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    Effects of arbuscular mycorrhizal symbiosis on nitrogen dynamics in Mediterranean agro-ecosystems

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    Le simbiosi arbuscolo micorriziche (AM) sono formate dai funghi appartenenti al phylum Glomeromicota e piante superiori. Le simbiosi (AM) sono caratterizzate dalla penetrazione attiva del fungo dentro negli spazi intercellulari della cortaccia radicale e dalla formazione di strutture di scambio (chiamate ‘arbuscoli’) all’interno della parere cellulare. Gli arbuscoli sono strutture ramificate formate dal fungo AM all’interno della cellula vegetale invasa e sono indubbiamente gli organi chiave della simbiosi. Durante la loro formazione, la cellula vegetale si trasforma radicalmente. In particolare, la membrana cellulare si invagina e una membrana periarbuscolare con una ampia superficie di scambio tra pianta e fungo viene sintetizzata attorno all’arbuscolo e in continuo con la membrana cellulare stessa. Molti complessi enzimatici, soprattutto transporters, vengono sintetizzati dal fungo e dalla pianta sulla membrana periarbuscolari e sono responsabili di un intenso scambio di nutrienti e di segnali tra pianta e fungo. In continuum con la rete di ife intracellulari, il fungo AM forma una rete di ife extracellulari atte all’assorbimento di nutrienti dal suolo. Nella simbiosi AM vi è un trasporto netto di zuccheri dalla pianta verso il fungo e di nutrienti minerali dal fungo AM verso la pianta. La simbiosi comporta un costo energetico che va dal 4% al 20% del carbonio fissato dalla pianta, ma nel complesso non deprime lo sviluppo della pianta in quanto ne stimola l’attività fotosintetica. Lo stimolo della fotosintesi da parte della simbiosi AM è dovuto sia alla maggiore disponibilità di nutrienti, soprattutto quelli insolubili, per la pianta grazie all’attività di assorbimento delle ife extraradicali del fungo AM, sia a uno stimolo diretto del fungo sull’attività fotosintetica. Lo stimolo diretto dell’attività fotosintetica da parte dei funghi dipende probabilmente dalla loro attività di sink di carbonio nelle radici, ma pochi studi sono ancora stati fatti in materia. La maggiore disponibilità di nutrienti assorbiti dalla pianta micorrizica rispetto alla pianta non micorrizica dipende sostanzialmente da una migliore esplorazione del volume di suolo grazie alla presenza delle ife extraradicali. Le ife extraradicali del fungo AM presentano diverse caratteristiche che le rendono più idonee dei peli radicali nell’assorbire nutrienti. Le caratteristiche sono sostanzialmente tre: 1. dimensioni notevolmente più piccole dei peli radicali (ife: 3-7 μm di diametro; peli radicali più piccoli: 5-20 μm di diametro); 2. possibilità di assorbire nutrienti in forma non disponibili per la pianta (es: fosforo e azoto in forme organiche); 3. maggiore efficienza nell’assorbimento dei nutrienti rispetto alle radici Al momento, la maggior parte degli studi hanno evidenziato i maggiori assorbimenti di fosforo in piante micorrizate rispetto al controllo non micorrizico. Tale vantaggio si concretizza soprattutto quando la pianta cresce in condizioni di scarse disponibilità di fosforo (es: terreni poco dotati o con condizioni tali che ne determinano l’insolubilizzazione) o quando la pianta cresce sotto stress abiotici. Secondo alcuni autori (Schweiger & Jakobsen, 1998) in campo le micorrize sono responsabili dell’assorbimento della maggior parte del fosforo della pianta. La simbiosi micorrizica è inoltre efficiente nell’assorbimento di azoto dal suolo. In particolare, il fungo AM assorbe soprattutto ioni ammonio, ma anche nitrato e piccoli amminoacidi. In seguito il fungo AM trasloca azoto alla pianta sotto forma di ammonio. Infine la simbiosi AM può stimolare l’attività di mineralizzazione dell’azoto attraverso una stimolazione diretta dell’attività batterica nel suolo oppure modificando gli essudati escreti dalla pianta. La presente tesi è stata finalizzata a ottenere informazioni riguardo il contributo della simbiosi AM nell’alleviare l’effetto degli stress abiotici (idrici e nutrizionali) in colture mediterranee (Trifoglio alessandrino e grano duro) e saggiare l’importanza delle micorrize nell’incrementare le disponibilità di azoto per le piante attraverso uno stimolo dell’attività di N fixation o dell’attività di mineralizzazione dell’N organico nel suolo. In particolare sono stati effettuati due esperimenti: il primo in campo per testare l’effetto