54 research outputs found

    Analisi di fattori intrinseci ed estrinseci coinvolti nella biologia delle cellule staminali adulte utilizzando la planaria come sistema modello per studi funzionali in vivo

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    Lo studio in vivo delle cellule staminali somatiche adulte è spesso problematico nei mammiferi poiché tali cellule sono generalmente rare e difficilmente accessibili. Per questo motivo modelli sperimentali alternativi sono frequentemente utilizzati nell’analisi funzionale in vivo di tutti quei geni la cui espressione è condivisa nel regno animale fra diversi tipi di cellule staminali. Fra questi sistemi modello, le planarie possiedono una popolazione di cellule staminali adulte pluripotenti, i neoblasti, che sono capaci di differenziarsi sia in cellule somatiche che germinali. Questo vantaggio, insieme all’utilizzo di approcci molecolari, cellulari e genomici, e la possibilità di studiare in vivo la funzione genica mediante esperimenti di RNA interference (RNAi), fa delle planarie un sistema modello ideale per lo studio della biologia delle cellule staminali adulte in vivo. I neoblasti sono piccole cellule (5-10 μm) con un grosso nucleo circondato da un sottile strato di citoplasma poco differenziato, ricco di ribosomi liberi e corpi cromatoidi (accumuli di RNA associato a proteine). Sono distribuiti lungo tutto il corpo dell’animale all’interno del parenchima, ad eccezione della regione più anteriore della testa e del faringe, e presentano dei siti preferenziali di accumulo in cordoni longitudinali dorsali. I neoblasti, considerate le uniche cellule proliferanti nelle popolazioni asessuate, sono alla base della straordinaria potenzialità rigenerativa delle planarie, e sono reclutati per il rinnovamento di tutti i tipi cellulari differenziati, sia della linea somatica che di quella germinale. Recenti evidenze indicano che la popolazione dei neoblasti è eterogenea e che esistono diverse sottopopolazioni con distintive proprietà genetiche e/o proliferative. Una sottopopolazione di neoblasti è stata identificata mediante l’isolamento del gene DjPiwi-1, omologo del gene Piwi di Drosophila. I neoblasti che esprimono DjPiwi-1 sono distribuiti esclusivamente lungo il cordone centrale dorsale. La scoperta del gene Djnos, omologo del gene nanos di Drosophila, ha portato all’identificazione di un’altra sottopopolazione di neoblasti che sono considerati i precursori delle cellule germinali e sono localizzati in cordoni nel parenchima dorso-laterale. Un’ulteriore evidenza dell’eterogeneità dei neoblasti è stata fornita dai risultati esposti nella prima parte di questo lavoro di tesi. Planarie intatte sono state sottoposte a diverse dosi di raggi X ed è stato monitorato il destino delle cellule staminali mediante: a) analisi dell’espressione di marcatori specifici dei neoblasti come il gene DjMCM2, il gene DjPiwi-1 e il gene Djnos; b) analisi di marcatori generali di proliferazione cellulare con esperimenti di incorporazione di BrdU e valutazione dell’indice mitotico. Questi esperimenti hanno permesso di individuare sottopopolazioni di neoblasti caratterizzate da diversi livelli di radiotolleranza. Tra queste popolazioni radiotolleranti uno specifico gruppo di cellule, preferenzialmente localizzato in prossimità del sistema nervoso centrale, è in grado di sopravvivere alla dose di 5Gy. Queste cellule radioresistenti iniziano a proliferare, migrano dorsalmente e ricostituiscono tutte le altre sottopopolazioni di neoblasti dimostrando la plasticità e l’interconnessione tra sottopopolazioni differenti di cellule staminali. Un altro vantaggio offerto dalle planarie è che i neoblasti possono essere eliminati mediante trattamento con alte dosi di raggi X (30 Gy), mentre le cellule differenziate non vengono danneggiate alle stesse dosi e tempi di trattamento. La possibilità, quindi, di avere a disposizione animali privi di neoblasti offre il vantaggio di poter comparare il loro profilo trascrizionale con quello di animali wild-type. Utilizzando questo approccio sono stati recentemente identificati numerosi geni specifici dei neoblasti, alcuni dei quali codificano per fattori epigenetici. Dato che numerose evidenze indicano che le modificazioni epigenetiche modulano alcune proprietà delle cellule staminali, nella seconda e terza parte di questo lavoro di tesi, è stata indagata la funzione in vivo del gene DjRbAp48 e