13 research outputs found

    The role of professional and team commitment in nurse-physician collaboration: A dual identity model perspective

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    Nurse-physician collaboration involves healthcare operators from different professions working together. The dual identity model predicts that nurse-physician interprofessional collaboration could improve if these operators feel they belong to both their professional category and care unit. This study tested this prediction by analyzing the effect of professional and team commitments on interprofessional collaboration between nurses and physicians in a hospital based in Northern Italy. A cross-section questionnaire survey was administered to 270 nurses and 95 physicians. Results indicate that interprofessional collaboration is positively affected by team commitment, while professional commitment had no effect. In accordance with the dual identity model, results indicate that interprofessional collaboration is higher when: (i) both professional and team commitment is high, and (ii) when team commitment is high and professional commitment is low. These results support dual identity model predictions and suggest that interprofessional collaboration can be increased by bolstering both team and professional commitment of nurses and physicians

    The role of professional and team commitments in nurse-physician collaboration

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    Aim To analyse the effect of both professional and care unit commitments onattitudes towards interprofessional collaboration between nurses and physicians.Background The effects of both professional and care unit commitment on inter-professional collaboration have not been taken into account together, andprevious research has analysed only one professi on at a time, neglecting thenurse–physician comparison.Method A cross-sectional survey of 138 physicians and 359 nurses was used.Results For physicians, professional commitment decreased attitudes towardsinterprofessional collaboration whereas care unit commitme nt had a positiveinfluence. Conversely, for nurses, the professi onal commitment had a significantpositive effect on attitudes towards interprofessional collaboration whereas careunit commitment had no significant effect.Conclusion Intergroup relations affect the extent to which nurses and physiciansare inclined to engage in interprofessional collaboration. Professional and careunit commitments had different effects on attitude toward the inter-professionalcollaboration of nurses and physicians.Implication for Nursing Management Inter-professional collaboration is affectedby the relationship between physicians and nurse at the professional group level.Managers who want to change and improve inter-professional collaborationshould pay close attention to the interplay between changes they are introducingand well-established identities and practices between professionals

    Altered Local Interactions and Long-Range Communications in UK Variant (B.1.1.7) Spike Glycoprotein

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    : The COVID-19 pandemic is caused by SARS-CoV-2. Currently, most of the research efforts towards the development of vaccines and antibodies against SARS-CoV-2 were mainly focused on the spike (S) protein, which mediates virus entry into the host cell by binding to ACE2. As the virus SARS-CoV-2 continues to spread globally, variants have emerged, characterized by multiple mutations of the S glycoprotein. Herein, we employed microsecond-long molecular dynamics simulations to study the impact of the mutations of the S glycoprotein in SARS-CoV-2 Variant of Concern 202012/01 (B.1.1.7), termed the "UK variant", in comparison with the wild type, with the aim to decipher the structural basis of the reported increased infectivity and virulence. The simulations provided insights on the different dynamics of UK and wild-type S glycoprotein, regarding in particular the Receptor Binding Domain (RBD). In addition, we investigated the role of glycans in modulating the conformational transitions of the RBD. The overall results showed that the UK mutant experiences higher flexibility in the RBD with respect to wild type; this behavior might be correlated with the increased transmission reported for this variant. Our work also adds useful structural information on antigenic "hotspots" and epitopes targeted by neutralizing antibodies

    Psychosocial predictors of collaborative practice between nurses and physicians working in hospitals

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    Works from healthcare management and organizational psychology prove that psychosocial variables linked to professional identity are strongly associated with nurse-physician collaborative practice. However, literature pays little attention to the role of these variables. Moreover, evidence for the relation between collaborative practice on psychosocial variables for physicians is rather sparse. The purpose of this study was to investigate the relationship among self-efficacy, team commitment, professional commitment, and collaborative practice in both nurses and physicians

    Capitolo 9. La cultura della sicurezza nei contesti sanitari: quale atteggiamento dei professionisti?