della simbiosi AM sulla crescita e sul processo di azotofissazione del trifoglio alessandrino durante il ricaccio e sottoposto a condizioni di scarsa o buona disponibilità idrica. Il secondo esperimento ha invece saggiato l’ipotesi che la simbiosi AM possa incrementare le disponibilità di N per la pianta ospite attraverso uno stimolo dell’attività di mineralizzazione dell’N organico. RISULTATI E DISCUSSIONE PRIMA PROVA La coltura (micorrizata e non micorrizata, split-plot con 4 repliche) è stata sottoposta a due sfalci (a 76 e 116 giorni dalla semina [gds]) e quindi sottoposta al trattamento “disponibilità idrica” (alta e bassa). Viste le scarsissime piogge dell’anno, soprattutto in primavera (pioggia primaverile inferiore del 55% rispetto alla media poliennale), la coltura con alte disponibilità idriche è stata irrigata con 90 mm di acqua a partire dal secondo taglio. A partire dal secondo taglio, la crescita della coltura è stata monitorata con cadenza settimanale per 4 settimane. Al primo taglio (76 gds), la coltura micorrizata ha accumulato una maggiore quantità di sostanza secca nella biomassa radicale, in quella aerea e ha presentato un maggior LAI rispetto alla coltura non micorrizata. Al secondo taglio (116 gds), nessun effetto è stato riscontrato per il trattamento “micorrizzazione”). A cominciare dal secondo taglio, la coltura è stata sottoposta a due regimi di disponibilità idrica e il ricaccio è stato monitorato settimanalmente. Inoltre la % di N fization è stata stimata a 14 e 28 giorni dal taglio (met. diluzione isotopica, L. multiflorum come coltura di riferimento trattata in maniera identica al trifoglio). Il fattore micorrizazione si è concretizzato in una maggiore produzione solo a 21 e 28 giorni dal secondo taglio. In quest’ultimo rilievo (28 gds), le micorrize hanno determinato una maggiore produzione solo nella coltura sottoposta a scarse disponibilità di acqua (idricamente stressata), mentre nessun effetto della micorriza è stato riscontrato nella coltura non stressata (alte disp. idriche). La maggiore produzione delle colture inoculate con micorrize è stata rilevata in campo da altri autori (Al Karaki et al., 2004). Nella presente prova, l’assenza di un effetto della micorrizza sulla crescita del trifoglio a 7 e 14 giorni dal secondo taglio potrebbe essere dovuta a una competizione per le sostanze di riserva tra i nuovi germogli della pianta e le micorrize. In questa fase, infatti, le piante mobilitano le riserve dal fittone e dalla corona verso i germogli (Ta et al., 1990; Ourry et al., 1994; Volenec et al., 1996; Avice et al., 1997; Meuriot et al., 2004), quindi riducendo al disponibilità di nutrienti per le micorrize che a loro volta non hanno stimolato la crescita della coltura. D’altra parte, a 21 e 28 giorni dal secondo taglio, quando la coltura ha già ricostituito l’apparato fotosintetizzante per soddisfare la domanda in zuccheri della micorriza, una maggiore crescita è stata osservata nella coltura micorrizata rispetto a quella non micorrizzata. A 14 giorni dal secondo taglio, nessun effetto della micorrizzazione è stato riscontrato sulla % e sulla quantità di N fissato dall’atmosfera, mentre a 28 giorni dal secondo taglio la micorrizzazione si è concretizzata in una maggiore quantità di N fissato solo nella coltura sottoposta a stress idrico. Risultati simili sono stati ottenuti da altri autori (Schoeneberger et al., 1989; Olesniewicz & Thomas, 1999; Goss & de Varennes, 2002; Antunes et al., 2006b) i quali, in moti casi, hanno attribuito il beneficio della simbiosi AM al processo di azotofizzazione alla migliore acquisiszione di fosforo nella pianta micorrizzata rispetto alla non micorrizata (Barea & Azcón, 1983). Inoltre Porcel et al. (2003) hanno osservato una maggiore attività della nitrogenasi nella soia AM rispetto alla soia non inoculata, con effetti più evidenti in condizioni di stress idrico. RISULTATI E DISCUSSIONE SECONDA PROVA La prova è stata effettuata in vaso. I trattamenti sono stati: micorrizzazione (+ G.mosseae; controllo non micorrizzato); aggiunta di sostanza organica (+ foglie di mais arricchite in 15N; + radici di mais arricchite in 15N; controllo senza aggiunta di sostanza organica). I trattamenti sono stati replicati 12 volte e l’analisi distruttiva delle piante (frumento duro cv. Simeto) è avvenuta a 7, 9 e 13 settimane di crescita. Negli stessi rilievi, l’attività enzimatica di degradazione dell’N organico nel suolo è stata misurata con i seguenti saggi: caseinasi (idrolisi