12 research outputs found

    Disturbi di personalità e temperamenti affettivi nei disturbi dell'umore

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    Introduction. Personality disorders (PD) and Affective temperaments (AT) have been considered vulnerability factors for the development of mood disorder (MD). Objective. To study the simultaneous presence of PD and AT in patients with DU and differences between unipolar depression (DD) and bipolar disorder BD. Methods. An observational study was conducted. Patients were administered the Temperament Evaluation of Memphis, Pisa, Paris and San Diego questionnaire (TEMPS-A) for AT and the Structured Clinical Interview for DSM IV Axis II Disorders (SCID-II) for PD. The interrelationships of the different PD and AT were studied by factor analysis (principal component analysis, PCA) (orthogonal rotation, Varimax). Results. Participants were 156 adult patients with MD, 37,1% with DD and 62,9% with BD. DD patients presented with significantly more paranoid PD (p=0.009), depressive (p=0.029), anxious (p=0.009) and hirritable temperament (p=0.006) compared to BD. PCA results showed four significant factors, explaining the 63,1% of total variance, corresponding to four potential groups of patients with specific PD and AT associations. Conclusion. The comorbidity between MD and PD and AT may differentiate DD from BD. Specific patterns of comorbidity may be useful as they may substantially influence the course of the mood disorders and how patients respond to treatment

    Colloquio psichiatrico e credulità terapeutica nelle istituzioni penitenziarie

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    The purpose of the present study is demonstrating - through the description of twelve clinical cases - that patients in prison may lie to their therapists and give them false information. A psychiatrist working in a penitentiary institute should remember that a patient may give false information for different reasons: defence of his/her own life, protection of his/her physical integrity, desire to hide a crime committed in jail or to avoid or shorten a condemnation, personal advantage, recreational purpose, masked desire for violence, need to be accepted, need of a physical contact, malingering, deception, social visibility and acceptance. Therefore, it is important to examine the information given by patients and the anthropologic, sociologic and psychologic patterns of penitentiary life in a critical way, in order to achieve a better contextualization of clinical observation.Oggetto del presente studio è di illustrare, attraverso la descrizione di dodici casi clinici esemplificativi, la possibilità che lo psichiatra, nel suo colloquio clinico con pazienti in istituzione carceraria, riceva da questi errate informazioni. È importante, per lo psichiatra che opera in un’istituzione penitenziaria, sapere che il paziente può fornire informazioni di interesse psichiatrico, che non corrispondono al vero per vari motivi, tra cui: la difesa della propria vita, la protezione della sua integrità fisica, il desiderio di nascondere un reato commesso in carcere, uno stratagemma per evitare od abbreviare la durata della pena, l’ottenimento di un beneficio personale, un’opportunità ludica da sfruttare, la verbalizzazione mascherata di desideri di violenza, il bisogno di essere accettato, la ricerca del contatto fisico rassicurante, la simulazione consapevole ed inconsapevole, la dissimulazione per evitare conflitti, la presentazione del proprio doppio. È importante, quindi, che lo psichiatra che opera in carcere esamini ed approfondisca sempre con critica le informazioni che vengono fornite dal paziente e che conosca gli aspetti antropo-socio-psicologici della vita penitenziaria, per meglio contestualizzare le sue osservazioni psichiatriche

    La Responsabilità forense dello psichiatra in tema di suicidio

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    The psychiatrist’s forensic responsibility about suicide is a topical theme today. The psychiatrist must get a move on a therapeutic space that provides the patient healthcare reducting suicide risk rate, complying with individual freedom and rights. In this work we explain some forensic topics about responsibility and some of the most common reasons of report on the psychiatrist charge. The goal of a descriptive-clinical approach is to widen the knowledge of the topic, avoiding a self-defensing attitude and complying with a good clinical practice. La responsabilità forense dello psichiatra in tema di suicidio è una problematica di sempre maggior attualità. Lo psichiatra deve muoversi in uno spazio terapeutico che prevede la tutela della salute del paziente attraverso la riduzione del rischio suicidario nel rispetto della libertà individuale e dei diritti dell’individuo. Nel presente lavoro vengono illustrate alcune problematiche forensi in tema di responsabilità ed alcune tra le motivazioni più frequenti che determinano la denuncia agli psichiatri. L’approccio descrittivo-clinico ha come obiettivo uno stimolo all’approfondimento della problematica senza sconfinare in una psichiatria difensiva, nel rispetto di una buona pratica clinica

