19 research outputs found

    Clinical prognostic factors for older people: A systematic review and meta-analysis

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    Objective: To explore the accuracy and precision of prognostic tools used in older people in predicting mortality, hospitalization, and nursing home admission across different settings and timings. Design: Systematic review and meta-analysis of prospective and retrospective studies. Data sources: A systematic search from database inception until 01st February 2023 was run in Medline, Embase, Cinhal, Cochrane Library. Eligibility criteria: Studies were eligible if they reported accuracy (area under the curve [AUC]) and/or precision (C-index) for the prognostic index in relation to any of the following outcomes: mortality, hospitalization, and nursing home admission. Data extraction and synthesis: Two independent reviewers extracted data. Data were pooled using a random effects model. The risk of bias was assessed with the Quality in Prognosis Studies (QUIPS) tool. If more than three studies for the same setting and time were available, a meta-analysis was performed and evaluated using the GRADE tool; other data were reported descriptively. Results: Among 16,082 studies initially considered, 159 studies with a total of 2398856 older people (mean age: 78 years) were included. The majority of the studies was carried out in hospital or medical wards. In the community setting, only two tools (Health Assessment Tool and the Multidimensional Prognostic Index, MPI) had good precision for long-term mortality. In emergency department setting, Barthel Index had an excellent accuracy in predicting short-term mortality. In medical wards, the MPI had a moderate certainty of the evidence in predicting short-term mortality (13 studies; 11,787 patients; AUC=0.79 and 4 studies; 3915 patients; C-index=0.82). Similar findings were available for MPI when considering longer follow-up periods. When considering nursing home and surgical wards, the literature was limited. The risk of bias was generally acceptable; observed bias was mainly owing to attrition and confounding. Conclusions: Several tools are used to predict poor prognosis in geriatric patients, but only those derived from a multidimensional evaluation have the characteristics of precision and accuracy

    The association between insight and depressive symptoms in schizophrenia: Undirected and Bayesian network analyses

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    Background. Greater levels of insight may be linked with depressive symptoms among patients with schizophrenia, however, it would be useful to characterize this association at symptom-level, in order to inform research on interventions. Methods. Data on depressive symptoms (Calgary Depression Scale for Schizophrenia) and insight (G12 item from the Positive and Negative Syndrome Scale) were obtained from 921 community-dwelling, clinically-stable individuals with a DSM-IV diagnosis of schizophrenia, recruited in a nationwide multicenter study. Network analysis was used to explore the most relevant connections between insight and depressive symptoms, including potential confounders in the model (neurocognitive and social-cognitive functioning, positive, negative and disorganization symptoms, extrapyramidal symptoms, hostility, internalized stigma, and perceived discrimination). Bayesian network analysis was used to estimate a directed acyclic graph (DAG) while investigating the most likely direction of the putative causal association between insight and depression. Results. After adjusting for confounders, better levels of insight were associated with greater self-depreciation, pathological guilt, morning depression and suicidal ideation. No difference in global network structure was detected for socioeconomic status, service engagement or illness severity. The DAG confirmed the presence of an association between greater insight and self-depreciation, suggesting the more probable causal direction was from insight to depressive symptoms. Conclusions. In schizophrenia, better levels of insight may cause self-depreciation and, possibly, other depressive symptoms. Person-centered and narrative psychotherapeutic approaches may be particularly fit to improve patient insight without dampening self-esteem

    Le donne non mobbizzano: l'alibi del "gentil sesso"

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    Un dato diffuso vuole che il maggior numero di persone mobbizzate sia donna. Le statistiche ufficiali sono spesso poco chiare al riguardo; infatti, a seconda della fonte e dei metodi di rilevazione gli indici variano sensibilmente. Le ricerche che riportano la donna come più mobbizzata degli uomini assumono una comprensibile quanto discutibile indignazione che deriverebbe dal concepire l’azione di mobbing sulla donna come una riedizione della discriminazione di genere nel mondo del lavoro, naturalmente a scapito del genere femminile. Nel contributo si esamina come qualsiasi pregiudizio in tal senso non aiuti ad attuare la parità dei generi soprattutto se la rappresentazione sociale di una donna più mobbizzata dell’uomo risulta poco ancorata a dati di realtà e ancor più se finisce per escludere, a priori, l’esistenza di donne a loro volta mobber (cioè in grado di esercitare mobbing su altri/e). La nostra ipotesi è che la donna nel conflitto di ruolo (ora subito ora agito) troverebbe un riscatto a uno svantaggio di genere ancora culturalmente (se non politicamente) serpeggiante. Una violenza al femminile sul lavoro non è quindi da escludere e trova qui riscontro a partire dai quesiti: esistono donne che mobbizzano? Se sì, con quali motivazioni? E con quali modalità agiscono