di proteine in amminoacidi); BAA-proteasi e ureasi (idrolisi di amminoacidi in urea, si tratta di enzimi concorrenti); desidrogenasi (attività di respirazione totale dei batteri del suolo). Una soluzione nutritiva Hoagland modificata (10% N strenght e senza P) è stata applicata alla dose di 5 ml vaso-1 5 giorni-1. Una maggiore produzione (+15,6%) e N uptake (+15%) è stata osservata nella coltura AM rispetto alla coltura non micorrizzata. Ad ogni modo, nessun effetto della micorrizzazione è stato osservato sulla % di azoto delle piante. Altre ricerche hanno mostrato che l’effetto della simbiosi micorrizica sulla crescita del frumento è variabile (Al-Karaki & Al-Omoush, 2002; Li et al., 2005 and 2006) è può spaziare da un effetto depressivo a un effetto di forte stimolo. In generale, la simbiosi AM migliora l’N uptake del frumento in quanto accresce la capacità esplorativa e l’efficienza di assorbimento dell’N minerale (Miyasaka & Habte, 2001). Tale miglioramento è inoltre più evidente quando pianta e fungo AM non esplorano lo stesso volume di suolo (Hodge et al., 2001). La micorrizzazione ha praticamente dimezzato la % di azoto proveniente dalla sostanza organica e l’N recovery fraction del frumento. Al contempo, una maggiore attività di respirazione e proteolitica del suolo è stat osservata nella coltura micorrizzata rispetto al controllo non micorrizzato. In teoria, la maggiore attività proteolitica avrebbe dovuto implicare una più alta disponibilità di N proveniente dalla sostanza organica per le piante, il che avrebbe dovuto accrescere (e non diminuire) sia l’N recovery fraction che la % di N proveniente da SO. Anche Hodge et al. (2000b) ha osservato che una maggiore decomposizione dell’N organico nei trattamenti +AM rispetto al controllo –AM non era legata a un maggiore N recovery fraction. È possibile che nel sistema in esame, piante e microorganismi abbiano presentato una competizione differenziata per le diverse fonti di N: le piante micorrizzate sono state più efficienti nell’assorbire l’N minerale, mentre i batteri sono stati più efficienti nell’assorbire e metabolizzare l’N proveniente da sostanza organica. In tali condizioni, le piante micorrizzate hanno rapidamente esaurito le riserve minerali di N nel suolo e ciò ha stimolato i batteri a secernere enzimi proteolitici per far fronte alle proprie necessità di N. Di fatto, le proteasi batteriche sono enzimi inducibili secreti in relazione diretta al rapporto tra N organico e inorganico nel suolo (Gill & Modi, 1981; Chrost, 1991). Inoltre, nel breve periodo, i batteri sono più competitive delle piante a competere per l’azoto proveniente da SO (Nadelhoffer et al., 1985; Kaye & Hart, 1997; Hodge et al., 2000a) e quindi la riduzione dell’N recovery fraction può essere dovuta a un temporaneao sequestro dal sistema di N da SO organica da parte dei batteri. A conferma indiretta di questa ipotesi, Hodge (2003) ha osservato che dopo la raccolta, una più alta quantità di N mineralizzato dalla SO era presente nel suolo di piante micorrizzate rispetto a quello di piante non micorrizzate. CONCLUSIONI In entrambe le prove, la simbiosi micorrizzica è stata fondamentale nel determinare una maggiore crescita e accumulo di N in colture sottoposte a stress abiotici (idrici o nutrizionali). Nessun effetto è stato comunque riscontrato sulla concentrazione in N delle biomasse analizzate. Nella prova di campo, la simbiosi AM ha migliorato la produzione e il processo di N fixation solo in condizioni di stress idrico e non quando la coltura è stata allevata con alta disponibilità idrica. Negli ambienti mediterranei semiaridi, le colture autunno vernine soffrono spesso condizioni di siccità durante la fase finale del ciclo colturale, quindi nella scelta delle pratiche agronomiche da adottare, una particolare attenzione dovrebbe essere posta nell’effetto delle stesse sulla popolazione naturale di micorrize. Inoltre, l’inoculo del suolo con ceppi di funghi micorrizici efficienti nel ridurre gli stress idrici potrebbe essere una fruttuosa pratica agronomica nei nostri ambienti. Nella prova in vaso, la simbiosi ha determinato una maggior produzione, N uptake e una più alta attività enzimatica del suolo, la quale è direttamente correlata con la qualità del suolo stesso. La maggiore attività enzimatica, tuttavia, non ha presentato relazione con un cambiamento qualitativo della comunità microbiaca, il che suggerisce un effetto diretto delle micorrize sul processo di decomposizione dell’N organico

