45 research outputs found

    Diffusivelike Motions in a Solvent-Free Protein-Polymer Hybrid

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    Evidence of coexistence of change of caged dynamics at Tg and the dynamic transition at Td in solvated proteins

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    Mossbauer spectroscopy and neutron scattering measurements on proteins embedded in solvents including water and aqueous mixtures have emphasized the observation of the distinctive temperature dependence of the atomic mean square displacements, , commonly referred to as the dynamic transition at some temperature Td. At low temperatures, increases slowly, but it assume stronger temperature dependence after crossing Td, which depends on the time/frequency resolution of the spectrometer. Various authors have made connection of the dynamics of solvated proteins including the dynamic transition to that of glass-forming substances. Notwithstanding, no connection is made to the similar change of temperature dependence of obtained by quasielastic neutron scattering when crossing the glass transition temperature Tg, generally observed in inorganic, organic and polymeric glass-formers. Evidences are presented to show that such change of the temperature dependence of from neutron scattering at Tg is present in hydrated or solvated proteins, as well as in the solvents used unsurprisingly since the latter is just another organic glass-formers. The obtained by neutron scattering at not so low temperatures has contributions from the dissipation of molecules while caged by the anharmonic intermolecular potential at times before dissolution of cages by the onset of the Johari-Goldstein beta-relaxation. The universal change of at Tg of glass-formers had been rationalized by sensitivity to change in volume and entropy of the beta-relaxation, which is passed onto the dissipation of the caged molecules and its contribution to . The same rationalization applies to hydrated and solvated proteins for the observed change of at Tg.Comment: 28 pages, 10 figures, 1 Tabl

    IPOMAGNESEMIA GRAVE CORRELATA ALL’ASSUNZIONE DI INIBITORE DI POMPA PROTONICA

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    Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono tra i farmaci più frequentemente assunti nella popolazione anziana, spesso cronicamente, anche per indicazioni non sempre giustificate. Sebbene siano farmaci ben tollerati, emergono sempre nuove e frequenti reazioni avverse. In particolare, negli ultimi anni, sono stati riportati vari case-report di ipomagnesemia insorta dopo terapia prolungata con IPP. Tuttavia, ad oggi, non è stato di-mostrato il meccanismo fisiopatologico con cui queste molecole possono indurre tale disionia. Il magnesio è il secondo catione più abbondante nella cellula e svolge ruoli chiave in molti processi intracellulari. La sua omeostasi è garantita dall’equilibrio tra l’assorbimento intestinale e l’escrezione (e riassorbimento) renale, non-ché dallo scambio con l’osso, che rappresenta più del-la metà dei suoi depositi. L’ipomagnesemia severa può causare tetania, convulsioni, aritmie cardiache, ipoparatiroidismo ed ipocalcemia/ipokaliemia. L’assorbi-mento del magnesio avviene nell’intestino in due modi: passivamente secondo gradiente di concentrazione (attraverso gli spazi paracellulari della mucosa nel piccolo intestino) e attivamente (quasi esclusivamente nel colon e nel tubulo contorto distale del rene) tramite dei trasportatori transcellulari saturabili, appartenenti alla famiglia delle proteine di canale (TRP) e chiamati TRPM6 e TRPM7. Si è ipotizzato che il deficit di magnesio associato a terapia con IPP possa essere dovuto più ad un malassorbimento intestinale del catione che ad una sua perdita renale, in quanto, nei casi riportati, la magnesuria è risultata ridotta. Descriviamo il caso di un uomo di 74 anni ricoverato presso l’U.O.C. di Geriatria del Policlinico Universitario di Palermo nel mese di marzo 2017 per grave ipocalcemia e ipomagnesemia

