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Radiochemioterapia versus Chemioterapia esclusiva nel trattamento adiuvante del carcinoma del pancreas radicalmente operato: studio retrospettivo
RIASSUNTO
Nel carcinoma del pancreas il tasso di mortalità è elevato risultando molto simile al tasso d’incidenza. La prognosi dei pazienti affetti da adenocarcinoma del pancreas è sfavorevole anche nei pazienti operati radicalmente, con tassi di sopravvivenza a 5 anni inferiori al 18-20%.
Visti i deludenti risultati ottenuti con la sola chirurgia sono stati condotti numerosi studi che hanno impiegato la chemioterapia (CT) e/o la radioterapia (RT) postoperatoria, con l’obiettivo di migliorare la sopravvivenza ed il controllo locale della malattia. I dati della letteratura sono ancora insufficienti e con risultati contrastanti. Ad oggi pertanto il ruolo della RT nel trattamento adiuvante nel carcinoma del pancreas rimane controverso.
Dopo iniziali trias che hanno dimostrato un beneficio della RT adiuvante, lo studio ESPAC-1 (2004) nonostante tutte le sue criticità , ha rappresentato (soprattutto in Europa) un punto di svolta a favore del trattamento adiuvante con sola CT.
Ciò si è riflettuto anche sulla modalità di trattamento dei pazienti, affetti da carcinoma del pancreas, afferiti presso la nostra azienda Ospedaliera; si sono così creati due diversi gruppi di pazienti (pre e post ESPAC-1) con caratteristiche cliniche simili, eccetto il Performance Status (PS), tutti radicalmente operati dalla stessa equipe chirurgica, ma differenti per quanto riguarda il trattamento adiuvante.
La presente tesi riporta i risultati della analisi retrospettiva effettuata su questi due gruppi di pazienti così suddivisi: gruppo A (RT-CT adiuvante) e gruppo B (CT adiuvante).
L’obiettivo primario della tesi è stato quello di comparare la sopravvivenza globale (OS) nei due gruppi di pazienti; gli obiettivi secondari sono l’intervallo libero da malattia (DFS), la modalità di ripresa di malattia e le tossicità del trattamento.
Abbiamo analizzato complessivamente 120 pazienti: 57 (gruppo A) sono stati sottoposti a CT-RT adiuvante dal gennaio 1999 al maggio 2005, 63 (gruppo B) hanno ricevuto CT adiuvante dal settembre 2004 al luglio 2013. Il follow-up medio del gruppo A è stato di 56,3 mesi (range 10 – 184) quello del gruppo B è stato di 28 mesi (7,5 – 74,8). Nel gruppo A 53 pazienti hanno completato i 2 cicli di CT di induzione e 4 pazienti hanno eseguito un solo ciclo. Solo un paziente non ha completato il successivo trattamento RT-CT alla dose prevista di 45 Gy per motivi personali.
Nel gruppo B 52/63 pazienti (82.5 %) hanno completato i 6 cicli di CT adiuvante programmati.
L’analisi della OS e della DFS è stata eseguita sia sul totale dei pazienti che sul sottogruppo con PS=0-1 (valutato dopo chirurgia) in quanto questi ultimi risultano diversamente distribuiti tra i due gruppi (41/57 gruppo A e 63/63 del gruppo B); numerosi studi riportati in letteratura hanno evidenziato infatti l’importanza del PS come fattore prognostico indipendente di OS.
I pazienti del gruppo B hanno presentato una mediana di sopravvivenza molto elevata (44 mesi) rispetto a quanto riportato in letteratura (19-28 mesi) mentre per i pazienti del gruppo A la mediana di sopravvivenza è risultata di 25 mesi ed è in linea con i più recenti lavori.
A conferma del PS come fattore prognostico di OS, l’analisi dei soli pazienti del gruppo A con PS=0-1, ha dimostrato una mediana di sopravvivenza di 55 mesi.
La OS a 2 anni è nel complesso sovrapponibile tra i due gruppi, sia confrontando il totale dei pazienti (61,5% e 71,5% rispettivamente nel gruppo A e nel gruppo B) e sia se si analizzano i soli pazienti con PS=0-1 (71,3% vs 71,5 % rispettivamente nel gruppo A e nel gruppo B) (p=0.97). Le due curve tendono poi a separarsi fino a raggiungere percentuali di OS a 5 anni del 34,7% e del 24 % rispettivamente nel gruppo A e nel gruppo B. La percentuale di OS a 5 anni dei pazienti con PS=0-1 del gruppo A è invece del 48.2% (p=0.14).
