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Pieno/Vuoto a Torcello e Venezia delle origini: interpretare gli spazi, interpretare le narrazioni
Dialogare intorno alle origini di Venezia, interrogandosi sulle forme e sul possibile rapporto tra costruito/non-costruito, o meglio pieno/vuoto, negli spazi proto-urbani lagunari, ci impone di considerare dati storici e archeologici noti, ma anche (e soprattutto) la sua complessa storiografia. Tentare di comprendere i caratteri della Venezia nascente, infatti, significa interrogarsi sulle dinamiche che hanno portato alla nascita di un sito che possiamo definire vincente nel medioevo europeo, e allo stesso tempo ci impone la discussione circa le eredità di una potente narrativa di stato, ‘fabbricata’ ad uso celebrativo della Serenissima.Imaging Venice’s origins urbanism compels us to discuss the origin’s myth and its political and historiographical implications. Was Venice a dense, agglomerate settlement, similar to a medieval castle? Was the public/non-built space limited to the churchyard and its surrounding? Did the waters around the islands serve as defense walls? Whose Venice detach or strongly connected with other similar settlements in the Po plain?
To answer those questions, we need to dismantle the traditional narratives, and we must dismiss the idea of a ‘classical’ city. According to the archaeological records, Venice in the 9th – 10th century was not nor a new Constantinople or a new Rome. Its landscape (delta-rivers lagoon like areas), the building materials (wood and reused stones/bricks), and the demography are pivotal to describe a poly-focal trade-based settlement, deeply entangled with landscape transformations
La Carega de Atila
Il trono di Attila rappresenta il simbolo dell’origine di Venezia. Che non si tratti della sedia dell’invasore Unno è pacifico, ma l’aura mitografica della sua presenza in laguna, o meglio l’eredità del ruolo dei barbari invasori nel determinare le origini degli abitanti lagunari è materia viva tra le barene e le calli. La riappropriazione del mito della nascita passa anche attraverso l’uso totemico di monumenti antichi. All’archeologia spetta il ruolo di svelare la stratificazione degli eventi, senza mandare in soffitta il mito. I dati dal sottosuolo complicano il quadro e sfumano le contrapposizioni etnico/religiose. Se Torcello pare non entrare quasi per nulla nei processi di formazione di Rialto, Venezia, come città-emporio, si forma tra VIII e IX secolo, con contatti e presenze per i primi anni della sua storia quasi più occidentali, che orientali
Falsi, copie e repliche nel XXI secolo. Idee, Materialità e contesti intorno alla contraffazione in archeologia
Il falso archeologico differisce da un a copia o da una replica di un oggetto antico solo per l’intenzione di dolo che sta alla base dell’esecuzione dell’oggetto. L’antiquaria ci ha insegnato come il concetto di copia e di replica sia stato un concetto sovente assai positivo: riconosciamo unanimemente la qualità scientifica delle copie di statue greche nel mondo romano, di repliche rinascimentali di oggetti romani, o della perfetta finzione creata ad arte per ricostruire monumenti antichi e oggetti decontestualizzati ai fini di esposizioni in musei di pregio. Repliche e falsi incarnano una complicata rete di relazioni sociali, cultural e economiche che determinano quando un oggetto (o una tipologia di oggetti) ha avuto valore o meno. Il tema del falso e dell’autentico in archeologica si ripropone in grande forza in una prospettiva di fruizione del patrimonio culturale globale, tipica della modernità. Il “gusto” dell’originale del vecchio mondo (per lo più europeo) si scontra/incontra con un’estetica differente dove la replica diventa di nuovo arte. E così, cosa differenzia le copie romane e rinascimentali di manufatti classici dalle copie moderne esposte in spazi privati e musei d’oltre oceano, magari senza dichiararne la fattura? Una volta eliminato il desiderio - per certi tratti feticistico - di possedere/vedere l’originale, quando ci troviamo di fronte ad una copia perfetta, ri-creata tecnicamente e stilisticamente cosa la può effettivamente rendere un falso? In questa prospettiva entra in gioco il valore economico dell’oggetto e la sua fruizione: se il processo di falsificazione è mascherato volutamente ai fini di ottenere un vantaggio monetario illecito, siamo concordi a condannarne l’uso. Il sottile filo tra lecito/illecito è, poi, specchio del comune sentire in materia di cultura archeologica. Il commercio antiquario e soggiace quindi alle leggi dell'economia: quando la domanda non può essere evasa in modo legale, allora nasce il falso. Prodotto di consumo, esso è legato alla moda, così che è appare chiaro come il più temibile nemico del falsario sia il tempo. Ciò che pare salvare il patrimonio da una sua illecita falsificazione a fini commerciali illegittimi, sembra in ultima analisi una questione di cultura e di “senso del contesto”: una società educata alla complessità e unicità del contesto archeologico - dove nessun frammento del passato ha “valore” se non all’interno del sistema paesaggistico monumentale che lo ha prodotto – indurrà i cittadini a ritenere inutile il possesso di un singolo oggetto, incapace di parlarci del suo complesso valore relazionale
Tra fiumi, lagune e delta. Pattern topografici e narrative intorno ai monasteri altomedievali veneziani
Early medieval Venetian monastery played a critical role in shaping the
new coastal settlements in a rather peculiar landscape: a watery area, not
yet a lagoon, characterized by rivers’ mouths and deltas, where the
Adriatic/Mediterranean Sea roads met the inland waterways and roads.
The monasteries are known chiefly for quite rare archival records, and
their early stories have been affected mainly by medieval and postmedieval
narratives celebrating Venice and its origins’ myth. It is
possible to re-narrate them and propose different interpretative models
using recent archaeological records, geomorphological data, and updated
geo-locations. The phenomenon appears an essential component of the
coastal communities’ economic and social transformations between the
8th and the 10th cent AD. The analysis of their systemic locations and
assessing the environmental changes help us redefine their role.
Monasteries appear to have had a crucial economic and political function
(salt, fishery and trade routes): profoundly entwined with local
Lombard/Frankish elites and the emerging communities at the edges of
what – soon – will become Venice
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