45 research outputs found

    Pietro Novelli architetto. Disegni di portali e finestre

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    Tra i disegni della collezione del barone Pietro Sgadari di Lo Monaco, oggi conservati presso la Galleria Interdisciplinare Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis (Palermo), figurano sette portali e una finestra attribuiti al noto pittore Pietro Novelli (1603 - 1647). I dettagli di alcuni portali - come quello di Santa Maria Maggiore nel quartiere Albergheria - richiamano le incisioni del secondo volume Della Trasportatione dell’obelisco vaticano… di Domenico Fontana (Napoli 1604); inoltre nel grafico S.L.M. Novelli 75 è possibile riconoscere il portale laterale di Santa Teresa alla Kalsa, in origine appartenente alla chiesa della Madonna delle Raccomandate, oggi non più esistente

    Niscemi

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    Niscemi, adagiato su un altopiano nella Sicilia centro-meridionale, sorge sui resti di un insediamento di antica origine; la fondazione si deve ai Branciforte, una delle più potenti famiglie feudali dell’isola, che estende il suo controllo feudale su tante altre città (Leonforte, Militello, Mazzarino, Grammichele)

    La committenza dei Ventimiglia a Cefalù: città e architettura. 1247 - 1398

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    Lo studio riguarda la committenza dei Ventimiglia, un’importante famiglia aristocratica di origine ligure, protagonista di larga parte della storia siciliana medievale, con la finalità di approfondire il legame tra il casato e la città di Cefalù, posta sulla costa tirrenica della Sicilia. Il centro, di antica origine, deve la sua prosperità e notorietà alla fondazione nel 1131 della cattedrale a opera del primo re di Sicilia, il normanno Ruggero II, e alla conseguente istituzione di una nuova sede vescovile, in posizione baricentrica tra le grandi diocesi di Palermo e Messina, nello spartiacque tra la parte occidentale e orientale dell’isola. I Ventimiglia, tra i più antichi casati nobiliari siciliani, sebbene fossero titolari di una vasta signoria nell’entroterra cefaludese, sul complesso montuoso delle Madonie, comprendente molti centri abitati, sin dal loro arrivo in Sicilia, alla metà del Duecento, hanno mostrato un vivo interesse per la città portuale di Cefalù, fino ad allora esclusivo appannaggio del vescovo locale. I giudizi antitetici che le fonti storiche hanno tramandato su di loro, definiti «defensores et filii spirituales» della Chiesa cefaludese e al contempo tiranni, «semper invasor rerum ecclesiasticarum», restituiscono in modo esemplare i due lati della stessa medaglia, che bene esemplifica il complesso rapporto tra le due maggiori forze presenti in città nel medioevo. Di fatto l'insediamento dei Ventimiglia si è attuato proprio a danno dei possedimenti e dei diritti della Chiesa e la loro presenza risulta così determinante nelle vita politica e sociale, che la storia della città, dalla metà del XIII secolo alla metà del XV, può identificarsi con le vicende del casato. L’arco temporale preso in esame è compreso tra la metà del Duecento, al tempo dell’arrivo in Sicilia dei primi esponenti della famiglia, e la fine del Trecento, quando, ristabilita l’autorità regia dopo una lunga fase di anarchia feudale, i Ventimiglia spostarono i loro interessi verso le città feudali dell’entroterra e poi verso Palermo, la capitale del regno. I capisaldi cronologici sono stati fissati nel 1247, probabile anno del matrimonio di Enrico, conte della città ligure di Ventimiglia, con Isabella Candida, erede del dominio territoriale madonita, primo nucleo della futura contea ventimigliana e nel 1398, anno in cui Antonio, uno degli ultimi esponenti della famiglia presenti in città, dopo aver occupato militarmente Cefalù ottenne l’indulto dal re Martino I d’Aragona. Dal quadro delle vicende sociali e urbane cefaludesi di questo periodo emergono come personaggi chiave Enrico Ventimiglia e il nipote Francesco II; il primo, forte del sostegno degli ultimi esponenti della dinastia sveva in Sicilia e in particolare di re Manfredi, depredò molti dei beni e dei proventi chiesastici, ma al contempo fu anche il committente dei lavori che conclusero il lunghissimo cantiere della cattedrale nel 1267 e la sua residenza cittadina, l’Osterio magno, palesò in forme concrete il nuovo potere laico presente in città. Nel secolo successivo, epoca dell’ascesa delle grandi famiglie feudali siciliane, la Chiesa cefaludese subì un’ulteriore erosione delle sue prerogative sul territorio e i Ventimiglia acquisirono il pieno controllo della città con Francesco II, che nel 1358 assunse la capitania di Cefalù. Obiettivo dello studio è stato quindi l’individuazione delle possibili ricadute sull’assetto