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Interessi cittadini, finanze regie e istituzioni parlamentari nella Sardegna del tardo Medioevo
Il saggio si propone di ricostruire, partendo dalla storiografia sul tema e attraverso l’esame degli atti dei Parlamenti del Regno di Sardegna convocati da Alfonso V nel 1421 e da Ferdinando II fra il 1481 e il 1504, il ruolo delle città all’interno dell’assemblea parlamentare, il rapporto tra le diverse realtà urbane ed il potere regio – rappresentato nell’isola dal viceré e dagli alti funzionari dell’amministrazione regia – , l’onere economico che stesse città si assumevano con l’approvazione del donativo. La documentazione parlamentare offre uno spaccato della Sardegna reale, con i sui conflitti e con i suoi molteplici problemi, soprattutto di natura economica, ai quali danno voce le città e più in generale le componenti stamentarie che siedono in Parlamento
Notai e notariato nella Sardegna del tardo Medioevo
L’arrivo in Sardegna dei Catalano-Aragonesi nel 1323-1326 e l’annessione alla Corona d’Aragona dei territori sino ad allora appartenuti al comune di Pisa, primo nucleo del regno di Sardegna e Corsica, favorì la progressiva affermazione dei notai iberici, di cultura e formazione giuridica catalana – come denunciano inequivocabilmente i formulari notarili ed i segni tabellionali –, e l’inesorabile allontanamento dei notai pisani e genovesi. Sin dalla seconda metà del Trecento sono numerosi i notai catalani, valenzani, maiorchini che giungono nell’isola e vi risiedono stabilmente per far fronte alle molteplici esigenze dell’amministrazione regia e di quella cittadina; la loro presenza è ancor più significativa e meglio documentata per il Quattrocento, quando una situazione politica ed economica particolarmente favorevole consentì loro di intraprendere nel regno di Sardegna carriere prestigiose, conquistando posti chiave negli uffici pubblici e raggiungendo posizioni sociali di alto livello, anche in virtù dell’esercizio della libera professione