17 research outputs found
Cent ans de jalousie proustienne, éds. Erika Fülöp et Philippe Chardin
Il volume raccoglie gli interventi presentati al convegno One Hundred Years of Jealousy: Homage to Swann, tenutasi a Oxford dal 31 maggio al primo giugno del 2013. La collettanea offre ulteriori chiavi di lettura rispetto al tema, dominante nella narrazione proustiana, della gelosia. Come affermato da Erika Fülöp nell’Introduction (pp. 11-19), gli autori si propongono un duplice obiettivo: innanzitutto, il motivo ricorrente della gelosia invita a una rivisitazione di Du côté de chez Swann, di..
Son et traduction dans l’œuvre de Proust, sous la direction d’Emily Eells et Naomi Toth
Il presente volume è il risultato dei lavori svolti durante un convegno del giugno 2015 tenutosi tra l’università di Paris Nanterre e l’Hôtel de Lauzun, sede dell’Institut d’études avancées di Parigi. Il titolo del convegno, Traduire la sonorité proustienne, unisce i due temi cardine della traduzione e delle molteplici riverberazioni dell’elemento sonoro all’interno del romanzo proustiano. La miscellanea si compone di una parte dedicata agli interventi dei relatori e di un’altra che raccoglie..
Jean-Pierre Ollivier, Proust et les sciences
Questa volta è un professore di medicina ad avvicinare con estrema competenza e dedizione il testo proustiano, per evidenziarne ancora una volta la spiccata vocazione interdisciplinare. Nel presente volume, infatti, Jean-Pierre Ollivier prende in esame il discorso scientifico all’interno della Recherche, a partire da tre domande fondamentali relative alla sua ragion d’essere, alla sua pertinenza e alla sua funzione nel tessuto narrativo del romanzo («Introduction», p. 14). Il saggio, organizz..
Ponctuer le texte de sa présence : lyrisme et épopée dans la prose romanesque de Maylis de Kerangal
Dans le contexte contemporain, les ouvrages de Maylis de Kerangal interrogent les genres littéraires traditionnels. L’auteure elle-même parle à la fois du lyrisme de la matière situé au cœur de ses romans et de sa volonté de les inscrire dans une dimension épique. Ainsi sa production est-elle aussi une réflexion sur la figure de l’écrivain, en particulier Naissance d’un pont (2010) et Réparer les vivants (2014) : dans ces deux ouvrages, l’écriture s’assimile au chant du narrateur-aède célébrant la geste collective, qui sert de plan d’immanence et d’horizon absolu de l’action, selon une terminologie qui renvoie à Gilles Deleuze, source déclarée de Maylis de Kerangal. La voix du narrateur, cédant rarement le contrôle de la parole aux personnages, impose un ton épique au récit, en s’opposant ainsi à la polyphonie que Mikhaïl Bakhtine reconnaît comme composante essentielle du roman dostoïevskien et moderne. Ce cadre épique coexiste avec un registre lyrique, concrétisé dans le souffle qui alimente le chant : selon Maylis de Kerangal, c’est le corps de l’écrivain qui est présent dans l’écriture et lui imprime son rythme. Le lyrisme consiste donc ce cas à transposer au niveau du texte une pensée qui se fait corps dans le geste du chant. Ce curieux mélange d’épopée et de lyrisme trouve son instrument privilégié dans la ponctuation, véritable greffe du souffle aux mailles de la narration : désormais considéré comme un fait de style par la critique, le dispositif de la ponctuation matérialise le corps de l’écrivain au sein de la communauté, ce qui entraîne, du point de vue conceptuel, une intersection entre l’orchestration du sujet (matière lyrique) et l’orchestration des valeurs collectives (matière épique).
J.-C. Dumoncel, La mathesis de Marcel Proust
Grazie all’apporto delle numerose discipline che convergono nella sua attenta analisi del testo proustiano, Jean-Claude Dumoncel cerca di rivelarne un’estrema e inedita fecondità. Il proposito dell’autore è, da un lato, “spiegare” il romanzo di Proust grazie all’applicazione della logica modale, dall’altro, definire le implicazioni della sua ricezione in quanto “strumento pedagogico” (p. 13). Nell’Introduzione (pp. 13-64), Dumoncel colloca la propria analisi nelle due dimensioni, indicate da..
