13 research outputs found

    Homocysteine levels and C677T polymorphism of methylenetetrahydrofolate reductase in women with polycystic ovary syndrome

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    The aim of this study was to investigate the homocysteine (Hcy) levels and the C677T polymorphism of 5,10-methyl-enetetrahydrofolate reductase (MTHFR), a crucial factor of the Hey metabolism in young women with polycystic ovary syndrome (PCOS).Seventy young women with PCOS and another 70 healthy women with low folate intake were enrolled. Cases and controls were matched for age, body mass index, and allele frequency. Hey, vitamin B(12), and folate levels were measured, and a genetic analysis of 5,10-MTHFR at nucleotide 677 was performed in all subjects.No difference in mean Hcy levels was observed between PCOS women in comparison to the control group. Considering the different MTHFR polymorphism, no significant difference was found in serum Hey levels between subjects with PCOS and controls showing CC (10.4 +/- 3.1 us. 9.7 +/- 2.9 pmol/liter +/- SD) and CT genotypes (10.9 +/- 3.8 us. 11.0 +/- 3.2 pmol/liter SD). In subjects with a TT homozygous state, a significant (P < 0.05) difference was observed between PCOS and control women (11.5 +/- 3.9 as. 22.0 +/- 7.8 pmol/liter SD).In conclusion, our data show that in PCOS women, the serum Hey levels are normal, and the C677T polymorphism of MTHFR does not influence the Hey levels like in controls

    Efficacy and safety of once-monthly pasireotide in Cushing's disease: A 12 month clinical trial

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    © 2017 Elsevier Ltd. Background: Cushing's disease is a rare debilitating endocrine disorder for which few prospective interventional studies have been done. We report results of the first phase 3 trial assessing long-acting intramuscular pasireotide in patients with Cushing's disease. Methods: In this phase 3 clinical trial we recruited patients aged 18 years or older with persistent, recurrent, or de-novo (non-surgical candidates) Cushing's disease who had a mean urinary free cortisol (mUFC) concentration (from three 24 h samples) of 1·5-5·0 times the upper limit of normal (ULN), a normal or greater than normal morning plasma adrenocorticotropic hormone concentration, and a pituitary source of Cushing's syndrome, from 57 sites across 19 countries. Exclusion criteria included previous pasireotide treatment, mitotane therapy within 6 months, and pituitary irradiation within 10 years. We randomly allocated patients 1:1 (block size of four) using an interactive-response-technology system to intramuscular pasireotide 10 mg or 30 mg every 4 weeks for 12 months (in the core phase). We stratified randomisation by screening mUFC concentration (1·5 to < 2·0 × ULN and 2·0-5·0 × ULN). The dose could be uptitrated (from 10 mg to 30 mg or from 30 mg to 40 mg) at month 4 if the mUFC concentration was greater than 1·5 × ULN, and at month 7, month 9, or month 12 if the mUFC concentration was greater than 1·0 × ULN. Investigators, patients, site personnel, and those assessing outcomes were masked to dose group allocation. The primary endpoint was the proportion of patients in each group with an mUFC concentration of less than or equal to the ULN at month 7. Efficacy analyses were based on intention to treat. This trial is registered with ClinicalTrials.gov, number NCT01374906. Findings: Between Dec 28, 2011, and Dec 9, 2014, we randomly allocated 150 patients to receive pasireotide 10 mg (74 [49%] patients) or 30 mg (76 [51%] patients). The primary efficacy endpoint was met by 31 (41·9% [95% CI 30·5-53·9]) of 74 patients in the 10 mg group and 31 (40·8% [29·7-52·7] ) of 76 in the 30 mg group. The most common adverse events were hyperglycaemia (36 [49%] in the 10 mg group and 36 [47%] in the 30 mg group), diarrhoea (26 [35%] and 33 [43%] ), cholelithiasis (15 [20%] and 34 [45%] ), diabetes mellitus (14 [19%] and 18 [24%] ), and nausea (15 [20%] and 16 [21%] ). Serious adverse events suspected to be study drug related were reported in eight (11%) patients in the 10 mg group and four (5%) in the 30 mg group. Two (3%) patients in the 30 mg group died during the study (pulmonary artery thrombosis and cardiorespiratory failure); neither death was judged to be related to the study drug. Interpretation: Long-acting pasireotide normalised mUFC concentration in about 40% of patients with Cushing's disease at month 7 and had a similar safety profile to that of twice-daily subcutaneous pasireotide. Long-acting pasireotide is an efficacious treatment option for some patients with Cushing's disease who have persistent or recurrent disease after initial surgery or are not surgical candidates, and provides a convenient monthly administration schedule. Funding: Novartis Pharma AG