    SEMINBIO®: Innovative seeder for weed control in cereals (OK-Net Arable Practice abstract)

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    Trials with the SEMINBIO® seeder in southern and central Italy showed that the seeder’s sowing layout increased wheat yield, irrespective of the weed presence, and decreased weed development, if weeds were present, compared to ordinary seeders. Practical recommendation - The SEMINBIO® seeder is still at a prototype stage, but it will soon be commercially manufactured. - The SEMINBIO® seeder can be combined with the harrow weeder or any other weeding strategy to obtain an augmented weed control effect

    Vertisols and cambisols had contrasting short term greenhouse gas responses to crop residue management

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    In sustainable agriculture crop residues management should consider the interactions between soil and residue properties, which can affect the decomposition and global greenhouse gases (GHGs) emission. Through a laboratory experiment, we investigated the effect of the management (incorporation and surface placement) of wheat and faba bean residues on their decomposition and CO2, CH4 and N2O emissions from two soils, a Chromic Vertisol and an Eutric Cambisol. In the Vertisol, wheat residues increased the CO2 emission more than faba bean when left on the surface whereas no differences among residues were observed when incorporated. In the Cambisol, faba bean emitted more than wheat when left in the surface and less when incorporated. Total CH4 emissions were higher in faba bean in Cambisol for both management and only when applied in the surface in Vertisol. Total N2O emission in the Vertisol was higher when faba bean was incorporated, and wheat was left on the surface. In the Cambisol, wheat addition increased total N2O emissions by 20% compared to faba bean, with no differences between managements. Our study confirmed that contrasting properties among tested soils resulted in significant interactions with residues own degradability and their placement affecting residue decomposition, soil C and N dynamics, and GHGs emission

    Ethylene and Chitosan Affected the Seed Yield Components of Onion Depending More on the Dose than Timing of Application

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    (1) Background: the production of onion seeds is limited by the competition between seeds and the vegetative organs and by scape lodging. However, information on the effects of plant growth regulation on onion seed production is scarce. Aim of the present study was to evaluate the seed yield components and germination ability of onion seeds as affected by the timing and dose of an ethylene application, a plant growth regulator able to modulate shoot–flower competition; and chitosan, an elicitor of plant defense mechanisms able to increase its tolerance to various stresses. (2) Methods: Onion was treated with ethylene at the recommended dose (100% RD) of a commercial product, at 150% RD in two contrasting phenological phases or untreated (control), or ‘with’ or ‘without’ chitosan, and the seed yield components and germination trend were measured. (3) Results: 100% RD at an early phase of growth did not influence the seed yield and increased the thousand seed weight (TSW) by 3.2%. The application of 150% RD decreased the seed yield by 33.5%, and this occurred irrespective of the timing of application. Such decreases were due to a reduction in the number of seeds per flower. The application of chitosan did not affect the crop at 100% RD and increased the seed yield and slightly increased, but not significantly, the TSW under 150% RD. Germination of the fresh seed was 92%, and 17 months of aging reduced it by 14%, with no effects of the treatments on the germination pattern. (4) Conclusions: the ethylene application mostly affected TSW but not the yield, whereas high doses of ethylene reduced yields irrespective of the timing of application. Such a result may have been due to a delay in the flowering onset that occurred in a relatively dry month. Chitosan sustained its yield when the yield potential was reduced by 150% RD, and such a result was likely due to physical protection from the transpiration since the synthetic fungicides applied did not likely allow the pathogens to infections. These results have implications for establishing the timing and dose of application of plant growth regulators and elicitors in seed onions to sustain the seed quality

