11 research outputs found

    Diagnosis and laparoscopic management of a 5-week ectopic pregnancy in a rudimentary uterine horn: A case report

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    Uterine anomalies result from the failure of complete fusion of the MĂźllerian ducts during embryogenesis. A unicornuate uterus with a rudimentary horn is the rarest anomaly and results from the failure of one of the MĂźllerian ducts to develop completely and an incomplete fusion with the contralateral side. Diagnosis and surgical management of a 5-week ectopic pregnancy in a non-communicating rudimentary horn in an 18-year-old nulliparous woman in whom this congenital uterine anomaly was previously unknown are described

    Variabilita morfologica del dotto arterioso in presenza di arco aortico destro

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    Valutazione ecografica e clinica delle diverse tipologie di dotto arterioso che possono presentarsi in caso di arco aortico destro isolato o associato ad altre cardiopati

    Approccio interventistico al trattamento in utero del cuore sinistro ipoplasico

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    La possibilità di diagnosticare la sindrome del cuore sinistro ipoplasico piuttosto precocemente (a partire dalle 18-19 settimane) e di conoscerne la patogenesi di tipo progressivo, gli scarsi risultati ottenuti dai trattamenti fino ad oggi applicati che spingono ancora molti genitori a scegliere una interruzione di gravidanza, gli studi ottimistici sulla plasticità miocardica e sulle cellule staminali, hanno posto le basi per una nuova sperimentazione: una procedura interventistica per il trattamento in utero della HLHS. Gli interventi sul feto ancora oggi sono raramente eseguiti, a causa della loro complessità e dei rischi che possono comportare. Nelle cardiopatie congenite, ed ancora di più nella sindrome del cuore sinistro ipoplasico, sappiamo però che tale intervento ha le potenzialità di prevenire lo sviluppo della malformazione o quanto meno di ridurre la gravità delle sue manifestazioni cliniche. Tutte queste premesse ci hanno spinto a sperimentare una nuova tecnica su feti ovini ad un’epoca gestazionale compresa tra i 95 ed i 106 giorni (laddove la durata complessiva della gravidanza è di 145±5 giorni), non affetti da patologia. La scelta della pecora come animale su cui eseguire gli esperimenti è stata dettata, come molti studi passati possono testimoniare, dall’estrema somiglianza morfo-funzionale del suo cuore con quello umano; inoltre selezionare feti ad un’epoca gestazionale di 95-106 giorni permette di sperimentare la procedura su un cuore avente pressoché le stesse dimensioni di un cuore fetale umano alla ventesima settimana di gestazione, ovvero nel periodo in cui dovrebbe essere eseguito l’intervento, subito dopo la diagnosi. Gli interventi eseguiti fino a questo momento su 9 feti di pecora hanno avuto come principale obiettivo quello di andare a dimostrare la fattibilità della procedura in utero: questa viene eseguita con un catetere costruito su misura ed inserito per via trans-uterina, che permetta il rilascio direttamente nel tessuto miocardico di microsfere fluorescenti appositamente preparate. Questa prima parte dello studio ha quindi lo scopo di sperimentare la tecnica, valutarne le eventuali complicanze e apportarne correzioni e miglioramenti per rendere l’intervento il più sicuro ed efficace possibile. L’infusione di microsfere fluorescenti rappresenta una premessa all’obiettivo finale dello studio: l’impianto di cellule staminali direttamente nel miocardio, che potenzialmente permettano lo sviluppo e la crescita del tessuto, in particolare a livello del ventricolo sinistro. Vengono perciò utilizzate in prima istanza microsfere aventi lo stesso diametro delle eventuali cellule staminali (10µm) ma con una maggiore reperibilità, nonché costi nettamente inferiori. Le microsfere marcate possono inoltre essere facilmente visualizzate e valutate all’interno del tessuto cui sono destinate, mediante un microscopio a fluorescenza. Questo permette quindi di dimostrare anche il successo dell’intervento ed il raggiungimento di un primo importante obiettivo: la corretta infusione delle microsfere (riproducibile