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    La maschera di Dioniso: strutture del tragico in Heart of Darkness

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    Sfidando qualsiasi univoca attribuzione di genere, Heart of Darkness eccede i confini del modo mimetico-realistico per accogliere in sé strutture e motivi propri di convenzioni narrative diverse, proponendosi come quest, parabola, viaggio iniziatico, odissea psicologica, narrazione di carattere autobiografico e altro ancora. Muovendo da queste considerazioni, l’articolo si propone di verificare in che misura le categorie nietzschiane di apollineo e dionisiaco e la stessa nozione di tragico elaborata da Nietzsche in La nascita della tragedia possano contribuire a decifrare la fitta trama simbolica che attraversa il racconto e a enuclearne le strutture narrative di fondo. Nell’ipnotica narrazione di Marlow, incentrata su una parola che ambisce a restituire l’esperienza dell’indicibile, la definizione nietzschiana della tragedia come “rappresentazione apollinea sensibile di conoscenze e moti dionisiaci” sembra trovare una sua attualizzazione. A sua volta la figura di Kurtz trascende i limiti della convenzionale caratterizzazione del personaggio romanzesco, per assumere i tratti dell’eroe tragic

    Recensioni e letture

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    Stolova Natalya, Cognitive Linguistics and Lexical Change. Motion Verbs from Latin to Romance (Alfonsina Buoniconto) – Juliana Goschler, Anatol Stefanowitsch (eds.), Variation and Change in the Encoding of Motion Events (Noemi De Pasquale) – Paola Di Gennaro, Wandering through Guilt: the Cain Archetype in Twentieth Century Novel (Marina Lops

    La letteratura dal punto di vista degli scrittori

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    La storia della critica letteraria è stata generalmente esaminata dal punto di vista degli studiosi di teoria. Manca, a tutt’oggi, una visione d’insieme che esamini in maniera sistematica la critica letteraria dal punto di vista interno, ovvero degli autori stessi. Muovendo da tali premesse, il volume propone un’articolata analisi dei «discorsi» sulla letteratura prodotti da scrittori di lingua inglese, dalla seconda metà del Cinquecento a oggi. Allo scopo di dare ordine a una materia ampia e frastagliata, sono state individuate tre principali tipologie discorsive, o forme testuali, attraverso cui gli autori hanno dato voce alle proprie idee sulla letteratura. A tali tipologie discorsive corrispondono le tre sezioni in cui è stata suddivisa la materia critica del volume. La prima sezione, «Saggi e paratesti», esamina le teorie letterarie esposte in forma di saggi, prefazioni, commenti da parte dell’autore. La seconda sezione, «Disseminazioni», analizza le idee sulla letteratura sparse all’interno di romanzi, drammi, poesie. La terza sezione, infine, «Maschere d’autore», si concentra sulle teorie letterarie la cui esposizione è affidata a un alter ego dello scrittore, ovvero a una maschera parzialmente autobiografica. Ne emerge un quadro ricco e composito all’interno del quale teoria e prassi letteraria si arricchiscono reciprocamente, fino a fondersi in una più complessa unità i cui confini appaiono labili, indefiniti, negoziabili

    Mondi di carta. Conrad e l'immaginazione geopolitica

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    Una vicenda esistenziale e un universo narrativo i cui confini si estendono dalle isole dell’arcipelago malese, alle coste del Sudamerica, dalla Russia zarista alla giungla metropolitana della Londra primo-novecentesca, dall’Italia risorgimentale al cuore dell’Africa coloniale: è questo a definire il peculiare spazio che Joseph Conrad occupa sulla scena letteraria britannica fra Otto e Novecento. Narratore di lingua inglese ma intellettuale transnazionale, Conrad ha dato vita a un corpus narrativo che, sviluppatosi proprio negli anni in cui andavano affermandosi la riflessione e la pratica geopolitica, sembra implicarne le medesime categorie. Le logiche che regolano i rapporti di potere fra le nazioni e al loro interno e i conflitti che ne derivano vengono indagati con occhio lucido e disincantato attraverso gli strumenti della trasfigurazione immaginativa nella convinzione che, come egli stesso afferma, “la narrativa è storia, storia umana, o non è niente. Ma è anche qualcosa di più; […] poiché è basata sulla realtà delle forme e sull’osservazione dei fenomeni sociali, mentre la storia si basa su documenti,[…] su un’impressione di seconda mano. Perciò la narrativa è più vicina alla verità”. Sono queste le considerazioni da cui muovono i saggi compresi in questo volume, che vede confrontarsi esperti di letteratura inglese, teorici della letteratura, studiosi di estetica, germanisti e italianisti nella convinzione che a un autore come Conrad si possa rispondere solo mettendo in campo una pluralità di approcci teorici e metodologici in una prospettiva squisitamente interdisciplinar