urbano e sui principali manufatti architettonici, finora tracciate a grandi linee dalla storiografia e fuori dal quadro complessivo della storia familiare, nel tentativo di delineare un bilancio della committenza architettonica e artistica dei Ventimiglia a Cefalù. Le vedute urbane, come l’incisione di Benedetto Passafiume del 1645 [fig.5], ancora in epoca moderna evidenziano le due più rappresentative emergenze architettoniche della città: la cattedrale e l’Osterio magno, che spiccano nettamente dal restante tessuto urbano e segnano le due polarità contrapposte, ecclesiastica l’una e laica l’altra, teatro delle vicende che in più occasioni videro protagonisti i Ventimiglia e che sono oggetto principale di questo studio. La cattedrale, frutto della felice stagione architettonica inaugurata in Sicilia dai Normanni, presenta nella sua lunga e complessa storia costruttiva molti nodi problematici e irrisolti; nella rilevante mole di studi, avviati sin dal XIX secolo, si avverte come il prestigio della fondazione normanna abbia relegato in una posizione marginale le fasi conclusive del cantiere, riguardo al quale i Ventimiglia risultano invece aver avuto un ruolo molto rilevante. La fine della dinastia normanna aveva, infatti, determinato una fase di stasi nel cantiere, che si sarebbe protratto fino alla metà del Duecento. La ripresa dei lavori risulta documentabile solo dopo il 1254, anno della nomina episcopale di Giovanni II, ma il committente di questi lavori di restauro e di completamento, che sfociarono nella consacrazione del 1267, non fu un ecclesiastico, bensì il nobile Enrico Ventimiglia. Sebbene nella letteratura storiografica egli sia ricordato solamente come promotore del restauro del tetto, intervento documentato da due iscrizioni paleografiche dipinte sulla passerella che corre lungo la navata mediana, alcuni significativi indizi suggeriscono un ruolo effettivo di maggiore importanza nella fabbrica. Le tavole della passerella, la cui decorazione pittorica segna uno stacco netto dal repertorio figurativo del soffitto di epoca normanna, mostrano alcuni disegni a carattere architettonico finora trascurati dalle critica, tra cui la facciata di un edificio ecclesiastico, affiancata dagli stemmi araldici ventimigliani; le evidenti assonanze con la parte superiore del prospetto costruito hanno indotto ad approfondire le ricerche anche in tale direzione, per verificare le possibili tangenze fra le raffigurazioni della passerella e il completamento della fabbrica. Nel quadro degli interventi duecenteschi, inoltre, si è cercato di sciogliere anche il nodo relativo alla cappella gentilizia del casato all’interno della cattedrale, documentata per tutta l’epoca medievale e smembrata dopo il Concilio di Trento. Investendo le cospicue ricchezze derivanti dai possedimenti madoniti e dalle usurpazioni sistematiche ai danni della Chiesa, i Ventimiglia riuscirono ad edificare una magniloquente dimora, nota come Osterio magno, lungo l’asse urbano maggiore, collegamento obbligato fra il piano della cattedrale e la porta principale della città. Notevolmente ridimensionata nell’estensione e trasformata da secolari manomissioni, la residenza conserva l’imponenza dell’edificio nobiliare del tempo, mostrando nelle fabbriche che si snodano ad angolo dell’antica via regia la complessità della sua storia costruttiva, ancora non del tutto chiarita. Si è rivelata l’urgenza, quindi, di fissare con maggiore precisione i limiti temporali relativi alle diverse fabbriche del complesso e individuare i modelli tipologici di riferimento e i possibili nessi con il contesto d’origine dei Ventimiglia. L’edificazione dell’Osterio magno, con le sue torri a cavallo della via principale, segnò un nuovo punto nodale e creò un nuovo fulcro nella compagine cittadina medievale, fino ad allora condensata attorno alla cattedrale, ma per comprendere appieno la strategia insediativa adottata dai Ventimiglia si è cercato di identificare e ubicare correttamente anche gli altri possedimenti citati dalle fonti documentarie: la torre sulle mura, il balneum con le sue sorgenti d’acqua, i giardini e le vigne. L’indirizzo metodologico seguito nella ricerca si è così snodato: la preliminare ricognizione delle fonti bibliografiche al fine di tracciare il bilancio storiografico sulle tematiche in esame, sebbene in taluni casi esse si siano rivelate ristrette all’ambito prettamente locale; la revisione critica delle fonti documentarie, a volte resa necessaria da interpretazioni forzate, spesso assorbite dalla tradizione storiografica; lo studio sistematico di diversi fondi archivistici, custoditi presso varie istituzioni; l’indagine diretta sui manufatti architettonici e l’analisi metrologica; la raccolta e l’esame delle fonti iconografiche inedite o poco studiate

