4,583 research outputs found

    Uso di propellenti alternativi allo Xenon in propulsori a effetto Hall

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    Grazie all’aumento delle potenze elettriche disponibili a bordo delle nuove generazioni di veicoli spaziali, la propulsione elettrica offre vantaggi sempre maggiori rispetto a quella chimica, soprattutto per gli enormi vantaggi logistici. Dagli anni '90 ad oggi i propulsori ad effetto Hall si sono sempre più affermati come soluzione in campo spaziale per le manovre di station-keeping e riposizionamento orbitale. Negli ultimi anni, a causa dei costi sempre crescenti dello Xenon, il propellente convenzionalmente usato nei propulsori a effetto Hall, si è iniziato a sperimentare l’uso di propellenti alternativi. Il presente lavoro di tesi descrive parte di una campagna sperimentale, svolta presso i laboratori di Alta S.p.A., mirata a determinare il punto di funzionamento e le prestazioni di un propulsore a effetto Hall del tipo SPT-100 da 1,5 kW di potenza nominale, utilizzando come propellente sia azoto puro, sia una miscela di azoto e ossigeno. Nella parte centrale del lavoro si definiscono tutte le equazioni e le grandezze che caratterizzano la fisica dei plasmi, allo scopo di analizzare i processi fisici che hanno luogo in un propulsore a effetto Hall e di costruire un modello analitico per predire le prestazioni di questi motori quando si usino propellenti alternativi allo Xenon. I risultati ottenuti con tale modello vengono poi confrontati con i dati sperimentali raccolti durante la campagna di prove effettuata, in modo da poter determinare le differenze tra le prestazioni teoriche e quelle misurate del propulsore. Infine si suggeriscono alcune possibili strade per raffinare ulteriormente il modello e renderlo ancora più versatile ed efficace nella predizione delle caratteristiche operative di propulsori Hall alimentati con propellenti alternativi

    “Processi di produzione di DGM (Dissolved Gaseous Mercury) in presenza e in assenza di luce nel bacino del Mediterraneo: ruolo dei batteri mercurio-riducenti”.

