492 research outputs found

    Rethinking Environmentally Induced Displacement in the Global North (pubblicazione integrale della tesi di dottorato)

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    This research investigates how the environmentally induced displacement phenomenon is perceived in the Global North on the basis of the evidence gathered in in two Italian catatsrophes. An analysis on the environmental resources management and the vulnerability in Italy has been associated with a study over media coverage, political discourses and personal experiences about environmentally induced displacements following the two landslides in Sarno (1998) and Cerzeto (2005), highlighting the limits of the use of this concept. Moreover, this research illustrated how, contrarily to the current debate, the phenomenon is likely to occur both in the Global North and Global South contexts. The theoretical, political and media discourses and representations seem to be, in fact, mostly focused on specific geographical areas of the Global South. The motivations behind these different descriptions and narratives on the same concept are investigated, through geographical and political science tools. The findings of this research reveal a political agenda exploiting the debate to reinforce the power unbalance within the Global North and between the Global North and the Global South

    The Green Revolution and the impact on indigenous populations: “environmental refugees” in Iraqi marshlands

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    The green revolution and its related agricultural politics entailed a food production increasing worldwide. Nevertheless, those politics enhanced the biological resources extinction and the depletion of natural areas, creating a deep devastation in the local natural habitats, such as in the Iraqi Mesopotamian area; the indigenous population, the marsh Arabs, violently suffered the effects of these uncontrolled agricultural politics. The environmental depletion, related to ethnic strife motivations generated a progressive exodus from this area: 100.000 of environmental refugees

    Superamento dei confini ed esperienze condivise: la Valle Caudina

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    Le demarcazioni amministrative e il proliferare di enti intermedi sono spesso un ostacolo al governo del territorio in zone esposte a rischio: aree contigue, divise da confini politico-amministrativi che, di fatto, riducono la potenzialità delle iniziative intraprese dai singoli attori istituzionali. Per indagare tale questione, si prenderà in considerazione il caso della Valle Caudina, delimitata dai parchi naturali del Partenio e del Taburno, che presenta un’articolazione territoriale estremamente frazionata. La Conca del Sannio, difatti, pur facendo parte del distretto idrografico dell’Appennino Meridionale (afferendo all’ Autorità di bacino Liri-Garigliano-Volturno e all’ A.T.O. 1-Alto Calore Irpino), conta ben 14 Comuni appartenenti a due diverse Province, quella di Avellino e quella di Benevento (di cui uno quale enclave nella Provincia di Avellino); a due Comunità montane e a due distinti GAL; tali partizioni territoriali, non soltanto sembrano diminuire il risultato mitigativo delle azioni di difesa del suolo promosse dai diversi enti, ma inoltre contribuiscono a intricare la fase emergenziale e post-calamitosa. Per questo motivo, tale area, da sempre soggetta a dissesto idrogeologico, soprattutto colate rapide di fango e crolli – risultati in eventi catastrofici che ne hanno segnato la storia – deve oggi far fronte alla necessità di uniformare i piani preventivi promuovendo una ri-articolazione territoriale che punti al superamento dei confini amministrativi. Tra le esperienze intraprese, l’Unione dei Comuni Città Caudina, che conta al momento dieci Comuni della Valle, sta promuovendo soluzioni volte alla mitigazione del rischio pur non senza difficoltà e criticità
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