123 research outputs found

    Studio Morfologico e Comportamentale di un Modello Sperimentale di Atrofia Muscolare Spinale (SMA)

    Get PDF
    L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una comune patologia neuromuscolare di origine autosomica recessiva, dovuta alla mutazione del gene SMN1 che codifica per la proteina Survival of Motor Neuron (SMN). Essa è caratterizzata dalla degenerazione dei motoneuroni del corno anteriore del midollo spinale, che porta a paralisi progressiva e a morte. In base all’insorgenza, alla gravità e alla durata di malattia, la SMA si può suddividere in tre tipi: tipo I (grave); tipo II (intermedio); tipo III (leggero). Il fenotipo clinico della malattia è correlato ai livelli di espressione della proteina SMN. I modelli animali di SMA, con genotipo caratterizzato dalla delezione del gene Smn murino e dall’espressione di specifici transgeni umani, mostrano una sintomatologia motoria paragonabile a quella umana e differiscono per la sopravvivenza, da pochi giorni fino a diversi mesi. Allo scopo di indagare i meccanismi istopatologici che accompagnano la degenerazione dei motoneuroni nella SMA, durante il corso di dottorato è stato studiato un modello murino di SMA di tipo III con genotipo SMNA2G+/-;SMN2+/+;Smn-/-. In particolare, la prima parte dello studio è stata dedicata a caratterizzare, dal punto di vista comportamentale e morfologico, il modello murino di SMA III. Di questo nuovo modello è stata fornita una descrizione dettagliata sia della insorgenza e della progressione di malattia, valutata attraverso adeguati test motori, che della neuropatologia, attraverso l’analisi sistematica del midollo spinale condotta al microscopio ottico con un rigoroso metodo stereologico. Nella seconda parte dello studio è stata valutata l’efficacia neuroprotettiva di un trattamento terapeutico di tipo farmacologico, basato sulla somministrazione cronica di sali di litio (1 mEq/Kg a giorni alterni), che è risultato promettente in altre patologie neurodegenerative. Lo studio dimostra che nel topo SMA III la progressiva compromissione di funzioni motorie è accompagnata dalla selettiva perdita dei motoneuroni nel midollo spinale e da alterazioni della morfologia (forma e le dimensioni) e della localizzazione (eterotopia) dei motoneuroni. L’indagine immunoistichimica mostra inoltre che la distribuzione intracellulare della proteina SMN risulta profondamente alterata nel topo SMA III. Risultati preliminari indicano che il trattamento cronico con litio è in grado di contrastare tutte le principali alterazioni documentate in questo modello. Infatti, il litio ritarda l’insorgenza dei sintomi motori e rallenta la loro pregressione. Inoltre, il trattamento con litio si è rivelato efficace nel contrastare tutte le alterazioni morfologiche osservate nel nostro modello, preservando il numero, la dimensione, la morfologia e la corretta localizzazione dei motoneuroni. Infine, il litio agisce anche sulla distribuzione della proteina SMN, la cui immunopositività nei topi SMA III appare simile a quella osservata nei topi WT. Ulteriori indagini sono necessarie per stabilire i meccanismi che sottostanno agli effetti neuroprotettivi del litio in questo modello

    Morphological characterization of a single knock out double transgenic mouse model of spinal muscle atrophy

    Get PDF
    Spinal muscular atrophy (SMA) is a neurogenetic autosomal recessive disorder characterized by degeneration of lower motor neurons associated with muscle atrophy and paralysis. Due to a lack of an in depth knowledge on the molecular mechanisms and fine neuropathology of SMA, validation of appropriate animal models is key in fostering SMA research. Recent studies set up an animal model showing long survival and slow disease progression. This model is knocked out for mouse SMN (Smn−/−) gene and carries a human mutation of the SMN1 gene (SMN1A2G), along with human SMN2 gene. In the present study we used this knockout double transgenic mouse as a SMA III model, to characterize the spinal cord pathology along with motor deficit at prolonged survival times (18 months). This long time interval (i.e. up to 535 days) was never analyzed before especially concerning specific motor tasks. We found that the delayed disease progression was likely to maintain fair motor activity despite a dramatic loss of large motor neurons (44.77%). At this stage, spared motor neurons showed significant cell body enlargement. Moreover, similar to what was described in patients affected by SMA we found neuronal heterotopy in the anterior white matter. Motor neuron degeneration was accompanied by the loss of SMN protein in the spinal cord. In summary, the present study validates over a long time period a SMA III mouse model showing neuropathology reminiscent of human patients and provide a useful experimental model to probe novel therapeutic strategies

    Ruolo delle cellule endoteliale progenitrici in un modello sperimentale di glomerulonefrite.

