53 research outputs found

    Phosphodiesterase-4 Inhibition Alters Gene Expression and Improves Isoniazid – Mediated Clearance of Mycobacterium tuberculosis in Rabbit Lungs

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    Tuberculosis (TB) treatment is hampered by the long duration of antibiotic therapy required to achieve cure. This indolent response has been partly attributed to the ability of subpopulations of less metabolically active Mycobacterium tuberculosis (Mtb) to withstand killing by current anti-TB drugs. We have used immune modulation with a phosphodiesterase-4 (PDE4) inhibitor, CC-3052, that reduces tumor necrosis factor alpha (TNF-α) production by increasing intracellular cAMP in macrophages, to examine the crosstalk between host and pathogen in rabbits with pulmonary TB during treatment with isoniazid (INH). Based on DNA microarray, changes in host gene expression during CC-3052 treatment of Mtb infected rabbits support a link between PDE4 inhibition and specific down-regulation of the innate immune response. The overall pattern of host gene expression in the lungs of infected rabbits treated with CC-3052, compared to untreated rabbits, was similar to that described in vitro in resting Mtb infected macrophages, suggesting suboptimal macrophage activation. These alterations in host immunity were associated with corresponding down-regulation of a number of Mtb genes that have been associated with a metabolic shift towards dormancy. Moreover, treatment with CC-3052 and INH resulted in reduced expression of those genes associated with the bacterial response to INH. Importantly, CC-3052 treatment of infected rabbits was associated with reduced ability of Mtb to withstand INH killing, shown by improved bacillary clearance, from the lungs of co-treated animals compared to rabbits treated with INH alone. The results of our study suggest that changes in Mtb gene expression, in response to changes in the host immune response, can alter the responsiveness of the bacteria to antimicrobial agents. These findings provide a basis for exploring the potential use of adjunctive immune modulation with PDE4 inhibitors to enhance the efficacy of existing anti-TB treatment

    Asbestiform amphiboles and cleavage fragments analogues: Overview of critical dimensions, aspect ratios, exposure and health effects

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    The term asbestos refers to a group of serpentine (chrysotile) and amphibole (amosite, crocidolite, anthophyllite, tremolite and actinolite) minerals with a fibrous habit. Their chemical-physical properties make them one of the most important inorganic materials for industrial purposes and technological applications. However, the extraction, use and marketing of these minerals have been prohibited due to proven harmful effects, mainly involving the respiratory system. In addition to the known six minerals classified as asbestos, the natural amphiboles and serpentine polymorphs antigorite and lizardite, despite having the same composition of asbestos, do not have the same morphology. These minerals develop chemical and geometric (length > 5 \ub5m, width < 3 \ub5m and length: diameter > 3:1), but not morphological, analogies with asbestos, which is regulated by the WHO. The debate about their potential hazardous properties is open and ongoing; therefore, their morphological characterization has a key role in establishing a reliable asbestos hazard scenario. This review focuses on evaluating the most relevant papers, evidencing the need for a reappraisal. Different in vitro, in vivo and epidemiological studies report information about cleavage fragments with critical dimensions similar to asbestos fibres, but very few works target fragments below 5 \ub5m in length. Breathable smaller fibres could have deleterious effects on human health and cannot be disregarded from the risk assessment process. Furthermore, a few studies suggest that the carcinogenic nature of short fibres is not excluded. This review highlights that it is worth investigating the effects of this size range of elongated mineral particles and fibres

    omega-Conotoxin GVIA binds to and blocks rat neuromuscular junction

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    The effect of omega-conotoxin GVIA, a specific blocker of N-type calcium channels, on the synaptic transmission at the mammalian neuromuscular junction is controversial. We have found that 125I-omega-conotoxin binds to rat tibialis muscle end-plate; that omega-conotoxin blocks the neuromuscular transmission both in vivo, in the sciatic nerve-tibialis anterior muscle, and in vitro in the isolated phrenic nerve-diaphragm preparation; and does not affect muscle nicotinic receptors. We conclude that in rat neuromuscular junctions N-type calcium channels are important for neurotransmitter secretion

    Determinazione di ROS ed 8-OSSI-dg in linfociti sottoposti a danno ossidativo da metalli