Per quanto riguarda la DFS a 2 anni e 5 anni questa è nettamente a favore dei pazienti del gruppo A con valori rispettivamente del 51% e del 41% vs il 33% e il 18% del gruppo B (p=0.029). Tale vantaggio in DFS del gruppo A è più marcato se consideriamo i soli pazienti con PS=0-1 (DFS a 2 e 5 anni rispettivamente del 60% e del 47 %) (p=0.0006).
Nonostante il vantaggio in DFS nel gruppo A, le percentuali di OS restano simili. Ciò potrebbe essere dovuto alla diversa modalità di trattamento a cui sono stati sottoposti i pazienti al momento della recidiva. Infatti, al momento della ripresa di malattia, i pazienti del gruppo B hanno ricevuto una polichemioterapia mentre quelli del gruppo B sono stati trattati con una monochemioterapia. L’utilizzo di uno schema di CT a più farmaci potrebbe aver influenzato la storia naturale della malattia consentendo un prolungamento di sopravvivenza dopo recidiva raggiungendo valori di OS simili a quella del gruppo A.
Entrambe le modalità di trattamento non sono state gravate da tossicità rilevanti. Più frequente è stata la tossicità ematologica di grado G3-G4 per il gruppo di pazienti trattati con sola Gemcitabina.
La malattia si è ripresentata a livello locale in 16 pazienti del gruppo A (28%) e 26 pazienti del gruppo B (41.3%). A distanza in 36 pazienti (60.9%) e 40 pazienti (63.4%) rispettivamente nel gruppo A e nel gruppo B.
Concludendo è probabile che la RTCT consenta un migliore controllo di malattia sia locale che a distanza con una DFS significativamente superiore rispetto alla sola CT adiuvante.
Tuttavia l’utilizzo di seconde linee di CT con più farmaci consentirebbe un miglioramento della sopravvivenza dopo recidiva, ma potrebbe essere gravato da un peggioramento della qualità di vita anche se i relativi parametri non sono stati analizzati in questa tesi.
Ad oggi, pur non essendoci livelli di evidenza tali da poter definire quale sia il trattamento standard dopo chirurgia radicale per carcinoma del pancreas, dai risultati di questa tesi si può ipotizzare che il trattamento radio-chemioterapico adiuvante sia una valida scelta terapeutica
Role of perfusion CT in the evaluation of functional primary tumour response after radiochemotherapy in head and neck cancer: Preliminary findings
Objective: To report the initial results of a prospective study aimed at evaluating the CT perfusion parameter changes (ΔPCTp) of the primary tumour after radiochemotherapy (RCT) in head and neck cancer (HNC) and to correlate with positron emission tomography (PET)/CT response. Methods: Eligibility criteria included HNC (Stage III-IV) candidates for RCT. Patients underwent perfusion CT (PCT) at baseline and at 3 weeks and 3 months after treatment. Blood volume, blood flow, mean transit time (MTT) and permeability surface (PS) product were computed. Moreover, PET/CT was performed at baseline and 3 months after treatment. The ΔPCTp were evaluated between baseline and 3-week/3-month evaluations, whereas PET/CT response was based on the maximum standardized uptake value changes according to the European Organization for Research and Treatment of Cancer criteria. Results: Between July 2012 and July 2015, 25 patients were enrolled. A significant reduction of all CT tumour perfusion parameters (PCTp) was observed from the baseline to after RCT (p<0.001). Specifically, a significant reduction was shown at 3 weeks for all PCTp except MTT (from 6.18 to 5.14s; p=0.722). Differently, a significant reduction of all PCTp (p<0.001) including MTT (from 6.18 to 2.24s; p=0.001) was shown at 3 months. Moreover, the reduction of PS resulted in a significant prediction of PET/CT response at 3 months (p=0.037) with the trend also at 3 weeks (p=0.099) at the multivariate analysis. Conclusion: Our preliminary findings seem to show that almost all PCTp are significantly reduced after RCT, whereas PS seems to come out as the strongest factor in predicting the PET/CT response. Advances in knowledge: This article provides information on the potential useful role of PCT in evaluating tumour response after both early and late RCT
Predictors of Local Control for Stereotactic Ablative Radiotherapy (SAbR) in Pulmonary Oligometastases from Gastrointestinal Malignancies
Background/aim: To assess predictors of local control (LC) for stereotactic ablative radiotherapy (SAbR) in pulmonary oligometastatic disease (OMD) from gastrointestinal (GI) malignancies. Patients and methods: Patients with pulmonary OMD treated with SAbR from January 2016 to December 2018 were included in this observational analysis. Primary endpoint was LC. Uni- and multivariate analyses to assess variable correlations were conducted. Results: Thirty-seven patients and 59 lung metastases were evaluated. The delivered dose was 30-60 Gy in 3-8 fractions. After a median follow-up of 23.0 months (range=6.3-50.4 months), LC rate at 1/2 years was 89.7%/85.0%, and increased to 96.0%/91.0% for lesions treated with a biologically effective dose (BED10) ≥100 Gy (p=0.03). RECIST response at 6 months was predictive for LC (p=0.002). Conclusion: SAbR is an effective option for pulmonary OMD from GI malignancies. A BED10 ≥100 Gy and radiological response at 6 months can affect LC
Analisi del polimorfismo del singolo nucleotide dei geni XPD 312, XPD 751,ERCC1 e XRCC1 e loro significato prognostico nei pazienti affetti da adenocarcinoma del pancreas sottoposti a radiochemioterapia
RIASSUNTO
L’adenocarcinoma del pancreas rappresenta una delle maggiori sfide in campo oncologico; circa il , 75% dei pazienti si presenta, alla diagnosi, con una neoplasia localmente avanzata o metastatica. Ciò influisce notevolmente sulle possibilità di cura della malattia con una sopravvivenza globale che non supera il 20% a 5 anni. Solo il 20% dei Pazienti sono candidati alla chirurgia curativa, ma anche in questi casi a prognosi più favorevole, la sopravvivenza a 5 anni è compresa tra il 18% ed il 35%. Il trattamento adiuvante (radioterapia e chemioterapia) ha portato un vantaggio soprattutto in termini di controllo locale di malattia e meno sulla sopravvivenza.