    Le reazioni emotive al colloquio con l’omicida

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    The most frequent emotional reactions of an interlocutor (criminologist, psychiatrist, magistrate, etc.) to the interview with a murderer are here described from a clinical qualitative point of view. The work deals in particular with the emotional reactions of the interlocutor about: a) violent behaviour; b) mental psychopathology; c) absence of mental psychopathology; d) murderer's defensive mechanism; e) the transformation of the victim's image; f) the interpersonal relationship between the murderer and the interlocutor; g) the use of the interview in different contexts (judicial, psychiatrical, custodial, ecc.). The knowledge of these emotive reactions could be useful for a better understanding (by all the institutional figures that have contacts with murderers) of criminal-genesis and criminal-dynamics and for the improvement of the quality of evalutation and treatment, as well as for a correct forensis interpretation of clinical cases.Sono descritte, sotto l’aspetto clinico qualitativo, le più frequenti reazioni emotive che un interlocutore (criminologo, psichiatra, psicologo, magistrato, ecc.) può provare nel colloquio con un soggetto che ha commesso un omicidio. In particolare sono state esaminate le reazioni emotive dell’interlocutore nei confronti: a) del comportamento violento; b) della psicopatologia mentale; c) dell’assenza della patologia mentale; d) dei meccanismi di difesa utilizzati dall’omicida; e) della trasformazione dell’immagine della vittima; f) della relazione interpersonale tra omicida e interlocutore; g) della rinarrazione del racconto dell’omicidio e della sua utilizzazione in differenti sedi (giudiziaria, psichiatrica, custodiale, ecc.). La conoscenza di queste reazioni emotive può essere di utilità per tutte le figure istituzionali che hanno contatto con persone che hanno compiuto un omicidio, allo scopo di meglio comprenderne la criminogenesi e la criminodinamica, di migliorare la qualità della valutazione e del trattamento e di formulare una corretta interpretazione forense del caso clinico

    Colloquio psichiatrico e capro espiatorio nelle istituzioni penitenziarie

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    The psychiatric interview in jail, between mental health professionals (psychiatrist, criminologist, psychologist, social worker, ecc.) and patients often shows the tendency to identify the responsibility for his deprivation of freedom, or physical and psychological sufferings, with other people or groups. These people are called enemy by patient, and can be the objective of physical violence, as a scapegoat. In these enemies or scapegoats we can put also mental health professionals. The subject matter of the present article is to describe six dynamics that allow to study in detail the creation of the enemy made by patients in penitentiary institutes: 1) The acute creation of a real enemy for a real fact; 2) The progressive and self-serving creation of an enemy; 3) An aggressive manner to control an environment seen as violent and unrestrainable; 4) An opportunity to assault the symbols of the establishment; 5) The fulfilement of the possibility to judge or punish the others in spite of being punished or judged by them; 6) The attempt to thwart the inner aggressiveness of the group. The purpose of this study is to better the mental health operators professional skills through the knowledge of their emotions when they are seen as enemies, to avoid iatrogenic injures caused by unsuited emotional responses, to understand how to use the patient’s creation of an enemy as a way to make diagnosis in a deeper way, and to better the therapeutic intervention on the patient.Il colloquio in istituzione penitenziaria fra operatore della salute mentale (psichiatra, criminologo, psicologo, assistente sociale, ecc.) e paziente, mette spesso in luce la tendenza di quest’ultimo ad identificare, in altre persone od altri gruppi, la responsabilità per la sua privazione di libertà e per le sue sofferenze psichiche e fisiche. Queste persone sono qualificate dal paziente come nemiche e nei loro confronti, come un capro espiatorio, possono essere messe in atto anche delle violenze fisiche. Tra questi nemici o capri espiatori vi possono anche essere gli operatori della salute mentale. Oggetto del presente studio è la illustrazione di sei dinamiche che permettono di approfondire la conoscenza della creazione del nemico da parte del paziente nei colloqui con gli operatori della salute mentale in istituzione penitenziaria: 1) La creazione acuta di un nemico reale per un fatto reale; 2) La creazione progressiva e pretestuosa di un nemico; 3) Una modalità aggressiva per controllare un ambiente ritenuto aggressivo e incontrollabile; 4) L’opportunità per aggredire i simboli di ciò che si odia; 5) La gratificazione di poter giudicare e punire gli altri, invece di essere giudicato e punito dagli altri; 6) Il tentativo di neutralizzare l’aggressività intragruppale. Lo scopo del presente studio è quello di migliorare la formazione professionale degli operatori della salute mentale in carcere attraverso la consapevolezza delle loro emozioni, allorquando sono considerati nemici, evitare errori iatrogeni legati a reazioni emotive inadeguate, e saper utilizzare la creazione di un nemico da parte del paziente come un mezzo per approfondire la diagnosi e migliorare l’intervento terapeutico sul paziente

