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Inclusive Service Delivery in Jesuit Secondary Education: A case study of the Rodriguez Learning Services Program at Manresa Prep
The documents and rhetoric of Jesuit Catholic education speak frequently of care for the individual (cura personalis) and caring for those most in need. Frequently, however, students with learning disabilities are admitted to Jesuit Catholic schools without any consideration as to whether the school can address a student’s individual learning needs. This study examined one particular program at one particular school – Rodriguez Learning Services at Manresa Prep -- that attempts to offer accommodations to students with learning disabilities. Through interviews and observations over a six-week period with students, faculty, staff, administration, and alumni, the study sought to identify whether inclusive services were being offered to the students in Rodriguez Learning Services, and what connection those services had to the mission of Jesuit Catholic education. Data revealed that students did indeed receive an inclusive Jesuit Catholic education with accommodations appropriate to their learning needs. Additionally, staff members, alumni, and current students clearly articulated the connection between the work of Rodriguez Learning Services and the mission of Manresa Prep as a Jesuit Catholic School. All constituent groups acknowledge the need for greater trust and collaboration between classroom teachers and learning specialists. The lack of clear communication leads to an erosion of trust between learning specialists classroom teachers, which affects the experience of students in Rodriguez Learning Services
Dating of marine sediments by using unsupported 210Pb method
In the framework of a more general study on marine species in sediments, it was necessary to obtain a time calibration of the different sections of the sampled sediment columns, both to estimate the pollution of the sediments and, particularly, to study the migration of foraminifers within the column.
The method of the unsupported 210Pb, i.e. whose activity is not derived from the radioactive decay of its 226Ra parent, has been used. Since the activity of the supported 210Pb can be determined from the activity of 226Ra, the unsupported 210Pb activity can be calculated as the difference between 210Pb total and 226Ra activities. The unsupported 210Pb decays with its own half-life time, equal to 22.3 years, so being very suitable to the aim of dating the sediment column we are interested in.
The 226Ra activity has been determined through high performance gamma spectrometry with a low-energy detector of 214Pb gamma emission (351.9 keV), after secular equilibrium has been reached. The activity of 210Pb was determined by its 46.5 keV gamma emission.
As experimental test, the age of a column taken in the Palermo bay (Sicily) has been estimated being about 50 years and the average sedimentation rate as equal to about 0.6 cm y-1. Goodness of dating has been checked measuring the 137Cs activity in the same sediment column. Using the above sedimentation rate, the maximum in cesium activity vs. year can be estimated to occur around the year 1986, obviously due the Chernobyl event
Impiego di un sistema spettrometrico gamma portatile basato su uno scintillatore LaBr3(Ce)
La risoluzione energetica di uno scintillatore LaBr3(Ce) è decisamente superiore (<3% a 662 keV) rispetto a quella di un più tradizionale scintillatore NaI(Tl) anche se ancora decisamente non comparabile con quella dei rivelatori a Ge. Questa caratteristica del rivelatore, oltre il ridotto tempo di risposta, lo rende adatto per misure “in situ” specialmente quando è importante l’individuazione rapida in uno spettro gamma di manifestazioni fotoelettriche con energia molto prossime tra loro (individuazione di sorgenti o rifiuti radioattivi, misure nel campo delle salvaguardie nucleari, …). Una significativa limitazione nel suo impiego è tuttavia rappresentata dalla elevata radioattività intrinseca che, per determinati range energetici e per alcune tipologie di misura di materiali di origine naturale (es. NORM, materiali da costruzione, suoli, ..), influisce direttamente sui limiti di rivelazione del sistema di misura. Un caso tipico è quello della determinazione, in alcune matrici ambientali, della concentrazione di 40K la cui emissione gamma interferisce con quella del 138La, naturalmente presente all’interno del rivelatore. Fortunatamente questa limitazione non è rilevante nel range energetico 60-1200 keV, in cui ricadono le energie delle principali emissioni gamma di molti radioisotopi naturali e artificiali.