A tal proposito l’associazione radioterapia e gemcitabina rappresenta oggi uno dei regimi più utilizzati, ma anche in questo caso non si osservano risultati eclatanti in termini di miglioramento della sopravvivenza.
Oltre alla individuazione di nuovi farmaci attivi contro il carcinoma del pancreas ed allo sviluppo di nuove e più precise tecniche radioterapiche, un recente indirizzo di studio è quello della ricerca a carattere genetico per la individuazione di parametri predittivi utili ad identificare il miglior trattamento possibile per il singolo paziente
Ciò è oggi possibile grazie all’avvento di nuove tecniche di biologia molecolare e al sequenziamento del genoma umano che ha dato nuovo impulso a studi di farmacogenetica e farmacogenomica. Nell’ambito di tali studi, si collocano le analisi dei polimorfismi del singolo nucleotide (SNPs) a livello di regioni codificanti del genoma, che possono influenzare l’espressione e la funzione delle proteine e risultare in fenotipi che predispongono l’individuo a sviluppare determinate patologie; sono noti, infatti, polimorfismi per geni che codificano per i meccanismi di trasporto, per i bersagli molecolari, per i meccanismi di riparo del DNA e per gli enzimi che metabolizzano i farmaci. L’alterazione di tali geni può condizionare la risposta al trattamento.
Sulla base di queste considerazioni, in questo studio è stata effettuata un’analisi degli SNPs a livello dei geni implicati nei meccanismi di riparazione del DNA. In particolare sono stati analizzati gli SNPs ERCC1 C118T, XPD G312A , XPD A751C e XRCC1 A399G su DNA estratto da linfo-monociti di sangue periferico mediante metodica Real-time polymerase chain reaction (PCR).
L’obiettivo primario dello studio è stato quello di correlare tali SNPs con l'intervallo libero da malattia e la sopravvivenza.
Lo studio ha preso spunto da un precedente lavoro nel quale erano stati arruolati 77 pazienti radicalmente operati e trattati con radiochemiotepia adiuvante (RT + GEM); successivamente, 23/77 pazienti sono stati sottoposti alla analisi dei suddetti SNPs.
L’ analisi dei polimorfismi ERCC1 C118T, XPD G312A, XPD A751C e XRCC1 A399G non ha evidenziato differenze statisticamente significative, in termini di intervallo libero da malattia, tra i pazienti con genotipo non mutato (wild-type), e quelli con genotipo mutato.
Per quanto riguarda l'nalisi della sopravvivenza (OS)per il polimorfismo XRCC1 A399G, non è stato registrato alcun vantaggio statisticamente significativo in favore nè del sottogruppo di pazienti con genotipo wild-type né in quello con genotipo mutato (p=0,2373).
Al contrario l’analisi del polimorfismo di XPD G312A ha evidenziato una differenza statisticamente significativa (p=0,0176) in favore del genotipo wild-type rispetto al genotipo mutato.
Anche per il polimorfismo di XPD A715C abbiamo riscontrato un vantaggio statisticamente significativo nella sopravvivenza (p=0,0004) a favore dei pazienti con genotipo non mutato.
Infine anche dallo studio del polimorfismo di ERCC1 C118T è emersa una differenza statisticamente significativa in favore di uno dei due sottogruppi di pazienti. In questo caso il vantaggio in termini di OS è per i pazienti con genotipo mutato, variante allelica omozigote, rispetto al gruppo di soggetti con genotipo mutato eterozigote.