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    La sicurezza del paziente rappresenta oggi, a livello internazionale, uno dei principali temi affrontati dalle istituzioni governative e dalle organizzazioni sanitarie. Sollecitazioni e indicazioni a sviluppare questo aspetto del processo di cura sono presenti nei documenti a livello nazionale e regionale. In letteratura l'importanza di considerare la Cultura della Sicurezza del Paziente (CPS) è ampiamente accettata e ben documentata. Gli autori suggeriscono che la presenza di una cultura orientata a promuovere la sicurezza all’interno dei servizi sanitari sia un importante e necessario precursore per poter migliorare la sicurezza del paziente. La definizione più comunemente usata e ampiamente diffusa di CPS è stata proposta dalla Health Safety Commissionche la definisce come: il prodotto individuale e di gruppo di valori, atteggiamenti, percezioni, competenze e modelli di comportamento che determinano l'impegno e lo stile di una organizzazione della salute nella attuazione dei programmi di sicurezza. Le organizzazioni con una positiva cultura della sicurezza sono caratterizzate da una comunicazione fondata sulla fiducia reciproca, dalla percezione condivisa dell'importanza della sicurezza, e dalla fiducia nella efficacia delle misure preventive. In una recente review sul tema, Feng et al.concludono che c’è consenso sul fatto che la cultura della sicurezza del paziente sia un sottoinsieme della cultura organizzativa e si riferisca specificamente ai valori e alle convinzioni in materia di sicurezza dei pazienti all'interno di organizzazioni di assistenza sanitaria. A causa delle numerose definizioni di cultura della sicurezza proposte in letteratura e della sua natura multidimensionale, non è sorprendente che ci sia poco consenso per quanto riguarda le dimensioni che ne costituiscono il costrutto e che siano presenti differenti approcci di studio. I metodi qualitativi includono osservazioni, focus group, discussioni e studi di casi. Al contrario, attraverso l’approccio quantitativo c’è il tentativo di misurare la cultura della sicurezza secondo procedure spesso altamente standardizzate, utilizzando interviste strutturate e questionari. Tra gli strumenti di natura quantitativa emergono l’Hospital Survey on Patient Safety Culture (HSOPS)7 e il Safety Attitudes Questionnaire (SAQ)8 per le buone proprietà psicometriche, il numero di dimensioni testate e per essere stati provati su larga scala. Sia Sexton JB et al. (2006) che Deilkas and Hofoss (2006) nelle loro ricerche concludono che il SAQ ha buone qualità psicometriche ed in particolare questi ultimi lo ritengono l’unico strumento che misura la cultura della sicurezza i cui risultati siano correlabili agli esiti sui pazienti. In Italia non risultano pubblicazioni relative ad indagini che hanno utilizzato il SAQ, mentre una unica ricerca svolta nel 2007 ha utilizzato una versione tradotta in italiano del questionario HSOPS. In questo scenario, diventa allora pregnante ed auspicabile indagare strumenti e/o percorsi di misurazione della safety culture applicabili al contesto sanitario italiano, per inserirli nell’ambito di tutta la serie di interventi che costituiscano l’approccio proattivo al tema della sicurezza. Per la sicurezza è indispensabile l’apporto di ogni professionista sanitario, il quale è chiamato da un lato a ricoprire un ruolo attivo nell’individuazione e segnalazione delle insufficienze latenti e dei “quasi errori” e dall’altro a contribuire al miglioramento complessivo della qualità delle prestazioni erogate da ogni struttura sanitaria. In questo contesto nasce il presente progetto di ricerca con lo scopo di indagare la cultura della sicurezza e comprendere se e come questa divenga costituente della professionalità agita di alcuni profili professionali.Obiettivi Gli obiettivi della ricerca sono: • esplorare la cultura della sicurezza nei contesti sanitari, rilevando nei professionisti i contenuti della rappresentazione della sicurezza nella pratica professionale; • verificare l’applicabilità alla realtà sanitaria italiana, di uno strumento di analisi della patient safety culture, il Safety Attitudes Questionnaire (SAQ), procedendo, inoltre, ad una prima validazione dello strumento; • studiare se e come la cultura della sicurezza si connetta al percepito professionale degli operatori sanitari e si declini nel loro agito quotidiano. Coerentemente agli obiettivi sopradescritti l’indagine si è svolta integrando metodologie qualitative e quantitative. Lo strumento utilizzato è stato un questionario semi-strutturato composto da tre parti principali. Nella prima parte, attraverso l’utilizzo del metodo della libera associazione, viene esplorato il contenuto ed il campo della rappresentazione della sicurezza chiedendo agli intervistati di esporre per iscritto fino a 10 parole (o brevi frasi) evocate dallo stimolo “Sicurezza è.....”