61 research outputs found

    Penuria nominum and language rectitudo. Linguistic economy in Saint Anselm of Canterbury

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    The topics of language and dialectic argumentation have a pivotal role in Anselm’s thought. They constitute the theoretical context in which we proceeded with a semantic analysis of the term paupertas; it should be understood under a thought where logical-linguistic terms (appellatio, cogitatio vocum e rerum, significatio) are related to ethical and social principles as monastic silence and rectitudo, in particular. Indeed, Anselmian idea of poverty moves on the ridge between the paupertas as penuria nominum, typical of the human language merely capable of producing voces for the usus loquendi, and the Divine Word (Verbum), a “poor” word, where “poor” means unique, simple, pure and real. The Verbum will be, at the same time, a linguistic and ethical model for the human language to avoid the multiloquium and to properly connect words and things. Reduced to a line that directly moves from the word to his corresponding thing, the linguistic signification thins all his redundant references and becomes right, that is simple. This kind of language aims at the monastic silence of chapter six of the Regula Sancti Benedicti as his higher and very true form. So, the paupertas has to be intended, in the Anselmian philosophy of language, as a value against the mundane poverty of spirit, in the broader context of the Salvation of the soul’s economy

    Fuga saeculi. SpiritualitĂ  monastica e crisi della civiltĂ  nel pensiero tedesco del primo Novecento

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    In opposition to the mainstream of a contemporary thought dened as individualist and critical against the traditional values of Western Civilization, on one side,and to the reactionary recovery of a fake image of the Middle Ages, on the otherside, some authors of the early twentieth century belonging to the German lan- guage area found in the monastic spirituality and the medieval theological tra-ditions the source for thinking a new kind of society. Aim of this paper is, there- fore, to focus authors like Paul Landsberg, Hugo Ball, Martin Heidegger, RomanoGuardini, to show the crucial role of this philosophical tradition and his topics inthe discussions about a reformation of the contemporary society and a rethinkingof some principles of the Western Civilizatio

    Undoing the Past. Necessitas per accidens e logica temporale nel De divina omnipotentia

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    Peter Damian’s letter 119 De divina omnipotentia is characterized by two main issues: the dilemma about the God’s capacity to restore virginity to a woman and the question about the possibility of undoing the past. Despite the interweaving between these topics, they have to be distinguished in several respects. Aim of the paper will be, firstly, to isolate the two questions, starting with their textual loci; secondly, to focus on the dilemma about the divine capacity to undoing the past, showing that the key of Peter Damian’s argument is the concept of eternity as an epistemic principle, that allows him to define the omnipotence, in the case of the action on temporal necessity, as a sort of second level property of God; finally, to compare the Damian’s solution with some contemporary theories, developed during the debate on omnipotence in the second half of the 20th century, in order to find continuity and discontinuity factors that can help to better understand the coherence and effectiveness of medieval and contemporary arguments

    Il demone sottile. Scienza e mito dell'intelligenza diabolica

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    La storia di un’idea che ha attraversato i secoli, dal mondo pagano e poi cristiano fino alle soglie dell’età contemporanea, passando per il lungo millennio medievale: l’intelligenza del diavolo, che si manifesta nella preveggenza e in capacità cognitive fuori dal comune. Ma qual è la natura di questo potere? Com’è possibile che Lucifero, principe degli angeli e sommamente sapiente, abbia peccato? E ciò significa che l’intelligenza è intrinsecamente demoniaca? Conoscenza e bontà possono convivere, e si può essere al contempo intelligenti e malvagi, o addirittura malvagi perché intelligenti? Tutti interrogativi che si raccolgono attorno alla figura teologica del diavolo e al suo “scandaloso” potere cognitivo. Una questione che si muove tra filosofia, teologia, letteratura, scienza e mito, tessendo le fila di una storia intellettuale che vede spesso come protagonisti autori e testi poco noti, ma capaci di raccogliere il testimone di auctoritas come Agostino d’Ippona e Anselmo d’Aosta, Dante e Tommaso d’Aquino, Cartesio e Voltaire

    Sull'onnipotenza divina di Pier Damiani

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    Composta attorno al 1065-1067, la lettera "Sull’onnipotenza divina" di Pier Damiani si apre con una questione posta da Desiderio, abate di Montecassino: «Sebbene Dio possa ogni cosa, non può restituire la verginità a colei che l’ha perduta. Egli ha certamente il potere di liberarla dalla pena, ma non può ridarle la corona della verginità che ha perduto». Il problema, che Pier Damiani riprendeva dalla lettera XXII di san Gerolamo, è solo in apparenza ozioso: il monaco ravennate ne fa un’autentica questione filosofica, un “esperimento mentale” che solleva domande cruciali sulla natura del tempo e sul rapporto tra necessità e contingenza, leggi divine e princìpi logici, natura divina e natura umana. Il volume, a cura di Roberto Limonta, presenta la traduzione del De divina omnipotentia con note e testo latino a fronte. La prefazione di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri e il saggio introduttivo di Roberto Limonta ricostruiscono la lunga durata della questione posta da Pier Damiani, dai dibattiti teologici dei secoli medievali sino alle sue fortune nella filosofia, teologia e letteratura contemporanea

