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    Acute varicella-zoster virus necrotizing meningoencephalomyelitis with sudden visual loss and paraparesis in an HIV-infected patient

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    We describe a case of acute varicella-zoster virus (VZV) hemorrhagic meningoencephalomyelitis in an HIV-infected patient. On admission the patient's CSF was mild haemorrhagic and xanthochromic after centrifugation and he had thoracic skin blisters. VZV DNA was isolated from both the thoracic blisters and CSF. Treatment consisted of aggressive antiviral, steroid and immunoglobulin therapy, which was able to stop disease progression. The patient survived but was left blind and paretic. In conclusion, a diagnosis of CNS infection caused by VZV, based upon CSF analysis and examination of the skin for typical blisters, requires aggressive empiric antiviral therapy in order to maximise patient survival

    Infezione primaria da HIV: aspetti clinici, virologici, immunologici

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    Si parla di infezione primaria da HIV per descrivere quella fase dell’infezione che si sviluppa entro un anno dal contagio, L’infezione primaria viene definita acuta entro sei mesi dal contagio o recente da sei mesi ad un anno dopo il contagio. Abbiamo studiato 78 pazienti ricoverati o visitati presso gli ambulatori dell’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Ospedale Cisanello di Pisa che sono risultati essere affetti da un’infezione primaria da HIV: 69 tra il 2000 ed il 2007 e 9 tra il 1993 e il 1999. Di ogni paziente sono stati valutati: età, sesso, nazionalità, fattori di rischio, segni e sintomi clinici, necessità di terapia antiretrovirale, tipo di terapia eseguita e parametri di laboratorio. I parametri di laboratorio analizzati sono stati: la sierologia per HIV, la carica virale basale e la carica virale a 3 e 6 mesi dall’inizio dell’eventuale terapia antiretrovirale, il numero e la percentuale dei linfociti T CD4+ basali e dopo 3 e 6 mesi dall’inizio dell’eventuale terapia, il pattern di reattività anticorpale contro i diversi antigeni HIV, la presenza di polimorfismi e/o di mutazioni nel gene pol correlabili a resistenza a farmaci antiretrovirali, il sottotipo infettante relativamente alla sequenza del gene pol. I principali fattori di rischio sono risultati essere i rapporti eterosessuali e, meno frequentemente i rapporti omo-bisessuali; per una minoranza di pazienti l’infezione è stata trasmessa per via parenterale. Nel 67% dei casi l’infezione primaria si è manifestata con la comparsa di segni e sintomi attribuibili ad una sindrome retrovirale acuta ed il ricovero si è reso necessario in circa il 20% dei casi. I sintomi più comunemente riscontrati sono stati: febbre, faringodinia, malessere, astenia. Meno frequentemente i pazienti hanno presentato altri sintomi aspecifici quali cefalea, mialgia, tosse, sudorazione notturna, nausea, diarrea, vomito e dolori addominali. Occorre segnalare due casi di polmonite, un caso di meningite asettica ed un caso di meningomielite. Nella maggior parte dei pazienti l’esame obiettivo ha messo in evidenza linfoadenopatia generalizzata, rash cutaneo morbilliforme ed epatosplenomegalia. Più raramente si sono osservate ulcere genitali, dermatite seborroica, iperemia congiuntivale e candidosi esofagea. Inoltre, al momento della comparsa della sintomatologia la maggior parte dei pazienti presentava una carica virale >105copie/ml. In circa il 30% dei pazienti il decorso dell’infezione primaria è stato del tutto asintomatico. In un terzo dei casi il Western Blot effettuato al momento della diagnosi di infezione primaria ha messo in evidenza un’incompleta reattività anticorpale contro HIV. Più della metà dei soggetti coinvolti nello studio è stata sottoposta a trattamento antiretrovirale ed in circa i due terzi dei pazienti trattati è stato possibile ottenere una soppressione della viremia entro sei mesi dall’inizio della terapia. Nella maggior parte dei casi è stato utilizzato uno schema terapeutico basato sulla combinazione di due inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa con un inibitore della proteasi associato a basse dosi di ritonavir. Dall’esame genotipico degli isolati virali, eseguito come le altre analisi virali presso l'Unità Operativa complessa di Virologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, è emerso che il sottotipo infettante predominante è il sottotipo B, seguito dai sottotipo F; è stata rilevata anche la presenza di forme ricombinanti CRF e URF e del sottotipo C. Infine, l’analisi del gene pol ha anche messo in evidenza la presenza di un’unica mutazione associata a resistenza, la mutazione 46L a carico della proteasi; tutti gli altri isolati presentavano polimorfismi non associati a farmacoresistenza. La diffusione dei diversi sottotipi nel campione di popolazione che abbiamo esaminato nello studio rispecchia fedelmente la diffusione dei vari sottotipi in Italia: nonostante il sottotipo B sia ancora il sottotipo prevalente, negli ultimi anni si sta registrando l’introduzione e diffusione di sottotipi non-B, che potrebbero indurre la necessità di adattare le strategie diagnostiche e terapeutiche alla nuova situazione epidemiologica