    Nitrogen uptake and nitrogen fertilizer recovery in old and modern wheat genotypes grown in the presence or absence of interspecific competition

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    Choosing genotypes with a high capacity for taking up nitrogen (N) from the soil and the ability to efficiently compete with weeds for this nutrient is essential to increasing the sustainability of cropping systems that are less dependent on auxiliary inputs. This research aimed to verify whether differences exist in N uptake and N fertilizer recovery capacity among wheat genotypes and, if so, whether these differences are related to a different competitive ability against weeds of wheat genotypes. To this end, 12 genotypes, varying widely in morphological traits and year of release, were grown in the presence or absence of interspecific competition (using Avena sativa L. as a surrogate weed). Isotopic tracer 15N was used to measure the fertilizer N uptake efficiencies of the wheat genotypes and weed. A field experiment, a split-plot design with four replications, was conducted during two consecutive growing seasons in a typical Mediterranean environment. In the absence of interspecific competition, few differences in either total N uptake (range: 98–112 kg N ha–1) or the 15N fertilizer recovery fraction (range: 30.0–36.7%) were observed among the wheat genotypes. The presence of competition, compared to competitor-free conditions, resulted in reductions in grain yield (49%), total N uptake (29%), and an 15N fertilizer recovery fraction (32%) that were on average markedly higher in modern varieties than in old ones. Both biomass and grain reductions were strongly related to the biomass of the competitor (correlation coefficients > 0.95), which ranged from 135 g m–2 to 573 g m–2. Variations in both grain and biomass yield due to interspecific competition were significantly correlated with percentage of soil cover and leaf area at tillering, plant height at heading, and total N uptake, thus highlighting that the ability to take up N from the soil played a certain role in determining the different competitive abilities against weed of the genotypes

    Intra- and Inter-Population Genetic Diversity of “Russello” and “Timilia” Landraces from Sicily: A Proxy towards the Identification of Favorable Alleles in Durum Wheat

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    Climate change and global population growth call for urgent recovery of genetic variation from underexploited or unexplored durum wheat (Triticum turgidum ssp. durum) landraces. Indeed, these untapped genetic resources can be a valuable source of favorable alleles for environmental adaptation and tolerance or resistance to (a)biotic stress. In southern Italy, in addition to the widespread modern and highly productive durum wheat cultivars, various landraces have been rediscovered and reused for their adaptation to sustainable and low-input cropping systems and for their peculiar qualitative characteristics. Sicily is a semiarid area rich in landraces, some of which are independently reproduced by many farmers. Among these, “Timilia” and “Russello” have been independently grown in various areas and are now cultivated, mostly under organic systems, for their hypothetical greater benefits and height, which give them a high level of competitiveness against weeds despite their low yield potential. So far, there is little information on the genetic variations of “Timilia” and “Russello” despite their putative origin from a common funder. This work aims to dissect the genetic variation patterns of two large germplasm collections of “Timilia” and “Russello” using SNP genotyping. The analysis of intra- and inter-population genetic variation and the identification of divergent loci between genetic groups showed that (i) there are two “Russello” genetic groups associated with different Sicilian geographical areas, which differ in important traits related to gluten quality and adaptation, and (ii) the individuals of “Timilia”, although presenting wide genetic variation, have undergone a conservative selection, likely associated with their distinctive traits. This work paves the way for a deeper exploration of the wide genetic diversity in Sicilian landraces, which could be conveniently exploited in future breeding programs, and points out that intra-population genetic diversity should be taken into account when ‘conservation varieties’ are to be registered in national registers of crop
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