42 research outputs found

    “Gravitas me rapuit”: la saudade tra rimorso e rimosso in Antonio Tabucchi

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    Antonio Tabucchi gives many definitions of saudade, that from time to time show the peculiar and exclusive side of this entirely Portuguese feeling, that torments many writers since the kingdom of Duarte in the 15th century. The saudade has two fundamental psychological consequences: both the pleasure of delight and the pain. The manifestations of this complicated feeling, according to Tabucchi’s statements through his short stories and his critical essays, result to be basically two: the first is a psychological reaction in which you rock in melancholy, but with dignity; the second, instead, is the development, within the psyche, of a disturbing universe made of a unreal and parallel reality, full of vivid nightmares, populated by irrational and monstrous characters. The best representation of the first inner way of saudade’s manifestation is, surely, the Dantesque image of the infinite seafarer, as Tabucchi himself reminds us, that stands out with clarity in Amália Rodrigues’ Portuguese fados. The representation of the second unconscious way of saudade’s manifestation, instead, are frightening and disturbing presences, distressing objects that occupy dreams and memories, transfiguring them, throwing the absurd’s shadows on them: among the numerous specters halfway between reality and oneirism, scattered in different absurd tales by Tabucchi, the most mysterious ones, which deserve to be analyzed are for sure the fish

    I mille volti di Lidia: genesi e sviluppo del personaggio

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    2017 - 2018The character of Lidia crosses the centuries making a journey that is not always so precise, alternating moments in which she finds herself a character of invention to others in which she is a referential character: through the Latin, Portuguese and finally Italian Literature, Lidia reveals aspects sometimes contrasting, sometimes convergent, which bear, however, all the same name, of which not even a single, univocal identification recognizable in literature exists, as instead happens for other characters. So what is its genesis, its "archeology"? In the beginning, Lidia is an incorporeal presence from the Stoic-Epicurean thought within the Latin Odi of Horace and the Portuguese Odi of Ricardo Reis, then she becomes a subversive passionate and enamored maid in the novel by the Portuguese writer Jose Saramago The year of the death of Ricardo Reis, in which the author is adept at converting the clichés of classical poetry through remarkable intertextual relationships and through the literary creation of an unscrupulous Lidia. Thanks to Giosue Carducci in the nineteenth century and to Giovanna Sicari, Pietro Tripodo and Antonio Tabucchi in the second half of the twentieth century, Lidia then became a real woman as well as a literary one, that is, she took life from a series of biographical experiences and / or reinterpretations of tradition. The paper therefore wishes to highlight how much continuity and how much discontinuity parallel to the evolution of the character of Lydia in literature through the centuries: in accordance with the thematic and stylistic needs of every age and every culture, Lidia has manifested itself without a body and without a soul and has come to be a representation of a real woman, set in our contradictory contemporaneity, of which she becomes a symbol, because in the end nothing is more poetic than the imperfection of reality, and the most arduous challenge it is translating into literary terms what apparently seems untranslatable in reality, mysterious in its senselessness and its misery. Even the person would originally be a character, the essential character (as in the case of the Carolina Piva, who becomes Lidia while remaining Carolina); a sort of indispensable fiction, which allows him to represent himself as a corporeal, psychic, linguistic, spiritual unity, in the fundamental circumstances of his existence: "to exist without existing", Pavel would say. Character also wants to say double up, then multiply to infinity the power of this original fiction which consists in appearing on the world scene as an individual, as a unit. Lidia therefore allows the reader, in every moment of her representation, to feel in some way more or less illusively portrayed by that character, independently of any realistic verisimilitude: she is the truth that encompasses every utopia, is proximity and estrangement from all philosophies, is the failed attempt to separate towards and life and the proud acceptance of a reunion and a possible coexistence between ideal and real. Ultimately it is a character who makes a parable from a primitive non-credibility to a reached credibility; and in this way he comes to represent in the most convincing way a possible image - among the innumerable ones - of contemporary man, allowing us to look at a world made up of individuals, stable things, substantial units, which tries to defend itself from chaos, from pure multiplicity, from the permeability of everything with everything with the mysterious and immutable power of literature. [edited by Author]XVII n.s. (XXXI ciclo

    “Tra il bestemmiatore e il rivoltoso”: Carducci giacobino nella Wunderkammer di Sanguineti

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    All’interno del Fondo lessicografico sanguinetiano messo a disposizione dal Centro Studi Interuniversitario Edoardo Sanguineti dell’Università di Torino sono trecento i lemmi che contengono un’attestazione carducciana, e nel presente saggio si analizzano quelli che risultano esemplificativi delle tendenze sanguinetiane alla retrodatazione sfrenata e alla ricerca ossessiva del lemma mancante,esercitate attraverso la selezione di occorrenze tratte da determinate opere dell’autore, predilette rispetto ad altre in quanto espressioni di alcuni tratti della personalità letteraria e politica di Carducci particolarmente cari a Sanguineti. Le citazioni diventano a volte anche oggetto di gioco e di riutilizzo poetico per il lessicomane, poiché tali occorrenze trasmigrano nella sua poesia, funzionando da allusione, simbolo, testimonianza di poetica

    Realtà e cronaca in Alborghetti, Fantuzzi, Pusterla: una proposta di uscita dal postmoderno.

