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    Studio di coorte sull’incidenza dei decubiti al calcagno in pazienti immobilizzati da gesso agli arti inferiori presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli e dei possibili fattori di rischio

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    Introduzione. La lesione da decubito, in particolare al calcagno, può rappresentare una complicanza da immobilizzazione per apparecchio gessato. Obiettivo. Indagare l’incidenza delle complicanze cutanee tardive (in particolare la lesione da decubito al calcagno) da apparecchio gessato e valutare eventuali fattori di rischio. Materiali e metodi. Sono stati monitorati per 16 mesi tutti i pazienti consecutivi, provenienti da tre reparti, a cui veniva applicato un apparecchio gessato agli arti inferiori. I fattori di rischio sono stati identificati dall’infermiere addetto al confezionamento del gesso e la gravità della lesione stadiata con la scala NPUAP, al momento dell’asportazione del gesso, dall’infermiere del reparto o dell’ambulatorio. Risultati. Sono stati arruolati 216 pazienti. Il 17.6% (38/216) ha avuto una lesione da decubito: 16/124 (13%) nei reparti ortopedici e 22/92 (24%) nei reparti oncologici. Sono risultati fattori di rischio all’analisi multivariata, l’essere sottoposti a trattamenti con farmaci antiblastici (p=0.033; OR=2.61) (la sola patologia oncologica non aumentava il rischio rispetto alla popolazione ortopedica generale); l’avere la cute arrossata prima dell’applicazione dell’apparecchio gessato (p=0.001; OR=4.44) e l’avere accusato disturbi dopo l’applicazione (p=0.000; OR=7.86). Le lesioni erano prevalentemente di 1° grado e solo il 2.4% (6/216) erano di II grado o superiore. L’estensione e la durata del gesso, il materiale con cui viene confezionato, e l’aver subito un intervento chirurgico non sono risultati fattori di rischio statisticamente significativi. Conclusioni. Le lesioni da decubito da gesso sono una complicanza relativamente frequente in particolare in alcune popolazioni a rischio che devono tenere immobilizzati gli arti inferiori. La conoscenza del rischio di base e l’identificazione di specifici fattori di rischio possono permettere l’identificazione e lo studio di misure preventive per migliorare l’assistenza a questa specifica popolazione

    Analysis of risk factors for central venous catheter-related complications: a prospective observational study in pediatric patients with bone sarcomas

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    BACKGROUND:: The incidence of central venous catheter (CVC)-related complications reported in pediatric sarcoma patients is not established as reports in available literature are limited. The analysis of risk factors is part of the strategy to reduce the incidence of CVC complications. OBJECTIVE:: The objective of this study was to determine the incidence of CVC complications in children with bone sarcomas and if defined clinical variables represent a risk factor. METHODS:: During an 8-year period, 155 pediatric patients with bone sarcomas were prospectively followed up for CVC complications. Incidence and correlation with clinical features including gender, age, body mass index, histology, disease stage, and use of thromboprophylaxis with low-molecular-weight heparin were analyzed. RESULTS:: Thirty-three CVC complications were recorded among 42 687 CVC-days (0.77 per 1000 CVC-days). No correlation between the specific clinical variables and the CVC complications was found. A high incidence of CVC-related sepsis secondary to gram-negative bacteria was observed. CONCLUSIONS:: The analysis of CVC complications and their potential risk factors in this sizable and relatively homogeneous pediatric population with bone sarcomas has led to the implementation of a multimodal approach by doctors and nurses to reduce the incidence and morbidity of the CVC-related infections, particularly those related to gram-negative bacteria. IMPLICATIONS FOR PRACTICE:: As a result of this joint medical and nursing study, a multimodal approach that included equipping faucets with water filters, the reeducation of doctors and nurses, and the systematic review of CVC protocol was implemented. \ua9 2014 Wolters Kluwer Health Lippincott Williams & Wilkins