. Nella seconda parte utilizza la scala a 6 dimensioni del SAQ, che misura gli atteggiamenti nei confronti della sicurezza attraverso 63 items. Tra i vari strumenti disponibili è stato scelto il SAQ per le buone qualità psicometriche, l’ampio utilizzo a livello internazionale e la capacità di cogliere la multidimensionalità del costrutto Cultura della Sicurezza. Non essendo ancora disponibile una versione italiana del SAQ si è proceduto alla traduzione del questionario in maniera indipendente da parte di tre membri del gruppo, traduzione che è stata sottoposta alla revisione da parte dell’intero gruppo di ricercatori giungendo così alla versione definitiva. Nella terza parte dello strumento per poter analizzare il percepito professionale e l’agito quotidiano è stato chiesto all’intervistato, dato un elenco di otto comportamenti professionali, di ordinarli secondo un criterio di importanza (1 più importante – 8 meno importante). Tale elenco è stato poi riproposto all’intervistato con la richiesta di indicare secondo una scala Likert con che frequenza riesce ad attuare i comportamenti professionali definiti. A completamento dello strumento sono stati richiesti alcuni dati socio-anagrafici e descrittivi dei partecipanti. La versione definitiva del questionario è stata realizzata dopo test pilota nelle Aziende coinvolte, al fine di valutare la comprensibilità degli item ed i tempi di compilazione.I partecipanti individuati attraverso un campionamento per quote nell’ambito di 5 Aziende sanitarie della Regione Emilia-Romagna (Azienda USL di Bologna, Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia ed Aziende Ospedaliero-Universitarie di Ferrara, Modena e Parma) sono stati reperiti all’interno di quattro macro aree: chirurgica, sale operatorie, medica e materno-infantile. Il questionario è stato somministrato a tutti gli operatori sanitari di ogni Unità Operativa scelta, che erano dipendenti di ruolo, svolgevano la propria attività in una delle Unità Operative selezionate, anche se sottoforma di consulenza, da almeno un mese ed erano Infermieri, Ostetriche o Fisioterapisti. La distribuzione dei questionari, autosomministrati, è stata fatta dai ricercatori nelle proprie Aziende. Il tasso di risposta medio è stato del 70,1%.Nel campione dei 686 rispondenti il 15.7% sono maschi e il 79.9% femmine (30 partecipanti non hanno riportato il sesso). Il 20.1% dei partecipanti hanno un’età compresa fra i 20 e i 30 anni, il 42.1% fra 31 e i 40 anni, il 31.5% fra 41 e 50 anni mentre il 4.2% hanno un’età superiore ai 50 anni (20 non hanno riportato la propria età). La maggior parte dei rispondenti è infermiere.Rispetto alla prima parte del questionario riferita alle libere associazioni evocate dalla parola sicurezza, dei 686 questionari ritirati 508 riportavano compilata tale sessione, ed è su questi ultimi che sono state effettuate tramite T-Lab alcune analisi lessicali. Il vocabolario che ne scaturisce è costituito da 4.225 parole raggruppabili in 1.282 forme. Considerando una soglia di frequenza maggiore di 28 occorrenze, emergono 19 parole chiave.Per quanto concerne i dati raccolti attraverso il SAQ, dei 686 questionari ritirati, i validi elaborati sono stati 660. Come si può notare, la consistenza interna delle scale rilevata nel nostro studio è buona e del tutto sovrapponibile a quella dello studio utilizzato per la validazione dello strumento. Tuttavia, l’analisi fattoriale delle componenti principali (con rotazione varimax) non mostra la struttura attesa. Abbiamo, quindi, provveduto a realizzare analisi fattoriali successive riducendo il numero di fattori fino al raggiungimento di una soluzione soddisfacente al modello teorico. La soluzione più soddisfacente è a tre fattori che spiegano il 40% della varianza totale. Nella terza parte del questionario che indagava se e come l’orientamento alla sicurezza entra a far parte della professionalità percepita ed agita dai Professionisti Sanitari, dei 686 questionari ritirati, i validi elaborati sono stati 510. Come si può notare valutare i bisogni assistenziali e stabilirne le priorità rappresenta l’attività che viene considerata come di estrema importanza.Il presente studio è uno dei pochi realizzati in Italia che abbia esplorato la Cultura della Sicurezza legandola alla percezione di professionalità degli operatori sanitari, per questo motivo i dati presentati necessitano di ulteriori approfondimenti. Tuttavia offrono interessanti spunti di riflessione utili all’implementazione di azioni volte alla diffusione della Cultura della Sicurezza