del gene DjPHB2. Inizialmente, mediante metodiche di 5’ e 3’ RACE è stata ottenuta la sequenza completa di entrambi i geni. Successivamente, è stata analizzata la loro funzione sia in planarie intatte che in rigenerazione mediante la metodica dell’interferenza genica (RNAi). Il silenziamento in vivo del gene DjRbAp48 è letale sia in planarie intatte che in rigenerazione. Anche se dopo il taglio, i neoblasti si accumulano e proliferano al di sotto dell’epitelio della ferita, gli animali silenziati per DjRbAp48 mostrano difetti nelle capacità rigenerative. Inoltre si ritrovano cellule apoptotiche al di sotto dell’epitelio della ferita negli animali trattati con il dsDjRbAp48. Nelle planarie intatte, nonostante una parziale riduzione nel numero di neoblasti, sono sempre visibili numerosi neoblasti negli animali in cui è stato silenziato il gene DjRbAp48. Parallelamente alla diminuzione dei neoblasti, si osserva una riduzione delle cellule differenziate e la presenza di neoblasti in apoptosi negli animali trattati con dsDjRbAp48. Questi risultati suggeriscono che DjRbAp48 non è coinvolto nel mantenimento dei neoblasti, ma piuttosto nella regolazione del differenziamento della progenie di cellule staminali. Una possibilità è che DjRbAp48 possa controllare l’espressione di geni necessari per il differenziamento alterando l’architettura della cromatina. Il silenziamento di DjPHB2 induce la morte delle planarie sia intatte che in rigenerazione. Mediante l’analisi dell’indice mitotico e l’utilizzo di metodiche di immunofluorescenza, ibridazione in situ whole mount e microscopia elettronica è stato dimostrato che in planarie intatte si ha una rilevante perdita del numero di neoblasti. In particolare, si riducono i neoblasti sparsi nel parenchima e quelli accumulati in cordoni dorsali laterali, mentre rimangono quelli localizzati lungo la linea mediana dorsale del corpo dell’animale. Se le planarie silenziate per l’espressione di DjPHB2 vengono tagliate (prima rigenerazione), gli animali sono capaci di rigenerare. Tuttavia, in questi animali si verifica una riduzione del numero dei neoblasti con una dinamica simile a quella osservata nelle planarie intatte: i neoblasti si riducono progressivamente e si ritrovano, a tempi tardivi, esclusivamente a livello della linea mediana dorsale del corpo dell’animale. Infine, planarie silenziate per l’espressione di DjPHB2 in seconda rigenerazione presentano gravi difetti nella capacità rigenerativa: gli animali in rigenerazione posteriore non sono in grado di formare un blastema rigenerativo, mentre gli animali in rigenerazione anteriore presentano un ritardo rigenerativo e anomalie morfogenetiche rispetto ai controlli. Nonostante negli animali iniettati si verifichi una drastica riduzione del numero di neoblasti, queste cellule sono sempre presenti lungo la linea mediana del corpo degli animali, anche in quelli che non sono in grado di formare un blastema rigenerativo. I dati ottenuti indicano che DjPHB2 è un marcatore di neoblasti. L’analisi dei fenotipi ottenuti suggerisce che DjPHB2 sia coinvolto nel mantenimento dei neoblasti dispersi e di quelli localizzati lungo i cordoni laterali del corpo dell’animale, ma non nel mantenimento dei neoblasti presenti lungo la linea mediana, che si ritrovano sempre negli animali in cui il gene DjPHB2 è stato silenziato. Considerando che l’analisi dell’espressione suggerisce la presenza di DjPHB2 in tutti i neoblasti, anche in quelli localizzati lungo la linea mediana, un’ ipotesi è che DjPHB2 svolga funzioni differenti in cellule diverse. Tuttavia, non è possibile escludere la presenza di una sottopopolazione di neoblasti, presenti lungo la linea mediana del corpo della planaria, che esprima DjMCM2, DjPiwi-1 ma non DjPHB2. In conclusione, i risultati ottenuti suggeriscono, per la prima volta, un ruolo in vivo nella biologia delle cellule staminali adulte sia per DjPHB2 che DjRbAp48. Sebbene siano necessari ulteriori studi per comprendere a quale livello del metabolismo della cromatina questi fattori intervengono, i dati ottenuti suggeriscono che questi geni potrebbero controllare processi come il mantenimento e differenziamento delle cellule staminali adulte tramite modificazioni epigenetiche. Poiché geni che svolgono ruoli fondamentali sono conservati durante l’evoluzione, sarà interessante verificare il ruolo di questi fattori anche in vitro in colture di cellule staminali di mammifero

