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Hypoxia Modifies the Transcriptome of Human NK Cells, Modulates Their Immunoregulatory Profile, and Influences NK Cell Subset Migration
Hypoxia, which characterizes most tumor tissues, can alter the function of different immune cell types, favoring tumor escape mechanisms. In this study, we show that hypoxia profoundly acts on NK cells by influencing their transcriptome, affecting their immunoregulatory functions, and changing the chemotactic responses of different NK cell subsets. Exposure of human peripheral blood NK cells to hypoxia for 16 or 96 h caused significant changes in the expression of 729 or 1,100 genes, respectively. Gene Set Enrichment Analysis demonstrated that these changes followed a consensus hypoxia transcriptional profile. As assessed by Gene Ontology annotation, hypoxia-targeted genes were implicated in several biological processes: metabolism, cell cycle, differentiation, apoptosis, cell stress, and cytoskeleton organization. The hypoxic transcriptome also showed changes in genes with immunological relevance including those coding for proinflammatory cytokines, chemokines, and chemokine-receptors. Quantitative RT-PCR analysis confirmed the modulation of several immune-related genes, prompting further immunophenotypic and functional studies. Multiplex ELISA demonstrated that hypoxia could variably reduce NK cell ability to release IFNγ, TNFα, GM-CSF, CCL3, and CCL5 following PMA+Ionomycin or IL15+IL18 stimulation, while it poorly affected the response to IL12+IL18. Cytofluorimetric analysis showed that hypoxia could influence NK chemokine receptor pattern by sustaining the expression of CCR7 and CXCR4. Remarkably, this effect occurred selectively (CCR7) or preferentially (CXCR4) on CD56bright NK cells, which indeed showed higher chemotaxis to CCL19, CCL21, or CXCL12. Collectively, our data suggest that the hypoxic environment may profoundly influence the nature of the NK cell infiltrate and its effects on immune-mediated responses within tumor tissues
Caratterizzazione delle interazioni tra fibroblasti associati a melanoma e cellule Natural Killer: conseguenze sulla progressione tumorale e sulla risposta immune innata
L’evoluzione di un tumore solido è la conseguenza di una complessa rete di eventi. In questo ambito, un ruolo importante è assunto dalle interazioni tra le cellule neoplastiche e il microambiente circostante, capaci di sopprimere la funzionalità delle cellule effettrici del sistema immunitario, agendo direttamente su di esse o interferendo con i circuiti regolatori generati durante la risposta immune.
Una parte rilevante del microambiente tumorale è costituita dai fibroblasti. In condizioni normali, queste cellule sono fondamentali per il mantenimento dell’integrità di diversi organi, essendo responsabili della sintesi di matrice extra-cellulare, della regolazione del differenziamento delle cellule epiteliali e della riparazione dei tessuti danneggiati. Durante il processo di carcinogenesi, i fibroblasti vanno incontro a cambiamenti fenotipici e funzionali che consentono loro di contribuire alla crescita e alla persistenza del cancro, mediante secrezione di fattori di crescita (TGF-beta), fattori angiogenici (VEGF, FGF-2, CXCL12) ed enzimi proteolitici che, catalizzando la degradazione della matrice extra-cellulare, facilitano l’invasione e la metastatizzazione.
Tra gli effettori coinvolti nella prima linea di difesa contro i tumori, ci sono le cellule Natural Killer (NK), linfociti dell’immunità innata identificabili in base al fenotipo CD56+CD3-. I linfociti NK possono uccidere direttamente le cellule trasformate. Inoltre, attraverso la produzione di citochine pro-infiammatorie (IFN-gamma e TNF-alfa) e chemochine, nonché attraverso l’interazione con le altre cellule del sistema immunitario, possono influenzare la regolazione e la polarizzazione della risposta immune nel sito tumorale. L’attività citolitica e la produzione di citochine da parte delle cellule NK sono mediate da due gruppi principali di recettori di superficie, con funzione inibitoria o attivatoria. I recettori inibitori, specifici per molecole HLA di classe I (HLA-I), come i KIRs (Killer Ig-like Receptors) e NKG2A, consentono alle cellule NK di riconoscere come “self” le cellule normali autologhe HLA-I+. I recettori attivatori, come gli NCRs (Natural Cytotoxicity Receptors: NKp30, NKp44 e NKp46), NKG2D e DNAM-1, permettono il riconoscimento e l’uccisione di cellule tumorali o infettate da virus.
Considerata la loro capacità di uccidere le cellule neoplastiche, la modulazione del fenotipo e della funzione delle cellule NK può rappresentare per i tumori o per le cellule stromali ad essi associate una buona strategia per evadere la sorveglianza immunologica. Questo studio mostra alcuni dei meccanismi utilizzati dai fibroblasti derivati da melanomi metastatici per inibire la funzionalità delle cellule NK. In esperimenti di co-coltura, i fibroblasti interferiscono sia con l’aumento di espressione IL-2-dipendente dei recettori NK attivatori NKp30, NKp44 e DNAM-1, sia con l’aumento dei granuli citolitici intracitoplasmatici, con conseguente diminuzione della citotossicità e della capacità di produrre citochine da parte delle cellule NK. Gli esperimenti condotti in transwell e l’uso di inibitori specifici hanno permesso di concludere che, mentre la modulazione dell’espressione di DNAM-1 è mediata dal contatto cellulare diretto, la diminuzione dei livelli di espressione di NKp30 e, soprattutto, di NKp44 dipende dalla PGE2 prodotta dai fibroblasti.
