65 research outputs found

    Oncogenic Mutations of MYD88 and CD79B in Diffuse Large B-Cell Lymphoma and Implications for Clinical Practice

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    Simple SummaryA diagnosis of diffuse large B-cell lymphoma in our therapeutic era should be implemented by the definition of the cell of origin, additional immunohistochemistry (i.e., BCL2 and MYC), and by fluorescent in-situ hybridization. The next step, suggested by the seminary works we will discuss in this review, will be to implement the definition of sub-categories by the recognition of single gene mutations and pathways that may be targetable by newer drugs. We here describe the impact that MYD88 and CD79B activating mutations, two of the most frequent mutations in several DLBCL subtypes, may achieve in the next future in the diagnosis and therapeutics of such a relevant lymphoma subtype.Diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL) is the most common non-Hodgkin's lymphoma in adults. Despite the recognition of transcriptional subtypes with distinct functional characteristics, patient outcomes have not been substantially altered since the advent of chemoimmunotherapy (CIT) twenty years ago. Recently, a few pivotal studies added to the disease heterogeneity by describing several activating mutations, which have been associated with disease presentation, B-cell function and behavior, and final outcome. DLBCL arises from antigen exposed B-cells, with the B-cell receptor (BCR) playing a central role. BCR-activity related mutations, such as CD79B and MYD88, are responsible for chronic activation of the BCR in a substantial subset of patients. These mutations, often coexisting in the same patient, have been found in a substantial subset of patients with immune-privileged (IP) sites DLBCLs, and are drivers of lymphoma development conferring tissue-specific homing properties. Both mutations have been associated with disease behavior, including tumor response either to CIT or to BCR-targeted therapy. The recognition of CD79B and MYD88 mutations will contribute to the heterogeneity of the disease, both in recognizing the BCR as a potential therapeutic target and in providing genetic tools for personalized treatment

    Klebsiella pneumoniae carrying multiple alleles of antigen 43-encoding gene of Escherichia coli associated with biofilm formation

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    A clinical strain of Klebsiella pneumoniae typed as sequence type 307 carrying three different alleles of the flu gene encoding the Escherichia coli virulence factor antigen 43 associated with biofilm formation was detected and characterized. The flu alleles are located in the chromosome inside putative integrative conjugative elements. The strain displays the phenotypes associated with Ag43, i.e. bi-phasic colony morphology and enhanced biofilm production. Furthermore, the strain produces low amount of capsule known to affect Ag43 function. Analysis of 1431 worldwide deposited genomes revealed that 3.7% Klebsiella pneumoniae carry one or two flu alleles

    miR-146a-5p impairs melanoma resistance to kinase inhibitors by targeting COX2 and regulating NFkB-mediated inflammatory mediators

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    BACKGROUND: Targeted therapy with BRAF and MEK inhibitors has improved the survival of patients with BRAF-mutated metastatic melanoma, but most patients relapse upon the onset of drug resistance induced by mechanisms including genetic and epigenetic events. Among the epigenetic alterations, microRNA perturbation is associated with the development of kinase inhibitor resistance. Here, we identified and studied the role of miR-146a-5p dysregulation in melanoma drug resistance.METHODS: The miR-146a-5p-regulated NFkB signaling network was identified in drug-resistant cell lines and melanoma tumor samples by expression profiling and knock-in and knock-out studies. A bioinformatic data analysis identified COX2 as a central gene regulated by miR-146a-5p and NFkB. The effects of miR-146a-5p/COX2 manipulation were studied in vitro in cell lines and with 3D cultures of treatment-resistant tumor explants from patients progressing during therapy.RESULTS: miR-146a-5p expression was inversely correlated with drug sensitivity and COX2 expression and was reduced in BRAF and MEK inhibitor-resistant melanoma cells and tissues. Forced miR-146a-5p expression reduced COX2 activity and significantly increased drug sensitivity by hampering prosurvival NFkB signaling, leading to reduced proliferation and enhanced apoptosis. Similar effects were obtained by inhibiting COX2 by celecoxib, a clinically approved COX2 inhibitor.CONCLUSIONS: Deregulation of the miR-146a-5p/COX2 axis occurs in the development of melanoma resistance to targeted drugs in melanoma patients. This finding reveals novel targets for more effective combination treatment. Video Abstract

