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    Insight in cognitive impairment assessed with the Cognitive Assessment Interview in a large sample of patients with schizophrenia

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    The Cognitive Assessment Interview (CAI) is an interview-based scale measuring cognitive impairment and its impact on functioning in subjects with schizophrenia (SCZ). The present study aimed at assessing, in a large sample of SCZ (n = 601), the agreement between patients and their informants on CAI ratings, to explore patients' insight in their cognitive deficits and its relationships with clinical and functional indices. Agreement between patient- and informant-based ratings was assessed by the Gwet's agreement coefficient. Predictors of insight in cognitive deficits were explored by stepwise multiple regression analyses. Patients reported lower severity of cognitive impairment vs. informants. A substantial to almost perfect agreement was observed between patients' and informants' ratings. Lower insight in cognitive deficits was associated to greater severity of neurocognitive impairment and positive symptoms, lower severity of depressive symptoms, and older age. Worse real-life functioning was associated to lower insight in cognitive deficit, worse neurocognitive performance, and worse functional capacity. Our findings indicate that the CAI is a valid co-primary measure with the interview to patients providing a reliable assessment of their cognitive deficits. In the absence of informants with good knowledge of the subject, the interview to the patient may represent a valid alternative

    Fase HBeAg negativa dell'infezione cronica da virus dell'epatite B: correlazione fra quasispecie virale e livelli di HBsAg