    Famiglie biculturali: la soddisfazione familiare tra reti di supporto e comuntĂ 

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    Premessa L’immigrazione nel nostro Paese sembra identificarsi come un problema di convivenza o come un insieme di “nodi dolenti da risolvere” a livello sia politico-economico sia psico-sociale e relazionale. Le coppie miste o biculturali, formate da un partner autoctono ed uno straniero, consentono di ripensare la differenza come un valore aggiunto da cui trarre presupposti di crescita anche a partire dai microcontesti familiari (Ippolito, 2010). Scopo della ricerca La ricerca è finalizzata a comprendere la relazione tra soddisfazione familiare, sostegno sociale e senso di comunità in un gruppo di coppie miste. In particolare, si vuole studiare il peso che la rete primaria di sostegno e il senso di comunità hanno sulla soddisfazione familiare, considerando la prima dimensione espressione dei legami affettivi primari e della loro capacità di accogliere le differenze culturali esplicite nell’unione mista; e la seconda dimensione, come espressione di una riuscita integrazione tra le caratteristiche peculiari della cultura d’origine dei partner stranieri e il nuovo corredo etnico-culturale del paese di immigrazione. Metodi Il campione coinvolto comprende 210 soggetti, partner rispettivamente di 105 coppie miste di cui 44 partner stranieri maschi e 61 femmine, sposati (73,3%) o conviventi (26,7%) e nel 51,2% dei casi con figli. Le coppie, reclutate mediante il metodo snowball, hanno risposto ad un protocollo composto da tre scale di atteggiamento di tipo likert. Per confrontare i punteggi medi ottenuti alle scale, si è condotta una serie di Anova (one way), mentre si è utilizzato il coefficiente r di Pearson (+1 ≤ r >-1) per analizzare le relazioni tra le scale; per valutare l’effetto delle variabili sulla soddisfazione familiare si è proceduto con un’analisi delle regressioni multiple, con metodo stepwise. Risultati In merito alla soddisfazione familiare il confronto tra italiani e stranieri mostra punteggi alti in entrambi i partner di coppie miste. Dall’analisi della varianza risulta, però, che la presenza di una differenza religiosa tra i partner fa registrare valori più bassi nei partner stranieri. Le coppie presentano un senso di comunità medio alto e risultano significative le differenze tale che se il partners straniero è donna, sposato o con figli presenta valori medi più alti. Il sostegno sociale ricevuto dalle famiglie d’origine emerge quale variabile chiave risultando maggiore per i partners italiani e deficitario per i partners stranieri, specie se provenienti dal Medio oriente. Infine, se per il partner italiano è sufficiente trovare il sostegno del partner, per il partner straniero anche il SdC e il sostegno della famiglia d’origine predicono soddisfazione familiare. Conclusioni Le riflessioni vertono su due aspetti: il ruolo delle donne straniere in quanto più inclini ad assumere i valori della nuova comunità e l’importanza delle variabili macrosociali nel garantire soddisfazione familiare

    Elementi di diritto dell’Unione europea

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    Il manuale affronta anzitutto le tematiche generalissime del diritto internazionale e del diritto dell\u2019organizzazione internazionale, per poi trattare l\u2019intera materia del processo d\u2019integrazione europea nei suoi profili istituzionali, con approfondimenti su singole politiche, quali il mercato interno, lo spazio di libert\ue0 sicurezza e giustizia e la PESC

    Commento all'art. 9 (Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea

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    L'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE \ue8 letto alla luce dei suoi rapporti con la Convenzione europea di salvaguardia e quanto all'impatto negli ordinamenti nazionali. Il lavoro converge verso le definizioni di famiglia e di relazioni familiari
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