5 research outputs found

    Two new proof techniques for investigating the computational power of two-way computing devices [Abstract of thesis]

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    GENETIC AND MOLECULAR FACTORS IN THE AETIO-PATHOGENESIS OF PANCREATITIS IN HUMANS

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    Both acute (AP) and chronic (CP) pancreatitis are complex diseases, with a number of aetiologies and complex pathogeneses. A number of contributing factors are assessed here. Genetic studies were performed looking at a high activity polymorphism of the alcohol metabolising enzyme cytochrome P450 2E l. Assessing a role in alcohol abuse and end organ disease; alcohol abusers (n= 239) and controls (n= 208) were studied. A significantly lower number of alcohol consumers (2.1 %) had the polymorphism than controls (5.8%); p= 0.049, Fisher's exact test. Any association with end organ disease could not be further elucidated due to the rarity of the polymorphism in this population. In another genetic study, looking at a polymorphism in interleukin-1a, no associations were found with CP; of note no associations were found with genotypes implicated in AP. A double-blind, placebo controlled crossover trial of a leukotriene receptor antagonist in chronic pancreatitis revealed no benefit. Studies of production of arachidonic acid metabolites leukotriene E4 (LTE4), prostaglandin E2 (PGE2) and (a known marker of mast cell activation) prostaglandin D2 (11β-PGF2a) were performed. Analysis looked at both acute (n= 19) and chronic pancreatitis (n= 19), employing age and sex matched controls. The LTE4 studies did not reveal any significant difference in levels. PGE2 levels were not different between CP patients and controls while they were significantly higher in AP than controls; p= 0.006, independent samples t-test. The variation appeared most marked for mild disease; one way ANOVA p= 0.024 and direct comparison of patients with mild disease and their matched controls; p= 0.011. The 11β-PGF2a study conversely showed no difference in AP but significantly higher levels in CP in comparison to their matched controls; p= 0.001, Mann Whitney U test. Based on a previous pilot study in CP and a difference in variance of LTE4 in AP in the above study, a genetic study of the known functional polymorphism in the gene of leukotriene C4 synthase (the first dedicated enzyme in the formation of the cysteinyl leukotrienes) was performed. Controls totalled 108 subjects; AP 238 (mild= 169 patients; severe= 69) and CP 57 subjects; no difference in the genotype or allele frequencies were found. In summary: A possible role for a functional polymorphism in cytochrome P450 2E1 (not previously examined in patient groups) in protection against alcoholism has been identified. Perhaps analogous to the protection associated with high activity forms of alcohol dehydrogenase and low activity forms of aldehyde dehydrogenase. PGE2 is elevated in acute pancreatitis in humans consistent with the majority of the data in animals. Again consistent with the bulk of animal data this appears to be most marked in mild disease, possibly indicating a protective, and therefore potentially therapeutic, role. 11β-PGF2a, a metabolite of PGD2 and marker of mast cell activation, is elevated in chronic but not acute pancreatitis. This implicates mast cells in chronic pancreatitis and would be consistent with their known role in fibrosis and tissue remodelling and suggests a possible therapeutic target

    I titutli historiarum a tema biblico della tarda antichità latina: Ambrosii Disticha, Prudenzii Dittochaeon, Miracula Christi, Rustici Helpidii Tristicha