    The Protective Effects of Oral Low-dose Quercetin on Diabetic Nephropathy in Hypercholesterolemic Mice

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    Aims: Diabetic nephropathy (DN) is one of the major causes of end-stage renal disease, and the incidence of DN is increasing worldwide. Considering our previous report indicating that chronic treatment with oral low-dose quercetin (10 mg/Kg) demonstrated renoprotective, anti-oxidative and anti-apoptotic effects in the C57BL/6J model of diabetic nephropathy, we investigated whether this flavonoid could also have beneficial effects in concurrent DN and spontaneous atherosclerosis using the apolipoprotein E-deficient mouse (apoE-/-). Methods: DN was induced by streptozotocin (100 mg/kg/day, for 3 days) in adult apoE-/-mice. Six weeks later, the mice were divided into the following groups: diabetic apoE-/- mice treated with quercetin (DQ, 10 mg/kg/day, 4 weeks), diabetic ApoE-/- mice treated with vehicle (DV) and non-treated non-diabetic (ND) mice.Results: Quercetin treatment caused a reduction in polyuria (~30%), glycemia (~25%), abolished the hypertriglyceridemia and had significant effects on renal function, including decreased proteinuria (~15%) and creatininemia (~30%), which were accompanied by beneficial effects on the renal structural changes, including normalization of the index of glomerulosclerosis and kidney weight.Conclusions: Our data revealed that quercetin treatment significantly reduced DN in hypercholesterolemic mice by inducing biochemical and morphological modifications. Thus, this translational study highlights the importance of quercetin as a potential nutraceutical for the management of DN, including in diabetes associated with dyslipidemia

    Comunidades "no sentido social da evangelização": CEBs, camponeses e quilombolas na Amazônia Oriental Brasileira

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    O estudo sobre novos movimentos eclesiais na Igreja Católica, desenvolvido na Amazônia Oriental brasileira, permite uma reflexão sobre a influência dessa Igreja em duas áreas rurais do estado do Pará: a Transamazônica e a microrregião de Tomé Açu. Em ambas, sua atuação, através das chamadas Comunidades Eclesiais de Base (CEBs), muito ativas, desempenha papel relevante entre as populações dessas áreas. O artigo se propõe a analisar a condição social dessas populações que, em função de suas vivências e práticas, incorporando criticamente a influência de agentes de pastoral, assumem novas identidades e novas práticas de natureza política e religiosa, antes não existentes em seu meio
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