    Studio di coorte sulla popolazione ortopedica delle complicanze correlate all’utilizzo del catetere venoso periferico e identificazione dei fattori predittivi

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    I dispositivi intravascolari periferici (CVP) possono provocare complicanze, specialmente locali. La loro gestione varia tra operatori e contesti e le linee Guida contengono evidenze di debole forza. Obiettivo. Determinare l’incidenza di flebiti, occlusioni, rimozioni accidentali e infiltrazioni da CVP e le possibili variabili predittive nella popolazione ortopedica. Materiali e metodi. Dal 4 al 30 Maggio 2009, in un ospedale ortopedico, sono stati raccolti i dati dei pazienti a cui veniva inserito un CVP: caratteristiche del paziente e del CVP, modalità di utilizzo e di fissaggio, fino all’insorgenza dell’evento d’interesse (flebite, occlusione, rimozione accidentale e infiltrazione o fine cura). Risultati. Sono stati arruolati 873 pazienti e monitorati 1390 CVP. Si sono verificate le seguenti complicanze: flebiti (10.9%), occlusioni (16.8%), rimozioni accidentali (5.8%) e infiltrazioni (14.4%); 648 CVP sono stati rimossi senza complicanze (46.6%). All’analisi multivariata il principale fattori di rischio per tutte le complicanze è risultato l’età anziana a cui si aggiungono per la flebite: uso del CVP per emotrasfusioni, terapie irritanti e più di 3 accessi al giorno. Per l’occlusione, oltre all’età, il piccolo calibro, non usare il CVP e l’infezione della ferita chirurgica. Per le rimozioni accidentali, posizionare il CVP nella mano, il fissaggio a cravatta (metodo Chevron) e fare medicazioni del catetere; per l’infiltrazione, il sesso femminile, la somministrazione di sangue e terapia antitromboembolica. Conclusioni. L’incidenza di flebiti è elevata (gold standard 5%). Conoscere l’incidenza delle principali complicanze è un prerequisito per qualsiasi azione di miglioramento e può favorire l’abbandono di pratiche inutili o dannose

    Efficacia della medicazione sterile trasparente rispetto a quella standard per il fissaggio del catetere venoso periferico (CVP) sull’incidenza delle flebiti.Trial randomizzato e controllato

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    Le medicazioni del CVP possono contribuire all’incidenza di flebiti, infiltrazioni e sfilamenti accidentali, ma i risultati sono contrastanti e, in alcuni casi, con campioni troppo sottodimensionati. Obiettivo. Verificare l’incidenza delle flebiti da CVP con una medicazione sterile trasparente in film in poliuretano a copertura del punto di inserzione (medicazione [M] sterile) o con un cerotto non sterile (M standard). Disegno. Trial randomizzato e controllato. Partecipanti. 1061 CVP (703 pazienti) sia adulti che pediatrici in un ospedale di ricerca monospecialistico ortopedico del nord Italia. 540 CVP allocati a ricevere la M sterile e 521 la M standard. Risultati. 96 CVP sono stati rimossi per flebite, 48 (9.6%) nel gruppo sperimentale e 48 (10.1%) nel gruppo di confronto, RR 0.96 (I.C. 0.697 - 1.335). I CVP fissati con M sterile si sono sfilati più frequentemente (9.6% vs 6.3%); la percentuale di cateteri rimossi a fine trattamento in assenza di complicanze è stata maggiore nei CVP fissati con M standard (48.9% vs 54.9% p=0.0503). In 85 CVP la M è stata sostituita perché staccata (50, 9.2% - M sterile e 35, 6.7% - M standard). La M sterile trasparente utilizzata costa 32 centesimi al pezzo mentre quella standard 9 centesimi. Conclusioni. Utilizzare cerotti non sterili non influisce sull’incidenza di flebiti e garantisce un buon fissaggio del CVP alla cute rispetto alla medicazione sterile trasparente in film in poliuretan
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