    Audenter loquor. Esperimenti mentali e controfattualitĂ  nel De divina omnipotentia

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    Beginning in the 1990s, the medieval historiography has devoted increasing attention to the presence of thought experiments in the medieval philosophical sources. Following the line drawn by King, Perler, Grellard and Marenbon studies, this paper aims to use the concept of thought experiment as an historiographical category to explore the issues of Peter Damian’s dilemma, in the chapter I of De divina omnipotentia, about the capacity of the divine power to restore the virginity of a maiden who has lost it. In this perspective, the case of the virgin appears as a counterfactual scenario, that makes us understand how the question is not metaphysical but fundamentally epistemological. Peter Damian is not discussing about possible boundaries of God’s nature: he is rather arguing about the inability of the dialectic arguments to explain the omnipotence, in an attempt to define the cognitive and linguistic modes under which the human intellect could comprehend the virgin’s dilemma. The crucial step is the shift from possibilitas – intended as a statistical approach to the possible as “potential” – to potentia as a metaphysical attribute, regardless of her actualization: in this way, Peter Damian lifts the question up from the level of the human will, which often fails to grasp his objects, to the divine form of the will, which unfailingly achieves his objectives

    Leggere, meditare, contemplare: filosofia e monachesimo nel medioevo

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    This chapter analyses the monastic ways of philosophizing in the High Middle Age

    Scotus, Durandus et Nominales. Prescienza e natura dei demoni nell'Exercitium academicum circa praescientia daemonum expendendam occupatum

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    L’Exercitium academicum circa praescientiam daemonum (1666), pubblicato nella riformata Jena, tematizza una questione dibattuta nella Scolastica fra XIII e XIV secolo ma le cui radici risalgono ad Agostino d'Ippona, cui si deve il primo testo sull'argomento: la prescienza dei demoni. L'analisi segue la traccia del De divinatione daemonum agostiniano, mentre appare critica nei confronti delle posizioni di Tommaso d'Aquino e dei tomisti. Ad esse, in particolare riguardo alla natura delle facoltà intellettive demoniche, egli contrappone Giovanni Duns Scoto, Durando di san Porziano e non meglio specificati nominales, accomunati in un indistinto riferimento alla teoria delle species. Ciò non toglie che il testo segua poi Tommaso nell'articolazione delle forme di prescienza dei demoni e nella definizione di questa come conoscenza congetturale. Scopo del nostro intervento sarà infatti mostrare, attraverso l'analisi che per la prima volta sarà condotta sul testo, lo spaccato di una comunità conversazionale nella quale le linee di forza e le distinzioni che animano il dibattito si mostrano autonome rispetto alle posizioni storiche di cattolici e riformati. Nell’Exercitium, Duns Scoto è contrapposto ai tomisti e, con Agostino e Durando di san Porziano – che costituisce una fonte comune del dibattito secentesco insieme a Bonaventura, Aureolo, Suarez, Vazquez, Gregorio di Valencia, e in tale veste sarà ripreso di lì a poco da Leibniz -, è cooptato tra gli autori a sostegno della sua tesi. Lungi dall'essere un esercizio di eclettismo o la stanca ripetizione di formule scolastiche, lo scritto getta luce su un dibattito universitario nel quale le fonti sono usate non come auctoritates ma quale repertorio di teorie da smontare e rimontare; ad esse l’Exercitium attinge per soluzioni che si definiscono in relazione a finalità filosofiche o dottrinali, ma non politiche né confessionali