    Partanna

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    Il ricco patrimonio architettonico di Partanna, una delle realtà urbane più significative della valle del Belice, oltre ai danni causati dal terremoto del 1968, ha subito molte demolizioni sistematiche, operate per ignavia o a fini speculativi. Situata fra le valli del Modione e del Belice, la città moderna si è sviluppata come addizione barocca al nucleo medioevale, entro un quadrilatero con ai vertici quattro edifici conventuali (San Francesco, il Carmine nuovo, San Nicolò e la Badia), sorti a monte dell’antico castello dei Grifeo, la famiglia nobiliare a cui la storia di Partanna è inscindibilmente legata

    Cefalù: l’assetto urbano in età medievale

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    Il contributo ripercorre le tappe fondamentali della storia urbana di Cefalù, sulla costa settentrionale della Sicilia, soffermandosi in particolare sull’età medievale. La costruzione della cattedrale a opera del re normanno Ruggero II (dal 1131) determinò la rifondazione della città, che conoscerà nei decenni successivi, sotto la signoria vescovile, una profonda rinascita sociale e urbana, le cui peculiarità si manterranno sino all’epoca moderna. L’altra componente fondamentale nell’evoluzione della città fu l’arrivo dell’aristocrazia feudale che, forte della tolleranza regia al tramonto della dinastia sveva, ne logorò il ruolo di civitas episcopale; infatti dalla metà del Duecento si insediarono a Cefalù i Ventimiglia, un’importante famiglia aristocratica di origine ligure, protagonista di larga parte della storia siciliana medievale

    La chiesa di San Giovanni Battista a Collesano: un’ipotesi di ricostruzione

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    La chiesa di San Giovanni Battista a Collesano (Palermo), attestata fin dal 1439, è crollata nel marzo 1932. Recentemente nel sito sono stati rinvenuti numerosi elementi architettonici quali capitelli, colonne, archi e altre parti intagliate, la cui analisi, assieme al rilievo dei pochi brani murari ancora in piedi, ha permesso di ricostruire la configurazione spaziale dell’edificio. La chiesa aveva un singolare impianto a due navate con un tetto in legno poggiante su mensole intagliate, realizzato nel 1588 dagli intagliatori Andrea Migliore, Giuseppe e Jacobo Mangio, mentre il cappellone sul fondo della navata maggiore era coperto da una volta a crociera. Tutti gli elementi lapidei ritrovati possono essere datati alla fine del Cinquecento, quando sotto la committenza dei Moncada, nuovi signori della città, l’antica chiesa di San Giovanni venne ampliata