Proust e Ruskin: il complesso ipotesto della coscienza
L’articolo si occupa di analizzare nuovi aspetti delle connessioni ipertestuali esistenti tra la produzione letteraria di John Ruskin e il grande romanzo di Marcel Proust, À la Recherche du Temps Perdu. Tale studio si concentra sul ruolo di Ruskin nel processo di acquisizione di uno stile originale da parte di Proust, sulla base delle tracce lasciate dall’autore francese negli apparati paratestuali che accompagnano le sue traduzioni di The Bible of Amiens e Sesame and Lilies. Nelle sue prefazioni e note, il traduttore sembra abbozzare alcune riflessioni cruciali per la stesura del capolavoro ancora in fase di elaborazione. Per fare ciò, il testo principale è trasformato da Proust in uno spazio di sperimentazione dove mettere alla prova le sue stesse scelte stilistiche. La ‘digestione’ proustiana delle opere di Ruskin è un lungo processo condotto in due fasi: al momento della traduzione, Proust si comporta come un vero critico fornendo al lettore citazioni tratte da altri testi e commenti riguardanti le scelte linguistiche, retoriche e ideologiche dell’autore; in un secondo momento, nel corso della stesura di À la Recherche du Temps Perdu, le riflessioni indotte da Ruskin ritornano e rivelano tutta la loro importanza nella costruzione della grande cattedrale proustiana. uesto ritorno di temi e motivi tipici dell’immaginario dell’artista è testimoniato a quattro livelli, tutti fondamentali per il romanzo: unità strutturale, trama, quadro retorico e analisi metatestuale sembrano anticipati da Proust negli apparati di accompagnamento alle due traduzioni e rielaborati in seguito. Il nostro obiettivo è quello di dimostrare che Proust ha tratto spunto dal confronto con Ruskin per definire la sua coscienza d’artista, grazie al costante confronto stilistico favorito dalla traduzione. Ruskin può essere quindi considerato un pretesto, e non tanto un modello, per l’autore francese. Le conclusioni si concentrano sull’originalità delle pratiche ipertestuali messe in atto da Proust in qualità di traduttore, critico e artista alla ricerca di uno stile completamente nuovo ed efficace
Toolbox "in comune"
Questo paper riassume i risultati raggiunti attraverso alcune esplorazioni didattiche
condotte presso il Politecnico di Milano all’interno del Building Albanian Landscape – Lab,
durante l’anno accademico 2015‐16, coordinato dall’autrice.
Il laboratorio ha voluto approfondire alcuni temi lanciati dal più recente Piano della città
Tirana 2030 e concentrarsi sulle aree periferiche e di maggiore espansione della città.
Attraverso l’organizzazione di un viaggio studio e di una mostra finale presso la “Piramide”,
edificio simbolo della città di Tirana, questa esperienza di laboratorio ha offerto una reale
possibilità di confronto tra gli studenti di architettura del terzo anno della Scuola di
Architettura e Società, le Istituzioni albanesi e la comunità locale.
In opposizione alla visione della città di Tirana “dal centro e dall’alto” si è scelto di lavorare
sulle sue aree di margine. Attraverso l’elaborazione di “dispositivi” progettuali che hanno
esplorato la capacità di adattamento e progressivo miglioramento dello spazio urbano,
all’interno di un contesto così mutevole e incontrollato, si è cerato di capire come
oltrepassare la staticità del progetto.
Se osserviamo infatti le parti più marginali della città, i suoi confini, senza focalizzare la
nostra attenzione solamente sulla mancanza di servizi, di infrastrutture di base, ecc.
potremo trovare un elevato livello di “strutture”, non rappresentate o non ancora
riconosciute (relazioni sociali, auto‐espressioni, infiniti esperimenti e appropriazioni), delle
quali non si sente parlare e che esprimono invece in maniera latente una grande potenziale,
una “energia del fare”, tipica della città albanese.