    Association study between the DNMT3A -448A>G polymorphism and risk of Alzheimer's disease in Caucasians of Italian origin

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    Increasing evidence points to an epigenetic contribution in Alzheimer's disease (AD) pathogenesis. In this regard, variants and polymorphisms of DNA methyltransferase genes (DNMTs) are being investigated for their contribution to cognitive decline and dementia, but results are still scarce or controversial. In the present study we genotyped 710 Caucasian subjects of Italian descent, including 320 late-onset AD (LOAD) patients, 70 individuals with amnestic Mild Cognitive Impairment (MCI), and 320 matched healthy controls, for the presence of a functional DNMT3A -448A>G (rs1550117) polymorphism, searching for association with disease risk. In addition, we searched for correlation between the studied polymorphism and circulating levels of folate, homocysteine (hcy) and vitamin B12, all involved in DNA methylation reactions and available from 189 LOAD patients and 186 matched controls. Both allele and genotype frequencies of rs1550117 were closely similar between MCI, LOAD and control subjects, and no association with dementia or pre-dementia conditions was observed. Plasma hcy levels were significantly higher (p = 0.04) and serum folate levels significantly lower (p = 0.01) in LOAD than in controls, but no difference in circulating folate, hcy or vitamin B12 levels was seen between carriers and non-carriers of the minor DNMT3A -448A allele. Collectively, present results confirmed previous associations of increased hcy and decreased folate with LOAD risk, but do not support an association between the DNMT3A -448A>G polymorphism and AD in our population

    α-Synuclein Aggregates with β-Amyloid or Tau in Human Red Blood Cells: Correlation with Antioxidant Capability and Physical Exercise in Human Healthy Subjects

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    Neurodegenerative disorders (NDs) are characterized by abnormal accumulation/misfolding of specific proteins, primarily α-synuclein (α-syn), β-amyloid1–42 (Aβ), and tau, in both brain and peripheral tissue. In addition to homo-oligomers, the role of α-syn interactions with Aβ or tau has gradually emerged. The altered protein accumulation has been related to both oxidative stress and physical activity; nevertheless, no correlation among the presence of peripheral α-syn hetero-aggregates, antioxidant capacity, and physical exercise has been discovered as of yet. Herein, the content of α-syn, Aβ, tau, and of their heterocomplexes was determined in red blood cells (RBCs) of healthy subjects (sedentary and athletes). Such parameters were related to the extent of the antioxidant capability (AOC), a key marker of oxidative stress in aging-related pathologies, and to physical exercise, which is known to play an important preventive role in NDs and to modulate oxidative stress. Tau content and plasma AOC toward hydroxyl radicals were both reduced in older or sedentary subjects; in contrast, α-syn and Aβ accumulated in elderly subjects and showed an inverse correlation with both hydroxyl AOC and the level of physical activity. For the first time, α-syn heterocomplexes with Aβ or tau were quantified and demonstrated to be inversely related to hydroxyl AOC. Furthermore, α-syn/Aβ aggregates were significantly reduced in athletes and inversely correlated with physical activity level, independent of age. The positive correlation between antioxidant capability/physical activity and reduced protein accumulation was confirmed by these data and suggested that peripheral α-syn heterocomplexes may represent new indicators of ND-related protein misfolding