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    L’emissione di mercurio dalla superficie acquatica ha un ruolo molto importante nel ciclo biogeochimico di questo metallo; ricerche condotte negli ultimi anni hanno infatti stimato che il 30% delle emissioni annue globali di mercurio verso l’atmosfera provengono dalla sua evasione dalla superficie marina (Mason et al., 1994). In particolare è stato valutato che l’emissione di mercurio dal Mar Mediterraneo ammonti a 60 tonnellate all’anno, rappresentando la principale sorgente naturale di questo metallo nell’amosfera (Ferrara et al., 2000). Gli scambi fra il mare e l’atmosfera sono la conseguenza della formazione di forme volatili disciolte di mercurio, chiamate DGM (Dissolved Gaseous Mercury), costituite per il 90% da mercurio elementare, che passano dall’acqua all’atmosfera a causa della bassa solubilità nell’acqua del mercurio elementare (60 µg l-1 a 25 °C) e della sua alta volatilità (coefficiente di Henry = 0,3). La formazione di DGM in un sistema acquatico fa sì che il mercurio sia in parte rimosso e non risulti più disponibile per i processi di metilazione e successivo bioaccumulo lungo la catena alimentare. Il valore della concentrazione delle forme chimiche volatili disciolte di mercurio è il risultato di un equilibrio tra i fenomeni di produzione, dovuti a reazioni di riduzione del mercurio divalente, e i fenomeni di rimozione, dovuti a processi di evasione dalla superficie marina e a reazioni di ossidazione del mercurio elementare. È nota della letteratura l’esistenza di processi abiotici di riduzione del mercurio di natura fotochimica, come dimostrato dall’esistenza di un andamento giornaliero e stagionale della concentrazione di DGM nelle acque che mima quello dell’intensità della radiazione solare. Scopo di questa tesi è stato quello di approfondire i meccanismi biotici di riduzione del mercurio, determinare il loro contributo alla produzione di DGM nel bacino del Mediterraneo e valutarne l’importanza rispetto ai processi di produzione abiotici. I risultati del nostro lavoro hanno dimostrato l’importanza del ruolo dei batteri nei processi di riduzione del mercurio. A differenza dei meccanismi abiotici fotoindotti che cessano in condizioni di assenza di luce, il processo di riduzione del mercurio operato dai batteri avviene anche al buio e quindi interessa tutta la colonna d’acqua durante l’arco delle ventiquattro ore. La produzione di DGM è stata determinata non solo in condizioni di assenza di luce, ma anche esponendo i campioni di acqua ad una radiazione solare di intensità di 200 W m-2, con lo scopo di confrontare l’importanza dei due processi. I nostri esperimenti di laboratorio non solo hanno confermato che i batteri possono produrre DGM anche in assenza di luce, ma hanno dimostrato che in condizioni naturali il fattore limitante nella produzione di DGM non è la carica batterica totale, bensì la concentrazione di mercurio disciolto e associato al particellato. Questi sono i primi risultati disponibili ad oggi in letteratura ottenuti su campioni di acque in condizioni naturali. I campioni sono stati prelevati in superficie sia in un’area marina costiera caratterizzata da basse concentrazioni di mercurio nelle acque, sia in un’area marina che presenta concentrazioni più elevate di mercurio, sia in acque profonde (1000-1500 m di profondità) durante una campagna oceanografica a bordo della nave oceanografica “Urania” del CNR; inoltre sono stati prelevati campioni di acque superficiali di laguna e di lago. I valori della produzione di DGM al buio ottenuti per i diversi campioni di acque superficiali sono i seguenti: nel caso dell’acque di laguna sono risultati compresi fra 11 e 42 pg h-1 l-1; nel caso dell’acqua di mare costiera non contaminata sono risultati compresi nel range 5-6 pg h-1 l-1, valori che hanno raggiunto i 15-16 pg h-1 l-1 nel caso di acque costiere contaminate; per quanto riguarda l’acqua di lago è stato ottenuto un valore di 8 pg h-1 l-1. Questi valori sono risultati essere molto inferiori a quelli misurati in presenza di luce (200 W m-2) che sono compresi nel range 240-996 pg h-1 l-1. E’ da tenere presente però che l’enorme produzione di DGM alla luce riguarda solo le acque superficiali durante le ore di illuminazione, mentre la produzione di DGM dovuta all’attività batterica avviene anche in condizioni di assenza di luce, in tutta la colonna d’acqua e nell’arco delle ventiquattro ore. Il lavoro di tesi è stato sviluppato nell'ambito del progetto comunitario "MERCYMS" (An Integrated Approach to Assess the Mercury Cycle into the Mediterranean Basin – Contr. N° EVK3-CT2002-00070), che ha avuto lo scopo di indagare le principali sorgenti di mercurio sia di origine naturale che antropica nel bacino del Mediterraneo e di valutarne l’impatto ambientale. Ferrara et al. (2000). Sci. Total Environ. 259, 183-190. Mason et al. (1994). Geochem. Cosmochem. Acta 58, 3191-3198

    Empatia affettiva e cognitiva in adolescenti con anoressia nervosa

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    Scopo dello studio è delineare il profilo empatico, affettivo e cognitivo, in adolescenti con Anoressia Nervosa (AN). A tal proposito, abbiamo confrontato 21 pazienti di sesso femminile con AN con un gruppo di 45 ragazze di pari età, utilizzando l’Interpersonal Reactivity Index (IRI). Abbiamo poi correlato le caratteristiche empatiche del gruppo di osservazione con: entità del disturbo alimentare (considerando il BMI, la durata di malattia e l’EAT-26); eventuali tratti psicopatologici associati, (misurati dalla CBCL 6-18, dalla YSR 11-18 e dall’EDI 3); eventuale presenza di alessitimia (attraverso la TAS-20). Le pazienti mostrano importanti deficit dell’empatia cognitiva, soprattutto nella scala Perspective Taking (PT), al contrario, non ci sono differenze, rispetto ai controlli, nelle due scale affettive dell’IRI. Il deficit di empatia cognitiva non presenta correlazioni né con gli indici di gravità del disturbo alimentare, né con la presenza di tratti psicopatologici. Inoltre, le pazienti mostrano alti livelli di alessitimia, che tuttavia sono indipendenti dal deficit di PT