    La Traslazione del paziente, con disturbo mentale e comportamento violento, verso il terapeuta

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    We described eleven typical clinical cases of patients’ translational typology with mental disorder and violent behaviour towards the therapist. The clinical cases described exhibit neurotic and psychotic translation linked to translation linked to mental disorder and translation linked to the aetiology and to the dynamics of violent behaviour. The objective of this clinical study is to enrich the psychiatric diagnosis and therapeutic pathways of patients with mental disorder and violent behaviour and to avoid iatrogenic error by using the concept of translation in its widest understanding

    Reattività inadeguata del terapeuta nei confronti del paziente a rischio suicidario = Therapist’s reactions on the treatment of suicidal patients

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    In the present study, we describe fourteen therapists’ reactions (Avoidance, Rejection, Suicidal collusion, Overinvolvement, Overprotection, Loss of patients’ responsibilities, Loss of therapists’ responsibilities, Reaction to the feeling of being exploited, Creation of dependency, Manipolatory acting out, Feeling of undergoing an iniquity, Patients psychopathology inflation, Therapists’ psychopathology inflation, Suicidal Burnout Syndrome), based on emotions, behaviors and cognitivity, toward patients with suicidal risk. These responses can interfere with a correct assessment and management of suicidal risk in psychiatric patients. The purpose of the present clinical study was to improve therapist’s professional skills through the recognizement and management of his own responses to suicidal patients

    La Controtraslazione del terapeuta verso il paziente con disturbo mentale e comportamento violento

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    We described thirteen typologies of the therapist countertransference toward the patient with mental disorder and violent behavior. The purpose of this study is to improve: a) the ability of the therapist to mentalize emotions without any passing to the act; b) the recognition of the patient transference; c) the recognition of the countertransference related to mental disorder and violent behavior

    Problemi gestionali delle gravi manifestazioni aggressive: criminalità e spettro dell'umore

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    La maggior parte dei crimini con violenza sulla persona non avviene, come sembrerebbe ad un’analisi superficiale, in modo improvviso, come un «fulmine a ciel sereno», ma segue varie «tappe progressive», non sempre facili da identificare ma indispensabili per una comprensione del crimine e soprattutto per la sua prevenzione. La diagnosi psichiatrica del paziente formulata il giorno successivo alla messa in atto di un gesto criminale o violento è indispensabile, ma non è sufficiente. Non è necessariamente la stessa diagnosi dell’esame psichiatrico anamnestico prima del fatto e soprattutto non è necessariamente uguale alla diagnosi psichiatrica durante il fatto. Ad esempio, molte donne che hanno ucciso il figlio nel corso di una psicosi post-partum si presentano dopo l’omicidio con una sintomatologia prevalentemente depressiva, mentre al momento del gesto presentavano una sintomatologia più facilmente riconducibile ad uno stato espansivo o misto, ed ancora prima del gesto presentavano non solo un temperamento irritabile in un contesto d’incapacità genitoriale. Ignorare l’evoluzione della psicopatologia psichiatrica, in generale e soprattutto in relazione alla criminalità, non permette una valutazione e un trattamento adeguati. È infine utile e necessario ricordare che comportamenti criminali e suicidio sono fenomeni ad eziologia multifattoriale in cui entrano in gioco variabili biologiche, psicologiche, psichiatriche, sociali, ideologiche ecc. In questo senso la diagnosi e la terapia (farmacologica o psicoterapica) sono di stretta competenza psichiatrica ed utili per la comprensione della criminalità ma non sufficienti perché non costituiscono gli unici fattori causali