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    1Oggetto del lavoro di tesi dottorale sono quattro cicli di tituli historiarum a tema biblico della tarda antichità latina: - i Disticha attribuiti ad Ambrogio, - il cosiddetto Dittochaeon di Prudenzio, - il componimento pseudoclaudianeo intitolato Miracula Christi (PS. CLAUD. carm. min. app. 21 = ANTH. Lat. 879 R.2), - i Tristicha historiarum Testamenti ueteris et noui di Elpidio Rustico. Nella Premessa si pongono le basi per l’indagine: dopo un’analisi delle testimonianze relative all’integrazione ermeneutica dei media testo/immagine nell’antichità, vengono ricostruiti in particolare i contorni - ed i limiti - dell’effettiva prassi tardoantica di accompagnare a raffigurazioni di tema biblico brevi didascalie epigrammatiche. Si deve tuttavia constatare che, per i cicli di tituli historiarum oggetto di questo studio, difettano non solo risultanze extratestuali, ma - con la parziale eccezione dei Disticha ambrosiani - anche testimonianze relative ad un effettivo impiego epigrafico. Pur ritenendo ancora necessario studiare i rapporti fra i tituli e l’iconografia paleocristiana, nel presente lavoro i componimenti vengono quindi considerati primariamente nella loro qualità di testi, caratterizzati da uno statuto letterario irriducibilmente complesso. Eredi almeno ideali della prassi romana della scrittura esposta e nello specifico della tradizione epigrafico-monumentale cristiana inaugurata da papa Damaso, i tituli historiarum rappresentano infatti un caso di carmina ‘epigraphico more’ che rivela un aspetto dell’integrazione tardoantica fra epigrafia e letteratura “di formato epigrafico”; essi fanno uso degli stilemi della forma breuis, costituendo un caso particolare all’interno della produzione epigrammatica della tarda antichità latina, e allo stesso tempo risultano tematicamente affini alla parafrasi biblica, di cui rappresentano una sorta di uersio ultrabreuis, ma con specifiche peculiarità, dato che loro obiettivo è descrivere oggetti d’arte: sotto questo aspetto, essi sono perciò assimilabili alla tradizione antica dei “Bildepigramme”. Dopo aver messo a fuoco le diverse influenze che nei tituli convergono ed avere inoltre stilato per la prima volta un repertorio delle ricorsività formali e stilistiche che li caratterizzano, si avanza la possibilità di considerare quello dei tituli historiarum di tema biblico come un sotto-genere specifico e meritevole pertanto - al netto delle differenze esistenti fra i vari cicli, ognuno caratterizzato da peculiarità individuali - di un’analisi unitaria. Per ognuno dei quattro componimenti (Ambrosii Disticha, Prudentii Dittochaeon, Miracula Christi, Rustici Helpidii Tristicha) si offrono quindi introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione italiana e commento. Nell’Introduzione a ciacuna opera si ripercorrono nel dettaglio la storia editoriale del testo e le ipotesi di attribuzione (la questione prospografica e di particolare rilevanza nel caso di Elpidio Rustico); attenzione specifica è poi dedicata alle diverse posizioni sul rapporto con l’iconografia, nonché alle caratteristiche formali, tematico-contenutistiche e strutturali dei diversi cicli. Nel caso dei Miracula Christi, in particolare, un riepilogo delle influenze letterarie emerse nel corso dello studio può fornire un probabile terminus a quo per la datazione, che sembra doversi collocare intorno alla metà del V secolo; per quanto riguarda Elpidio Rustico, si propende invece per una datazione ad inizio VI secolo. Dei quattro componimenti vengono poi forniti i testi, accompagnati da una nuova traduzione italiana (la prima in una lingua moderna per i Miracula Christi): si tratta di un’edizione criticamente riveduta dei Disticha ambrosiani, dei Miracula Christi e dei Tristicha di Elpidio, opere testimoniate esclusivamente dalla rispettiva editio princeps cinquecentesca che ha valore codicis instar in seguito alla perdita - in tutti e tre i casi - del codex unicus su cui essa si basava. Rispetto alla constitutio textus originaria si è prediletto quando possibile un allestimento critico conservativo, che nel riconsiderare tutti gli interventi emendatori finora prodotti ha mantenuto solo quelli effettivamente indispensabili per la comprensione del testo e con prudenza propone alcune nuove proposte di lettura, in casi in cui la lezione dell’editio princeps è inaccettabile o altamente insoddisfacente e le correzioni finora avanzate dagli studiosi sembrano migliorabili (AMBR. tituli 34; RUST. HELP. hist. testam. 31). Per quanto riguarda Prudenzio, ci si è invece basati sulle edizioni di J. Bergman (1926) e M. P. Cunningham (1966) - che divergono in dieci occorrenze, spesso per ragioni puramente ortografiche - rilevando tuttavia, in casi significativi, i contributi di tutte le principali edizioni, di cui si è operato uno spoglio sistematico a partire da quella deventeriana. Nel commento, viene segnalato innanzitutto l’ipotesto biblico che di volta in volta funge da riferimento, di cui viene richiamata la versione più vicina a quella che gli autori avranno conosciuto (a seconda dei casi, Vetus Latina o Vulgata). Il dettagliato commento è condotto in forma lemmatica e cerca di coniugare all’attenzione per il dato testuale uno specifico interesse sia per la langue poetica degli autori che per le modalità in cui la materia biblica è affrontata, ciò specialmente quando è possibile cogliere un particolare interesse di tipo didattico-parenetico, catechetico o anche esegetico da parte degli autori. Al commento di ciascun epigramma segue infine un’appendice di carattere iconografico, in cui si ricostruiscono le testimonianze figurative di epoca paleocristiana legate a ciascun episodio biblico. Pur nel tentativo di evitare ogni ipotesi semplicistica o arbitaria sulla ‘reale’ natura delle relazioni fra singoli cicli di epigrammi e relative iconografie, uno studio il più possibile preciso dei rapporti fra i tituli historiarum e le coeve raffigurazioni, che consenta di ricostruire la cultura visuale entro cui essi furono composti e fruiti, resta infatti decisivo per la comprensione di questo (sotto-)genere letterario. Il lavoro è corredato da un’ampia bibliografia ragionata. Per ognuno dei quattro componimenti studiati vengono richiamate tutte le edizioni adoperate nel lavoro e gli studi specifici; apposite sezioni sono riservate alla bibliografia di tema letterario, esegetico, epigrafico ed ai contributi di natura iconografica.openF. LubianLubian, Francesc
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