Università degli Studi di Parma. Dipartimento di Italianistica.
Abstract
La tesi intende anzitutto delimitare i confini e insieme segnare i punti d'incontro delle "maniere di scrittura" di Pirandello e Svevo, ossia di due consolidati capisaldi del Novecento; oltre a essi, è coinvolto anche Alberto Cantoni - scrittore minore ma assai noto agli studiosi pirandelliani perché vicino al siciliano sia dal punto di vista personale sia - soprattutto - da quello scrittorio. L'opera di tutti questi autori, tra il finire del diciannovesimo secolo e il primo quarto del ventesimo o poco oltre, si è esplicata coi caratteri delle esperienze di frontiera e di rottura. L'umorismo cantoniano e pirandelliano e l'ironia sveviana si avvicinano dunque reciprocamente in primis nel trovarsi essi ugualmente protagonisti e autori di tale spaccatura rispetto ai canoni storico-veristici che ancora in chiusura dell'Ottocento caratterizzavano gli ambiti letterari italiani. Dopo averne definiti i motivi fondamentali e consonanti, a ciascun autore è dedicata una specifica trattazione disposta in capitoli - a loro volta suddivisi in sottocapitoli dove necessario. Se di Alberto Cantoni s'è scelto di fornire anche utili riferimenti biografici - seppur secondo l'ottica umoristica che guida l'intero studio - di Pirandello e Svevo sono stati analizzati famosi protagonisti, secondo un percorso ascensionale che conduce all'affermazione del tipico antieroe novecentesco. Partendo da Mattia Pascal, attraverso Serafino Gubbio e Vitangelo Moscarda, s'arriva dunque a indagare la personalità di Svevo, per dimostrare come umorismo e ironia si esplichino attraverso gli atti e i caratteri di questi personaggi sui generis
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