59 research outputs found

    #Nevicata14

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    Nel 2104 l’amministrazione del Comune di Milano decide di incaricare la Triennale di Milano di coordinare il cosiddetto progetto Atelier Castello per analizzare proposte di riassetto provvisorio dello spazio del Foro Bonaparte. Atelier Castello nasce come percorso partecipato e aperto, con il coinvolgimento dei residenti, dei cittadini, dei comitati e del consiglio di zona. La pedonalizzazione della cosiddetta Piazza Castello era già in atto da qualche tempo, ma senza un progetto architettonico che la supportasse e il progetto da realizzare per la sola durata dell’imminente EXPO, avrebbe dovuto rappresentare un campo di prova per mettere a punto in modo cosciente i criteri per la futura e più definitiva sistemazione della piazza. Sono stati messi a confronto 11 studi di architettura, invitati da Triennale ad esporre le proprie idee e alla fine del processo il progetto scelto da una giuria di esperti è risultato quello dello studio Guidarini & Salvadeo che per l’occasione ha coinvolto SNARK. (SNARK si occupa di design relazionale, di processi decisionali, di co-progettazione, di percorsi partecipati e di comprensione di fenomeni complessi.) Il progetto ha assunto fin da subito un brand espresso attraverso il nome “#Nevicata14”, con il quale abbiamo voluto esprimere sia il carattere di provvisorietà sia la capacità del progetto di modificare, come dopo una nevicata, l’aspetto dello spazio e il suo uso. Il 13 dicembre 2014 una giuria nominata da Triennale di Milano, composta dal prof. arch. Marco Romano, prof. arch. Franco Purini, prof. arch. Paola Viganò, arch. Francesca Bavestrelli, alla presenza del presidente della Triennale di Milano ing. Claudio De Albertis e del coordinatore del progetto “Atelier Castello” prof. Arch. Alberto Ferlenga, ha assegnato il primo premio al progetto #Nevicata14

    Guidarini & Salvadeo: due progetti a Lodi.

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    L'articolo descrive un progetto per un edificio per la logistica e l'immagazzinaggio, e la trasformazione di un vagone ferroviario, posto nel piazzale antistante, adibito ad ufficio e sede di rappresentanza

    Verdolatria milanese e speranze fusion / Milanese “Greenolatry” and Fusion Recipes

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    A Milano, più che altrove, è diffuso un sentimento anti-urbano che si esprime nell'ossessiva identificazione dello spazio pubblico con una vaga idea di "verde"

    How lengthy are these Brick Walls? The Brick Country House (1923-1924)

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    The Brick Country House of Ludwig Mies van der Rohe (1924) is linked to four other important projects of the 1920s: the Skyscraper on Friedrichstrasse in Berlin (1921), the Glass Skyscraper (1922), the Bürohaus and the Concrete Country House (1923). The Brick Country House is a sort of enigma, because it shows uncertainty, which is a dimension completely extraneous to Mies mentality. In his work everything is always defined and measurable, carefully precise, both in size and proportions. On the contrary, in this project the walls that extend towards the outside do not have a definite length and, therefore, even proportions aren’t clear, due to the differences between the original of 1924 and the Chicago versions of the Sixties. My hypothesis is that the Brick Country House was for Mies not a real house, but a type, a scheme describing a formal structure that aims to «obtaining a sequence of spatial effects», opening his research on relations between interior space and unbuilt space. In both perspectives there is a detail which has often been overlooked: it is the brick wall represented at the foreground and which seems to allude to a sort of connection between two slightly different levels of unbuilt space. In the sketch this wall is synthesized by a single line. Its presence in both drawings shows the importance that Mies attributed to it, even if it does not appear in the Mannheim plan of 1924, or at least, it seems that it does not appear. This sign suggests an interesting hypothesis, albeit risky: couldn’t the frame of the Mannheim drawing be an integral part of the project? Might the frame be a physical element, a bordering wall? In this case the walls of the house would have a definite size and the plan would turn into an ante-litteram Three-Court House, 11 years ahead of his studies of 1935. This hypothesis would allow us to anticipate his first studies on the delimitation, inclusion and partition of unbuilt spaces that will become one of the main research fields of his work. The discussion is open

    Mercato di Gorla

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    Milano 1948, il progetto urbanistico Fiume Verde di Giulio Minoletti, Maurizio Mazzocchi e Gio Ponti

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    Tre anni dopo la fine della guerra, nel 1948, Giulio Minoletti, Maurizio Mazzocchi e Gio Ponti presentano un “Progetto per un quartiere residenziale a ‘Fiume Verde’” a tutt’oggi quasi inedito, nell'area dell'ex scalo ferroviario Sempione a Milano. Già nel 1937 Gio Ponti aveva elaborato un “Progetto urbanistico per la sistemazione dello Scalo Sempione a Milano” che, più che affrontare questioni di forma urbana vera e propria, ne approfondiva il possibile ruolo alla scala territoriale. Questo lavoro sembrava in qualche modo propedeutico a quello che l’anno seguente, nel 1938, un gruppo di architetti legati a Giuseppe Pagano e alla rivista “Casabella-Costruzioni” - fra i quali vi era anche Giulio Minoletti ma non Gio Ponti - avrebbe presentato come “Proposta di Piano Regolatore per il quartiere Sempione-Fiera a Milano”, meglio noto come Milano Verde. Il progetto Fiume Verde (elaborato prevalentemente nello studio di Gio Ponti), rendeva esplicitamente omaggio all’esperienza di Milano Verde di dieci anni prima, ma in realtà l’intento sembrava essere radicalmente diverso in quanto, oltre a proporsi come alternativa alla sistemazione dell’area prevista dal nuovo Piano Regolatore in fase di studio nel 1948, Fiume Verde esprimeva la chiara intenzione progettuale di sottolineare l’eccezionalità e l’unicità dell’area dello scalo di smistamento rispetto alla città, al contrario di quanto era previsto dal piano Milano Verde, che annullava qualunque eccezione urbana, ricucendo la maglia viaria del piano Beruto del 1889. Lo studio progettuale di Fiume Verde parte da un’attenta analisi della pianificazione precedente, mediante il ridisegno delle soglie storiche costituite dal Piano Albertini del 1934, Milano Verde del 1938, una proposta inedita di Giuseppe de Finetti, fino alla proposta del nuovo PRG allo stato in cui si trovava nel 1948. L’intento del progetto Fiume Verde era quello, esplicitamente dichiarato dai progettisti, di proporre un disegno urbano «spettacolare», un «grandioso quartiere unitario» per «non essere sommati nel grigiore del solito incremento edilizio» (definizioni di Gio Ponti riportate sugli elaborati grafici custoditi presso il CSAC di Parma)

    Isolato residenziale a Milano, Italia

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    Saggio critico su due interventi residenziali urbani del prof. arch. Cino Zucchi e considerazioni sulle modalità di intervento residenziale privato in italia
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