    Disorders of endocrine, reproductive and skeletal systems following allogeneic or autologous stem cell transplantation for hematological malignancies in adults

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    Introduzione Il progressivo aumento del numero dei pazienti sopravviventi a lungo termine dopo la guarigione da malignità emopoietiche ha portato a focalizzare l’attenzione sulle complicanze precoci e tardive delle malattie e dei loro trattamenti. Tali complicanze possono peggiorare la qualità della vita ed accorciare la sopravvivenza a lungo termine. La maggioranza dei dati disponibili sugli effetti tardivi delle terapie antiblastiche sul sistema endocrino riguarda la popolazione pediatrica, mentre gli studi su pazienti trattati in età adulta sono ancora scarsi. La sopravvivenza a 5 anni dalle malattie linfoproliferative oggi supera il 70%. Le alterazioni endocrine permanenti o transienti sono state descritte nel circa 90% dei pazienti dopo il trapianto di cellule staminali emopoietiche (alogeneic stem cell transplant, allo-SCT), le più frequenti sono rappresentate dal danno gonadico, ma sono state osservate alterazioni della funzione tiroidea, della crescita e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surreni. Tali complicanze, se non trattate adeguatamente, possono alla loro volta peggiorare massa ossea e la composizione corporea, e aumentare il rischio cardiovascolare. Il rischio relativo di complicanze endocrine è influenzato da molteplici fattori: età del paziente, la diagnosi e la localizzazione della malattia, tipo di chemioterapia, il trattamento radiante e il tipo di schema di irradiazione, uso di cortisonici come parte di regimi chemioterapici. Leucemie e linfomi possono, inoltre, avere localizzazioni nelle ghiandole endocrine danneggiando la loro funzione. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di studiare la prevalenza di endocrinopatie nei pazienti lungo sopravviventi a malattie ematologiche. Anche la perdita di massa ossea rappresenta una delle più frequenti e persistenti complicanze dell’allo-SCT. L’osteopenia e l’osteoporosi dopo allo-SCT hanno una patogenesi multifattoriale, riconoscendo nella ridotta capacità di ripopolazione dei precursori osteoblastici una delle più importanti concause. Il ridotto numero dei precursori osteoblastici di derivazione mesenchimale è in gran parte legato all’effetto delle terapie antiblastiche utilizzate nella fase di pre-trapianto e nei regimi di condizionamento necessari per l’esecuzione del trapianto. Recentemente, abbiamo documentato che il deficit quantitativo dei precursori osteoblastici poteva essere messo in relazione alla comparsa della malattia da trapianto contro l’ospite (graft-vs-host disease, GvHD), cioè al principale disordine immunologico che può svilupparsi dopo allo-SCT, nonché al carico delle terapie immunosoppressive necessario per prevenire e curare la GvHD. Inoltre, dopo allo-SCT, abbiamo documentato un aumento dei livelli di leptina mediata dall’attivazione dei linfociti Th1, nei pazienti con GvHD cronica. I livelli sierici di leptina nei nostri pazienti correlavano con quelli delle citochine Th1 relate, mentre veniva persa la fisiologica correlazione tra leptina e indice di massa corporea (BMI). In condizioni fisiologiche, la leptina sembra esercitare un effetto anabolizzante sull’osso attraverso la stimolazione della crescita e la differenziazione dei precursori osteoblastici, nonché attraverso la produzione da parte di tali cellule di proteine della matrice ossea. E’ stata descritta, infatti, l’esistenza di una correlazione positiva tra livelli circolanti di leptina e densità minerale ossea (BMD). Al contrario, è stato anche, documentato che la leptina incrementa il riassorbimento osseo in seguito a somministrazione nel sistema nervoso centrale. Non è noto quale effetto possa svolgere la leptina sul rimodellamento osseo dei pazienti sottoposti ad allo-SCT e poco è noto sul comportamento del sistema osteoprotegerina (OPG) – RANK-L in questa particolare popolazione dei pazienti. Materiali & Metodi Abbiamo valutato 150 pazienti adulti lungo-sopravviventi ad un trapianto autologo o allogenico per le malattie del sistema emopoietico. Tutti i pazienti sono stati seguiti e trattati presso l’Unità di Ematologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. L’età media dei pazienti al momento della valutazione era di 41+15 anni e il tempo medio trascorso dalla fine delle terapie antiblastiche era di 2.9 ± 2.1 anni. La malattie ematologiche comprendevano leucemie acute o croniche, malattia di Hodgkin, linfomi non Hodgkin e aplasia midollare. Cinquanta pazienti sono stati trattati con il trapianto allo genico e 95 