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    OBIETTIVI: - Nostri precedenti studi, effettuati in vitro su A549, linea continua di pneumoniti, hanno rilevato un marcato effetto genotossico da esposizione alla componente metallica adsorbita alle polveri fini. Poich\ue9 la tossicit\ue0 varia sensibilmente tra cellule normali e immortalizzate abbiamo voluto valutare su linfociti, mediante indagine ex vivo, gli effetti biologici di questo diffuso inquinante atmosferico. Il biodosimetro utilizzato ha consentito inoltre di verificare la variabilit\ue0 individuale nel campione di popolazione saggiato. MATERIALI E METODI: - I linfociti, isolati da 13 soggetti(et\ue0 35.6\ua1\uc011.8),venivano messi in coltura e, quindi, trattati in 3 giornatecon una soluzione costituita da V, Fe e Ni(68.8, 110.5 e 9.4 \ua6\uccM rispettivamente),ampiamente presenti nelle aree urbane. Mediante tecniche citoflurimetriche, previo utilizzo di specifici fluorocromi, venivano valutate la citotossicit\ue0, il livello citoplasmatico di ROS e quello di8-ossi-dG, marcatore di danno ossidativo del DNA. RISULTATI: - Contro una mortalit\ue0 media pari a 8.9%(CV% 59.5) nei controlli, quella osservata dopo trattamento raggiungeva il 17.8 %(p<0.01) con valori anche superiori al 30%in due dei campioni esaminati. Maggiore era la variabilit\ue0 osservata nei livelli di emissione della DCF-DA, utilizzata per la determinazione dei ROS, sia nei controlli (12.3 \ua1\uc09.4) che nei trattati (20.7\ua1\uc015.6) Con \ua6% compresi tra 2.1 e 281.9significative erano le differenzeK/trattati(p<0.01).L\u2019analisi dell\u20198-ossi-dG, effettuata mediante uso di avidina, ad elevata affinit\ue0 per la purina ossidata e marcata con fluoresceina isotiocianato(Avidina-FITC), ha mostrato un incremento medio dopo trattamento pari a 208.5% (p<0.01) con valori compresi tra 51.2 e 346.0(CV% 63.5). CONCLUSIONI: - I significativi effetti osservati, riconducibili alla capacit\ue0 dei metalli di transizione di catalizzare la produzione di specie radicaliche, confermano il rischio potenziale di questa componente delle polveri fini per la salute pubblica. Infatti, malgrado l\u2019effetto citotossico, in tutti i campioni saggiati significativo era il livello di ossidazione a carico del DNA delle cellule superstiti con possibili implicazioni nel processo di cancerogenes

    Fattori comportamentali e biologici nella suscettibilit\ue0 individuale al danno ossidativo da xenobiotici

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    OBIETTIVI: Recentemente \ue8 stata evidenziata l\u2019importanza dei polimorfismi genetici sul rischio genotossico da esposizione a xenobiotici. Poich\ue9 anche variabili biologiche e comportamentali giocano un ruolo nella suscettibilit\ue0 individuale al cancro, in questo studio \ue8 stato valutato il loro effetto sul danno ossidativo da esposizione a oil fly ash(OFA) in colture linfocitarie di un campione di popolazione di 47 individui(et\ue0 34.6\ub111.4) di cui 17(36.2%) maschi. MATERIALI E METODI: Su aliquote di linfociti di ciascun soggetto, previo isolamento e messa in coltura secondo i protocolli standard, veniva determinato mediante Halo-Comet (1) il danno a carico del DNA sia basale che dopo contatto overnight con un estratto acquoso del campione ambientale a composizione nota. Ancora, per verificare la capacit\ue0 dei sistemi enzimatici di riparazione l\u2019analisi veniva eseguita anche dopo reincubazione per 6h in RPMI fresco. RISULTATI: Gli esperimenti hanno rilevato nei linfociti trattati con il campione ambientale differenze significative (Mann-Whitney p<0.05) del nuclear spreading factor(NSF) in funzione del genere con valori medi maggiori nei maschi(1.50\ub10.79 vs1.09\ub10.47). Differenze significative erano anche osservate in funzione dell\u2019abitudine a fumo e, soprattutto, del regime alimentare. Infatti, nei fumatori si osservava una riduzione (p=0.017) della capacit\ue0 di riparazione con NSF a 6h dal trattamento ancora ~doppi rispetto ai non fumatori. Anche il consumo di carne esercitava un effetto negativo sulla capacit\ue0 di riparazione con valori di NSF del 78% superiori in chi la consumava pi\uf9 di 3 volte/settimana (p<0.001). La capacit\ue0 di riparazione era invece maggiore (p=0.039) nei consumatori moderati di alcol ed in chi consumava almeno 2 volte al giorno frutta e verdura(p=0.047). In questi ultimi, inoltre, si osservava un danno del DNA minore in seguito al trattamento con lo xenobiotico(p<0.05). CONCLUSIONI: I risultati confermano l\u2019importanza dello stile di vita sulla suscettibilit\ue0 al danno genotossico da esposizione passiva a xenobiotici

    Produzione endogena di ROS e cronicizzazione del danno a carico dell\u2019epitelio respiratorio per esposizione a metalli di transizione.