L’osservazione che in vivo le cellule NK si trovano principalmente ai margini della lesione tumorale, a stretto contatto con i fibroblasti che circondano il melanoma, ha suggerito l’ipotesi che fattori solubili prodotti dai fibroblasti possono essere responsabili della mancata infiltrazione delle cellule NK nella massa tumorale e della formazione di un microambiente capace di favorire la crescita del melanoma. I risultati dell’analisi multicitochinica in ELISA dei surnatanti delle co-colture NK/fibroblasto dimostrano che le cellule NK stimolano i fibroblasti a rilasciare chemochine e citochine con attività pro-angiogenica e pro-infiammatoria, per mezzo di interazioni mediate dai recettori NKp46 e NKG2D e attraverso un meccanismo che richiede la presenza di IFN-gamma, TNF-alfa e PGE2. L’IFN-gamma e la PGE2, in associazione con il TGF-beta, sono inoltre responsabili della diminuzione della quantità di CCL3 e CCL4 prodotta dalle cellule NK co-coltivate con i fibroblasti.
L’analisi dei recettori per chemochine sulla superficie delle cellule NK ha infine consentito di stabilire che i fibroblasti, grazie alla loro capacità di sintetizzare TGF-beta e PGE2, inducono un aumento dei livelli di espressione di CXCR4, permettendo ai linfociti di migrare in risposta a CXCL12. Un dato che, insieme all’osservazione che i fibroblasti producono costitutivamente CXCL12, potrebbe fornire una spiegazione di come queste cellule riescono ad attirare nelle loro vicinanze i linfociti NK che arrivano nel sito tumorale, impedendo loro di raggiungere il melanoma
The tryptophan catabolite L-kynurenine inhibits the surface expression of NKp46- and NKG2D-activating receptors and regulates NK-cell function
Tryptophan (Trp) catabolism mediated by indoleamine 2,3-dioxygenase (IDO) plays a central role in the regulation of T-cell-mediated immune responses. In this study, we also demonstrate that natural killer (NK)-cell function can be influenced by IDO. Indeed, l-kynurenine, a Trp-derived catabolite resulting from IDO activity, was found to prevent the cytokine-mediated up-regulation of the expression and function of specific triggering receptors responsible for the induction of NK-cell-mediated killing. The effect of l-kynurenine appears to be restricted to NKp46 and NKG2D, while it does not affect other surface receptors such as NKp30 or CD16. As a consequence, l-kynurenine-treated NK cells display impaired ability to kill target cells recognized via NKp46 and NKG2D. Instead, they maintain the ability to kill targets, such as dendritic cells (DCs), that are mainly recognized via the NKp30 receptor. The effect of l-kynurenine, which is effective at both the transcriptional and the protein level, can be reverted, since NK cells were found to recover their functional competence after washing
Analysis of NK cell/DC interaction in NK-type lymphoproliferative disease of granular lymphocytes (LDGL): role of DNAM-1 and NK p30
OBJECTIVE:
Natural killer (NK) cells and dendritic cells (DC) can give rise to reciprocal functional interactions resulting in promotion of DC maturation, killing of immature DC (iDC), and proliferation of NK cells. In this study, we analyze whether, in NK-lymphoproliferative disease of granular lymphocytes (LDGL) patients, this function could be altered and contribute to the persistence of the disease.
MATERIALS AND METHODS:
Freshly isolated peripheral blood NK granular lymphocytes (GL) and NK cell lines derived from 13 different NK-LDGL patients were analyzed in coculture experiments to evaluate their ability to interact with monocyte-derived DCs (Mo-DC).
RESULTS:
As compared to NK cells isolated from healthy donors, NK-GLs displayed, in most cases, a reduced capability of promoting Mo-DC maturation and of killing iDC. These findings could be explained, at least in part, by the low expression levels of NKp30: an activating receptor involved in the molecular interactions occurring between NK cells and DC. We also show that, in the presence of DC-derived cytokines such as interleukin-12, in both patients and healthy individuals, DNAM-1 can cooperate with NKp30 to induce NK cells to kill DC, release tumor necrosis factor-alpha, and promote DC maturation. This contribution, however, is not sufficient to compensate for the defect in patients' NK cells.
CONCLUSION:
Besides expanding knowledge of the molecular basis of the NK/DC cross-talk, our study demonstrates that NK cells from NK-LDGL patients are impaired in their ability to interact with Mo-DC. The possible relationship between such abnormal NK cell/DC interactions and chronic NK cell proliferation are discussed