    No full text
    Introduzione. La glomerulonefrite appartiene ad un gruppo di malattie autoimmuni che colpiscono il glomerulo renale. Le caratteristiche della malattia sono rappresentati dai segni tipici del danno renale come la proteinuria, l’ematuria, l’ipertensione, l’edema fino all’insufficienza renale. Istologicamente si osservano alterate le strutture del glomerulo quali le cellule endoteliali, la membrana basale glomerulare, le cellule epiteliali e il mesangio. Studi recenti hanno evidenziato il ruolo delle cellule progenitrici endoteliali (EPC) nel preservare e rigenerare l’integrità del tessuto renale in condizioni patologiche, come nel danno da ischemia. Scopo del lavoro. Sulla base dei dati presenti in letteratura lo scopo di questo lavoro sperimentale è valutare il ruolo dell’utilizzo di CPu, EPC isolate tramite il protocollo di Urbich, nel trattamento delle glomerulonefriti, modello sperimentale animale di glomerulonefrite mesangio-proliferativa indotta da iniezione di anticorpo anti Thy 1.1. I parametri indagati ci permettono di valutare l’aspetto funzionale e quello istologico. Materiali e Metodi. La sperimentazione prevede l’utilizzo di ratti femmine Wistar sani, suddivisi nei seguenti gruppi: controllo (C); glomerulonefrite a 4, 7 e 14 giorni (G); glomerulonefrite trattata con EPC a 4, 7 e 14 giorni (GT) . L’induzione della malattia viene effettuata attraverso l’iniezione di anticorpo anti Thy 1.1 nella vena femorale nei gruppi G e GT; gli animali dei gruppi trattati (GT) riceveranno una seconda iniezione contenente CPu dopo due giorni. Per tutta la durata della sperimentazione i ratti vengono alloggiati in gabbie metaboliche per la raccolta giornaliera delle urine. Al termine del periodo sperimentale gli animali sono stati sacrificati e prelevati campioni di tessuto renale. I campioni di urine sono stati utilizzati per la valutazione della proteinuria, i reni sono stati processati per le successive metodiche istologiche di microscopia ottica (ematossilina-eosina e PAS), immunofluorescenza per l’espressione di ZO-1 e immunoistochimica per la Desmina. Risultati. Successivamente all’iniezione dell’anticorpo anti-Thy 1 si osserva un progressivo aumento dei livelli di proteinuria, significativo rispetto al controllo a partire dal giorno 4° (6.08±1.15 vs controllo 1±0.2); la proteinuria resta significativamente aumentata rispetto al controllo anche al giorni 7° e fino al 11° giorno. Gli animali del gruppo GT presentano un aumento della proteinuria significativo rispetto al controllo fino al giorno 8°, ma significamene ridotto rispetto al gruppo G, dal giorno 9° si osserva una riduzione di tale incremento, con livelli di proteinuria non significativi rispetto al controllo. Istologicamente, le colorazioni PAS ed Ematossilina-Eosina hanno evidenziato nel gruppo G chiari segni di collasso glomerulare, formazione di microaneurismi, infiltrato cellulare, progressiva sclerotizzazione glomerulare e atrofia tubulare fino al giorno 14°. Le sezioni di tessuto dei campioni del gruppo GT presentavano segni di collasso glomerulare, formazione di microaneurismi, infiltrato cellulare ed atrofia tubulare al giorno 4°, se pure di minor entità rispetto al gruppo non trattato. Al giorno 7° e 14° la protezione dal danno tissutale risultava più netta, con riduzione/assenza dei microaneurismi e della componente infiammatoria. L’analisi dell’espressione dello ZO-1 evidenziano una riduzione a 7 giorni negli animali con glomerulonefrite, mentre gli animali del gruppo GT presentavano una evidente protezione; l’espressione della Desmina mostra, viceversa un aumento dopo 4 e 7 giorni dall’iniezione dell’anti Thy-1, mentre per gli animali trattati si osserva solo una modesta espressione a 4giorni. Conclusioni. La valutazione dei parametri funzionali ed istologici ha mostrato una chiara potenzialità protettiva da parte delle CPu nel danno da glomerulonefrite sperimentale
    • …
    corecore