    Metter le brache al mondo. Compatibilismo, conoscenza e libertĂ 

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    È possibile ammettere, pensare e addirittura verificare che una cosa che sia accaduta nel passato possa non essere più accaduta in un momento presente? Ad esempio, si può, oggi, fare in modo che Roma non sia mai stata fondata? Come è possibile mutare la regolare causalità degli accadimenti di quel passato – il nostro e quello degli uomini che ci hanno preceduti – che sembra essere fondato sui vincoli di una strettissima necessità? E che dire quando questo sconvolgimento dell’ordine del mondo arriva a toccare anche le possibilità logiche o le scelte di un “Divin Fattore”? D’altro canto, se ribaltiamo il discorso e ci volgiamo al futuro, sapere che qualcuno conosce in anticipo che ogni cosa avverrà o non avverrà, e come e quando, non limita forse la nostra libertà? Quale strada scegliere, allora? Abbandonare il principio di contraddizione, su cui è fondata la nostra logica, oppure lasciar cadere il predicato dell’onnipotenza e dell’onniscienza, che garantiscono a Dio di affacciarsi sulla scena del mondo contingente – quello che noi, qui e ora, vediamo e tocchiamo prima ancora di rappresentarcelo in modo astratto – cambiandolo a suo piacimento? O dovremo abbandonare il principio di un agente divino capace di sapere ogni cosa in anticipo, perché fuori dal tempo e tale da poter cambiare l’ordine nel quale siamo stati gettati? Dovremo forse limitarne la potenza a quella di un orologiaio sottomesso alle leggi che egli stesso ha creato per regolare il mondo? Oppure rinunciare alla capacità di agire diversamente da come si agisca, di dialogare con chi agisce secondo schemi e modelli di credenza radicalmente, o parzialmente diversi dai nostri, o anche solo di pensarlo e di immaginarlo possibile? Insomma, ci sono più cose in cielo e in terra o nella filosofia? Le domande si succedono l’una all’altra come le teste dell’Idra di Lerna, che ricrescevano dalla radice una volta tagliate*. Per usare un celebre modo di dire, molto usato nella filosofia italiana del secolo scorso, sembra quasi che si voglia in questo modo “mettere le brache al mondo”. La costellazione di temi e questioni che si viene così definendo è espressa filosoficamente con il termine “compatibilismo teologico” e riguarda in generale la possibilità che siano conciliabili, in modo tale che l’esistenza dell’uno non implichi la necessaria negazione dell’altro, la necessità dell’ordine del mondo, e con esso l’onnipotenza e la prescienza proprie di un soggetto divino come quello delle grandi religioni monoteiste, da una parte, e la contingenza degli accadimenti, e dunque la libertà umana di autodeterminarsi e di poter agire diversamente da come agisce, dall'altra. All’interno di una tradizione generalmente orientata a privilegiare l’aspetto etico del problema e a ragionare dunque a partire dal fondamento indiscusso del libero arbitrio, abbiamo scelto invece di affrontare le soluzioni di quegli autori che hanno individuato la chiave per affrontare il dilemma compatibilista in una prospettiva legata ad atteggiamenti di natura epistemica, come “credere”, “conoscere”, “sapere”, e percettiva, come “vedere”

    Il Trattato sulla predestinazione e prescienza divina rispetto ai futuri contingenti di Guglielmo di Ockham

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    Il Tractatus de praedestinatione et de praescientia Dei respectu futurorum contingentium, composto da Guglielmo di Ockham tra il 1321 e il 1324, costituisce uno snodo cruciale nelle discussioni medievali sul tema del fatalismo teologico e sulle questioni che vi sono implicate, come la conoscenza dei futuri contingenti e il compatibilismo tra prescienza divina e libero arbitrio. Raccogliendo e ripensando fonti di diversa provenienza, Roberto Grossatesta e Pietro Lombardo in primis, il Venerabilis inceptor sposta il problema sul piano epistemologico e linguistico, affrontandolo dal punto di vista di un’analisi proposizionale degli enunciati che parlano dei contingenti futuri. In questo modo egli affida agli strumenti dell’argomentazione logica e dell’indagine semantica il compito di sciogliere le implicazioni teologiche della questione, in una teoria che garantisca al contempo la prescienza di Dio e la libera volontà umana. Il principio della soluzione ockhamiana, che costituirà un punto di riferimento – pro o contro – nei dibattiti teologici del XIV secolo, consiste nell’intreccio tra analisi proposizionale e logica fidei, in nome di una soluzione pragmatica del dilemma compatibilista: come mostra il caso esemplare della profezia, gli enunciati della scienza divina costituiscono i postulati di una logica della credenza che poi procede da quelle premesse, attraverso una catena argomentativa, a formulare i precetti che guideranno i passi del cristiano nel mondo. Il volume rende disponibile per la prima volta al lettore non soltanto la prima traduzione in italiano del Tractatus, ma anche un ricco apparato di testi (le distinctiones 38, 39 e 40 dell’Ordinatio, i capitoli 7 e 27 della Summa Logicae, la quaestio IV.4 dei Quodlibeta, le Quaestiones in Libros Physicorum 41 e 44, il prologo della Expositio in libros Physicorum e un estratto dalla Expositio in Librum Perihermeneias Aristotelis) che consente di ricostruire in modo coerente una teoria ockhamiana della contingenza e di gettare luce su una nuova interpretazione del pensiero del teologo e filosofo inglese
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