con quello autologo. In particolare, sono stati dosati i valori circolanti di FSH, LH, estradiolo/testosterone, FT3, FT4, TSH, anticorpi anti-tireoglobulina, anti-TPO, cortisolemia, ACTH, PRL, GH e IGF-I. L’ecografia tiroidea e gonadica è stata effettuata in tutti i pazienti. Trenta sei pazienti lungosopravviventi dopo allo-SCT (16 F; età: 3210.2 anni; BMI: 24.83 kg/m2; tempo trascorso dal trapianto: 84.3 mesi) sono stati arruolati per la valutazione della massa ossea. Lo stesso numero di soggetti sani, tra cui 16 donatori di cellule staminali, è stato utilizzato come gruppo di controllo. Il numero di colonie fibroblastoidi midollari di derivazione mesenchimale (colony-forming-unit fibroblast, CFU-F) orientate in senso osteoblastico è stato valutato dopo incubazione in un mezzo di coltura specifico per la crescita dei progenitori osteogenici ed è stata confermata dalla capacita delle cellule osteogeniche di esprimere fosfatasi alcalina (ALP). I livelli di leptina, di OPG e RANK-L sono stati dosati nel plasma midollare derivante dalle biopsie midollari e nei mezzi condizionati di colture a lungo termine (1 e 3 mesi) di cellule osteoblastiche midollari. E’ stata, inoltre, valutata la presenza di una eventuale correlazione tra i livelli di leptina, di OPG e del rapporto OPG/RANKL con il numero di precursori osteoblastici. La BMD è stata eseguita sulla colonna lombare e sul collo del femore e ripetuta dopo 12 mesi. Risultati Un’alta frequenza di endocrinopatie è stata documentata nei primi mesi dal trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe, in particolare l’ipertiroidismo subclinico, la sindrome da bassi livelli T3, l’insufficienza corticosurenalica, l’ipogonadismo ipergonadotropo, la ridotta produzione della somatomedina C. L’ipertiroidismo subclinico, l’insufficienza corticosurrenalica e la ridotta produzione di somatomedina C sono risultati disturbi transitori, risoltisi entro un anno dal trapianto. L’amenorrea ipergonadotropa e l’azoospermia persistevano nella maggior parte dei pazienti oltre i 12 mesi dal SCT. La più frequente complicanza endocrina era rappresentata da insufficienza ovarica che era presente nel 85% delle donne nella sua forma transitoria o persistente. La valutazione della funzione ovarica nelle donne sottoposte a trapianto autologo ed allogenico in età riproduttiva ha documentato per la prima volta una peggiore funzione ovarica residua nelle donne dopo trapianto allogenico rispetto alle pazienti autotrapiantate. Il maggior danno ovarico in termini di produzione residua ormonale estrogenica ed androgenica, il volume ovarico e la presenza ultrasonografica di follicoli è stato documentato nelle donne affette da GvHD cronica. Il 77% degli uomini presentava una spermatogenesi alterata con azoospermia nel 33% dei casi. L’ipogonadismo ipergonadotropo era presente solo nel 20% di uomini. L’azoospermia è stata trovata anche in 10 soggetti con livelli normali-alti di FSH, suggerendo che il riscontro di normali livelli circolanti di gonadotropine non esclude il danno del tessuto germinativo. La discrepanza tra il pattern ormonale e l’ esame del liquido seminale può essere attribuito al danno delle cellule ipofisarie gonadotropino-secernenti. Tutti i pazienti trattati con radioterapia addominale/pelvica presentavano un permanente danno gonadico. La tiroidite in fase di eutiroidismo era presente in 19% dei pazienti, due terzi di questi aveva ricevuto la terapia radiante su collo. L’ipotiroidismo subclinico (TSH 5.5-17 mUI/ml) con negativi autoanticorpi circolanti è stato rilevato nel 14% dei pazienti. Tra i soggetti trattati con radioterpia nella metà superiore del corpo 2.1-4.2 anni or sono, l’incidenza di tireopatie era del 32%. Il quadro ecografico di tiroidite è stato osservato nel 21% dei casi. L’insufficienza corticosurrenalica secondaria, dovuta alla soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene era legata alla dose cumulativa del trattamento corticosteroideo ricevuto. Sebbene tutti i nostri pazienti che avevano sviluppato un’insufficienza surrenalica secondaria erano stati trattati con corticosteroidi ad una dose cumulativa >10 gr/m2, la dose media non era diversa tra i pazienti che hanno sviluppato o meno l’insufficienza. (12.4±2 vs. 6.8±9 gr/m2). Nella nostra esperienza, l’insufficienza corticosurrenalica è regredita dopo 3-8 mesi di appropriata terapia sostitutiva in tutti i pazienti tranne che in 3, che presentavano un insufficienza secondaria permanente e continuano la terapia sostitutiva. La sensibilità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene alla soppressione esogena può essere variabile da un soggetto all’altro. Insufficienza corticosurrenalica secondaria ed