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    Introduzione L'identificazione nel siero dell' "Antigene Australia", cioè della proteina di superficie del virus dell’epatite B (HBsAg), è stata la scoperta, premiata con il premio Nobel, che ha portato alla successiva identificazione del virus dell'epatite B (HBV): da allora la presenza di HBsAg circolante è patognomonico di infezione conclamata da HBV. L'HBsAg è presente nel siero in un ampio spettro di forme: sulla superficie dei virioni infettivi (particelle di Dane di 42 nm), nei filamenti di variabile lunghezza, con diametro di 22 nm e in particelle sferiche difettive di 20-22 nm. Oltre alla diversa struttura fisica, l'HBsAg circolante presenta anche una composizione variabile delle 3 proteine (small, medium e large), glicosilate o no, che condividono la porzione carbossi-terminale, ma si differenziano per il codone di inizio della trascrizione nella regione codificante (ORF) del gene S. Studi prospettici su ampie coorti di pazienti hanno dimostrato come i livelli di HBsAg circolanti si riducano significativamente una volta raggiunto un efficace controllo immune dell'infezione. In particolare, la contemporanea presenza di bassi livelli di HBsAg (≤1.000 UI/mL) e HBV-DNA (≤2.000 UI/mL) ha un'elevata accuratezza diagnostica nell'identificazione del portatore con infezione HBeAg negativa (portatore di infezione inattiva). Tale dato, inizialmente prodotto nei soggetti con infezione da genotipo D, è stato confermato anche in casistiche orientali, con infezioni da HBV genotipo B e C. Conseguentemente, nell’ultimo decennio la misura quantitativa dell’HBsAg si è affermata nella pratica clinica per meglio definire, nella fase HBeAg negativa, la presenza di infezione con o senza malattia. Inoltre, le variazioni dinamiche dell'HBsAg in corso di trattamento antivirale si sono dimostrate utili per valutare la risposta, in particolare all'Interferone. La secrezione dell'HBsAg è complessa, e varia nelle diverse fasi dell'infezione sia quanti- che qualitativamente. In specifiche fasi dell'infezione i livelli di HBsAg riflettono l'attività trascrizionale del cccDNA, tuttavia altri fattori quali il genotipo o la quasispecie virale possono influenzarne la sintesi. Infatti mutazioni nell'ORF del gene S possono alterare il rapporto stechiometrico tra le 3 proteine (small, medium e large) determinandone una ridotta secrezione, con accumulo intraepatocitario. Infine, studi recenti hanno identificato nell'HBV-DNA integrato una possibile ulteriore fonte di produzione dell'HBsAg. Obiettivo del presente studio è stato quello di analizzare, in una coorte di 261 portatori di infezione da HBV HBeAg negativa sostenuta dal genotipo D, l’eterogeneità dell’intero gene S e valutarne la correlazione con i livelli sierici di HBsAg in accordo al diverso profilo virologico e clinico. Pazienti e Metodi Pazienti. Sono stati studiati 261 soggetti con infezione cronica da HBV HBeAg negativa/anti-HBe positiva sostenuta dal genotipo D osservati consecutivamente presso l'UO Epatologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana tra Aprile 1998 e Gennaio 2018; 166 (63,6%) di sesso maschile, con un’età mediana di 48,3 anni (range 12.6 - 77,3 anni). Sono stati esclusi dallo studio: i pazienti in trattamento antivirale [interferone o Analoghi Nucleos(t)idici (NA)], o con precedente trattamento con NA; i pazienti con cofattori di danno epatico quali infezione da HCV, HDV, alcol e severo dismetabolismo glico-lipidico; i soggetti con infezione da HIV. I portatori di infezione HBeAg negativa, anti-HBe positiva sono stati classificati in base al profilo virologico in: - portatori di infezione senza malattia [in precedenza definiti portatori di infezione inattiva (IC)], in caso di livelli di HBV-DNA persistentemente ≤2.000 UI/mL; - portatori di infezione con bassa replica (LV), in caso di livelli di HBV-DNA >2.000, ma persistentemente ≤20.000 UI/mL - pazienti con epatite cronica B, in caso di livelli viremici >20.000 IU/ml Dei 261 soggetti inseriti nello studio, 148 presentavano caratteristiche virologiche (HBV-DNA>20.000 UI/mL), biochimiche (ALT>40 U/L) e strumentali (istologia e/o elastometria) indicative di epatite cronica B (CHB, 82) o di cirrosi (CI, 66). Questi pazienti dopo l'inquadramento iniziale, se rientravano nei criteri definiti dalle Linee Guida Italiane, sono stati posti in trattamento antivirale. Tra i pazienti con cirrosi epatica, in 7 è stata fatta diagnosi di epatocarcinoma (HCC) alla prima osservazione, mentre il viraggio neoplastico si è verificato nel corso del successivo monitoraggio in 15 pazienti. I 113 portatori con bassa replica (HBV-DNA≤20.000 UI/mL) e ALT nella norma sono stati sottoposti a monitoraggio trimestrale per almeno 12 mesi: 71 sono stati classificati come IC e 42 come LV. Metodi. La determinazione quantitativa dell'HBV-DNA è stata effettuata con COBAS Amplicor Monitor 2.0 HBV fino al 2005 e successivamente con COBAS TaqMan (Roche Diagnostic Systems Inc, Mannheim, Germany). La misura quantitativa dei livelli di HBsAg è stata eseguita con due diverse metodiche commerciali [Architect HBsAg assay (Abbott Laboratories, N. Chicago, IL, USA) e Lumipulse G HBsAg-HQ assay, Fujirebio)]. In ogni campione di siero è stato studiato l’intero gene S mediante sequenziamento diretto (ABI Prism 3100, Applied Biosystems): tale metodica permette di determinare la popolazione virale prevalente purchè questa rappresenti almeno il 20% delle quasispecie circolanti. Le sequenze ottenute sono state corrette con il software Chromas Lite versione 2.6 (www.technelysium.com.au). L’allineamento multiplo delle sequenze corrette è stato effettuato utilizzando il software NPS@Multalin (htpp://npsa-pbil.ibcp.fr). Le regioni PreS1, PreS2 e S sono state analizzate per la presenza di mutazioni rispetto alle sequenze di riferimento (HBVdb: a knowledge database for Hepatitis B Virus). Analisi statistica. Le variabili quantitative sono state riportate come mediana e range. La correlazione tra le due metodiche di determinazione dell’HBsAg è stata analizzata utilizzando il test di Spearman. Le differenze tra i gruppi analizzati sono state analizzate utilizzando i test del Chi-Quadro, Kruskall-Wallis o Mann-Whitney U-test dove appropriato (SPSS v. 21). Risultati I livelli mediani di HBsAg sono risultati significativamente diversi a seconda del profilo virologico e di malattia, aumentando progressivamente dai soggetti IC [2,04 (range -1,10/4,06) Log10 UI/mL] ai LV [2,93 (-0,28/3,83) Log10 UI/mL], fino ai CHB [3,66 (2,57/4,92) Log10 UI/mL] (P<0,001). Nei pazienti con cirrosi, invece, i livelli mediani di HBsAg [3,46 (-0,36/4,17) Log10 UI/mL], sono risultati essere significativamente più bassi rispetto ai pazienti con CHB (P=0,001), ma più elevati rispetto agli IC (P<0,001) e LV (P<0,001). I 7 pazienti cirrotici con HCC al basale presentavano livelli di HBsAg [3,83 (3,30/4,38) Log10 UI/mL], più elevati rispetto ai cirrotici senza HCC (P=0,052). I livelli mediani di HBV-DNA hanno evidenziato un andamento crescente dai soggetti IC [2,13 (range 1,00/3,55) Log10 UI/mL] ai soggetti LV [3,44 (1,24/5,75) Log10 UI/mL], ai pazienti con CHB [5,69 (1,99/8,04) Log10 UI/mL] fino ai pazienti