poi con le cellule staminali) e la loro permanenza nel tessuto miocardico. La procedura interventistica, che nell’uomo potrebbe essere eseguita per via percutanea, nella pecora richiede una incisione laparotomica con esposizione dell’utero gravido; questo perché nella pecora l’unità di scambio tra la circolazione materna e quella fetale è rappresentata dal placentoma, che prende vita dall’unione tra il cotiledone placentare e la caruncola materna: nella pecora gravida ci sono circa 90-100 placentomi dispersi sulla membrana corionica. Questi fanno sì che la penetranza delle onde meccaniche ecografiche sia piuttosto scarsa, e quindi che la visualizzazione delle strutture fetali per via trans-addominale sia molto difficoltosa. Per una migliore trasmissibilità delle immagini ecografiche perciò l’utero viene esposto e la sonda viene appoggiata direttamente su di esso. Sotto guida ecografica viene inserito il catetere attraverso l’apice del ventricolo sinistro e viene fatto avanzare, oltre la valvola aortica, all’interno dell’aorta ascendente fino a livello del tronco brachiocefalico, senza oltrepassarlo; qui viene gonfiato un palloncino che induca un arresto del flusso (stop flow) per circa due minuti, durante i quali le microsfere fluorescenti vengono iniettate. Dopo questa operazione il palloncino viene sgonfiato e si ha la ripresa del flusso. L’obiettivo della procedura è quello di convogliare le microsfere (ed in seguito le cellule staminali) dalla radice aortica verso i seni aortici e le arterie coronarie, e attraverso queste al miocardio. Teoricamente poi le microsfere, dopo il primo ciclo cardiaco, verranno raccolte nel seno coronarico, e da questo, dato il suo sbocco a livello dell’atrio destro, verranno distribuite per un 60% al ventricolo destro e per un 40% al ventricolo sinistro grazie al passaggio attraverso il forame ovale. Dal ventricolo destro le microsfere passeranno poi alla circolazione sistemica attraverso il dotto arterioso di Botallo. Il fine di questa prima parte dello studio è duplice: da una parte vogliamo dimostrare l’efficacia del posizionamento del catetere e la sua capacità di rilasciare direttamente le microsfere nel tessuto bersaglio, ovvero il miocardio; dall’altra vogliamo valutare la distribuzione delle microsfere nel tessuto bersaglio stesso. Per soddisfare entrambi gli obiettivi, dopo l’infusione delle microsfere, si può procedere in due diversi modi: • Nel primo caso, dopo 30-60 secondi dall’infusione si iniettano 35 mEq di KCl (1 ml) senza rimuovere lo stop flow, per indurre l’arresto cardiaco del feto; viene effettuato poi un taglio cesareo, il feto viene prelevato e sottoposto ad esame autoptico, durante il quale il cuore viene rimosso dalla cavità toracica ed immerso in un gel per la conservazione. Questo permetterà di testare l’efficacia del posizionamento del catetere e dell’induzione dello stop flow: infatti qualora quest’ultimo non fosse completo, ovvero se il palloncino non aderisse perfettamente alle pareti dell’aorta, potremo rilevare la sostanza iniettata (in questo caso le microsfere) anche in altri tessuti oltre a quello cardiaco. • Nel secondo caso, dopo 30-60 secondi il palloncino viene sgonfiato e si lascia il tempo (circa 10 minuti) per un ‘wash out’ delle microsfere dal tessuto miocardico. A questo punto si procede, come nel caso precedente, con l’iniezione di KCl per eutanasizzare il feto, il taglio cesareo e l’esame autoptico. Questa seconda modalità permette di valutare così la distribuzione delle microsfere nel tessuto bersaglio e l’eventuale dispersione in altri tessuti. Una volta compiuta la procedura ed estratto il feto dall’utero della pecora, l’importante passo successivo è l’esame autoptico dell’animale sacrificato. Questo permette di visualizzare i siti d’ingresso dell’agocannula e del catetere, di determinare la causa di eventuali complicanze incorse (tra le più frequenti emopericardio, emotorace ed emoperitoneo), di prelevare i principali organi da sottoporre ad esame istologico: il cuore, ovvero l’organo bersaglio in cui ci aspetteremo di ritrovare le microsfere, ma anche i principali organi emuntori, cioè i reni ed in alcuni casi parte del fegato, per valutare una eventuale dispersione in circolo della sostanza iniettata