    Valutazione di potenziali pathway molecolari predittivi di risposta a trastuzumab, mediante sequenziamento dell’intero esoma tumorale, in pazienti con carcinoma mammario HER-2 positivo candidate a trattamento neoadiuvante.

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    La chemioterapia preoperatoria, anche definita chemioterapia neoadiuvante o chemioterapia primaria sistemica, rappresenta uno degli standard terapeutici nei pazienti con nuova diagnosi di tumore mammario. Questo approccio terapeutico, introdotto nella pratica clinica agli inizi degli anni '70, originariamente riservato ai casi di tumore mammario localmente avanzato (stadio IIIB, IIIC e carcinoma infiammatorio) con lo scopo di convertire un tumore inoperabile in resecabile chirurgicamente, è più recentemente divenuto un’opzione accettata anche per le forme tumorali più precoci con il fine di ridurre l’impatto della chirurgia in un’ottica di breast conserving therapy. La risposta patologica completa (definita come ypT0/is ypN0), rappresenta generalmente l’end-point primario degli studi randomizzati, dal momento che i pazienti che raggiungono la pCR mostrano un miglioramento significativo nella prognosi rispetto a coloro che non la ottengono. Questo risulta particolarmente vero nei pazienti ER-negativi/HER2-positivi. Nel sottogruppo di pazienti con malattia HER2 positiva la terapia sistemica primaria basata sull’associazione di chemioterapia e trastuzumab è considerata l’opzione standard di trattamento. L’aggiunta di trastuzumab ha permesso un incremento significativo del tasso di risposte patologiche (dal 17% al 40%). Un numero significativo di pazienti comunque non risponde alla terapia iniziale con trastuzumab. Si stima infatti che circa il 40% dei trattati sviluppino resistenza primaria o secondaria al farmaco. In letteratura sono descritti svariati meccanismi molecolari attraverso i quali i tumori possono adattarsi alle terapie anti-HER2. L’eterogenità dei campioni e delle metodiche utilizzate, l’assenza di cut-off prestabiliti e la possibilità che molteplici meccanismi d’azione possano determinare l’efficacia clinica di trastuzumab, hanno reso impossibile giungere a conclusioni tanto forti da utilizzare per ottimizzare la selezione dei pazienti. L’obiettivo di questo studio pilota retrospettivo a carattere esplorativo, effettuato in collaborazione con la Fondazione Pisana per la Scienza, è quello di effettuare una correlazione tra il profilo esomico (whole exome sequencing) di campioni tumorali di pazienti HER-2 positivi ed il loro l’outcome clinico (in termini di risposta patologica completa alla terapia neoadiuvante). La nostra casistica raccoglie 70 pazienti con diagnosi istologica di carcinoma mammario HER-2 positivo consecutivamente trattate con chemioterapia neoadiuvante e trastuzumab, afferenti alla U.O.Oncologia Medica ed alla U.O. Senologia dell'Azienda Ospedaliera Pisana negli anni dal 2009 al 2015. In linea con i dati disponibili in letteratura, queste pazienti hanno ottenuto una risposta patologica completa (ypT0/is ypN0) nel 46% dei casi (32/70). Il sequenziamento dell’intero esoma tumorale è stato condotto tramite sequenziatore Ion Proton (Ion Torrent, Life Technologies, Grand Island, NY) e i dati sono stati analizzati con supporti bioinformatici. Al momento sono disponibili i dati preliminari dello studio, ottenuti da un totale di 6 pazienti, selezionati tra quelli con forme di malattia localmente avanzata e risultati negativi per i recettori ormonali. In particolare sono stati analizzati 3 pazienti che avevano ottenuto una risposta patologica completa (full responder, FR) di cui era disponibile il campione bioptico pre-trattamento; e 3 pazienti con risposta parziale di malattia (partial responder, PR). Dal momento che ogni tumore presenta migliaia di mutazioni somatiche, sono state prese in considerazione solo le mutazioni missenso, le frameshit e quelle non-senso le quali sono state ulteriormente filtrate utilizzando i dati del Cosmic Database, del Driver Database e dell’Herceptin Resistance Database. Per quanto riguarda i pazienti partial responder, sono state individuate 4 mutazioni presenti esclusivamente in questo sottogruppo. Queste coinvolgono i geni: ANKRD44, CEP350, FAM175A, SYNE2. In modo particolare la mutazione del gene ANKRD44, implicato nella via di regolazione del segnale di NF-KB potrebbe conferire resistenza al trattamento con trastuzumab. Altre 4 mutazioni geniche (BEST3, COL21A, LARP1B e MYOM1) sono state individuate in comune nei pazienti full responder e in relazione all'attività della proteina da loro codificata potrebbero giustificare una maggiore sensibilità della cellula tumorale alla terapia con trastuzumab. Questo studio esplorativo, pur limitato dall’esiguità campionaria e dall’assenza di una validazione finale, sta portando alla luce pathway molecolari diversi, ancora poco conosciuti in letteratura, che potrebbero essere implicati nella risposta alla terapia con trastuzumab. Al fine di confermare questi risultati preliminari, sarà interessante, una volta ampliato il campione in studio, andare ad indagare il ruolo di queste varianti geniche in maniera prospettica