cirrotici [5,74 (2,79/8,23) Log10 UI/mL] (P<0,001). I 7 pazienti cirrotici con HCC al basale presentavano livelli mediani di HBV-DNA [5,45 (3,44/7,03) Log10 UI/mL], non significativamente diversi dai cirrotici senza HCC (P=0,598). Analizzando il logaritmo del rapporto tra livelli di HBsAg ed HBV-DNA circolante (Log10 HBsAg/HBV-DNA) è emerso come il ratio fosse significativamente diverso tra i soggetti con infezione a bassi livelli viremici (IC+LV) e i pazienti con malattia (CHB+CI) [-0,27 (-3,18/2,54) vs -1,24 (-4,68/2,54), P<0,001], con tendenza a diminuire dai soggetti IC ai LV [-0,02 (-2,57/2,21) vs -0,60 (-3,18/2,57), P=0,052)] e dai pazienti con CHB ai cirrotici [-2,00 (-4,62/1,99) vs -2,39 (-4,68/0,63), P=0,016). I valori di ratio dei 7 soggetti con HCC al basale risultano più elevati rispetto a quelli dei cirrotici senza HCC, ma tale differenza non raggiunge una significatività statistica per la limitata numerosità del campione analizzato [2,02 (-3,20/0,45) vs -2,39 (-4,68/0,63), P=0,233]. La presenza di almeno una mutazione nell’intero gene S è stata riscontrata nel 27,6% dei soggetti: la prevalenza delle mutazioni è risultata essere progressivamente crescente passando dai soggetti con infezione senza malattia (7,0% negli IC e 7,1% nei LV) ai pazienti con CHB (31,7%) e con cirrosi (52,5%) senza HCC, raggiungendo il 100% nei 7 pazienti cirrotici con HCC (P<0,001). Nei pazienti con malattia la presenza di mutazioni del gene S era associata ad una età più elevata (CHB: 46,9 vs 38,7, P=0,002 e CI: 58,6 vs 54,8, P=0,024). Nessun portatore di infezione senza malattia presentava mutazioni nella regione Pre-S1, che erano invece presenti nel 2,4% dei LV, nel 6,1% dei pazienti CHB e nel 10,2% dei cirrotici senza HCC, fino al 42,9% nei 7 pazienti cirrotici con HCC (P=0,005). La prevalenza delle mutazioni nella regione Pre-S2 ha dimostrato un andamento simile: meno frequenti nei portatori a bassi livelli viremici (2,8% negli IC e 4,8% nei LV-AC), rispetto ai pazienti CHB (22%), cirrotici (30,5%) senza HCC e cirrotici con HCC (85,7%, P<0,001). Le mutazioni nella regione dello small S, sono state riscontrate nel 4,2% dei portatori inattivi, in nessun LV, nel 12,2% dei pazienti con CHB, nel 16,9% dei cirrotici senza HCC e nel 42,9% dei 7 pazienti con HCC (P=0,002). Nei soggetti IC e LV le mutazioni, oltre ad essere poco frequenti, sono risultate essere prevalentemente puntiformi (rispettivamente nel 5,6% degli IC e 4,8% dei LV); al contrario nei pazienti con epatite cronica, cirrosi e HCC le delezioni/inserzioni e le mutazioni multiple (puntiformi + delezioni/inserzioni) rappresentano rispettivamente l’81%, il 61% e l’86% delle mutazioni. La presenza di mutazioni a livello del gene S, di qualunque tipo (puntiformi, delezioni, inserzioni, miste) e indipendentemente dalla regione interessata (PreS1, preS2, Small S) non sono risultate associate a livelli sierici di HBsAg significativamente differenti (tabella 1). Nei pazienti con cirrosi le mutazioni a livello dello Small S sono risultate associate a più elevati livelli viremici (P=0,011) e a più bassi livelli di ratio HBsAg/HBV-DNA (P=0,010), viceversa le mutazioni a livello del PreS2 sono risultate associate a più bassi livelli viremici (P=0,035) e più elevati livelli di ratio (P=0,055). Conclusioni Lo studio conferma la nostra precedente osservazione circa la significativa variazione dei livelli sierici di HBsAg nel corso della fase HBeAg negativa dell'infezione cronica di HBV. In particolare i livelli più bassi sono presenti nei soggetti con infezione senza malattia [2,04 (range -1,10/4,06) Log10 UI/mL e 2,93 (-0,28/3,83) Log10 UI/mL rispettivamente in IC e LV], mentre i pazienti con danno epatico attivo presentano livelli di HBsAg più elevati [3,61 (-0,36/4,92) Log10 UI/mL]. Nell'ambito dei pazienti con malattia attiva, i livelli di HBsAg sono inferiori nei pazienti con cirrosi rispetto ai pazienti con CHB [3,46 (-0,36/4,17) vs 3,66 (2,57/4,92) Log10 UI/mL, rispettivamente]. E' interessante notare come i livelli della viremia non seguano lo stesso andamento dell’HBsAg: mentre nella fase di infezione senza malattia a bassi livelli di HBsAg corrispondono anche bassi livelli di HBV-DNA, in presenza di danno epatico, i pazienti con cirrosi hanno livelli di HBsAg più bassi rispetto a quelli con epatite cronica [3,46 (-0,36/4,17) Log10 UI/mL vs [3,66 (2,57/4,92) Log10 UI/mL], ma livelli di HBV-DNA più elevati [5,74 (2,79/8,23) Log10 UI/mL vs 5,69 (1,99/8,04) Log10 UI/mL]. L'ipotesi avanzata in precedenza da altri autori che i più bassi livelli di HBsAg nei pazienti con cirrosi potessero dipendere dalla selezione di una quasispecie virale in grado di modulare negativamente la produzione di HBsAg, non ha trovato conferma nella nostra casistica. Infatti, pur confermando un progressivo incremento della prevalenza della variabilità a carico del gene S passando dalla fase di infezione senza malattia alla fase di CHB, cirrosi e HCC (7% vs 31,7%, 52,5% e 100% rispettivamente), nella casistica studiata la presenza di mutazioni a livello del gene S, indipendentemente dalla regione interessata (PreS1, preS2, Small S), non si è dimostrata in grado di influenzare i livelli sierici di HBsAg. Complessivamente i nostri dati sono in accordo con l'ipotesi che nei soggetti con infezione senza malattia, il rapido raggiungimento del controllo immune dell'infezione durante la fase di immuno-eliminazione abbia limitato la selezione delle varianti nel gene S. Inoltre, la correlazione direttamente proporzionale fra livelli di HBsAg e di HBV-DNA (Rho = 0,453, P<0,001) suggerisce come i primi possano essere espressione surrogata dell'attività trascrizionale del cccDNA. Al contrario nei soggetti con malattia attiva i livelli di HBsAg e di HBV-DNA tendono ad avere un andamento inverso con il passaggio da epatite cronica a cirrosi: i primi tendono a ridursi, e i secondi ad aumentare. Inoltre, nel sottogruppo dei cirrotici il ratio HBsAg/HBV-DNA è ulteriormente influenzato dal tipo di mutazioni selezionate: in particolare, si osserva una maggiore efficienza replicativa in presenza di alcune varianti (mutazioni nello small S). La presenza di livelli di HBsAg simili indipendentemente dalla quasispecie virale, anche in caso di mutazioni che potrebbero associare a una potenziale minor produttività di HBsAg potrebbe, almeno in parte, essere spiegata con la produzione di HBsAg da parte dell'HBV-DNA integrato. In conclusione, lo studio conferma come in presenza di bassa replica (≤2.000 IU/l) bassi livelli di HBsAg contribuiscano ad identificare il soggetto con infezione senza malattia. Al contrario, in presenza di replica elevata, bassi livelli di HBsAg sono indicativi di una fase di malattia epatica più avanzata, in genere associati alla presenza di cirrosi. Inoltre, associandosi ad una maggior complessità della quasispecie virale, tale condizione potrebbe anche determinare un aumentato rischio di sviluppo di HCC. Ulteriori studi con caratterizzazione dello stato replicativo intraepatico e dei livelli di integrazione virale, oltre che lo studio in vitro dei diversi isolati, permetterà di meglio comprendere le dinamiche di interazione virus/ospite in queste fasi dell'infezione