    Generation of virus like particles for epizootic hemorrhagic disease virus

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    Epizootic hemorrhagic disease virus (EHDV) is a distinct species within the genus Orbivirus, within the family Reoviridae. The epizootic hemorrhagic disease virus genome comprises ten segments of linear, double stranded (ds) RNA, which are packaged within each virus particle. The EHDV virion has a three layered capsid-structure, generated by four major viral proteins: VP2 and VP5 (outer capsid layer); VP7 (intermediate, core-surface layer) and VP3 (innermost, sub-core layer). Although EHDV infects cattle sporadically, several outbreaks have recently occurred in this species in five Mediterranean countries, indicating a potential threat to the European cattle industry. EHDV is transmitted by biting midges of the genus Culicoides, which can travel long distances through wind-born movements (particularly over water), increasing the potential for viral spread in new areas/countries. Expression systems to generate self-assembled virus like particles (VLPs) by simultaneous expression of the major capsid-proteins, have been established for several viruses (including bluetongue virus). This study has developed expression systems for production of EHDV VLPs, for use as non-infectious antigens in both vaccinology and serology studies, avoiding the risk of genetic reassortment between vaccine and field strains and facilitating large scale antigen production. Genes encoding the four major-capsid proteins of a field strain of EHDV-6, were isolated and cloned into transfer vectors, to generate two recombinant baculoviruses. The expression of these viral genes was assessed in insect cells by monitoring the presence of specific viral mRNAs and by western blotting. Electron microscopy studies confirmed the formation and purification of assembled VLPs

    α-Synuclein Heterocomplexes with β-Amyloid Are Increased in Red Blood Cells of Parkinson's Disease Patients and Correlate with Disease Severity

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    Neurodegenerative disorders (NDs) are characterized by abnormal accumulation/misfolding of specific proteins, primarily α-synuclein (α-syn), β-amyloid1-42(Aβ1-42) and tau, in both brain and peripheral tissues. In addition to oligomers, the role of the interactions of α-syn with Aβ or tau has gradually emerged. Nevertheless, despite intensive research, NDs have no accepted peripheral markers for biochemical diagnosis. In this respect, Red Blood Cells (RBCs) are emerging as a valid peripheral model for the study of aging-related pathologies. Herein, a small cohort (N= 28) of patients affected by Parkinson's disease (PD) and age-matched controls were enrolled to detect the content of α-syn (total and oligomeric), Aβ1-42and tau (total and phosphorylated) in RBCs. Moreover, the presence of α-syn association with tau and Aβ1-42was explored by co-immunoprecipitation/western blotting in the same cells, and quantitatively confirmed by immunoenzymatic assays. For the first time, PD patients were demonstrated to exhibit α-syn heterocomplexes with Aβ1-42and tau in peripheral tissues; interestingly, α-syn-Aβ1-42concentrations were increased in PD subjects with respect to healthy controls (HC), and directly correlated with disease severity and motor deficits. Moreover, total-α-syn levels were decreased in PD subjects and inversely related to their motor deficits. Finally, an increase of oligomeric-α-syn and phosphorylated-tau was observed in RBCs of the enrolled patients. The combination of three parameters (total-α-syn, phosphorylated-tau and α-syn-Aβ1-42concentrations) provided the best fitting predictive index for discriminating PD patients from controls. Nevertheless further investigations should be required, overall, these data suggest α-syn hetero-aggregates in RBCs as a putative tool for the diagnosis of PD