In questo lavoro, dopo aver predisposto un sistema spettrometrico gamma portatile basato su uno scintillatore 2”×2” LaBr3(Ce) della Saint-Gobain (BrilLianCe™380) associato a una interfaccia USB- Multicanale (1024 canali) Digibase della ORTEC, con alimentazione indipendente (tramite batterie ricaricabili), sono state valutate le possibilità di impiego e la sua versatilità tramite misure spettrometriche gamma di varia tipologia: dalla identificazione e quantificazione di radioisotopi in diversi materiali, all’esame dei filtri di verifica della contaminazione in sorgenti di alta attività (smear tests), dalle misure per caratterizzare rifiuti radioattivi o prodotti attivati in pezzi provenienti dalla manutenzione di un ciclotrone per uso medicale alla identificazione di composti di torio o uranio e del relativo arricchimento, etc.
Il sistema spettrometrico è risultato, in conclusione, particolarmente versatile potendosi ritenere molto promettente il suo impiego in tutte quelle applicazioni in campo ove non è possibile o risulta molto complicato impiegare un rivelatore a semiconduttore. La sensibilità dello strumento, per le dimensioni degli scintillatori che oggi si riescono a costruire, risulta molto prossima se non superiore ai sistemi di misura portatili più comuni mentre la compattezza, leggerezza e i contenuti consumi energetici ne favoriscono l’utilizzo in campo
Valutazioni di efficienza di rivelatori HPGe con il codice MCNP5
Sono presentate alcune simulazioni con il codice MCNP5 di rivelatori di fotoni di tipo HPGe (High Purity Germanium) per la valutazione di efficienze per alcune geometrie usualmente impiegate in misure di tipo radioprotezionistico (Marinelli beakers, a disco, etc). Il modello del rivelatore è validato mediante confronti con determinazioni sperimentali di sorgenti puntiformi calibrate di tipo “single line”, caratterizzate dalla emissione di un solo fotone gamma per disintegrazione. L’ottimizzazione è realizzata valutando in tutto il range energetico di interesse le differenze tra i valori simulati e sperimentali di efficienza, sia fotoelettrica che totale, al variare di alcuni dei parametri caratteristici del rivelatore, tra cui in particolare lo spessore dello strato morto e la distanza del cristallo dal rivestimento esterno (end cap). Differenze confrontabili con le incertezze statistiche delle misure possono ottenersi, adottando i parametri più adatti, in range energetici abbastanza ristretti. Differenze più significative si hanno invece se gli stessi parametri, opportunamente mediati, sono utilizzati per la simulazione in range energetici più estesi, con errori qualche volta superiori al 5% e spesso con caratteristiche di sistematicità .
Una volta determinato il modello di rivelatore più aderente alla realtà sperimentale, possono facilmente derivarsi i pertinenti valori di efficienza fotoelettrica e totale per varie energie e per sorgenti puntiformi. Con adatte interpolazioni e/o integrazioni possono ancora ottenersi valori di efficienze per sorgenti a disco (geometria tipica di alcuni filtri per smear tests), per la geometria “a pacchetto” tipica dei filtri impiegati per campionamenti di particolato atmosferico, per contenitori Marinelli di varie dimensioni, questi ultimi largamente impiegati per misure di attività radionuclidiche in liquidi, terreni, sabbie, etc.