    L'epidemia da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemici: una sfida per il nostro ospedale

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    Le infezioni da microrganismi resistenti agli antibiotici sono causa di rilevante morbidità e mortalità nei pazienti colpiti. Attualmente il nostro ospedale, come altri ospedali in Italia, sta fronteggiando una grave epidemia causata dalla diffusione di Klebsiella pneumoniae produttrice di carbapenemasi di tipo KPC, enzima in grado di rendere inefficaci tutti gli antibiotici beta-lattamici, inclusi i carbapenemici. Dal primo isolamento, avvenuto negli USA nel 1996, Klebsiella pneumoniae KPC (KP-KPC)si è diffusa rapidamente; in Europa l'epidemia è stata dapprima segnalata in Grecia per poi estendersi in tutto il continente. Nell'ospedale di Pisa dall'aprile del 2010 al dicembre del 2011 KP-KPC è stata isolata in 167 pazienti. Pur essendo nella maggior parte dei casi responsabile della sola colonizzazione intestinale, KP-KPC è in grado di determinare infezioni gravi, a volte mortali, in determinate categorie di pazienti: soggettia anziani, ospedalizzati da lungo tempo, portatori di dispositivi invasivi e sottoposti a numerosi e prolungati trattamenti antibiotici. Le opzioni terapeutiche contro KP-KPC sono estemamente limitate: tigeciclina, gentamicina, colistina e fosfomicina sono gli unici antibiotici a conservare attività contro KP-KPC in vitro. Non possedendo tali farmaci una spiccata attività battericida l'unica terapia possibile è una terapia di associazione

    Meropenem PK/PD Variability and Renal Function: “We Go Together”

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    Background: Meropenem is a carbapenem antibiotic widely employed for serious bacterial infections. Therapeutic drug monitoring (TDM) is a strategy to optimize dosing, especially in critically ill patients. This study aims to show how TDM influences the management of meropenem in a real-life setting, not limited to intensive care units. Methods: From December 2021 to February 2022, we retrospectively analyzed 195 meropenem serum concentrations (Css). We characterized patients according to meropenem exposure, focusing on the renal function impact. Results: A total of 36% (n = 51) of the overall observed patients (n = 144) were in the therapeutic range (8–16 mg/L), whereas 64% (n = 93) required a meropenem dose modification (37 patients (26%) underexposed; 53 (38%) overexposed). We found a strong relationship between renal function and meropenem concentrations (correlation coefficient = −0.7; p-value p-value < 0.001). Conclusions: Meropenem TDM in clinical practice allows modification of dosing in patients inadequately exposed to meropenem to maximize antibiotic efficacy and minimize the risk of antibiotic resistance, especially in renal alterations despite standard dose adaptations

    Acute varicella-zoster virus necrotizing meningoencephalomyelitis with sudden visual loss and paraparesis in an HIV-infected patient

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    We describe a case of acute varicella-zoster virus (VZV) hemorrhagic meningoencephalomyelitis in an HIV-infected patient. On admission the patient's CSF was mild haemorrhagic and xanthochromic after centrifugation and he had thoracic skin blisters. VZV DNA was isolated from both the thoracic blisters and CSF. Treatment consisted of aggressive antiviral, steroid and immunoglobulin therapy, which was able to stop disease progression. The patient survived but was left blind and paretic. In conclusion, a diagnosis of CNS infection caused by VZV, based upon CSF analysis and examination of the skin for typical blisters, requires aggressive empiric antiviral therapy in order to maximise patient survival

    Micafungin for Candida albicans pacemaker-associated endocarditis: a case report and review of the literature

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    We report on the treatment with micafungin of a pacemaker-associated endocarditis due to Candida albicans. Antifungal therapy was able to reduce vegetation size from 5 to 1 cm making possible the transvenous removal of the device without a high risk of pulmonary embolism. Noteworthy, a high micafungin concentration was documented into the lead vegetation (10 mu g/g of vegetation tissue) and this may have contributed to the striking size reduction of vegetation
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