    Il libeccio antico. Un marmo del Barocco siciliano

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    Il libeccio antico, uno dei marmi siciliani più pregiati, largamente impiegato tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Settecento, veniva estratto a Custonaci (Trapani) e per il suo aspetto variegato, con venature di colore ocra e verde su un fondo rosso, può considerasi il più “barocco” dei marmi isolani. Gli esordi del suo utilizzo sono rintracciabili in alcuni monumenti funebri, ma fu largamente impiegato nella decorazione architettonica, sia in grandi lastre per i rivestimenti parietali che nelle tarsie a marmi policromi, nonché per realizzare elementi a tutto tondo, quali balaustrini e colonne. Il libeccio fu molto apprezzato anche fuori dalla Sicilia e venne impiegato in opere di assoluto prestigio quali la tomba di Alessandro VII nella basilica vaticana, opera del Bernini (1672-78), o la decorazione di alcune sale della reggia di Caserta, costruita dal Vanvitelli a partire dal 1751

    La maestranza dei muratori e degli intagliatori di Cefalù: i capitoli del 1631

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    In età moderna le maestranze si configurano come un’associazione, alla cui attività devozionale e assi- stenziale si aggiunge quella economica e giurisdizionale, in rapporto all’esercizio di un’arte, ossia di un mestiere. Relativamente al settore edile, a partire dalla fine del Quattrocento vengono stilati gli statuti delle corporazioni delle principali città siciliani, quali Palermo (1487), Siracusa (1515), Modica (1541- 1542), Messina (1559), Nicosia (1560) e Trapani (1598), mentre al 1631 risale l’istituzione della Maestranza dei muratori e degli intagliatori di Cefalù; infatti, come risulta dagli atti del notaio locale Calogero D’Anna, l’11 febbraio di quell’anno vennero redatti i Capitoli della confraternita dei Santi Quattro Coronati.di essi non si fa menzione nel Libro rosso, l’importante raccolta di documenti, privilegi e consuetudini cittadine; è quindi lecito supporre che la generale crisi economica che accomunava Cefalù ad altre città siciliane e la presenza di tanti maestri avranno reso necessario la regolamentazione del settore edile, con finalità protezionistiche e di mutuo soccorso.As resulting from the notary Calogero D’Anna’s records, the establishment of the ‘guild’ of masons and carvers from Cefalù dates back to 11 February 1631, the date on which the Chapters of the Santi Quattro Coronati brotherhood were written. In the same period, in other Sicilian cities, previous statutes written from the end of the fifteenth century were renewed; although the Chapters of Cefalù seem anachronistic and denounce their derivation from the latter, an analysis of them clarifies the organization of construction work in the city, which experienced major activity throughout the first half of the seventeenth century

    Rosolini

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    La città di Rosolini sorge nel Val di Noto, nell’omonima baronia appartenuta fin dal XV secolo ai Platamone. Il centro abitato viene fondato dal principe di Lardaria Francesco Moncada e Cirino, che acquisita la baronia a seguito del matrimonio con Eleonora Platamone, nel 1712 ottiene la licentia populandi con il benestare delle autorità netine

    Salaparuta

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    Ricostruita a seguito del terremoto in un sito diverso dall’originario, Salaparuta era una città di antica origine e aveva raggiunto un assetto urbano compiuto tra Cinquecento e Settecento, sotto il dominio feudale dei Paruta e degli Alliata. Uno degli edifici più significativi del centro era la chiesa madre, con la sua originale facciata a torre con campanile, risalente alla metà del Settecento
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