Una applicazione significativa della simulazione Monte Carlo con MCNP5 riguarda la valutazione dei fattori di correzione per coincidenze-somma per sorgenti volumetriche che, come è noto, possono risultare significativi in relazione allo schema di decadimento del nuclide, all’efficienza del rivelatore e alla geometria di misura adottata (distanza tra sorgente e rivelatore). Nelle sorgenti di volume l’effetto è attribuibile a fotoni emessi dallo stesso punto della sorgente e pertanto, per la valutazione dei pertinenti fattori di correzione, è necessaria la conoscenza dell’andamento dell’efficienza (fotoelettrica e totale) all’interno del campione in funzione della distanza dal rivelatore. La determinazione di tali andamenti può realizzarsi tramite numerose e difficili determinazioni sperimentali o, con una relativa maggiore facilità , tramite una simulazione Monte Carlo. I risultati ottenuti, abbastanza soddisfacenti e confrontabili con alcune determinazioni sperimentali, conducono a concludere che la simulazione di rivelatori HPGe con il codice MCNP5 rappresenta, in assenza di sorgenti standard con caratteristiche fisiche e geometriche analoghe a quelle dei campioni da misurare, una valida tecnica di determinazione delle efficienze
CD3 immunohistochemistry is helpful in the diagnosis of giant cell arteritis
To evaluate whether CD3 staining performed routinely on temporal artery biopsy specimens might improve the sensitivity of temporal artery biopsy in patients with biopsy-negative GCA
Differences between panoramic and Cone Beam-CT in the surgical evaluation of lower third molars
The aim of this study was to evaluate the ability to identify the contiguity between the root of the mandibular third molar and the mandibular canal (MC) in panoramic radiographs compared with Cone Beam-CT.
Panoramic radiographs of 326 third molars and CBCT radiographs of 86 cases indicated for surgery and considered at risk were evaluated. The following signs were assessed in panoramic radiographs as risk factors: radiolucent band, loss of MC border, change in MC direction, MC narrowing, root narrowing, root deviation, bifid apex, superimposition, and contact between the root third molar and the MC.
Radiographic signs associated with absence of MC cortical bone are: radiolucent band, loss of MC border, change in MC direction, and superimposition. The number of risk factors was significantly increased with an increasing depth of inclusion. CBCT revealed a significant association between the absence of MC cortical bone and a lingual or interradicular position of the MC.
In cases in which panoramic radiographs do not exclude contiguity between the MC and tooth, careful assessment the signs and risks on CBCT radiographs is indicated for proper identification of the relationships between anatomic structures
Alcoholic liver cirrhosis, more than a simple hepatic disease – A brief review of the risk factors associated with alcohol abuse
Liver cirrhosis is a significant public health problem, being an important cause of mortality and morbidity, responsible for approximately 1.8% of the total number of deaths in Europe. Chronic alcohol consumption is the most common cause of liver cirrhosis in developed countries. Europe has the highest level of alcohol consumption among all the global World Health Organisation (WHO) regions. In this paper, we briefly review major factors leading to excessive alcohol consumption in order to draw attention to the fact that alcoholic liver cirrhosis is more than a simple liver disease, and if those risk/causal factors can be prevented, the incidence of this disease could be reduced greatly. Although excessive alcohol consumption is regarded as the cause of alcoholic liver cirrhosis, the etiology is complex, involving multiple factors that act in synchrony, and which, if prevented, could greatly reduce the incidence of this disease. Children of addicts are likely to develop an alcohol-related mental disorder; however, there is no “gene for alcoholism”
Post-viral olfactory loss and parosmia
The emergence of SARS-CoV-2 has brought olfactory dysfunction to the forefront of public awareness, because up to half of infected individuals could develop olfactory dysfunction. Loss of smell—which can be partial or total—in itself is debilitating, but the distortion of sense of smell (parosmia) that can occur as a consequence of a viral upper respiratory tract infection (either alongside a reduction in sense of smell or as a solo symptom) can be very distressing for patients. Incidence of olfactory loss after SARS-CoV-2 infection has been estimated by meta-analysis to be around 50%, with more than one in three who will subsequently report parosmia. While early loss of sense of smell is thought to be due to infection of the supporting cells of the olfactory epithelium, the underlying mechanisms of persistant loss and parosmia remain less clear. Depletion of olfactory sensory neurones, chronic inflammatory infiltrates, and downregulation of receptor expression are thought to contribute. There are few effective therapeutic options, so support and olfactory training are essential. Further research is required before strong recommendations can be made to support treatment with steroids, supplements, or interventions applied topically or injected into the olfactory epithelium in terms of improving recovery of quantitative olfactory function. It is not yet known whether these treatments will also achieve comparable improvements in parosmia. This article aims to contextualise parosmia in the setting of post-viral olfactory dysfunction, explore some of the putative molecular mechanisms, and review some of the treatment options available
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