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    Una morte dimenticata e la fine del Sessantotto

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    In questo saggio l’A. affronta la storia del 68 italiano e della sua periodizzazione attraverso un’ottica interpretativa centrata sulla categoria di ‘comunità’. L’occasione è offerta dal caso romano dello studente di Magistero Domenico Congedo, morto il 27 febbraio 1969 precipitando dal 4° piano della facoltà dopo un’aggressione di gruppi neofascisti, mentre in vari punti della città avevano luogo manifestazioni contro la visita del presidente americano Richard Nixon. La mancata mobilitazione attorno a quella che fu la prima morte di uno studente del movimento nella storia del 68 italiano riflette, secondo l’analisi dell’A., la fine della comunità studentesca aperta e inclusiva che aveva caratterizato la prima fase del movimento (il cosidetto 68 breve). Tra le fonti utilizzate, di particolare rilievo si sono rivelate quelle giudiziarie, relative all’indagine sulla morte di Congedo, che rivelano anche la frammentarietà e diversificazione sociale e culturale delle esperienze del movimento

    Borghesie e stili di vita

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    Le differenti gioventù del '68, in: Uguaglianze/differenze. Riflessioni per Anna Rossi-Doria

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    In questo articolo l’A. riassume i punti essenziali della sua ipotesi interpretativa a proposito della “generazione del 68”. Convinta della necessità di decostruire questa categoria, Francesca Socrate si propone di analizzare il profilo sociale e culturale delle studentesse e degli studenti universitari che fecero parte del movimento focalizzando l’attenzione in primo luogo sulla loro età, per arrivare alla definizione di almeno due “generazioni sociali” che, per quanto separate da una ridotta distanza anagrafica, portano i segni di due culture tra loro distanti: la prima è quella dei nati durante gli anni della guerra; la seconda, quella dei nati tra il ‘46 e il ’51. Alla prima coorte generazionale appartengono la maggior parte dei leader del movimento studentesco, alla seconda ragazzi e ragazze più giovani che sono presenti nel movimento, spesso con un’alta intensità di partecipazione, ma in una posizione gregaria. L’A. mette in rilievo come questo rapporto sia nella sostanza solo apparente, dal momento che nell’intreccio fra le due componenti generazionali saranno i più giovani a imporre la loro cultura generazionale, non tanto nelle sue teorizzazioni ma nelle pratiche, mentre le parole, le parole chiave e le parole d’ordine, saranno trovate dalla prima generazione, quella dei nati durante gli anni della guerra

    Commedia borghese e crisi di fine secolo

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    La crisi dell’universo normativo ottocentesco nell’Italia fin du siècle viene vista in questo articolo attraverso la lente della produzione e della fruizione teatrale, per individuare il ruolo sociale che queste vi svolsero. Una dettagliata analisi quantitativa delle scelte del pubblico e della produzione teatrale sul palcoscenico milanese del teatro Manzoni, luogo emblematico dell’intrattenimento dei ceti borghesi medio alti del capoluogo lombardo, tra il 1885 e il 1903 mostra le dinamiche attraverso cui la commedia borghese si impone su tutti gli altri generi teatrali dell’epoca, conquistando un primato che riveste, secondo l’A., un ruolo culturale e simbolico nodale. La retorica della crisi, che attraversa all’epoca il discorso pubblico tra politica e scienze sociali, trova infatti in questo nuovo genere teatrale una sua altra declinazione che, seppure parte di una medesima formazione discorsiva, si rivela, con le sue precipue regole drammaturgiche tutte giocate attorno alla crisi della famiglia nucleare intima e all’adulterio femminile, la forma capace di catalizzare in quel luogo le ansie e le attese di un pubblico investito dallo sfaldamento delle positive certezze del passato
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