovviamente avevano ad oggetto mulieres di alto rango – tesero ad arginare la dispersione dei patrimoni, a vantaggio di quello della Chiesa, anche se non sortirono, il più delle volte i risultati sperati
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