    IPERSENSIBILITÀ AL GLUTINE NELL’ANZIANO. PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO

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    La celiachia è una malattia immunomediata scatenata dall’ingestione di glutine che, in soggetti geneticamente predisposti, determina un processo infiammatorio intestinale con conseguente malassorbimento e manifesta-zioni extraintestinali. Fino ad alcuni anni fa era considerata una patologia rara, tipica dell’età infantile; lo scenario epidemiologico della celiachia, oggi, è totalmente cambiato, grazie anche all’introduzione di test sierologici ad elevata sensibilità e specificità come gli anticorpi anti-endomisio (EMA) e gli anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (tTG). Studi epidemiologici basati sull’impiego dei test sierologici hanno dimostrato che la diagnosi di celiachia viene sempre più effettuata in età adulta con un’età media di presentazione di 45 anni ed una distribuzione bimodale (un picco tra 1 e 5 anni, un secondo picco tra 20 e 50 anni). Il 20% delle diagnosi vengono poste in soggetti di età superiore ai 60 anni: sulla base di ciò, è importante pensare alla celiachia come categoria diagnostica nel paziente anziano. La celiachia va sospettata in presenza di diarrea persistente per oltre tre settimane, spesso notturna, steatorrea, meteorismo, addominalgia, calo ponderale, soprattutto se questi sintomi si associano a diselettrolitismi, carenza di oligoelementi e vitamine con crampi muscolari, dolori ossei ed edemi; bisogna sospettare la celiachia anche in presenza di segni e/o sintomi più aspecifici, che persistono nel tempo e per i quali non si rintraccia una causa evidente quali la dispepsia, sintomi tipo sindrome dell’intestino irritabile, anemia sideropenica, anemia macrocitica, ipertransaminasemia, osteoporosi, disturbi neurologici quali neuropatie, atassia ed epilessia con calcificazioni cerebrali. Descriviamo il caso di un paziente di 68 anni ricoverato per stato cachettico presso l’U.O.C. di Geriatria del Policlinico Universitario di Palermo nei mesi di novembre e dicembre 2014

    L’INADEGUATEZZA TERAPEUTICA NELL’ANZIANO FRAGILE AFFETTO DA DIABETE: ANALISI DEI COSTI DELLA IPOGLICEMIA

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    Il diabete mellito di tipo 2 (DM2) è una malattia molto comune nell’età geriatrica: in Italia ne soffre oltre il 20% della popolazione ultrasettantacinquenne. L’ipoglicemia è un effetto collaterale indotto dai farmaci finora più utilizzati per la terapia del DM2 e può causare danni fisi-ci, psicologici e sociali. Il rischio di ipoglicemia è dovuto all’uso di sulfaniluree/glinidi e d’insulina, a ragione del loro caratteristico meccanismo d’azione. Con l’aumentare dell’età i sintomi dell’ipoglicemia possono ridursi d’intensità e presentarsi con caratteristiche differenti. La mancanza di studi clinici sull’ipoglicemia nell’anziano rende difficoltosa la stima dell’incidenza della stessa nella popolazione geriatrica. Inoltre, molti episodi di ipoglicemia di lieve o media entità non sono segnalati dal medico come evento avverso correlato al trattamento ipoglicemizzante. Tuttavia, nel paziente anziano fragile con DM2 l’ipoglicemia è un fattore di rischio potenziale per eventi cardiovascolari maggiori (sindrome coronarica acuta, aritmie, morte improvvisa), per cadute e le loro conseguenze. Nello studio ACCORD si è verificato un aumento della mortalità nel gruppo di pazienti con un controllo più intensivo nei quali si sono osservati un maggior numero di ipoglicemie. Uno studio retrospettivo pubblicato recentemente che ha analizzato dati di circa 34 milioni di soggetti di età superiore a 65 anni negli USA, ha mostrato come i ricoveri in ospedale per ipoglicemia nel periodo 1999-2011 hanno superato quelli dovuti all’iperglicemia e nei pazienti di età superiore a 75 anni erano il doppio rispetto che nei più giovani (Lipska KJ et al., National trends in US hospital admissions for hyperglycemia and hypoglycemia among Medicare beneficiaries, 1999 to 2011. JAMA Intern Med 2014;174:1116-24)

    A SOCIAL EXPERIMENT TO OVERTURN PREJUDICES ON ALZHEIMER’S DISEASE IN NURSING HOMES USING ARTISTIC PHOTOGRAPHY

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    It is widely known that Alzheimer’s disease is burdened with strong prejudices with negative connotations. This may contribute to increase patient’s isolation and marginalization, and to render Nursing Homes places of confinement and seclusion. Residents with dementia have trouble in relating with the outside world and in expressing themselves about their own disease, due to their cognitive decline, but also because of marginalization. We used artistic photography as an accessible and effective tool to bring down barriers and encourage residents’ communication. Artistic photography is the most immediate and accessible form of art for all people. The aim of our social experiment was to help demented residents to become protagonists making their disease known, with the support of health operators, psychologists, and family members by means of a photographic project with the direct participation of residents. The theme we chose for our photographic exhibition and contest concerned jobs and crafts, which the residents once practiced. It is well known, indeed, that persons with Alzheimer’s disease may maintain long-term memory intact – especially procedural memory – for a long time. We attempted to recreate a fragment of patients’ experience in the past and share it with their relatives and with the community surrounding the Nursing Home. Our purpose was to provide a different view of Alzheimer’s disease, without the prejudices usually linked to this condition. Photographers were selected among young talented local amateurs
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