    Determinants of folate metabolism in colorectal cancer patients and healthy individuals

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    Folate metabolism, a complex pathway required for either the synthesis of DNA precursors or for DNA methylation reactions, has been frequently suggested to play a key role in colorectal cancer (CRC) pathogenesis. In the present study we collected 96 CRC individuals (55 males /41 females, mean age71.04 years) and 96 healthy matched controls (53 males / 43 females, mean age 70.86 years) to further investigate the determinants of folate metabolism in both CRC patients and healthy matched controls. All the individuals have been genotyped for nine biallelic polymorphism of genes involved in folate metabolism (MTHFR 677C > T, MTHFR 1298A > C, MTR 2756A > G, MTRR 66A > G, SLC 19A1 80G > A, TYMS 28bp 2R/3R, TYMS 1494 6bp ins/del, DNMT3B - 579 G > T, DNMT3B - 149C > T). In addition, we also measured plasma homocysteine (hcy), serum folate, and serum vitamin B12 levels in those subjects that were not taking drugs or supplements known to interfere with those parameters. Multifactorial analysis of variance revealed significantly decreased serum folate (P=0.04)and plasmahcy (P=0.02) levels in CRC patients with respect to healthy matched controls. In addition, vitamin B12 levels had a significant effect on serum folate concentrations (P=0.04), whilst a significant contributor of plasma hcy levels was age at sampling (P=0.0001). Concerning the polymorphisms of metabolic genes, none of them showed significant different Distributions between CRC patients and healthy controls. However, the MTRR 66A>G polymorphism was associated with serum folate levels in both CRC and healthy individuals (AA vs. GG, PA polymorphism showed a significant correlation with hcy levels in our population (GG vs. AA, PT polymorphism resulted associated with serum vitamin B12 levels (GG vs. GT, P<0.05). Present results suggest that complex interactions among folate, hcy, vitaminB12, and polymorphisms of metabolic genes, superimposed on age related declines, might be responsible of the impairments of folate metabolism in CRC patient