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    Nostri precedenti studi hanno rilevato un marcato effetto genotossico in cellule dell\u2019epitelio alveolare dopo contatto con la frazione idrosolubile di oil fly ash. Questo, dovuto in particolare alla produzione del radicale OH\ub0, chiaramente indica il ruolo svolto dai metalli di transizione V, Fe e Ni nelle reazioni Fenton-like. Poich\ue9 ulteriori indagini hanno mostrato, anche nella progenie di cellule esposte, un marcato effetto genotossico si \ue8 voluto verificare se questo fosse dovuto, cessata l\u2019esposizione ai metalli, a una maggiore presenza di specie radicaliche di origine mitocondriale e, quindi, ad uno stress ossidativo endogeno che, subentrando a quello esogeno, determina la cronicizzazione del danno a livello dell\u2019epitelio respiratorio. Materiali e Metodi- Le tre successive subculture ottenute sottoponendo a passaggi seriali pneumociti umani, precedentemente messi a contatto con OFA, venivano marcati con 2\u2019,7\u2019-diclorofluoresceina-diacetato (DCF-DA) o con diidrorodamina (DHR) per la determinazione dei ROS sia quantitativa in citofluorimetria che qualitativa in microscopia confocale laser. RISULTATI: Le prove, effettuate in triplicato, seppure rilevavano nella progenie una significativa (p<0.01) riduzione della fluorescenza rispetto agli pneumociti esposti evidenziavano ancora nelle 3 successive subculture un incremento medio dei ROS del 70% rispetto ai controlli negativi. In particolare, in questi ultimi la fluorescenza emessa era del tutto trascurabile essendo esclusivamente imputabile alla fisiologica formazione, di superossido anione e H2O2, quali sottoprodotti della respirazione cellulare. All\u2019analisi qualitativa in microscopia confocale la progenie delle cellule trattate mostrava, in assenza di alterazioni morfologiche, una discreta fluorescenza citoplasmatica con addensamenti perinucleari, analoga per i due fluorocromi. CONCLUSIONI: I risultati spiegano chiaramente come lo stress ossidativo, innescato dall\u2019esposizione ai metalli adsorbiti alle polveri fini, in seguito all\u2019alterazione della funzionalit\ue0 mitocondriale da noi rilevata con rodamina123, determina uno stress ossidativo endogeno in grado di perpetrare l\u2019ossidazione anche del DNA come da noi rilevata all\u2019halo-comet ed al test dei MN

    Effetto genotossico dei metalli per le otturazioni dentali su cellule esfoliative del cavo orale

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    OBIETTIVI-: Un nostro precedente studio di biomonitoring ha rilevato, per la prima volta direttamente sull\u2019uomo, la significativa associazione tra presenza di otturazioni dentarie e danno al DNA linfocitario. Per valutare a livello locale il potenziale genotossico dei materiali utilizzati per le otturazioni, un\u2019analoga indagine \ue8 stata condotta in un campione di giovani adulti su cellule esfoliative del cavo orale. MATERIALI E METODI: Sono state esaminate, mediante il comet assay ed il test dei micronuclei, cellule esfoliative di 63 individui 25 maschi e 38 femmine (et\ue0 21,02 \ub1 SD 2,11) di cui 20 controlli e 43 trattati. Quest\u2019ultimo gruppo,il cui numero medio di otturazioni era 3.7 (DS 2,96), era costituito per il 48,8 % da soggetti con otturazioni solo in metacrilato, per il 18,6 solo in amalgama e il 32.6 % con entrambi i materiali. RISULTATI: Dopo accurata standardizzazione del protocollo d\u2019analisi al comet assay si osservava un\u2019associazione tra presenza di otturazioni e danno al DNA con valori di mediane per TL, TDNA% e TM rispettivamente pari a 110.2, 19.82 e 34.2 nei controlli e 143.88, 27.92 e 63.79 negli esposti. Tali valori presentavano un p<0.01 per il 5\ub0, 10\ub0 e 25\ub0 percentile. Analogamente a quanto osservato a livello linfocitario, non si rilevavano differenze significative in funzione dei materiali utilizzati ma una significativa correlazione col numero di otturazioni (p<0.01). I risultati erano confermati all\u2019esame citologico che mostrava un incremento del n\ub0 di MN del 53% nei soggetti con otturazioni rispetto a quelli di controllo. CONCLUSIONI: L\u2019utilizzo di cellule pi\uf9 intimamente esposte ai costituenti delle otturazioni dentali ne conferma il potenziale rischio genotossico, gi\ue0 da noi rilevato a carico dei linfociti. L\u2019effetto di questa esposizione iatrogena a xenobiotici \ue8 certamente imputabile al danno ossidativo che, come rilevato in vitro, esplicano sia le amalgame che i metacrilati
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