    β1-Syntrophin Modulation by miR-222 in mdx Mice

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    Background: In mdx mice, the absence of dystrophin leads to the deficiency of other components of the dystrophin-glycoprotein complex (DAPC), making skeletal muscle fibers more susceptible to necrosis. The mechanisms involved in the disappearance of the DAPC are not completely understood. The muscles of mdx mice express normal amounts of mRNA for the DAPC components, thus suggesting post-transcriptional regulation. Methodology/Principal Findings: We investigated the hypothesis that DAPC reduction could be associated with the microRNA system. Among the possible microRNAs (miRs) found to be upregulated in the skeletal muscle tissue of mdx compared to wt mice, we demonstrated that miR-222 specifically binds to the 3′-UTR of β1-syntrophin and participates in the downregulation of β1-syntrophin. In addition, we documented an altered regulation of the 3′-UTR of β1-syntrophin in muscle tissue from dystrophic mice. Conclusion/Significance: These results show the importance of the microRNA system in the regulation of DAPC components in dystrophic muscle, and suggest a potential role of miRs in the pathophysiology of dystrophy. © 2010 De Arcangelis et al

    Methylation analysis of DNA repair genes in Alzheimer's disease

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    There is substantial evidence of impaired DNA repair activities in Alzheimer's disease (AD) neurons and peripheral tissues, inducing some investigators to speculate that this could partially result from promoter hypermethylation of DNA repair genes, resulting in gene silencing in those tissues. In the present study a screening cohort composed by late-onset AD (LOAD) patients and healthy matched controls was evaluated with a commercially available DNA methylation array for the assessment of the methylation levels of a panel of 22 genes involved in major DNA repair pathways in blood DNA. We then applied a cost-effective PCR based methylation-sensitive high-resolution melting (MS-HRM) technique, in order to evaluate the promoter methylation levels of the following DNA repair genes: OGG1, PARP1, MRE11A, BRCA1, MLH1, and MGMT. The analysis was performed in blood DNA from 56 LOAD patients and 55 matched controls, including the samples previously assessed with the DNA methylation array as validating samples. Both approaches revealed that all the investigated genes were largely hypomethylated in LOAD and control blood DNA, and no difference between groups was observed. Collectively, present data do not support an increased promoter methylation of some of the major DNA repair genes in blood DNA of AD patients

    Spontaneous and induced aneuploidy in peripheral blood lymphocytes of patients with Alzheimer's disease.

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    Abstract This study was aimed at assessing whether peripheral blood lymphocytes of patients with Alzheimer’s disease (AD) show significant levels of aneuploidy and high percentages of cytogenetic events in vitro, indicating a predisposition to aneuploidy spontaneously, or after chemical treatment in vitro. A group of affected individuals and a group of unaffected, age-, sex- and smokinghabit- matched controls were identified. Lymphocytes were cultured for analysis of the following cytogenetic parameters: premature centromere division (PCD), satellite associations of acrocentric chromosomes (SA) and micronuclei (MN). In a subset of subjects, the fluorescence in situ hybridization (FISH) technique was combined with the MN assay, by means of a pancentromeric DNA probe for the detection of the presence of centric material. To evaluate the sensitivity to aneuploidogenic agents, in vitro treatment of lymphocytes of affected individuals was performed by adding griseofulvin, a chemical whose supposed target is microtubule-associated protein(s). Both the spontaneous frequency of MN and the frequency of PCD was significantly higher in patient cells than in controls. Furthermore, after application of the FISH technique, we found that the majority of MN were composed of whole chromosomes (because of the phenomenon of chromosome loss). Metaphase analysis for the detection of associative events between satellite regions of acrocentric chromosomes showed no differences between the two groups under study. Analysis of sensitivity to the aneuploidogen griseofulvin showed that the patient group was characterized by lower levels of MN induction compared with controls. Our data confirm that peripheral blood lymphocytes of AD patients are prone to undergo aneuploidy spontaneously in vitro and support the hypothesis that microtubule impairment might be associated with the disease
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