    Are remission and low disease activity state ideal targets for pregnancy planning in Systemic Lupus Erythematosus? A multicentre study

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    OBJECTIVES: To determine whether disease remission or low disease activity state at the beginning of pregnancy in SLE patients is associated with better pregnancy outcome.METHODS: pregnancies in SLE patients prospectively monitored by pregnancy clinics at four rheumatology centres were enrolled. Patient demographics and clinical information were collected at baseline (pregnancy visit before 8weeks of gestation) including whether patients were in remission according to DORIS criteria and and/or Lupus Low Disease Activity State (LLDAS). Univariate and multivariate analysis were performed to determine predictors of disease flare and adverse pregnancy outcomes (APOs) including preeclampsia, preterm delivery, small for gestational age infant, intrauterine growth restriction and intrauterine fetal death.RESULTS: 347 pregnancies were observed in 281 SLE patients. Excluding early pregnancy losses, 212 pregnancies (69.7%) occurred in patients who were in remission at baseline, 33 (10.9%) in patients in LLDAS, and the remainder in active patients. 73 flares (24%) were observed during pregnancy or puerperium, and 105 (34.5%) APOs occurred. Multivariate analysis revealed that patients in disease remission or taking hydroxychloroquine were less likely to have disease flare, while a history of lupus nephritis increased the risk. The risk of APOs was increased in patients with shorter disease duration, while being on hydroxychloroquine resulted a protective variable. An almost significant association between complete remission and a decreased risk of APOs was observed.CONCLUSIONS: Prenatal planning with a firm treat-to-target goal of disease remission is an important strategy to reduce the risk of disease flares and severe obstetrical complications in SLE pregnancies

    EDU-CARE\uae, a randomised, multicentre, parallel group study on education and quality of life in COPD

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    Tocilizumab for patients with COVID-19 pneumonia. The single-arm TOCIVID-19 prospective trial

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    BackgroundTocilizumab blocks pro-inflammatory activity of interleukin-6 (IL-6), involved in pathogenesis of pneumonia the most frequent cause of death in COVID-19 patients.MethodsA multicenter, single-arm, hypothesis-driven trial was planned, according to a phase 2 design, to study the effect of tocilizumab on lethality rates at 14 and 30 days (co-primary endpoints, a priori expected rates being 20 and 35%, respectively). A further prospective cohort of patients, consecutively enrolled after the first cohort was accomplished, was used as a secondary validation dataset. The two cohorts were evaluated jointly in an exploratory multivariable logistic regression model to assess prognostic variables on survival.ResultsIn the primary intention-to-treat (ITT) phase 2 population, 180/301 (59.8%) subjects received tocilizumab, and 67 deaths were observed overall. Lethality rates were equal to 18.4% (97.5% CI: 13.6-24.0, P=0.52) and 22.4% (97.5% CI: 17.2-28.3, P<0.001) at 14 and 30 days, respectively. Lethality rates were lower in the validation dataset, that included 920 patients. No signal of specific drug toxicity was reported. In the exploratory multivariable logistic regression analysis, older age and lower PaO2/FiO2 ratio negatively affected survival, while the concurrent use of steroids was associated with greater survival. A statistically significant interaction was found between tocilizumab and respiratory support, suggesting that tocilizumab might be more effective in patients not requiring mechanical respiratory support at baseline.ConclusionsTocilizumab reduced lethality rate at 30 days compared with null hypothesis, without significant toxicity. Possibly, this effect could be limited to patients not requiring mechanical respiratory support at baseline.Registration EudraCT (2020-001110-38); clinicaltrials.gov (NCT04317092)
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