    Different Kinetics of HBV-DNA and HBsAg in HCV Coinfected Patients during DAAs Therapy

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    Direct-acting antivirals (DAAs) for hepatitis C virus (HCV) may induce hepatitis B virus (HBV) reactivations in co-infected patients, whose dynamics and outcomes could depend on the phase of HBV infection. We investigated HBsAg and HBV-DNA kinetics in fifteen untreated HBeAg Negative Infection (ENI) (4F-11M, 62.1y) and eight Nucleos(t)ide Analogs (NAs) treated Chronic Hepatitis B (CHB) (3F-6M, 54.8y) with HCV co-infection, receiving DAAs-regimens including Sofosbuvir (13) or not (10). All achieved a sustained virologic response (SVR) and normalized alanine-aminotransferase (ALT). At the direct acting antivirals’ (DAAs) baseline (BL), the HBV-DNA was undetectable (p = 0.035). During DAAs, HBV-DNA increased in untreated ENI by >1 Log in five and became detectable in two. Accordingly, mean BL Log-HBV-DNA (0.89) increased at week-4 (1.78; p = 0.100) and at the end of therapy (1.57; p = 0.104). Mean Log-HBsAg decreased at week-4 in ENI (from 0.88 to 0.55; p = 0.020) and CHB (from 2.42 to 2.15; p = 0.015). After DAAs, the HBsAg returned to pre-treatment levels in CHB, but not in ENI (six cleared HBsAg). Female gender and SOF were associated with a greater HBsAg decline. In conclusion, HBV reactivations during DAAs in HCV co-infected ENI caused moderate increases of HBV-DNA without ALT elevations. The concomitant HBsAg decline, although significant, did not modify individual pre-treatment profiles

    Accuracy of self-assessment of real-life functioning in schizophrenia

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    A consensus has not yet been reached regarding the accuracy of people with schizophrenia in self-reporting their real-life functioning. In a large (n=618) cohort of stable, community-dwelling schizophrenia patients we sought to: (1) examine the concordance of patients' reports of their real-life functioning with the reports of their key caregiver; (2) identify which patient characteristics are associated to the differences between patients and informants. Patient-caregiver concordance of the ratings in three Specific Level of Functioning Scale (SLOF) domains (interpersonal relationships, everyday life skills, work skills) was evaluated with matched-pair t tests, the Lin's concordance correlation, Somers' D, and Bland-Altman plots with limits of agreement (LOA). Predictors of the patient-caregiver differences in SLOF ratings were assessed with a linear regression with multivariable fractional polynomials. Patients' self-evaluation of functioning was higher than caregivers' in all the evaluated domains of the SLOF and 17.6% of the patients exceeded the LOA, thus providing a self-evaluation discordant from their key caregivers. The strongest predictors of patient-caregiver discrepancies were caregivers' ratings in each SLOF domain. In clinically stable outpatients with a moderate degree of functional impairment, self-evaluation with the SLOF scale can become a useful, informative and reliable clinical tool to design a tailored rehabilitation program

    Factors Associated With Real-Life Functioning in Persons With Schizophrenia in a 4-Year Follow-up Study of the Italian Network for Research on Psychoses

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