ipogonadismo ipogonadotropo era presente nel 4% e 8% dei casi. I livelli di BMD sono risultati significativamente ridotti nei pazienti rispetto ai controlli sia in sede lombare che in quella femorale (p<0.01). Il numero di progenitori osteogenici era ridotto nei pazienti (colonie CFU-F, 22±3 vs 57±4; p <0.0001 vs. controlli). E’ stata per la prima volta dimostrata una stretta relazione tra riduzione della capacità di ripopolazione dei precursori osteoblastici nel microambiente del midollo osseo, il grado di perdita della massa ossea dei singoli pazienti e l’insorgenza di necrosi avascolare. Nei pazienti trapiantati da oltre 3 anni vi era un miglioramento della densità ossea dell’osso trabecolare, mentre la densità dell’osso corticale era persistentemente ridotto anche nei soggetti trapiantati da oltre 10 anni. Abbiamo valutato il ruolo delle diverse tecniche di studio della densità ossea. In particolare, per la prima volta abbiamo utilizzato l’ultrasonometria quantitativa nella misurazione della densità ossea nei pazienti sottoposti a SCT. I valori densitometrici determinati con tale tecnica risultavano ridotti in modo persistente e correlavano con l’età e la durata dell’ amenorrea, nonché con il ridotto numero di colonie dei fibroblasti orientati in senso osteogenico. L’effetto delle terapie antiriassorbitive sulla massa ossea è stato studiato nei pazienti lungo-sopravviventi al trapianto allogenico di cellule staminali. Il nostro gruppo ha per primo studiato in uno studio caso-controllo l’effetto dei bisfosfonati sulla densità ossea in questa particolare popolazione e per la prima volta è stato documentato un effetto migliorativo della capacità di ripopolazione dei precursori osteoblastici in vitro (a partire dalle cellule mesenchimali provenienti dalle biopsie di midollo osseo) con la somministrazione di acido zoledronico in vivo. Il significato degli aumentati livelli circolanti di leptina dopo trapianto allogenico; tale aumento era correlato al grado di disregolazione del sistema immunitario post- trapianto e al grado di attivazione dei linfociti Th1 ed al rapporto CD4/CD8. In particolare, abbiamo documentato correlazione tra i livelli sierici di leptina e INF-gamma nei pazienti allotrapiantati che avevano sviluppato GvHD cronica. Il rapporto fisiologico tra l’indice di massa corporea era conservato nei pazienti dopo SCT autologo, ma risultava perduto dopo trapianto allogenico. I risultati dello studio hanno permesso di suggerire l’ipotesi che l’aumentata produzione di leptina potrebbe essere coinvolta nella generazione e nel mantenimento della graft-versus-host disease. Conclusioni L’insufficienza ovarica è la più frequente complicanza sia dopo auto- che allo-trapianto. Il recupero era più raro e la funzione ovarica residua peggiore dopo allo-SCT. Il danno alla spermatogenesi era frequente e duraturo nella popolazione di uomini dopo terapie antiblastiche. L’ipogonadismo ipergonadotropo persistente era più raro nell’uomo che nella donna, in quanto le cellule di Leydig sono più resistenti alle terapie citotossiche. Comunque, il riscontro di normali livelli circolanti di gonadotropine non esclude il danno del tessuto germinativo. La sensibilità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene alla soppressione esogena può essere variabile da un soggetto all’altro e tutti i pazienti dovrebbero essere valutati alla sospensione di terapia cronica e/o con alti dosaggi di steroidi. La storia naturale dei danni alla tiroide indotte da radiazioni e da chemioterapia non è completamente nota, così come il periodo d’insorgenza e il picco di incidenza. L’aumentata incidenza di tiroiditi, dell’ipertiroidismo transitorio subclinico, dell’ipotiroidismo e l’aumentato del rischio dei sviluppare il carcinoma papillifero sono conseguenze più temute delle radioterapie e chemioterapie nei pazienti sia pediatrici che adulti. Il danno ipofisario da chemioterapia con deficit di almeno un settore era presente in 33% dei nostri pazienti trattati in età adulta. I nostri risultati suggeriscono che la perdita di massa ossea è persistente, ha una eziopatogenesi multifattoriale e in parte dovuta al deficit sia quantitativo che qualitativo dei progenitori osteogenici nel microambiente del midollo osseo La migliore sopravvivenza alle malattie ematologiche in seguito all’introduzione di nuove terapie ha spesso come conseguenza complicanze acute e croniche; le disfunzioni endocrine e muscoloshcelttrcihe sono tra le più frequenti. Data la notevole frequenza delle endocrinopatie e dell’osteopenia/osteoporosi, un follow-up endocrinologico e una valutazione periodica dalla massa ossea dei pazienti sopravvissuti a malattie emopoietiche sembrano obbligatorie