    London: A Book of Aspects/Londra: un libro di immagini

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    Il volume presenta per la prima volta in traduzione italiana il saggio “London: a Book of Aspect”s, pubblicato da Arthur Symons nel 1908. Il testo di Symons è preceduto da un mio saggio introduttivo (pp. I-XLIII) e corredato da note al testo e da un apparato bibliografico. Protagonista della scena letteraria londinese durante gli “Yellow Ninenties”, poeta, saggista e critico letterario nel solco della tradizione inaugurata da Pater, Arthur Symons (1865-1945) fu soprattutto straordinario mediatore fra la letteratura inglese e quella francese e in questa veste svolse una funzione fondamentale nell’aprire il mondo dei vittoriani alle suggestioni e alle influenze d’oltremanica, facendo conoscere ai suoi connazionali l’opera dei grandi protagonisti della stagione simbolista, da Verlaine a Mallarmé, ai quali, nel 1899, dedicò il suo testo forse più celebre, “The Symbolist Movement in Literature”. Gallese di nascita, ma londinese d’adozione, Symons aveva già celebrato Londra in tante sue raccolte di versi, convinto com’era che riuscire a ricrearla costituisse il banco di prova di una poesia che aspirasse a definirsi moderna. Poeta della città dunque, Symons inizialmente concepì il volume come un elegante “coffee table book”, in cui il testo da lui redatto avrebbe dovuto essere accompagnato dalle foto di Alvin Langdon Coburn; gli editori londinesi, tuttavia, giudicarono il progetto troppo dispendioso e il libro uscì privo di immagini. Articolato in sei parti, il saggio sin dal titolo rimanda a quella omologia fra testo e tessuto urbano, che già Victor Hugo evocava nella sua poetica definizione della città come «libro di pietre». La parola «book» sembra infatti ambiguamente designare un duplice referente, il libro che si ha tra le mani, ma anche la stessa Londra, immensa città-testo, da sfogliare immagine dopo immagine, per ricomporre in un unico quadro gli innumerevoli «aspetti» della sua cangiante e mutevole identità. Esclusa ogni opzione documentaristica, è sotto il segno dell’impressionismo che Symons modella la sua peculiare «grammatica visiva della metropoli» fondandola sul primato della percezione soggettiva e articolandola in una scrittura in cui l’eco delle suggestioni pittoriche si salda con la ricerca di particolari effetti musicali, secondo quel principio della osmosi fra le diverse arti che costituisce l’eredità più significativa della cultura fin de siècle e che animerà la sperimentazione dei modernisti. In verità, però, l’adesione di Symons alla modernità appare per molti aspetti problematica: a differenza per esempio di Ford, egli non sembra cogliere il valore positivo delle trasformazioni e le potenzialità di ampliamento e arricchimento della visione della spazio urbano offerte dalla comparsa delle nuove tecnologie. Colui che alla fine del XIX secolo aveva individuato nella città il banco di prova di una poesia che potesse dirsi “moderna”, non esiterà a pronunciare giudizi severi sulla metropoli primo-novecentesca. La «bellezza della velocità» e «l’automobile da corsa» che solo un anno dopo Marinetti celebrerà nel primo Manifesto del Futurismo diventano per Symons emblema di una forza, quella del progresso, pericolosamente disgregante e minacciosa. Alla sfida del nuovo Symons risponde dunque con un atteggiamento segnato da una profonda ambivalenza. All’ammirazione suscitata dall’intima forza generatrice e dal prepotente vitalismo dell’organismo urbano fa da contrappunto un sentimento fortemente anti-moderno, che si esprime nelle forme del rimpianto per un mondo perduto che si specchia nella Londra primo-ottocentesca, la Londra di Charles Lamb, a più riprese citato nel corso del testo. All’inizio del Novecento, dunque, Arthur Symons, che solo pochi anni prima era stato figura d’avanguardia, appare in qualche modo non più in sintonia con il proprio tempo, la sua percezione del presente offuscata dal velo di una dolente nostalgia del passato. All’anonimato e alla frammentazione che caratterizzano la vita della metropoli contemporanea egli oppone un modello di città pre-industriale, nei cui tratti riconosce quell’ideale di comunità “organica” intorno al quale si era sviluppata la critica alla civiltà industriale dei maggiori intellettuali vittoriani, da Carlyle a Ruskin

    Cap. IV Le scritture autobiografiche

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    The Freewoman/La Donnalibera

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    Nota Introduttiva

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    La nota introduttiva fornisce una disamina dei saggi compresi nel volume
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