    Studio retrospettivo della mutazione di B-RAF e dell'espressione di amphiregulin in pazienti affetti da tumore colorettale metastatico trattati con cetuximab ed irinotecano

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    RIASSUNTO Per oltre 50 anni il 5-fluorouracile è stato pressochè l’unico farmaco efficace nella palliazione del tumore colorettale metastatico (mCRC). La progressiva introduzione nella pratica clinica di nuovi agenti citotossici, il miglioramento delle tecniche chirurgiche e l’espansione delle loro indicazioni, così come la realizzazione di farmaci biologici a target molecolare hanno significativamente migliorato l’outcome di questi pazienti. Il cetuximab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore del fattore di crescita dell’epidermide (EGFR) inizialmente approvato per il trattamento dell’mCRC, irinotecano refrattario ed esprimente EGFR all’analisi immunoistochimica (IHC). L’evidenza, sin dai primi studi, che l’efficacia del farmaco non fosse estesa a tutti i pazienti trattati, ha portato in questi anni a cercare di comprendere quale sia la sottopopolazione di pazienti realmente responsiva al trattamento, al fine di evitarne la somministrazione, costosa e non priva di effetti collaterali, a pazienti che non ne trarrebbero beneficio. In ragione dello scarso potere predittivo dell’espressione IHC di EGFR, l’attenzione è stata focalizzata sugli effettori intracellulari che compongono le vie di trasduzione del segnale a valle di EGFR, in particolar modo, la cascata di RAS/RAF/MAPK e quella di PTEN/PI3K/Akt. Le mutazioni attivanti di K-RAS, così come la mutazione V600E di B-RAF, tra loro mutualmente esclusive, rendono le rispettive proteine costitutivamente attive, realizzando una spinta proliferativa cellulare continua ed indipendente dall’attivazione recettoriale. Il ruolo delle mutazioni di K-RAS, quali fattori predittivi di resistenza agli anticorpi monoclonali anti-EGFR, si è progressivamente affermato sulla base dei risultati di numerose casistiche retrospettive e delle analisi post-hoc dei principali studi di fase III randomizzati, tanto che oggi l’impiego del cetuximab è indicato solo in pazienti con mCRC K-RAS wilde-type (WT). Un analogo ruolo per le mutazioni di B-RAF è ad oggi suggerito da diverse casistiche retrospettive ma non costituisce ancora un criterio di non eleggibilità al trattamento. Il potere prognostico negativo delle stesse mutazioni è, d’altra parte, accertato. In ogni caso, poichè la metà dei pazienti affetti da tumore K-RAS e B-RAF WT non beneficia della somministrazione del cetuximab, si ipotizza che ulteriori fattori possano interferire con la risposta agli anti-EGFR. Al fine di ottimizzare sempre più la selezione dei pazienti, si è recentemente sviluppato interesse