    31. SIX MONTHS OF TREATMENT WITH CABERGOLINE RESTORES SEXUAL POTENCY IN HYPERPROLACTINEMIC MALES. AN OPEN LONGITUDINAL STUDY MONITORING NOCTURNAL PENILE TUMESCENCE.

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    This open longitudinal study investigated the prevalence of depressed sexual potency by monitoring erectile dysfunction using nocturnal penile tumescence (NPT) in 51 consecutive men with hyperprolactinemia (41 macroprolactinomas and 10 microprolactinomas) and evaluated potential reversibility of sexual failure after 6 months of treatment with cabergoline. Fifty-one healthy men served as controls. Compared with controls, the patients with either micro- or macroprolactinoma had low testosterone levels with severe alterations of erectile function. Testosterone deficiency was present in 73.2% of macro- and 50% of microprolactinomas; reduced libido and sexual potency were referred by 53.6% of macroprolactinomas, 50% of microprolactinomas, and none of controls. Fewer than three erectile events per night by NPT were found in 96.7% of patients and 13.7% of controls (P < 0.0001). After 6 months of cabergoline treatment, prolactin levels normalized in 74.5% of patients: 73.2% of macroprolactinomas and 80% of microprolactinomas. Testosterone levels normalized in 68.6% of patients, whereas NPT normalized in 60.6% of patients who had normalized prolactin levels and in 7.7% of patients who did not. In conclusion, at study entry, 50% of the patients complained of sexual disturbances, 96.7% of whom had an impairment of erectile events per night compared with 13.7% of controls. Six months of treatment with cabergoline normalized testosterone levels in most cases, thus restoring and maintaining during treatment the capability of normal sexual activity in hyperprolactinemic males

    Long-term safety and efficacy of subcutaneous pasireotide in patients with Cushing\u27s disease: interim results from a long-term real-world evidence study.