Le esplorazioni progettuali elaborate si sono rivolte al riconoscimento delle risorse
disponibili e ad alcune loro possibili riorganizzazioni, attraverso un principio di flessibilità e
prevedendo un contributo attivo degli abitanti.
Progetti “irriducibili” che cercano di assicurare il massimo comfort possibile con la minima
spesa, per poi mutare o strutturarsi nel tempo.
Il progetto urbano in questi contesti è diventato una “toolbox”, una sorta di cassetta degli
attrezzi orientata allo scopo finale di riqualificare progressivamente gli spazi più fragili, ma
anche più dinamici della città e di stimolare la costruzione di processi e forme di
rigenerazione che possono provenire, almeno in una prima fase, dagli abitanti stessi, dalle
loro pratiche e in economia
“Superporti” e contesti locali/“ Superport” and local contexts
New infrastructures, new landscapes AbstractThe paper will discuss one recent Italian project that share a common background: the relevance of the existing maritime landscape as a non negotiable value. The studies will be discussed in details a feasibility study for the new port in Monfalcone. National infrastructural policies emphasize competitiveness and connection as a central issue incultural, economic and political development of communities . Based on networks and system development along passageways that make up the European infrastructural armor; the two are considered at the meantime as cause and effect of "territorialisation”. These two views are obviously mutually dependent. It's hard to think about a strong attractiveness out of the network, and to be part of the latter encourages competitiveness. Nonetheless this has proved to be conflictual when landscape values and the related attractiveness are considered.The presented case study project, is pursuing the ambition to promote a new approach in realizing large infrastructures; its double role is to improve connectivity and to generate lasting and positive impact on the local regions. It deal with issues of inter-modality and the construction of nodes and lines which connects Europe, and its markets.Reverting the usual approach which consider landscape project as as a way to mitigate or to compensate for the infrastructure, the goal is to succeed in realizing large infrastructural works by conceiving them as an occasion to reinterpret a region or, as extraordinary opportunities, to build new landscapes.The strategy proposed consists in achieving structural images based on the reinforcement of the environmental and historical-landscape systems. Starting from the reinterpretation of local maritime context and resources it is possible not just to preserve the attractiveness of a specific landscape but also to conceive infrastructure in a more efficient way. </p
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Expérience de l'espace et pensée de la métaphore chez Marcel Proust
This dissertation explores the philosophical potential of Marcel Proust’s narrative and rhetorical strategies for describing space in his literary output. Interested by the immediate connection between time and memory displayed by Proust in several well-known passages of In Search of Lost Time, scholars have neglected the foundational role of spatial experience for the representation of the activities of human consciousness. My analysis opens to an interdisciplinary approach, revealing both Proust’s ties to a previous philosophical heritage and the possible interpretation of his text through contemporary theories. On the one hand, in fact, I show how his treatment of space is imbued with the spiritualist philosophy of the 19th century; on the other, I examine his antirealistic rendition of a specific space, landscape, as a way to distance himself from the literary tradition and in the light of recent landscape theory.
In this work, I argue that Proust’s novel can be read as a series of equivalences participating in an overarching space-time analogy founded on the reversibility of these two terms. In other words, the author uses the metaphorical language of space to convey his theory on time perception, treating the two dimensions of space and time as equal. Moreover, space takes over multiple communicative tasks, such as giving expression to aesthetic experiences, self-perception, feelings of love, jealousy, ecstasy, and many others. As a consequence, in Proust’s writing, space becomes the linguistic vehicle for the whole spectrum of human consciousness. This operation is carried out in two steps, which I identify as a “métaphorisation de l’espace” (metaphorization of space) and a “métaphorisation par l’espace” (metaphorization by space): at first the narrator utilizes a metaphorical language to talk about actual spaces, then he adopts spatial metaphors to refer to the spiritual content of the book. My contention is that these two moments contribute to the broader argument concerning the centrality of spatial experience in the shaping of In Search of Lost Time, as well as in the definition of Proust’s theory of the novel