nei confronti del potenziale ruolo di alcuni ligandi endogeni di EGFR, tra cui amphiregulin (AR). Al momento, tuttavia, non sono emersi risultati conclusivi. Partendo da queste premesse, il nostro studio ha retrospettivamente valutato lo stato mutazionale di K-RAS, di B-RAF ed i livelli di espressione immunoistochimica di AR, in una coorte di 86 pazienti con mCRC, irinotecano-refrattario, trattati con cetuximab ed irinotecano presso 4 U.O. di Oncologia Medica del territorio nazionale. Nell’analisi dei risultati, l’attenzione è stata focalizzata sul gruppo di pazienti con tumore K-RAS WT, allo scopo di confermare il valore predittivo dello stato mutazionale di B-RAF e di valutare l’impatto dei livelli di espressione immunoistochimica di AR, nella popolazione di pazienti effettivamente candidati a ricevere un trattamento con anticorpi monoclonali anti-EGFR. Nella nostra casistica viene confermato il ruolo prognostico negativo delle mutazioni di B-RAF. Nel sottogruppo di pazienti con tumore K-RAS WT, i soggetti con tumore B-RAF mutato (MUT) hanno presentato infatti un peggior outcome sia in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) che di sopravvivenza globale (OS) (PFS mediana: 4.4 vs 3.3 mesi, HR=2.33; 95%CI: 1.12-4.84; p=0.023; OS mediana: 13.0 vs 6.0 mesi, HR=3.51; 95%CI: 1.55-7.98; p=0.003). Elevati livelli tissutali di AR non sono risultati correlati significativamente ad un tasso di risposte più elevato (OR=0.944; 95%CI: 0.878-1.015; p=0.119), si è però evidenziato un trend verso una miglior PFS (HR=0.971; 95%CI: 0.938-1.005; p=0.095) ed una OS significativamente più lunga (HR=0.95; 95%CI: 0.907-0.995; p=0.030). Un aspetto ad oggi non ancora riscontrato in altre casistiche è nell’evidenza che tumori B-RAF MUT esprimevano livelli di AR significativamente più bassi rispetto a quelli dei tumori B-RAF WT (score medio in B-RAF MUT: 21, [SD: 38]; score medio in B-RAF WT: 80, [SD: 82]; T-test=3.94; p=0.0005). Quest’ultima osservazione solleva importanti questioni metodologiche di carattere generale riguardo lo studio contemporaneo di molteplici fattori biologici, potendo, in taluni casi trovarsi associati, costituendo ad esempio gli uni epifenomeni degli altri. Numerosi interrogativi restano perciò da chiarire riguardo l’importanza, sia predittiva che prognostica, dei ligandi endogeni di EGFR, per poter interpretare adeguatamente i risultati ottenuti. Solo l’analisi prospettica e combinata dei diversi aspetti clinici e molecolari indagati potrà consentire di interpretare questi dati preliminari, così da comprendere più a fondo il reale impatto dei singoli fattori sull’outcome clinico

    Identification of Ampelomyces quisqualis genes involved in the early stage of mycoparasitism (host recognition) of powdery mildew