    La vittimologia dell’anziano

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    Elder abuse has received increasing attention over the past decade as a pervasive and growing problem with serious consequences for the ealth and wellbeing of old people. Abuse against elderly persons is extremely frequent, althought very often is not declared and it’s difficult to get information to define the real dimension of the phenomenon. Factors contributing to misdiagnosis and underreporting included denial by both the victim and the perpetrator, clinicians’ reluctance to report victims, disbelief by medical providers and clinicians’ lack of awarness of warning signs. Elder abuse could be defined as a single or repeated act or lack of appropriate action wich causes harm or distress to an older person. There are five main types of abuse following described: physical, psychological or emotional, sexual, neglect, self-neglect, financial or material, medical, abandonment and violation of rights. Often abuse takes place in unexpected scenarios and is perpetrated by those who might be expected to care and have particularly attention and emphaty to elderly persons: the victim, usually socially isolated, lives in close proximity to or with the perpetrator, has got a personal relationship with the perpetrator and is often dependent on him. Understanding the typical victim, perpetrator and scenario is crucial to detecting and preventing elder abuse. Research shows that there are a number of risk factors, correlated to the victim, the perpetrator or the relationship between them, which include social isolation, a poor quality relationship between the abuser and the abused, a pattern of family violence, dependence feelings (physical, emotional or financial one), victim or caregiver psychopathology (Axis I major mental mental disorders, personality disorders and drug/alcohol related problems). This article reviews the terminology, epidemiology, clinical signs and risk factors associated with elder abuse in the community and in istitutional settings, in order to permit early identification of abuse or maltreatment and to provide strategies of adequate intervention for elder abuse.Il problema dell’abuso sugli anziani è comparso solo da pochi anni nel dibattito della vittimologia. La violenza contro le persone anziane è un problema in crescita proporzionale all’incremento della popolazione mondiale di anziani ed al conseguente aumento delle malattie croniche che creano disabilità. Nonostante sia un fenomeno estremamente frequente e gravato da elevati costi umani e finanziari, spesso non è denunciato. Fattori che contribuiscono alla mancata denuncia e alla sottostima del fenomeno includono negazione da parte della vittima e dell’abusatore e riluttanza da parte degli operatori nel denunciare l’abuso associata ad una incompleta consapevolezza dei segni d’allarme. Le due categorie più comuni di abuso sulla persona anziana sono quello domestico (maltrattamento della persona anziana nella sua abitazione o in quella del caregiver) ed istituzionale (maltrattamento degli anziani che vivono in case di riposo o residenze assistenziali). L’abuso può esprimersi sotto varie forme: abuso fisico, abuso sessuale, violenza per omissione (trascuratezza intenzionale o meno), violenza medica, autolesionismo, abuso psicologico o emotivo, abuso finanziario, violenza civica ed abbandono. L’abuso è un’entità multifattoriale: la comprensione delle caratteristiche tipiche della vittima, dell’abusatore, della relazione tra i due e dello scenario in cui si compie l’abuso sono cruciali per svelare e prevenire i maltrattamenti nell’anziano. Il seguente scritto si propone di descrivere la terminologia, l’epidemiologia, i segni clinici ed i fattori di rischio associati all’abuso, sia a domicilio che in ambiente residenziale, al fine di delineare strategie per una precoce identificazione del fenomeno ed un adeguato intervento in caso di abuso sull’anziano
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