    Coupling different methods for overcoming the class imbalance problem

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    Many classification problems must deal with imbalanced datasets where one class \u2013 the majority class \u2013 outnumbers the other classes. Standard classification methods do not provide accurate predictions in this setting since classification is generally biased towards the majority class. The minority classes are oftentimes the ones of interest (e.g., when they are associated with pathological conditions in patients), so methods for handling imbalanced datasets are critical. Using several different datasets, this paper evaluates the performance of state-of-the-art classification methods for handling the imbalance problem in both binary and multi-class datasets. Different strategies are considered, including the one-class and dimension reduction approaches, as well as their fusions. Moreover, some ensembles of classifiers are tested, in addition to stand-alone classifiers, to assess the effectiveness of ensembles in the presence of imbalance. Finally, a novel ensemble of ensembles is designed specifically to tackle the problem of class imbalance: the proposed ensemble does not need to be tuned separately for each dataset and outperforms all the other tested approaches. To validate our classifiers we resort to the KEEL-dataset repository, whose data partitions (training/test) are publicly available and have already been used in the open literature: as a consequence, it is possible to report a fair comparison among different approaches in the literature. Our best approach (MATLAB code and datasets not easily accessible elsewhere) will be available at https://www.dei.unipd.it/node/2357

    A rare case of melanosis of the hard palate mucosa in a patient with chronic myeloid leukemia

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    Imatinib Mesylate, also known as Gleevec or ST1-571, is a tyrosine-kinase inhibitor used as the gold standard medication for the chronic myeloid leukemia (CML); Imatinib has indeed deeply revolutionized the CML therapy allowing most patients to have a good quality of life. Despite its beneficial effects, Imatinib has significant side effects such as mucosal pigmentation. A 72-year-old female having an Imatinib induced mucosal pigmentation is presented: she has been treated with Imatinib since 2003 and only in 2014 discovered, during a routine dental visit, having a pigmented lesion on her hard palate mucosa. Histopathologically, the lesion shows the deposition of fine dark brown spherical bodies within the lamina propria and cloaked in between the collagen fibers. There was no sign of inflammation, hyperplasia, or hemorrhage in the tissu

    Relations Between Stochastic Orderings and generalized Stochastic Precedence

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    The concept of "stochastic precedence" between two real-valued random variables has often emerged in different applied frameworks. In this paper we consider a slightly more general, and completely natural, concept of stochastic precedence and analyze its relations with the notions of stochastic ordering. Such a study leads us to introducing some special classes of bivariate copulas. Motivations for our study can arise from different fields. In particular we consider the frame of Target-Based Approach in decisions under risk. This approach has been mainly developed under the assumption of stochastic independence between "Prospects" and "Targets". Our analysis concerns the case of stochastic dependence.Comment: 13 pages, 6 figure

    A strategic approach to supply chain event management

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    Thesis (M. Eng. in Logistics)--Massachusetts Institute of Technology, Engineering Systems Division, 2003.Includes bibliographical references (p. 35).This thesis project explores the possibility to apply project management techniques, specifically critical path method, and PERT, to supply chain event management. The idea behind the project is to create a framework for putting supply chain events into a broader supply chain context and assessing their criticality. Such a framework can then be utilized as a starting point for supply chain event management software applications. The problem has been approached from a "micro" point of view, with the analysis and PERT modeling of a single order fulfillment process, and from a "macro" point of view, with the analysis and a very simple model of the inventory itself. Finally, there are important factors that can drive the development and adoption of such systems in the future, including a higher level of supply chain informatization, removal of inter-and intra-company communication barriers, and better software integration technologies to effectively link all the element of the supply chain network.by Esmè Fantozzi.M.Eng.in Logistic

    Internal friction investigation of phase transformation in nearly stoichiometric LaMnO3+δ

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    Rhombohedral LaMnO3+δ powders, prepared by two different soft chemistry routes (co-precipitation and hydrothermal synthesis), are sintered at 1400 °C for 2 h in air. Measurements of internal friction Q−1(T) and shear modulus G(T), at low frequencies from −180 to 700 °C under vacuum, evidence three structural transitions of nearly stoichiometric orthorhombic LaMnO3+δ. The first one, at 250 or 290 °C, depending on the processing followed, is associated to either a Jahn–Teller structural transition or a phase transformation from orthorhombic to pseudo-cubic. The second one at 610 or 630 °C is related to a phase transformation from pseudo-cubic or orthorhombic to rhombohedral. Below the Neel temperature, around −170 °C, a relaxation peak could be associated, for samples prepared according to both processing routes, to the motion of Weiss domains
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