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    Ampelomyces quisqualis is a naturally occurring mycoparasite of several powdery mildew species. The anatomy of the mycoparasitic relationship between A. quisqualis and its hosts has been widely investigated, but the interaction at molecular level is poorly understood. An extensive catalogue of unique transcripts was obtained by 454 pyrosequencing of 3’ cDNA fragments from a normalized library constructed from pooled RNAs extracted at different A. quisqualis mycoparasitization stages (recognition, early and late parasitisation) and was used to develop a microarray for large scale analysis of genes involved in A. quisqualis mycoparasitism. We focused our study in the early stage of mycoparasitism when an unidentified substance produced by powdery mildews induces germination in A. quisqualis conidia (host recognition). The expression profiling of A. quisqualis during host recognition was studied in a dialysis system (A. quisqualis conidia were in contact with the substance released in water by Podosphaera xanthii grown on Cucurbita pepo leaves). Overall, 5229 genes were identified as being differentially expressed during host recognition. To explore the cellular processes that are active during conidia germination (early and late germination stages) the differentially expressed genes in the treated conidia were hierarchically clustered with respect to their expression profiles and biological functions were assigned using Gene Ontology terms. Results will be discussed. Our data provide the most comprehensive sequence resource currently available for A. quisqualis, and include an extensive collection of potential genetic markers involved in the early stage of mycoparasitis

    Parental mosaicism of a novel PMP22 mutation with a minimal neuropathic phenotype.

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    Genetic germinal and somatic mosaicisms of dominant Charcot-Marie-Tooth disease (CMT) mutations are rarely reported and/or recognized. We describe a novel heterozygous p.Trp39Cys missense mutation in the extracellular domain of the peripheral myelin protein 22 (PMP22) associated with an early-onset demyelinating CMT type 1 E (CMT1E) in two siblings born from asymptomatic non-consanguineous parents. The 29-year-old mother, harboring approximately 20% of the mutant PMP22 allele in blood, had minor signs of distal polyneuropathy (pes cavus, decreased ankle jerk reflexes and vibration sense in legs) and slight reduction of sural nerve action potentials (SNAPs). Authors suggest that mutations of CMT-related genes which originate in post-zygotic stages may be associated with mild phenotypes of peripheral neuropathy

    Downy mildew resistance induced by <it>Trichoderma harzianum</it> T39 in susceptible grapevines partially mimics transcriptional changes of resistant genotypes

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    Abstract Background Downy mildew, caused by Plasmopara viticola, is one of the most severe diseases of grapevine and is commonly controlled by fungicide treatments. The beneficial microorganism Trichoderma harzianum T39 (T39) can induce resistance to downy mildew, although the molecular events associated with this process have not yet been elucidated in grapevine. A next generation RNA sequencing (RNA-Seq) approach was used to study global transcriptional changes associated with resistance induced by T39 in Vitis vinifera Pinot Noir leaves. The long-term aim was to develop strategies to optimize the use of this agent for downy mildew control. Results More than 14.8 million paired-end reads were obtained for each biological replicate of T39-treated and control leaf samples collected before and 24 h after P. viticola inoculation. RNA-Seq analysis resulted in the identification of 7,024 differentially expressed genes, highlighting the complex transcriptional reprogramming of grapevine leaves during resistance induction and in response to pathogen inoculation. Our data show that T39 has a dual effect: it directly modulates genes related to the microbial recognition machinery, and it enhances the expression of defence-related processes after pathogen inoculation. Whereas several genes were commonly affected by P. viticola in control and T39-treated plants, opposing modulation of genes related to responses to stress and protein metabolism was found. T39-induced resistance partially inhibited some disease-related processes and specifically activated defence responses after P. viticola inoculation, causing a significant reduction of downy mildew symptoms. Conclusions The global transcriptional analysis revealed that defence processes known to be implicated in the reaction of resistant genotypes to downy mildew were partially activated by T39-induced resistance in susceptible grapevines. Genes identified in this work are an important source of markers for selecting novel resistance inducers and for the analysis of environmental conditions that might affect induced resistance mechanisms.</p
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