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    Il ruolo del lettore nelle Confessions di J-J. Rousseau

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    Le Confessions di Jean-Jacques Rousseau, la cui prima parte è stata pubblicata nel 1782, aprono la strada a quell’insieme di testi che da quel momento in poi verrà definito genere autobiografico. Le memorie rousseauiane introducono molteplici novità: prima fra tutte, a differenza, ad esempio, delle Confessiones di Agostino, sono sciolte dal vincolo religioso, non sono cioè la storia di una conversione, ma semplicemente quella di una vita, in tutti i suoi aspetti; non instaurono un dialogo con Dio bensì con gli altri uomini che lo sostituiscono nella sua funzione di giudice e, soprattutto, racchiudono episodi relativi all’infanzia dell’autore che non hanno alcuna importanza sociale ma sono piuttosto fine a se stessi, un patetico tentativo da parte dell’autore di ricominciare il ciclo vitale proprio quando sta per finire, e che vengono trattati per la prima volta con tono grave e serioso. Il mio interesse si sofferma soprattutto su come l’autobiografia venga laicizzata e sui motivi che inducono l’autore ad esporsi allo sguardo dei suoi simili, a mettere in scena un piccolo tribunale in cui è l’unico imputato; sulle ragioni che lo spingono a chiamare continuamente in causa la sua giuria, cioè il pubblico dei suoi lettori e su come il ruolo di giudice imparziale assegnatogli si riveli fittizio. Attraverso un’attenta analisi e una schedatura degli episodi e delle circostanze in cui è presente la figura del lettore, si tenterà di dimostrare come la sua funzione venga ogni volta ridotta ad espediente, a gioco letterario utile solo a favorire, agevolare e rendere credibili, per un tornaconto personale dello scrittore, le sue argomentazioni. L’elaborato è suddiviso in quattro capitoli: nel primo si è cercato di indagare all’interno della storia del genere autobiografico, e poi nel dettaglio all’interno delle Confessions, per capire come prenda piede e si plasmi la figura del lettore; nel secondo capitolo, si analizza per tratti teorici il patto che viene istituito nel suddetto genere tra autore e lettore, il ruolo di giudice che gli viene falsamente assegnato (corredato oltretutto da esatte direttive sul modo “giusto” di espletarlo), e una prima fenomenologia del lettore relativa al formulario delle scuse e della negoziazione. Nel terzo invece, si prendono in esame due particolari tipologie di confessione, quella oscena e quella morale, con particolare interesse rivolto agli “strumenti di circuizione” e alle tecniche narrative di cui l’autore si serve per preparare e predisporre il lettore a ricevere verità così scomode e scandalose. Nell’ultimo capitolo si prendono in considerazione alcuni episodi, esplicativi del rapporto di Rousseau con il pubblico, in cui l’autore si trova di fronte ad un collettività interna al testo; l’ultima di queste vicende, che coincide con la scena finale delle Confessions, tramite una temporanea convergenza del tempo della storia e del tempo della narrazione che fa sì che l’audience interna e quella esterna confluiscano, svela al lettore il gioco sleale di cui è stato vittima. L’analisi del ruolo del lettore nelle Confessions di J-J. Rousseau comincia a partire dal testo stesso che con il suo ricco campionario di aneddoti, spesso simmetrici e collegati tra loro, ha fornito di per sé le basi su cui si regge l’intera, complessa, architettura del libro e l’orientamento di questo studio. La guida principale, il filo conduttore e la chiave di volta delle memorie, sono date dalle parole del medesimo autore che non smette nemmeno per un attimo di condurci nel «fangoso labirinto» delle sue confessioni attraverso quello stesso gioco preso in esame e di cui, a volte, ci si dimentica

    Biotechnology: Cui Bono, Autem Cui Malo?

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    Internationalisation: cui bono?

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    Many universities are striving to internationalise, each with its own rationale.  To benefit students, these efforts must go beyond the recruitment of international students and the development of transnational education, even though these bring their own fiscal and cultural rewards.  Here we examine the value of the other strands of the international agenda – student and staff exchange and internationalising the curriculum – as the aspects that most directly benefit the student experience

    Ritorni post-ideologici all’ideologia nella letteratura slovacca dopo il 1989

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    Although the year 1989 was an important milestone in the field of political and social affairs, the new situation in literature did not immediately bring new topics or changes of poetics. However, works of art which reflected on totalitarianism and the inner freedom of an individual were gradually created. Reviews of the ideology in Slovak literature of the period of time in question have two basic forms: 1. The traumas of history and the analysis of the evil; namely the social evil, the system-related evil, as well as the personal, individual evil (J. Johanides, L. Grendel, P. Vilikovský), while the authors build the awareness of moral responsibility (J. Johanides), mock the emptiness (L. Grendel) and ironically reflect on the scepticism caused by the state of the world and the human being (P. Vilikovský). 2. Ironic reflections on the official interpretation of history, mocking transcription (P. Hrúz) or imitation (P. Vilikovský) of it. The subject of the mocking is “the hollow language of the totalitarian ideology” (P. Vilikovský), as well as pettiness, nationalism and bourgeois thinking (L. Grendel, P. Hrúz). A new post-ideological view of history makes use of the construction principle of bricolage, where a new meaningful and functional whole is created by joining originally incompatible elements and by inten-tionally changing and blending various literary techniques. Within the context of epic confrontation of big history and little people stories, the authors question and relativize the the ruling ideology’s only and binding interpretation of the world of that time. A frequent construc-tion base is a narration of the same story seen from several character perspectives (J. Juráňová) or a multiple covering of one topic in the course of time (D. Šimko). There is repeatedly found a child perspective narration, which multiplies the already distorted image of the times affected by the ideological deformations. There is an apparent tendency to grasp the dramatic aspect of modern Slovak history within a wider time frame (J. Juráňová, P. Rankov). It can be said that Slovak literature after 1989 did not give up on telling big stories, in fact after the initial exploration it rediscovered them. The legacy of the ideology and the process of coming to terms with it has become the common ground of th new big narrations
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