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    PURPOSE: Clinical trials have demonstrated the favorable efficacy/safety profile of pasireotide in patients with Cushing\u27s disease (CD). We report interim long-term results of an ongoing real-world evidence study of subcutaneous pasireotide in patients with CD. METHODS: Adults with CD receiving pasireotide, initiated before (prior-use) or at study entry (new-use), were monitored for ≤ 3 years during a multicenter observational study ( http://clinicaltrials.gov identifier NCT02310269). Primary objective was to assess long-term safety of pasireotide alone or with other CD therapies. RESULTS: At the time of this interim analysis, 127 patients had received pasireotide (new-use, n = 31; prior-use, n = 96). Eight patients had completed the 3-year observation period, 53 were ongoing, and 66 had discontinued. Among 31 new-use and 92 prior-use patients with ≥ 1 safety assessment, respectively: 24 (77%) and 37 (40%) had drug-related adverse events (AEs); 7 (23%) and 10 (11%) had serious drug-related AEs. Most common drug-related AEs were nausea (14%), hyperglycemia (11%) and diarrhea (11%); these were more frequently reported in new users and mostly of mild-to-moderate severity. 14 (45%) new-use and 15 (16%) prior-use patients experienced hyperglycemia-related AEs. Mean urinary free cortisol (mUFC) was within normal range at baseline and months 1, 12 and 24, respectively, in: 1/16 (6%), 9/18 (50%), 1/3 (33%) and 0/0 new users; 28/43 (65%), 15/27 (56%), 27/33 (82%) and 12/19 (63%) prior users. CONCLUSIONS: Pasireotide is well tolerated and provides sustained reductions in mUFC during real-world treatment of CD. The lower rate of hyperglycemia-related AEs in prior users suggests that hyperglycemia tends not to deteriorate if effectively managed soon after onset. CLINICAL TRIAL REGISTRATION NUMBER: NCT02310269

    Octreotide SC depot in patients with acromegaly and functioning neuroendocrine tumors: a phase 2, multicenter study

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    Octreotide SC depot is a novel, ready-to-use formulation administered via a thin needle. In a phase 1 study in healthy volunteers, this formulation provided higher bioavailability of octreotide with faster onset and stronger suppression of IGF-1 in healthy volunteers versus long-acting intramuscular (IM) octreotide. This phase 2 study evaluated the pharmacokinetics, efficacy, and safety of octreotide SC depot in patients with acromegaly and functioning NETs, previously treated with octreotide IM

    Idiopathic chronic urticaria and thyroid autoimmunity: Experience of a single center

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    Urticaria is one of the most frequent dermatosis, being its prevalence in general population estimated about 20%. This prospective case-control study was aimed at determining the prevalence of thyroid autoimmune disorders in a cohort of patients with chronic urticaria (CU), all living within an area with mild-to-moderate iodine deficiency. Fifty four consecutive patients affected by CU were recruited and compared to 108 healthy controls. Assessment of the thyroid function included measurement of serum concentrations of TSH, FT3, FT4, anti-thyreoglobulin (anti-TG) and anti-peroxidase (anti-TPO) antibodies. Ultrasound scan of the thyroid gland was performed in all subjects using a 7.5 MHz linear transducer. All subjects were followed up for 6 months. The prevalence of thyroid antibodies was significantly higher in our cohort of patients with CU than in controls (22% vs. 6.5 %). Hashimoto's thyroiditis was also more frequent in patients than controls (18.5% vs. 1.8%). These frequencies do not differ from those previously reported by some other authors and confirm the association between CU and thyroid autoimmunity also in the area of iodine deficiency. However, presence of antibodies or thyroiditis does not seem to influence clinical course of CU. These results suggest that screening for thyroid function may be useful in all the patients with CU
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