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    La poesia dell’ultimo ventennio sembra rappresentare in modo eloquente e completo l’individualismo che domina l’occidente: gli stili poetici sembrano non appartenere né contestare nessun tipo di tradizione, ma denunciano comportamenti sociali diffusi quali il narcisismo, il rifiuto di ogni idea di “gruppo”, l’effusione perversa del sé. È il dibattito proposto da numerosi critici contemporanei – tra cui Mazzoni, Giovannetti, Bertoni –: la tendenza comune è quella di dare unicità ontologica ai propri sentimenti senza trasformarli linguisticamente né rielaborarli dal punto di vista figurale reclamando, come unico fine della propria scrittura, consensi piuttosto che scambi di competenza con i critici o i poeti più esperti e in generale con l’eventuale “pubblico della poesia”. Lì dove la poesia è diventata dunque modello esemplare di soggettivismo – e quindi di egocentrismo, cioè di incapacità di filtrare e rappresentare in maniera oggettiva la realtà (che resta il grande scopo dello scrivere poesia) l’intervento indaga la possibilità di uscita dal postmoderno e dal suo solipsismo attraverso l’analisi di tre opere, pubblicate rispettivamente nel 2006 – L’opposta riva di Fabiano Alborghetti (LietoColle, poi ristampato nel 2013 da La vita felice in una seconda edizione rivista e aggiornata), nel 2009 – l’antologia Le terre emerse. Poesie scelte 1985-2008 di Fabio Pusterla (Einaudi) e nel 2017 – La stazione di Bologna di Matteo Fantuzzi (Feltrinelli). I tre autori in esame sono accomunati dalla volontà di raccontare la società e i suoi mutamenti attraverso un linguaggio piano, prosastico, che rivela la capacità della poesia contemporanea di recuperare l’imitatio, cioè l’imitazione – la riproduzione – della realtà, degli eventi, dei protagonisti del quotidiano, della vita vera. D’altronde fin dall’inizio del Novecento ritmica, linguaggio e sintassi del testo poetico si sono avvicinati a ciò che i formalisti russi chiamavano byt, cioè le abitudini e le attività umane consuete: i tre autori in esame si allontanano, pertanto, dall’uso alienato della lingua per entrare nella precisione degli eventi (e dunque in una dimensione linguistica epico-narrativa). Alborghetti racconta nei suoi versi le voci dei clandestini con cui ha vissuto per diverso tempo a cavallo tra il 2001 e il 2004 con una forma e uno stile che stanno in un linguaggio chiaro, diretto, a volte teso, il quale non concede niente alla retorica; Pusterla vede e registra il disorientamento della società contemporanea ponendosi come un viandante alla ricerca di un equilibrio umano da cui sembra essere sempre più avulsa con un verso che usa vocaboli netti, precisi e che si riempie della specificità di oggetti impersonali, nominati in un lungo catalogo che non produce mai effetti di straniamento. Fantuzzi, infine, ripercorre le vicende di quella che è stata la più grande strage di civili del dopoguerra italiano attraverso un racconto corale in versi della reazione di Bologna a quel tragico giorno utilizzando un linguaggio privo di artifici, narrativo, cronachistico – alternando ai versi stralci della documentazione storiografica relativa alla strage e alle sue vittime

    L’ “Officina” di Pier Paolo Pasolini tra passione e militanza

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    L'intervento si propone di indagare l'attività militante della rivista "Officina" e la posizione di Pasolini rispetto allo sperimentalismo poetico

    La femme fatale nelle opere dannunziane

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    The femme fatale is the icon of a boundless pleasure: with her means of seduction she becomes a craftswoman of irrepressible passions and destroys the male ego. The following contribution traces a linear path that describes the genesis, the role and the context in which the femme fatale is born, lives and works in D’Annunzio’s works

    Pietro Tripodo, un poeta filologo in “Prato Pagano”.

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    L'intervento ripercorre la parabola poetica di Pietro Tripodo all'interno delle poesie pubblicate sulla rivista "Prato Pagano" negli anni '80

    L’irriducibilità della poesia al metodo scientifico: Sinisgalli tra matematica e letteratura

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    Per il Sinisgalli del Furor Mathematicus, la scienza e la letteratura sono entrambi strumenti di misurazione della funzione del mondo: il fare poetico è epistemologicamente impostato sul fare scientifico, e questo crea una simbiosi tra la cultura artistica e quella tecnica. Secondo il poeta-ingegnere la poesia deve seguire un metodo rigoroso e deve tendere ad uno “sviluppo algebrico” che produca veri e propri congegni di parole matematicamente architettati, in quanto sia i matematici che i poeti si struggono nel tentativo di dare forma all’abisso. L’intervento si propone di indagare la natura bicefala della produzione poetica sinisgalliana, che da un lato naviga in modo rivoluzionario sulle rotte tecnico-scientifiche e della civiltà delle macchine, e dall’altro, sulla scia dei poeti lucani, si fa testimonianza attiva della sofferenza del Sud

    Da «le moli de gli avi» a «l’empio mostro»: città antica e città moderna in Giosue Carducci

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    L’intervento si propone di indagare il passaggio dalla rappresentazione della città antica, ancorata ai valori classici – che Carducci opera all’interno di Nella piazza di San Petronio – all’accettazione completa del paesaggio urbano della Modernità, sia dal punto di vista sintattico che semantico, in Alla stazione una mattina d’autunno. I due testi, pur appartenendo entrambi alle Odi Barbare, rappresentano due momenti opposti e liminari delle considerazioni del poeta circa il senso del tempo trascorso e la malinconia per un passato glorioso che non ritornerà. Il Carducci tenta ancora Nella piazza di San Petronio una descrizione classica della Bologna «turrita», rievocandone gli edifici romani e medievali e non lasciando spazio ad una scrittura moderna del paesaggio. In Alla stazione una mattina d’autunno, invece, l’amarezza del presente e la mestizia per la partenza di Lidia non lasciano più spazio alle rievocazioni consolatorie del passato eroico, ma convincono il poeta ad esprimere il tedio attraverso la traduzione moderna dell’immagine della stazione grigia e del treno, vero e proprio «mostro» di ferro
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