I risultati del nostro studio sembrano confermare il valore dell’approccio farmacogenetico nel trattamento del tumore del pancreas, offrendoci nuove potenzialità per selezionare i sottogruppi di pazienti che risponderanno in maniera efficace al trattamento radiochemioterapico.
Proseguendo nell’identificazione dei geni coinvolti nella risposta ai chemioterapici e alla radioterapia e dei loro polimorfismi è auspicabile che in futuro sia possibile predisporre delle mappe di chemioradiosensibilità -chemioradioresistenza per ciascun paziente, nell’ottica di somministare terapie antitumorali basate sulle caratteristiche genetiche del paziente.
Oltre ai risultati ottenuti, il nostro studio enfatizza l’importanza dell’approccio multidisciplinare e collaborativo su cui si basa la ricerca translazionale, necessaria per perseguire miglioramenti in ambito oncologico.
Tale correlazione tra i polimorfismi di ERCC1 C118T, XPD G312A e XPD A751C e la sopravvivenza mediana nei pazienti affetti da adenocarcinoma del pancreas renderà necessario pianificare studi prospettici confermatori
Adjuvant chemoradiotherapy (gemcitabine-based) in pancreatic adenocarcinoma: The Pisa University experience
Introduction: The role of adjuvant chemoradiotherapy in patients with pancreatic adenocarcinoma (PA) is controversial. In this study we aimed to assess the feasibility, disease-free survival (DFS) and overall survival (OS) of adjuvant chemoradiotherapy (gemcitabine based) in patients with resected PA and their correlation with prognostic factors. Methods: 122 resected patients (stage â¥IIa) treated between February 1999 and December 2013 were analyzed. Two cycles of gemcitabine (1,000 mg/m2 on days 1, 8 and 15 every 28 days) were administered before concomitant radiotherapy (45 Gy/25 fractions) and chemotherapy (gemcitabine 300 mg/m2weekly). Results: Median follow-up was 22.7 months (range 4-109). Gastrointestinal toxicity (G3), neutropenia (G3-G4) and cardiac toxicity (G2-G3) were observed in 2.4%, 10.6% and 1.6% of patients, respectively. OS at 12, 24 and 60 months was 79%, 55% and 31%, respectively (median 25 months). Two-year OS in patients with postoperative Karnofsky performance status (KPS) â¤70 and â¥80 was 37.1% and 62.3%, respectively (p<0.0001). OS was better in the group of patients with a postoperative CA 19-9 level â¤100 U/mL (p = 0.014). Median DFS was 17 months. Conclusions: The combination of concomitant gemcitabine and radiotherapy in patients with radically resected PA was well tolerated and associated with a low incidence of local recurrences. Five-year OS was significantly influenced by postoperative KPS and CA 19-9 values
No benefit of adjuvant Fluorouracil Leucovorin chemotherapy after neoadjuvant chemoradiotherapy in locally advanced cancer of the rectum (LARC): Long term results of a randomized trial (I-CNR-RT)
To evaluate the effect of adjuvant chemotherapy (ACT) in locally advanced rectal cancer (LARC) after neoadjuvant chemoradiation (NACT-RT). The study was funded by the Italian National Research Council (CNR)
How the COVID-19 Pandemic Impacted on Integrated Care Pathways for Lung Cancer: The Parallel Experience of a COVID-Spared and a COVID-Dedicated Center
Introduction The COVID-19 pandemic has proved to be a historic challenge for healthcare systems, particularly with regard to cancer patients. So far, very limited data have been presented on the impact on integrated care pathways (ICPs). Methods We reviewed the ICPs of lung cancer patients who accessed the Veneto Institute of Oncology (IOV)/University Hospital of Padua (Center 1) and the University Hospital of Verona (Center 2) before and after the COVID-19 pandemic, through sixteen indicators chosen by the members of a multidisciplinary team (MDT). Results Two window periods (March and April 2019 and 2020) were chosen for comparison. Endoscopic diagnostic procedures and major resections for early stage NSCLC patients increased at Center 1, where a priority pathway with dedicated personnel was established for cancer patients. A slight decrease was observed at Center 2 which became part of the COVID unit. Personnel shortage and different processing methods of tumor samples determined a slightly longer time for diagnostic pathway completion at both Centers. Personnel protection strategies led to a MDT reshape on a web basis and to a significant selection of cases to be discussed in both Centers. The optimization of patient access to healthcare units reduced first outpatient oncological visits, patient enrollment in clinical trials, and end-of-life cancer systemic treatments; finally, a higher proportion of hypofractionation was delivered as a radiotherapy approach for early stage and locally advanced NSCLC. Conclusions Based on the experience of the two Centers, we identified the key steps in ICP that were impacted by the COVID-19 pandemic so as to proactively put in place a robust service provision of thoracic oncology